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lunedì 13 maggio 2019

Crisi culturale



UNA CRISI DI CIVILTA’

E’ in atto una crisi epocale in antropologia, che si manifesta sia nell’ampia “opinione pubblica”, sia nelle massime espressioni istituzionali della società civile (basta seguire i telegiornali o i “social media”), per la quale non sono riconosciuti i solidi principi tradizionali sull’uomo e sull’umanità. Si giunge così a un riduzionismo nella facoltà del “pensare” profondo che ci distingue, come simili ma non uguali, dagli altri viventi animali. Facciamo velocissimo cenno a cinque atteggiamenti o modi di “filosofare” che sembrano indicativi del disagio.
- Egocentrismo. Secondo il quale si pensa e si provvede alla realizzazione dell’individuo senza tener conto che questa si attua solo nel rapporto essenziale e necessario con la comunità umana; la quale invece è considerata un corpo estraneo e aggressivo. Ricordiamo quello che Guicciardini chiamava “il suo particulare”; pensiamo piuttosto allo schema “Io-Tu-Noi” di Martin Buber.
- Momentismo. Consiste nella progettazione di sé astorica, ignorando il passato culturale e concependo ottimisticamente il futuro in chiave fantasmagorica. Pensiamo alla frase che Faust (nell’Urfaust) pronuncia sulla proposta, peraltro finale, di Mefistofele: “All’attimo direi: sei così bello, fermati!”
- Arazionalsimo. Mi sembra qui di dovere segnalare l’atteggiamento di giudicare sé stessi ed ogni realtà con la sola chiave dell’istintività, come fa il sempre più esaltato Nietzsche nella glorificazione del dionisismo orgiastico.
- Utilitarismo. Che, togliendo la consistenza di “valore” alla categoria di “buono” e riconoscendo solo quella di “utile” e “piacevole”, considera le persone come pedine in una mondiale scacchiera economica. Come hanno fatto, in ambiente molto lontano dal nostro, Bentham e i due James e John Stuart Mill.
- Antropomonismo. Il quale si presenta con la tesi che nella costituzione dei “valori” non si possa attingere  anche a un livello superiore alla ragione dell’uomo. Come dice Kant, il quale attribuisce all’Illuminismo il merito di redimere l’uomo dalla “minorità”, cioè da “l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”. E’ qui necessario introdurre una distinzione tra ragione e rivelazione. Il grande filosofo assume una concezione così “stretta” della ragione (“pura”) per cui esclude che con essa si possa provare  l’esistenza di Dio o altre realtà importanti, che (così dice) la Provvidenza ha voluto legare alla “naturale intelligenza degli uomini”. Quindi Kant, che era un devoto “pietista”,  non dava spazio alla teologia naturale, ma sapeva che la fede si deve dare alla rivelazione di Dio. Possiamo esserne più convinti se diamo uno sguardo a un’eredità teologica dell’Illuminismo che è il “deismo” di Voltaire, chiedendoci se, in questi ultimi secoli, l’umanità ha fatto proficui passi da gigante per raggiungere “le magnifiche sorti e progressive” (espressione ironica già in Leopardi) al fine di liberarsi da un Dio  personale, provvidente e normatore!

                                                                                     

lunedì 25 marzo 2019

Quale Famiglia?



Avvertenza. Il giorno 19 di marzo ho mandato la lettera seguente a un quotidiano che una volta mi pubblicava tutto (o quasi); ma forse questa volta la ciambella non è riuscita col buco.....La ripropongo qui con piccole modifiche nella solennità dell'Annunciazione del Signore. Faccio presente che non voglio inutilmente percorrere la china pericolosa della polemica partitica contingente, ma evidenziare le premesse filosofiche della soluzione del problema.


In questo periodo di accese contrapposizioni, magari politiche, s’inserisce, proprio su un rovente argomento etico qual è la concezione della famiglia che ciascuno dovrebbe avere, la pletorica presa di posizione della quasi totalità dei docenti dell’università della mia città Verona, nella quale è programmato appunto il relativo Congresso. Se è lecito da parte di un “umile operatore nella vigna del Signore” muovere delle critiche al verdetto di così elitario consesso, proverò ad esprimere due rilievi più che altro metodologici; anche se questi godono della fortuna delle opinioni che per decenni vengono considerate intangibili da quella che il Manzoni chiamerebbe maliziosamente vox populi.

Il primo rilievo concerne il diffusissimo scientismo esclusivista, che ritiene le scienze sperimentali, operative, matematiche, uniche produttrici di dati e calcoli sufficientemente attendibili, ma condanna all’insignificanza le conoscenze e riflessioni sulle realtà spirituali, quali l’Io, che concernono i valori, per esempio quelli etici. Mi sembra  scelta saggia far tesoro dello spiritualismo e personalismo, di autori come Maine de Biran, Boutroux, Bergson, Mounier; come di altri importanti filoni di pensiero. Noto di passaggio che forse è sfuggita all’estensore del documento protestatario la scarsa conseguenza nell’uso del concetto di scientificità in chi aveva inteso contestare  “l’espressione di un gruppo organizzato di soggetti che propongono convinzioni etiche e religiose come fossero dati scientifici”,  mentre assicura che “il codice etico dell’università di Verona, assieme ai principi della libertà della ricerca e dell’insegnamento, afferma quelli dell’uguaglianza…..” (i corsivi sono miei). E qualcuno è qualificato come docente di filosofia morale.

Il secondo rilievo riguarda lo storicismo assoluto, che consente di eliminare  senza pietà ogni visione filosofica del passato, trascurando il fatto che, quando si tratta dei valori e realtà spirituali, può essere incancellabile la sentenza per esempio di Seneca, di Pascal, nei confronti delle acquisizioni, luccicanti ma talvolta fulminee come meteore, elaborate dalla superscienza attuale. Con ciò si rende possibile al “filosofo del bar” decretare defunte tutte li idee espresse nel Medio evo (ma l’università non è nata proprio in quel periodo?). Purtroppo questo andazzo è possibile quando ci si affida ai fuochi pirotecnici degli slogan della cultura del provvisorio (“non cederemo sui diritti acquisisti”; “vogliono recludere la donna in casa”), quando ognuno vede la crisi della famiglia, l’aumento dei misfatti degli adolescenti e giovani, eccetera, ai quali ci ha introdotto l’iniziale rifiuto della filosofia della realtà, che è la (seppur rinnovata) metafisica. Ma ogni voglia deve essere sacrificata sull’altare dell’imminente venuta di questo benedetto Mondo nuovo.

                                                                                              mons. Antonio Contri
                                                                                 già docente in istituti universitari cattolici

lunedì 28 maggio 2018

Genitori e figli





SUL RAPPORTO FRA GENITORI E FIGLI ADOLESCENTI
           
L’adolescenza, che nei maschi va approssimativamente dai 13 ai 20 anni, è un’età di passaggio e quindi di mutamenti fisiologici e psicologici, di abbandoni (delle fantasticherie della fanciullezza) e di acquisizioni (della stabilità dell’adulto). E’ un’età meravigliosa, ma insieme tormentosa; perché in essa si forma la personalità, ma si tende a esasperare la libertà.
Prima della “rivoluzione” sociale del 1968 in Occidente, l’adolescente era tenuto esclusivamente ad obbedire con la volontà e a ricevere coll’intelligenza; la sua realizzazione dipendeva dal modello e dal consenso degli adulti. Ogni grande svolta storica comporta benefici e inconvenienti (come si può immaginare dall'esempio di un ingegnere che vuol riformare una parte di un palazzo e deve guardarsi dal distruggere la parte funzionante). I suoi profeti con generosa ingenuità proclamarono l'avvento di un mondo nuovo ("La Fantasia al potere"), ma non cercarono di assicurarsi che questo fosse migliore.  Quella “rivoluzione” portò a considerare l’adolescenza un’età con caratteristiche proprie, e non a un sito provvisorio nell’attesa di crescere, e disapprovò ogni atteggiamento repressivo. Questo però fu accompagnato da esagerazioni e da dissacrazioni che fecero considerare il ’68 come un pericolo e una distruzione totale della tradizione e delle regole morali, civiche e religiose (col falso principio “Vietato vietare”). E senza un minimo di regole ogni società è destinata a perire. Purtroppo chi è superficiale considera le norme – per usare l’esempio del fiume – come una diga che impedisce il flusso, mentre sono gli argini che consentono di rendere sicuro, benefico e utile il deflusso delle acque.

Nell’adolescente c’è un giusto bisogno di liberarsi da una soggezione assoluta e di aprirsi alla (almeno) parziale realizzazione dei propri sogni.
I partner con cui confidarsi e a cui affidarsi prima dell’adolescenza erano i genitori, adesso diventano i coetanei. Col pericolo di seguire i modelli più luccicanti e più sbagliati (aiutati da mezzi di comunicazione che mirano solo alla vendita dei loro prodotti). Per allargare il discorso possiamo dire che la svolta epocale del 1968 ha condotto a un rovesciamento dei parametri: l’adolescente, che nei “bei tempi” seguiva le sicure “icone” offerte dalle comunità istituzionali (famiglia, scuola parrocchia), le abbandona ora per seguire quelle “aperte” e non irreggimentabili, quali ad es. i venerati cantautori, gli idolatrati attori e campioni sportivi, i violenti che spopolano nella “rete” o che dominano nel quartiere, i miracolosamente arricchiti, gli ispirati guru delle più esoteriche “religioni”..  
Spesso l’adolescente pretende di abbandonare tutto il passato culturale, tutta la tradizione umana, civile e religiosa; e si configura nella fantasia un mondo surreale. E deve sapere che purtroppo a questo mondo il male è più luccicante e attraente del bene
I filosofi antichi dicevano che l’uomo è come una “biga”, trainata da due focosi cavalli (che sono le passioni) e guidata da un esperto auriga (che è la ragione). L’amore non è solo fulminea passione, ma continua donazione di tutta la vita e sicura fondazione di diritti e di doveri.
L’adolescente acquista abbastanza presto la maturità sessuale, ma ben più tardi la maturità morale e affettiva; però senza di questa, la prima delle due è destinata a produrre molti guai, violando la libertà degli altri. La libertà poi è un dono splendente come un lampadario di cristallo; ma questo, se non bene sostenuto, può precipitare sul pavimento in una miriade di inutili frammenti di vetro.

L’adolescente deve sempre ritenere che i genitori hanno una lunga esperienza di vita, di sconfitte e di vittorie; e che sono quelle persone che gli vogliono più bene. Egli deve convincersi che la vita non è fatta solo di feste, di ubriacature, di “notti brave”, di “rave party”, ma anche di sacrifici e di rinunce, cogliendo i quali la persona maggiormente si matura.
I genitori devono tener presente che il figlio non è  un uomo in miniatura, ma un uomo giovane con i suoi diritti; e che prima o dopo si staccherà da loro per formare una sua famiglia. Guai a tormentarsi col sentimento della gelosia.
Il genitore deve educare non a subire delle regole esteriori, ma a formare nel figlio la “scoperta” interiore delle idee razionali e morali che sono comuni a tutti gli uomini.
Quando (soprattutto) la madre  vede che nel figlio adolescente esistono degli atteggiamenti sbagliati, non deve fare scenate emotive per distoglierlo, ma farlo “pensare”, mettendo in luce i lati simili ai momenti in cui lei si è trovate nell’adolescenza.. E questo consiglio varrà anche quando il figlio sarà già coniugato, senza assumere con invadenza l’atteggiamento del poliziotto.
Concludiamo dicendo che la fonte della vera educazione si trova nell’amore per i figli. Ma è possibile che qualcuno usi una forma distorta dell’amore, come nel caso della madre che di nascosto passa al figlio i soldi per la droga, procurandogli un benessere immediato e transitorio invece di orientarlo ad una comunità terapeutica che lo salva; oppure nel caso del padre che difende il figlio “ a priori” e ad ogni costo, mentre se la prende esclusivamente coll’insegnante che gli attribuisce brutti voti, o coll’allenatore di calcio che lo esclude dalla “formazione”.

giovedì 20 aprile 2017

Pensare al Matrimonio nell'epoca del post-pensiero

CRISI DI SENSO, CRISI DI OTTIMISMO


Qualche richiamo letterario per aprire il discorso

Morendo suicida nel 1920 l’anziano filosofo e pedagogista positivista Roberto Ardigò, già canonico della cattedrale di Mantova, pronunciava la terribile frase, per sé e per l’umanità: “A che serve la vita?”. La risposta sapiente era già data in “L’Annonce faite à Marie” (1912) del convertito cristiano Claudel: “Che valore ha il mondo in confronto con la vita? E quale valore ha la vita se non per donarla?”
Una perla nel film La Strada (1954) di Fellini è il colloquio de “Il matto” con “Gelsomina”:
“Tutto quello che c’è a questo mondo serve a qualcosa (…) Prendi quel sasso lì (….) uno qualunque (….) No, non so a che cosa serva questo sasso io, ma a qualcosa deve servire (…) Anche tu servi a qualcosa”
Quando frequentavo la prima classe del liceo classico in seminario portai con me in vacanza un libro di Padre Riccardo Lombardi, grande predicatore e trascinatore di folle: “La storia e il suo protagonista” (1942). Dopo le prime pagine capii con sorpresa che il protagonista non è Dio, ma l’uomo.

Due moduli di domande cruciali per un uomo che si prepara alla vita possono essere questi:
-          Che ci faccio a questo mondo? O che senso ha la vita?
-          Dove abita la vera felicità? O cosa posso sperare per il mio futuro?

Situazione esistenziale (positiva e negativa) dell’uomo

            I
L’uomo è una meravigliosa creatura complessa e ambivalente, che vive tra due estremi:
-          ha ricevuto la vita in germe / la fa progredire da sé nella libertà / ha in prospettiva futura di riceverla in pienezza
-          è limitato e infinito / è condizionato dal tempo e aspirante all’immortalità
-          ha aspettative sempre superiori alle concrete conquiste di realizzazione per la sua vita
-          sembra chiuso in se stesso, nell’incomunicabilità / si realizza come persona solo in rapporto con altri (nel simbolo: è dotato di sistema-apparato nervoso e cardiocircolatorio / di apparato tegumentale e di organi di senso)

Nel biblico libro dei Salmi si trova la coscienza di una doppia “sapienziale” lettura della figura dell’uomo.
-          Sal 8,5-6 lo presenta come il capolavoro della potenza creatrice di Dio: “L’hai fatto poco meno di un ‘dio’ (o angelo)….tutto hai posto sotto i suoi piedi….”
-          Sal 39,6-7; 62,10 e molti altri esprimono pessimisticamente la struttura dell’uomo come un “soffio” che passa

Nell’autorealizzazione l’individuo deve selezionare i veri “valori”: solidarietà, “amore”, capacità di chinarsi sul bisognoso, sullo sfortunato, sul “peccatore”, sul fallito, sull’emarginato
I veri valori  si riconoscono perché mi aiutano a non vivere da “gaudenti” (Orazio: “Epicuri de grege porcus”), da arrivisti (carrieristi, avventurieri) , dominatori (bulli, violentatori)
Devo prendere per valori
-          quelli che non si rivelano non durevoli, ossia precari
-          quelli che non mi offrono una felicità fasulla (droga, eccessi superalcolici….)
-          quegli “stati” umani che in breve lasso di tempo non mi faranno sprofondare nella disillusione.

Quando io (mi) dono, non impoverisco, ma mi realizzo come persona, nell’equilibrio delle sue “relazioni” costitutive (orizzontali e verticali)
Può chiedere “amore” soltanto chi dà all’altro il “vero” amore (quello oblativo, non possessivo)

    II
Esiste una lettura individualistica dell’uomo  - proveniente alla post-modernità dall’antropologia illuministica (che contrasta con la visione essenzialmente relazionale della “persona”):
-          che porta all’egocentrismo assoluto (non vedere l’alto)
-          che porta a una visione riduzionistica (e pessimistica) degli altri
Sul rigo di questa, l’uomo
-          non comprende l’altruismo gratuito, disinteressato
-          comprende gli altri come servi da assoggettare, come avversari da fronteggiare, come vili oggetti dai quali si spreme il massimo piacere

 Tre “intromissioni” si presentano nel pensiero di chi discute sulla libertà dell’uomo e di chi assorbe acriticamente l’imponente messaggio imposto dai mezzi di comunicazione
1. Si esprime un concetto utopico della libertà vista come dimensione assoluta e indiscutibile, senza accorgersi che una società umana senza norme di qualsiasi tipo equivale oggettivamente alla giungla. Adduco solo un esempio, semplice ma paradigmatico: quello di chi, di fronte al freddo dell’inverno, rifiuta di indossare vestiti perché li considera strumento limitativo di oppressione, invece che necessari mezzi comunemente accettati a protezione dalla dispersione del calore corporeo
2. Più complesso è il problema dei molti stimoli che giungono soprattutto alla vista del grande pubblico. Perché, per esempio, uno spettacolo cinematografico che presenti la vita normale di una famiglia altrettanto normale non attrarrebbe alcuno spettatore e non sarebbe proiettato da alcuna sala: sarebbero graditi i contenuti spruzzati di morbosità, di sensazionalismo, di violenza e sangue, con ricorso a straordinari casi strappalacrime o pietosi. Lasciatemi portare una conferma dal mio amato Manzoni: si lamentano alcuni perché, superati gl’impedimenti noti (cessate la peste e la guerra, superata la rivolta, morto don Rodrigo), gli ultimi due capitoli del romanzo sono “fiacchi” e inutili! Il guaio è per un adolescente che ha visto cinquanta film con famiglie disgregate per l’adulterio e si fa un’opinione che tutte le famiglie del mondo si trovano, magari nascostamente, in quella situazione. Il messaggio deleterio dei mezzi di comunicazione diventa allora come una folata di aria gelida su un malato di polmonite durante un glaciale inverno.
            3. Che dire di chi ironizza sul Matrimonio, presentandolo come un “relitto” del passato da rifiutare? Per superficialità o per inconfessabile calcolo, non si rende conto che esso è naturale e fondamentale in qualsiasi comunità umana che voglia parlare di società civile non barbarica, di unità di preparazione dei futuri uomini alla vita.

Apriamo il discorso all’imprescindibile dimensione religiosa (verticale)

Perché alcuni, specialmente tra i giovani, si sentono in partenza “falliti”? Perché, forse istintivamente, rifiutano l’Altro (Dio) e gli altri (le creature dotate di spiritualità)

Solo un “dio” può pretendere di godere di valori inestinguibili, perenni, eterni. E un Dio è vero se in se stesso è il “fondante” dei valori umani (benché, in noi, limitati)

Oggi la virtù che maggiormente latita è la Speranza (aspirazione a un futuro stabilmente “felice”, in questa vita e nella futura)
-          che si fonda sulla Fede (affidarsi a Dio, che è il Padre)
-          che si attua nella Carità (= Amore) del Padre e dei fratelli

La religione “cristiana” apporta importanti sviluppi e precisazioni:
-          Da un concetto, tutto metafisico, di Dio come Padrone assoluto, si progredisce verso un Dio che “esiste per gli altri” (Padre; perché “padre” è un concetto relativo ad altri, a lui pari nella dimensione di “personalità”)
-          Da un concetto di “Comandamenti” come diktat imposti da un Dio Onnipotente, a itinerari proposti per realizzarci (con la sua azione e con la nostra) come figli di un Dio che è Amore
-          Cristo, il Figlio eterno fatto uomo, non considerato come l’Essere divino in assoluto, ma come colui che ex-sistit (da “pre-esistenza” nell’essere, a “pro-esistenza” nel donarsi)
-          Un Cristo che non è venuto per intrupparci in una “Chiesa”, ma per salvarci dai/coi nostri limiti esistenziali e morali (Salvatore e Redentore)




mercoledì 29 marzo 2017

Cos'è il Matrimonio?

Dimensionalità del Matrimonio

Due premesse per ragionare su un argomento così complesso
A) Non “com-prende” l’umano Nietzsche col suo dionisismo nichilista, ma ritorniamo al criticato Socrate per il suo apollinarismo solare; perché la verità metafisica non è condizionabile dal “progresso” come il dato scientifico-tecnico. Non lo comprende Rousseau che vede nella società l’unica fonte del male, ma riconosciamo il moderato pessimismo antropologico di Dostoevskij.
B) Non è inutile riprendere un’analogia che usavamo tempo fa:
1 – Alimentazione (nel mondo fisico)
- difficoltà per procurarla
- piacere nel consumarla
- necessaria per la continuità della vita individuale
2 – Sessualità (nel mondo delle pulsioni)
- difficoltà per ottenerla con un “altro” libero
- piacere nell’attuarla
- necessaria per la continuità della vita di relazione

I – Il Matrimonio è una realtà esistenziale
Tocca due realtà formidabili, costitutive dell’uomo:
-          la vita, nelle diverse dimensioni: individuale, comunitaria
-          l’amore, con la sua emotività, passionalità, donazione totale all’altro, esclusività
-          in particolare l’amore durante la vita, nella sua durata, nelle difficoltà, nelle crisi

II – Realtà importante.
Il Matrimonio tocca l’essere umano (ànthropos, homo)
-          nelle dimensioni della sua bisessualità (che rende pari ma non uguali) fisica, fisiologica, psicologica, storico-culturale
-          come persona intelligente (con la filosofia), libera (coll’etica)
-          in relazione orizzontale (con la sociologia, col diritto), e verticale (generazione, educazione, sostentamento….)
-          in formazione (come pedagogia, e come storia, cultura….)
Tocca il credente (nel caso: cristiano)
-          essenzialmente come figlio di Dio e appartenente alla famiglia di Cristo (Chiesa)
-          moralmente, nel fondamento sulla “carità”, nell’opposizione all’egoismo-egocentrismo
Quindi le regole si deducono dalla sana ragione, e in ultimo appello dalla coscienza, e (per il credente) dalla rivelazione. Però dobbiamo deprecare l’abbandono delle conoscenze “razionali” (scientismo, che si fida solo di ciò che è visibile, controllabile, deterministico) e “spirituali” (che non significa devozionali)

III – Realtà facilmente inquinabile nella trattazione concreta, coi mezzi più sofisticati (ad es. l’immagine):
-          nella morbosità, per attrarre “visitatori”, “guardoni”
-          nella capacità di attrazione, come il crimen (il “noir”), e di convinzione, come i “casi pietosi”
-          nella giustizia fasulla che predica solo i diritti e dimentica i doveri
-          nella sfruttabilità basso-politica, per attrarre “votanti”

IV – Realtà nella storia
-          Stabilità nell’essenziale (per esempio proibizione di uccidere un innocente)
-          Adattabilità negli sviluppi culturali nel tempo; per es. miglior comprensione dell’homo, delle dimensioni della sessualità: unitiva e riproduttiva (mentre dai “libertini” si vedeva solo la prima e da noi cristiani la seconda)
Quindi necessita una serena riflessione, attinta anche da fonti esterne raccomandabili, protratta nel tempo e lontana dagli “choc” momentanei, ad effetto

V – Realtà da sottrarre ai facili trabocchetti, come per es. l’indistinzione tra libertà di opinione, di stampa e informazione, politica, sindacale, nel diritto civile e penale, nella morale
Senza regolazione della libertà non esiste società “civile” (e tantomeno religiosa)

mercoledì 3 agosto 2016

Vietato vietare?

Sintomi e cause del nostro male

Come bravi medici di campagna, cerchiamo di valutare alcuni sintomi, che a un attento esame risultano non piccoli, né marginali, né insignificanti; con la conseguenza che tali rilievi potrebbero provocare l’indignazione del lettore, ma che per me basterebbe che facessero ….pensare. Non esiste insegnante che non abbia dovuto lottare contro la perenne incolpabilità dei bambini/giovani proclamata con ostinazione da troppi genitori. Sorprende la frequenza con cui oggi altri insegnanti, per aver cercato di arginare la nuova “irrefrenabilità” del pargoli, eventualmente ipesrstimolati da cento marchingegni della comunicazione, devono rispondere (giustamente!) in sede penale di fronte alla legge, per comportamenti oggettivamente repressivi.
Dobbiamo risalire etiologicamente al fatidico ’68, quando pullulavano slogan, applauditi come policrome bolle di sapone che son destinate velocemente a ridursi in gocce di acqua non certo immacolata. Qualche esempio: “Vietato vietare” (ma come si potrebbe vivere in società senza il codice penale?); “La fantasia al potere” (gettando nel dimenticatoio una storia culturale di millenni); “La storia dell’umanità è destinata a concludersi immancabilmente con gli allori del ‘dio’ progresso” (ma non è bastato il carnaio del “secolo breve’ e non basta quello del millennio che non è iniziato certamente in ascesa?).
Nel sottosuolo di questi slogan campeggiano alcuni principi, come per esempio: “Ogni pulsione della persona è moralmente ineccepibile, ogni oggetto del desiderio è moralmente buono” (avendo classificato come fiaba per bambini quel capolavoro di psicologia dello scrittore Jahvista che è contenuto in Gen 3,6: “Allora la donna vide che l’albero era….desiderabile per acquistare saggezza”); “Distruzione della memoria, della tradizione, della riflessione, che costringe a guardare in faccia la realtà, a fare ogni liberante indagine patogenetica sui nostri mali”
Se siamo asserviti a questi apoftegmi, dobbiamo riconoscere le conseguenze, come alcuni modelli di pensiero, cui siamo arrivati. Primo modello è l’individualismo: isolamento del singolo da tutta la rimanente realtà umana (trascendenza orizzontale). Secondo:: l’astoricità, che conduce a ignorare la “natura” precedente l’individuo, che diventa così Alfa e Omega. Terzo modello: l’autodivinizzazione dell’umano (esclusione di ogni rapporto/dovere verso la trascendenza verticale; cfr la tentazione suprema in Gen 3,5: “…sareste come Elohim, ‘conoscendo’ il bene e il male”). Quarto: astrazione dalla realtà, incomprensibilità assoluta della tragica situazione morale della post-modernità; via aperta per la guida pedagogica degli ‘educandi’ (parola desueta perché scarseggiano veri educatori) che conduce a formare dei piccoli “mostri”; incapacità di operare una profilassi e prevenzione.
Possiamo ipotizzare l’eliminazione della trascendenza verso il basso che si attuerà nel futuro? Sono già intrapresi gli itinerari: livellamento tra cervello e mente (all’americana), tra uomo e gli adorati animali (affetto “umano”, diritti….), tra uomo e vegetali (con gli eccessi farneticanti di alcuni “vegani”), tra vivente e fisico (l’universo, o la terra, è un vivente che respira….,“olismo”). Quando giungiamo ad usare la propria specificità razionale per…negarla, ci alleniamo per un ideologico harachiri-seppuku che c’introdurrà nel paradiso dei samurai.

L’homo novus et technologicus, nichilista perché svuotato di ogni valore (richiamo la mataiòtes di Qohelet e NT, che significa anche “nullità”), corre il rischio di ridursi: a invasato dal tifo sportivo che può arrivare all’assalto all’arma bianca (se adulto); a massacratore del partner (se rifiutato sessualmente), a lettore maniacale delle nuove “tavolette” elettroniche (se è un preadolescente). Vedere se è quest’ultimo a spadroneggiare il telecomando TV è divenuto l’estremo mezzo per individuare chi comanda in famiglia?

mercoledì 30 marzo 2016

Educazione all'amore



LETTERINA DI PRESENTAZIONE

Cari genitori di un adolescente,
vi presento qui di seguito una serie di miei pensieri sull’amore umano, ma non vorrei che foste trattenuti dall’usarli con alcune anche comprensibili considerazioni.

I – Non dire: E’ troppo teorico, troppo colto. Lasciatemi fare alcune osservazioni:

1. E’ il metodo di una volta quello che si esprimeva con proibizioni, con raccomandazioni, con punizioni. Tutte cose che fanno sprigionare nell’adolescente d’oggi la reazione del rigetto
2. Per chiedere a un adolescente alcuni sacrifici, alcune rinunce, dobbiamo proporre il quadro dei grandi “valori” umani morali, dall’accettazione convinta dei quali dipende l’assunzione delle norme di comportamento. Come si può fare un discorso radicale sull’amore umano senza aver approfondito i discorsi sulla natura specifica dell’uomo, sulla famiglia, sul matrimonio, sul rispetto delle altre persone, sullo scopo per cui viviamo (non per il potere, non per il possesso, non per godersi pazzamente la vita, non per infischiarsene della sofferenza altrui, eccetera)? Naturalmente si capirà che, se ho evitato di citare i fondamentali argomenti di religione e di morale cristiana, l’ho fatto solo perché voglio interessare anche chi non è cristiano o praticante.
3. Dobbiamo educare a saper neutralizzare i messaggi nettamente negativi e ingannatori su questi argomenti fondamentali che sono distribuiti con larghezza dai mezzi di comunicazione sociale, sia “vecchi” sia nuovi, con la forza quasi irresistibile dell’immagine (che devia l’attenzione dal ragionamento intellettuale e dalla riflessione morale).

II – Non dire: Il discorso va bene per chi ha fatto qualche classe in più

1. E’ utile che l’adolescente “alle prime armi” lo legga e mediti fin d’ora, eventualmente riservando la più ampia comprensione di alcune cose quando si procederà nell’adolescenza. Perché sarà sempre più difficile correggere una cattiva inclinazione di un alberello non più giovane.
            2. Gi educatori (genitori, insegnante, prete) si mostrino sempre attenti e pazienti nel ricevere e nello sciogliere alcune domande e difficoltà presentate dall’adolescente.

III – Perché i pedagogisti classici giungevano a definire l’adolescenza (che è possibile fissare tra i 13 e i 17 anni di età) “una nuova nascita”?

Perché, come la primavera, è meravigliosa, ma esposta a molteplici rischi
Perché in essa s’intraprende l’esplorazione del proprio Sé e del mondo fisico e umano, ma con occhiali diversi; alla ricerca di una propria “personalità” di vita, di attività, di cultura.
Perché l’adolescente ha certamente bisogno di emancipazione, pur vedendo in alcune pause di non essere un adulto formato, di aver quindi bisogno della guida di educatori di cui si fida e a cui si affida.





A un adolescente: non sciupare l’Amore!


I maggiori filosofi greci (Socrate, Platone, Aristotele) che – insieme col messaggio cristiano – hanno posto i fondamenti più importanti alla nostra civiltà occidentale, hanno definito così l’uomo:
     -  animale sociale, che è generato, si nutre e si riproduce in una comunità di individui (società);
     - animale razionale, che col dono della libertà sa scegliere il vero bene secondo la luce naturale della ragione

La prima società è la famiglia (essenzialmente: un uomo e una donna)
-          poi viene la scuola e (per chi è cristiano) la parrocchia
-          poi vengono gli enti intermedi (comune, provincia….)
-          infine viene lo stato nazionale, cui si affianca la comunità sovranazionale.
Infatti la Costituzione dichiara: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (n. 29).  E’ importante notare che si dice “riconosce” (non: costituisce) perché la famiglia è di diritto naturale, in quanto fondata sulla “natura” che precede l’uomo individuo (ognuno entra in un mondo già “creato” e non “da creare” secondo l’inventiva dei singoli)

Premesso che il vocabolo latino “finis” può significare sia la fine, il limite, sia il fine, lo scopo, introduciamo un fondamentale discorso di antropologia. La persona umana – essendo posta al confine tra finito e infinito - è un’unica realtà multiforme, complessa (come la lente bifocale degli occhiali), in quanto è aperta a conoscere e dominare tutto; ma, essendo creaturale, limitata, non riesce a superare certi limiti.
Nella sua dimensione animale pre-spirituale è aperta a conoscere e operare su questo medesimo mondo dal quale è determinata, ma cozza contro l’infinità del tempo e dello spazio. Nella sua dimensione spirituale cognitiva vuol conoscere possibilmente il massimo della realtà (il Vero, il Bello), e vi impegna l’intelletto. Nella sua dimensione spirituale volitiva intende raggiungere possibilmente sempre ciò che è il vero Bene, e vi impegna la libertà.

Siccome l’uomo è libero ed ha forti pulsioni (istinti) a superare i limiti della ragione, della comunità civile, della vita religiosa, sono necessari dei termini che aiutano a rimanere entro i bordi della strada (vedi i segnali stradali)
Secondo Dante Alighieri (Paradiso 5,19-22) la libertà è il massimo dono fattoci da Dio. Però essa è come uno splendido lampadario artistico che risulta impresentabile o perché è caduto a terra o perché sporco.
Posso sinceramente sentirmi “libero” quando ho ingoiato alte quantità di superalcolici o mi sono avvelenato con diversi tipi di droga? Posso considerarmi “intelligente” quando seguo “marce” che contestano la presenza di reati sessuali nel Codice penale?
E’ rilevabile un’analogia su come l’opinione pubblica italiana ostenta un sacro terrore per chi osi ipotizzare un limite alla libertà sulla pornografia e sul flagello della droga. Questa è la campagna “missionaria” sostenuta dai “santoni” di certe minuscole parti politiche che sono disposte a sottovalutare l’orrore dei tossicodipendenti che commettono i più atroci delitti, o l’ingiustizia di chi carica sulle spalle della comunità le spese per la disintossicazione.
La regolazione dei rapporti tra volontà libera e obbedienza degli apparati connessi con la dimensione sessuale  non è di tipo fisico (come quando metto il collare al cane), ma di ordine morale.

La famiglia non si lascia perciò sedurre dai tempi brevi: ha segnato dalla “natura” dell’uomo (cioè l’insieme delle sue caratteristiche essenziali) dei periodi sufficientemente lunghi per favorire l’inserimento dell’ adolescente nella conoscenza culturale (scuola), nel mondo del lavoro e dell’economia, nella preparazione alla vita insieme (fidanzamento finalizzato al matrimonio).
Il fidanzamento è anche un periodo di prova: da come so regolarmi prima del matrimonio dipenderà la mia analoga capacità nella vita matrimoniale.

Per costruire una famiglia secondo la “natura” dell’uomo è necessario quell’itinerario che va dall’Amore al matrimonio
L’Amore umano è una “passione” delle più forti (assimilabile all’esigenza di nutrirsi), che comprende:
-          l’attrazione unitiva fisica (genitale): amore reciproco
-          la finalità riproduttiva (coniugale): amore fecondo
Quando nella storia delle antropologie e delle morali si è assunto uno di questi “fini” con esclusione categorica dell'altro, ci si è accecati nel leggere la sintesi sull’amore totale. Siccome la passione amorosa può cedere alla tentazione dell’egoismo, l’amore vero deve essere paritetico, reciproco, rispettoso del partner, oblativo (sublime nel donare).
La realtà dell’Amore sta nell’inizio dei contatti dei futuri coniugi e sta alla conclusione del dono della vita a un figlio.
La retta ragione (unitamente alle migliori “visioni della vita”, anche religiose) riconosce  che l’Amore è una delle più alte realtà della vita umana e non una romanzata “esperienza” temporanea e sfuggente, per la quale non valga il sacrosanto dovere di affrontare ogni sacrificio richiesto.

L’erompere della passione è segnato dalla fragilità e pericolosità soprattutto nell’adolescente e giovane. E’ come la corrente di un fiume, che
-          se si mantiene negli argini, porta vita, forza…
-          se esonda, produce inondazioni, carestie…
Che l’esplosione terrificante della passione produca anche negli adulti gli effetti più tragici è abbastanza risaputo, come per esempio descrive il grande Euripide nella tragedia “Medea”, la cui protagonista uccide per estrema vendetta i figli suoi e di Giasone, che l’aveva abbandonata.

Ognuno sa che conviene prevenire i disastri, magari rafforzando gli argini, piuttosto di ripararli dopo che si sono verificati. Questo è il saggio ammonimento dell’Alighieri, che dando la parola a Francesca, uccisa per gelosia coll’amante mentre leggeva (o continuava a leggere) un “romanzo” piccante del medioevo, esorta ad arrestarsi prima che la passione travolgente proceda oltre la capacità di controllo della ragione sulla via dell’amore,  il quale esige che chi si sente amato riami (“Amor ch’a nullo amato amar perdona”: Inferno 5,103).

Il mondo della comunicazione ( i “media”),  in cui viviamo in larga misura, non favorisce la regolazione degli atteggiamenti:
-          o perché, inserendo in un video scene provocanti e procaci, sollecita grandemente la morbosità della persona in formazione (come fanno anche le scene di violenza o del genere “giallo”) e così la multinazionale editrice moltiplica i suoi proventi;
-          o perché mira (per motivi di dominio geo-politico?) a demolire i baluardi che proteggono la retta condotta morale della gente.
Il cedimento alla visione di scene immorali, di depravazione, di violenza sui deboli e innocenti assume il percorso delle droghe: dopo ogni assaggio, sento il bisogno di aumentare la temperatura (dose), entrando così in una spirale di fatale schiavitù.

Purtroppo la mentalità che oggi si è autodefinita maggioritaria irride al matrimonio, come a una trappola, una “terra di morti” - che invece è come una “zona protetta” per favorire la crescita dell’Amore - e ne nega le tre caratteristiche essenziali:
-          la naturalità, perché  prima viene la natura dell’uomo e poi i diritti dell’individuo (non è una scelta opzionabile, per esempio, che il figlio nasca da un uomo e una donna)
-          l’unità, perché uno dà tutto se stesso all’altro (e non si può dare tutto se stesso a molti; e non esiste un dono più grande di quello in cui si dona tutta la vita)
-          l’indissolubilità, perché l’Amore non viene meno nei momenti della difficoltà, della vecchiaia, dei non facili impegni per introdurre i figli alla pienezza e concretezza della vita (per questo è fissata la loro maggiore età).

Eppur vediamo che la nostra società, analogamente alla fine dell’impero romano, si è avviata in molti aspetti della sua esistenza verso un precipizio che incute paura.
Le cosiddette conquiste del pensiero moderno si rivelano talvolta come false e ingannevoli promesse. Per esempio:
-          Non si è ottenuta la vera parità tra uomo e donna, quando moltissimi considerano la donna come un “oggetto”, usando (e abusando) del suo corpo come strumento di piacere.
-          Non si obbedisce ai dettami della ragione (che nell’età dell’Illuminismo fu venerata come “dea Ragione”) quando si addita il modello dell’unione sessuale in quello che è espressioni degli animali, che sono privi di ragione.

Ultimo consiglio. Subire la violenza privata di qualche “amico” (degno di questo nome?) che ti costringe e impone cattivi comportamenti può essere la china discendente verso un abbrutimento da cui non sarà facile risollevarsi. E’ necessario e urgente aprirsi, parlare con genitori o educatori capaci e pazienti (non è prudente “infilarsi” in un vicolo cieco).


mercoledì 16 settembre 2015

Su matrimonio e famiglia



MATRIMONIO  SOLIDO  E  STABILE


Il Matrimonio dev’essere solido in sé stesso e stabile nel tempo.
Per spiegarci paragoniamo il M. a una figura geometrica solida, quale può essere il cubo, o la sfera.


I) La figura geometrica più solida è quella a tre piani visibili: il cubo.
Il cubo può richiamare l’immagine di una casa.
Intendo solidità come consistenza e strutturalità. Questa è assicurata della totalità delle dimensioni.

In larghezza
C’è la compresenza di due individui uguali nell’identità umana, e pari nelle specifiche complementari funzioni (del mito delle due metà della mela - che alla vista si configurano come simmetriche - parla Platone nel Simposio).
Due persone che si donano reciprocamente ed esclusivamente tutta la propria vita.
Due persone con la loro dignità, non un laboratorio con un operatore e uno strumento.
Due potenze costruttive convergenti: l’uomo non è un angelo imprigionato in un corpo, ma una meravigliosa e inscindibile sintesi di fisico e spirituale. Perciò la pulsione fisica non va repressa, bensì regolata secondo ragione.

            In profondità.
La dimensione in larghezza è finalizzata ad ampliarsi in profondità su un quadrato base. La famiglia infatti non è un atollo isolato, ma la base naturale per l’espansione del genere umano.
Questo si realizza nella generazione e formazione umana di altri individui uguali ai genitori nell’identità umana, e pari nelle distinte funzioni interpersonali.
La stabilità della famiglia dipende dalla sicurezza della fissazione del quadrato base alla linea della larghezza.

In altezza
La natura precede l’individuo e non è manipolabile: l’uomo non è la misura di tutto (Protagora), non è il creatore né il normatore assoluto di sé stesso (1).
L’unione matrimoniale è un dono ricevuto da Dio come immagine dell’amore trinitario.

In conclusione
E’ facile individuare nella dimensione in altezza il fondamento delle altre due.
Il libro biblico dei Salmi (127,1) ammonisce: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori”.


II) La figura geometrica più ammirevole ma instabile è la sfera.

Una cultura ingannatrice vuol far passare l’immagine del Matrimonio come una sfera che, in quanto priva di base fissa, può essere sospinta per ogni dove. La sfera – che, non avendo i piani distinguibili come nel cubo, nella sua compattezza si sottrae a qualsiasi regola di stabilità - può richiamare l’immagine di un pallone da calcio, o di una policroma, ma effimera, bolla di sapone.
L’unione matrimoniale deve comprendere sia diritti che doveri, sia piaceri che impegni. E’ un legame destinato a permanere nel tempo, superando le spinte di decostruzione.
Questa stabilità, o serietà, è ottenuta dalla libera volontà dell’uomo che ha ricevuto il solido dono di Dio.

Il Vangelo mette in guardia dal comportamento dell’uomo stolto “che ha costruito una casa sulla 'sabbia', senza fondamenta (Lc 6,49).

Domanda
La città dell’uomo è fatta di case, la società civile è fatta di famiglie. Quale futuro prepariamo per la nostra società del futuro?

(1) NOTA
Quando si parla di famiglia si deve fare riferimento sia alla “natura” che alla “cultura”: essa è espressione della natura dell’uomo e insieme frutto della sua azione nella storia. La natura fondamentale della famiglia – desunta dalla struttura fisico-spirituale dell’essere umano - non può cambiare nella storia; mentre la sua forma storica può dipendere dalla libertà individuale e dalla tradizione dei popoli (esistono per es.  società  “matriarcali”). Nella vita della famiglia abbiamo normalmente la comunicazione di natura fisico-spirituale da esseri umani ad altri esseri ugualmente dotati d’intelletto e di libera volontà. La famiglia naturale è finalizzata a percorrere tre itinerari paralleli e interdipendenti: coabitazione stabile d’amore fisico-spirituale (si pensi alla comunicazione attraverso la “parola”) che forma una nuova comunità; procreazione di altri esseri umani per la continuità della specie e quindi della società; introduzione e formazione alla vita specificamente umana e sociale per i figli, azione che richiede la stabilità della comunione.
                                                                                 

mercoledì 27 agosto 2014

Questo "mistero" è grande



SULLA VISIONE UMANA E CRISTIANA DEL MATRIMONIO


Dobbiamo limitarci, in un’omelia, ad esprimere auguri e felicitazioni, oppure a proporre una scontata lezione di catechesi? O siamo costretti ad accettare per buona la visione del matrimonio che ci offre il mondo dello spettacolo, dei “vip” in generale, e l’accavallarsi delle cronache, sempre più squallide, se non tragiche?
Superiamo in partenza l’obiezione “Come può proporci una ricetta per le malattie del matrimonio un prete che ha fatto la scelta del celibato?” Eppure non richiediamo da un ortopedico che deve curarci il requisito che abbia subìto in proprio la frattura di un femore….

Il matrimonio è una delle realtà più importanti per l’uomo che pensa e per l’uomo che crede. Da esso dipende la consistenza della società civile e religiosa. Ma canta inneggiando al progresso nichilistico il nostro euforico Occidente, mentre sta tranciando proprio il ramo sul quale sta seduto.
Poiché viviamo nel crepuscolo della fantasmagoria del “pensiero debole”, in una società “liquida” - quindi non solida e senza forma - nessuno si meravigli se iniziamo con riflessioni di antropologia naturale (in due parti), mentre riserviamo al pensiero religioso la giusta funzione di completamento e conclusione. E nessuno – per favore - si irriti se diventa necessaria una buona concentrazione nell’ascolto.

I
Oggi si tende ad affermare che l’uomo è un essere “assoluto” (ab-solutus, cioè libero da qualunque legame), come un esistente praticamente isolato, chiuso nella sua dorata irrelazionalità

Non è difficile riconoscere la sua quadruplice dimensione “spaziale”:
-         L’uomo è un essere sociale - quindi vive in una comunità, sia famigliare sia civile sia religiosa - che ha altre realtà intorno a sé;
-         L’uomo ha una natura (dal latino nascor) ben delimitata, che precede l’individuo; e quindi non può essere “creata” dalla sua libertà; mentre è questa ad essere innestata nella natura umana;
-         L’uomo lascia dopo di sé ciò che ha prodotto (cultura) e generato (prole)
-         L’uomo, in tutte le culture “non liquide”, ha un punto di riferimento che gli sta sopra e che precede la natura, un Essere che quasi tutti chiamano Dio; non è necessario qui elencare tutti gli idoli fasulli e nocivi che il nuovo ateismo ha imposto di sostituire al “vecchio Dio”; Gilbert K. Chesterton scriveva acutamente: “Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché comincia a credere a tutto”.

II
Molti mali del matrimonio vengono dal riduzionismo, che consiste nel considerare la mutua donazione come priva di alcune caratteristiche:
-         Una donazione priva di totalità  - che comprende anima, libertà, corpo, intelletto e sentimento - prigioniera della scelta esclusivista dell’apollineo o del dionisiaco - per usare il linguaggio di Nietzsche - mentre Hegel sentenziava “Il Vero è l'Intero”
-         Una donazione priva di unità e di complementarità, ciò che comporta rapporto a un solo partner, che sia di genere diverso
-         Una donazione priva di stabilità per tutta la vita; infatti non si cambia coniuge come se fosse un vettura; il matrimonio non è una luccicate bolla di sapone che al primo impatto si riduce a una sporca goccia di acqua saponata; e l’amore umano non può essere visto come il campo di scontro per interminabili guerre stellari
-         Una donazione priva di adattabilità, in qualsiasi situazione, oscura o luminosa, tanto da accettare di essere “con-iugi”, sottoposti a un comune iugum (che in latino significa giogo, ma anche vincolo di unione), escludendo assolutamente il significato di “soggezione” di un partner all’altro
-         Una donazione priva di apertura (sul modello della cellula che deve essere aperta al tessuto organico); il fallace modello dei “due cuori e una capanna”  non segna la reclusione in un’isola?

III
La visione cristiana non deve essere presa come una sovrastruttura (o addirittura un’imposizione)  rispetto alle precedenti affermazioni di una retta antropologia. Chi la pensa così non ha mai letto Blaise Pascal: “Il supremo passo della ragione è riconoscere che ci sono infinte cose che la superano”.
Dobbiamo pensare “in grande” al matrimonio:
-         Il matrimonio come una comunione (communio) - vocabolo che nell’etimologia latina può essere fatto risalire a cum munus (unione di doveri, di mansioni, di incarichi) e a cum munio (unità nella difesa muraria dai nemici esterni alla città); è interessante notare che munus sta alla base dell’etimologia di matrimonio e patrimonio. Papa Francesco alludendo a Apocalisse 21,2-4 ci ricorda che nella forma di “comunione” rappresentata dalla città consiste la destinazione finale dell’uomo: “E’ interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città” (Evang. gaudium, 71)
-         Il matrimonio come abbraccio di concordia (cum corda)
-         Il matrimonio come una nuova “alleanza” (tradotta in latino con testamentum), quella del Popolo dell’Antico Testamento (paragonata spesso a un matrimonio), perfezionata da quella conosciuta e attuata nella persona e vita di Gesù Cristo; tanto da essere assimilata al rapporto di amore fra Cristo e la sua Chiesa
-         Il matrimonio come un sacramentum, che – pur significando nel latino classico solo giuramento, pegno, impegno, vincolo - nella concezione cristiana, in linea con mysterion di Efesini 5,32, deve essere accolto come prezioso e indispensabile dono di grazia e di forza dallo Spirito di Dio (in quanto l’uomo è fragile e incostante)

Apprendiamo qualcosa di prezioso ascoltando la teologia cristiana ortodossa, che coglie nella Bibbia uno schema riccamente simbolico per la comprensione del matrimonio, in quattro momenti:
-         Il matrimonio nasce simbolicamente nel paradiso terrestre. Il moderno sviluppo degli studi biblici ci consente di riconoscere nei primi capitoli della Genesi due teologie dell’uomo e del matrimonio valide per ogni tempo, scoprendo un intreccio tra la “costituzione” di Dio e quella dell’uomo: A) Nella fonte più antica (Gen 2) abbiamo il Dio unico che plasma prima l’uomo e poi la donna, i quali nel matrimonio “saranno una sola carne” (dove nell’antropologia dei semiti antichi “carne” è la persona vivente nel mondo fisico); B) Nella fonte più recente (Gen 1) si riscontra un analogo passaggio dal plurale all’uno – e viceversa - perché Dio dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza….Maschio e femmina li creò”. Il matrimonio può quindi essere interpretato come un’imitazione della Trinità divina: un Dio in tre persone unite nel cerchio di un Amore eterno. Quest’ultima citazione biblica trova il seguito in un pensiero che solo San Paolo poteva regalarci: “Dio…ci ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Romani 8,29).  Quindi conformazione a Cristo, progressiva dal Battesimo alla nostra trasfigurazione finale, eliminatrice delle nostre debolezze e lacune.
-         Alle nozze di Cana (Giovanni 2) Gesù compie il primo miracolo, che origina la fede, partecipando alla gioia di un banchetto nuziale; nel quale si deve cogliere simbolicamente il matrimonio tra Cristo e la sua chiesa, là rappresentata da Maria
-         In più luoghi San Paolo ci offre lo sposalizio come immagine dell’amore e della donazione tra Cristo e la sua chiesa; e parla di domus, cioè di famiglia, di piccola chiesa (ma purtroppo oggi l’opinione pubblica usa questo vocabolo per intendere le gerarchie cattoliche)
Il circolo si conclude con la visione simbolica della definitiva festa celestiale proposta da un libro biblico scritto in un linguaggio molto lontano dal nostro (Apocalisse 19,7-9), che ahimè il grosso pubblico interpreta come “descrizione catastrofica della fine del mondo”. In esso si tenta di descrivere la gioia della “comunione” eterna dell’umanità con Dio: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui (Dio) gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello (Cristo); la sua sposa è pronta e le hanno dato una veste di lino puro splendente….Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello”.