mercoledì 27 agosto 2014

Questo "mistero" è grande



SULLA VISIONE UMANA E CRISTIANA DEL MATRIMONIO


Dobbiamo limitarci, in un’omelia, ad esprimere auguri e felicitazioni, oppure a proporre una scontata lezione di catechesi? O siamo costretti ad accettare per buona la visione del matrimonio che ci offre il mondo dello spettacolo, dei “vip” in generale, e l’accavallarsi delle cronache, sempre più squallide, se non tragiche?
Superiamo in partenza l’obiezione “Come può proporci una ricetta per le malattie del matrimonio un prete che ha fatto la scelta del celibato?” Eppure non richiediamo da un ortopedico che deve curarci il requisito che abbia subìto in proprio la frattura di un femore….

Il matrimonio è una delle realtà più importanti per l’uomo che pensa e per l’uomo che crede. Da esso dipende la consistenza della società civile e religiosa. Ma canta inneggiando al progresso nichilistico il nostro euforico Occidente, mentre sta tranciando proprio il ramo sul quale sta seduto.
Poiché viviamo nel crepuscolo della fantasmagoria del “pensiero debole”, in una società “liquida” - quindi non solida e senza forma - nessuno si meravigli se iniziamo con riflessioni di antropologia naturale (in due parti), mentre riserviamo al pensiero religioso la giusta funzione di completamento e conclusione. E nessuno – per favore - si irriti se diventa necessaria una buona concentrazione nell’ascolto.

I
Oggi si tende ad affermare che l’uomo è un essere “assoluto” (ab-solutus, cioè libero da qualunque legame), come un esistente praticamente isolato, chiuso nella sua dorata irrelazionalità

Non è difficile riconoscere la sua quadruplice dimensione “spaziale”:
-         L’uomo è un essere sociale - quindi vive in una comunità, sia famigliare sia civile sia religiosa - che ha altre realtà intorno a sé;
-         L’uomo ha una natura (dal latino nascor) ben delimitata, che precede l’individuo; e quindi non può essere “creata” dalla sua libertà; mentre è questa ad essere innestata nella natura umana;
-         L’uomo lascia dopo di sé ciò che ha prodotto (cultura) e generato (prole)
-         L’uomo, in tutte le culture “non liquide”, ha un punto di riferimento che gli sta sopra e che precede la natura, un Essere che quasi tutti chiamano Dio; non è necessario qui elencare tutti gli idoli fasulli e nocivi che il nuovo ateismo ha imposto di sostituire al “vecchio Dio”; Gilbert K. Chesterton scriveva acutamente: “Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché comincia a credere a tutto”.

II
Molti mali del matrimonio vengono dal riduzionismo, che consiste nel considerare la mutua donazione come priva di alcune caratteristiche:
-         Una donazione priva di totalità  - che comprende anima, libertà, corpo, intelletto e sentimento - prigioniera della scelta esclusivista dell’apollineo o del dionisiaco - per usare il linguaggio di Nietzsche - mentre Hegel sentenziava “Il Vero è l'Intero”
-         Una donazione priva di unità e di complementarità, ciò che comporta rapporto a un solo partner, che sia di genere diverso
-         Una donazione priva di stabilità per tutta la vita; infatti non si cambia coniuge come se fosse un vettura; il matrimonio non è una luccicate bolla di sapone che al primo impatto si riduce a una sporca goccia di acqua saponata; e l’amore umano non può essere visto come il campo di scontro per interminabili guerre stellari
-         Una donazione priva di adattabilità, in qualsiasi situazione, oscura o luminosa, tanto da accettare di essere “con-iugi”, sottoposti a un comune iugum (che in latino significa giogo, ma anche vincolo di unione), escludendo assolutamente il significato di “soggezione” di un partner all’altro
-         Una donazione priva di apertura (sul modello della cellula che deve essere aperta al tessuto organico); il fallace modello dei “due cuori e una capanna”  non segna la reclusione in un’isola?

III
La visione cristiana non deve essere presa come una sovrastruttura (o addirittura un’imposizione)  rispetto alle precedenti affermazioni di una retta antropologia. Chi la pensa così non ha mai letto Blaise Pascal: “Il supremo passo della ragione è riconoscere che ci sono infinte cose che la superano”.
Dobbiamo pensare “in grande” al matrimonio:
-         Il matrimonio come una comunione (communio) - vocabolo che nell’etimologia latina può essere fatto risalire a cum munus (unione di doveri, di mansioni, di incarichi) e a cum munio (unità nella difesa muraria dai nemici esterni alla città); è interessante notare che munus sta alla base dell’etimologia di matrimonio e patrimonio. Papa Francesco alludendo a Apocalisse 21,2-4 ci ricorda che nella forma di “comunione” rappresentata dalla città consiste la destinazione finale dell’uomo: “E’ interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città” (Evang. gaudium, 71)
-         Il matrimonio come abbraccio di concordia (cum corda)
-         Il matrimonio come una nuova “alleanza” (tradotta in latino con testamentum), quella del Popolo dell’Antico Testamento (paragonata spesso a un matrimonio), perfezionata da quella conosciuta e attuata nella persona e vita di Gesù Cristo; tanto da essere assimilata al rapporto di amore fra Cristo e la sua Chiesa
-         Il matrimonio come un sacramentum, che – pur significando nel latino classico solo giuramento, pegno, impegno, vincolo - nella concezione cristiana, in linea con mysterion di Efesini 5,32, deve essere accolto come prezioso e indispensabile dono di grazia e di forza dallo Spirito di Dio (in quanto l’uomo è fragile e incostante)

Apprendiamo qualcosa di prezioso ascoltando la teologia cristiana ortodossa, che coglie nella Bibbia uno schema riccamente simbolico per la comprensione del matrimonio, in quattro momenti:
-         Il matrimonio nasce simbolicamente nel paradiso terrestre. Il moderno sviluppo degli studi biblici ci consente di riconoscere nei primi capitoli della Genesi due teologie dell’uomo e del matrimonio valide per ogni tempo, scoprendo un intreccio tra la “costituzione” di Dio e quella dell’uomo: A) Nella fonte più antica (Gen 2) abbiamo il Dio unico che plasma prima l’uomo e poi la donna, i quali nel matrimonio “saranno una sola carne” (dove nell’antropologia dei semiti antichi “carne” è la persona vivente nel mondo fisico); B) Nella fonte più recente (Gen 1) si riscontra un analogo passaggio dal plurale all’uno – e viceversa - perché Dio dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza….Maschio e femmina li creò”. Il matrimonio può quindi essere interpretato come un’imitazione della Trinità divina: un Dio in tre persone unite nel cerchio di un Amore eterno. Quest’ultima citazione biblica trova il seguito in un pensiero che solo San Paolo poteva regalarci: “Dio…ci ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Romani 8,29).  Quindi conformazione a Cristo, progressiva dal Battesimo alla nostra trasfigurazione finale, eliminatrice delle nostre debolezze e lacune.
-         Alle nozze di Cana (Giovanni 2) Gesù compie il primo miracolo, che origina la fede, partecipando alla gioia di un banchetto nuziale; nel quale si deve cogliere simbolicamente il matrimonio tra Cristo e la sua chiesa, là rappresentata da Maria
-         In più luoghi San Paolo ci offre lo sposalizio come immagine dell’amore e della donazione tra Cristo e la sua chiesa; e parla di domus, cioè di famiglia, di piccola chiesa (ma purtroppo oggi l’opinione pubblica usa questo vocabolo per intendere le gerarchie cattoliche)
Il circolo si conclude con la visione simbolica della definitiva festa celestiale proposta da un libro biblico scritto in un linguaggio molto lontano dal nostro (Apocalisse 19,7-9), che ahimè il grosso pubblico interpreta come “descrizione catastrofica della fine del mondo”. In esso si tenta di descrivere la gioia della “comunione” eterna dell’umanità con Dio: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui (Dio) gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello (Cristo); la sua sposa è pronta e le hanno dato una veste di lino puro splendente….Scrivi: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello”.


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