SULLA VISIONE UMANA E CRISTIANA DEL MATRIMONIO
Dobbiamo limitarci, in un’omelia,
ad esprimere auguri e felicitazioni, oppure a proporre una scontata lezione di
catechesi? O siamo costretti ad accettare per buona la visione del matrimonio
che ci offre il mondo dello spettacolo, dei “vip” in generale, e l’accavallarsi
delle cronache, sempre più squallide, se non tragiche?
Superiamo in partenza l’obiezione
“Come può proporci una ricetta per le malattie del matrimonio un prete che ha
fatto la scelta del celibato?” Eppure non richiediamo da un ortopedico che deve
curarci il requisito che abbia subìto in proprio la frattura di un femore….
Il matrimonio è una delle realtà
più importanti per l’uomo che pensa e per l’uomo che crede. Da
esso dipende la consistenza della società civile e religiosa. Ma canta
inneggiando al progresso nichilistico il nostro euforico Occidente, mentre sta
tranciando proprio il ramo sul quale sta seduto.
Poiché viviamo nel crepuscolo della
fantasmagoria del “pensiero debole”, in una società “liquida” - quindi non
solida e senza forma - nessuno si meravigli se iniziamo con riflessioni di
antropologia naturale (in due parti), mentre riserviamo al pensiero religioso
la giusta funzione di completamento e conclusione. E nessuno – per favore - si
irriti se diventa necessaria una buona concentrazione nell’ascolto.
I
Oggi si tende ad affermare che
l’uomo è un essere “assoluto” (ab-solutus,
cioè libero da qualunque legame), come un esistente praticamente isolato,
chiuso nella sua dorata irrelazionalità
Non è difficile riconoscere la
sua quadruplice dimensione “spaziale”:
-
L’uomo è un essere sociale - quindi vive in una
comunità, sia famigliare sia civile sia religiosa - che ha altre realtà intorno a sé;
-
L’uomo ha una natura (dal latino nascor) ben delimitata, che precede
l’individuo; e quindi non può essere “creata” dalla sua libertà; mentre è
questa ad essere innestata nella natura umana;
-
L’uomo lascia dopo
di sé ciò che ha prodotto (cultura) e generato (prole)
-
L’uomo, in tutte le culture “non liquide”, ha un punto
di riferimento che gli sta sopra
e che precede la natura, un Essere che quasi tutti chiamano Dio; non è
necessario qui elencare tutti gli idoli fasulli e nocivi che il nuovo ateismo
ha imposto di sostituire al “vecchio Dio”; Gilbert K. Chesterton scriveva
acutamente: “Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché
comincia a credere a tutto”.
II
Molti mali del matrimonio vengono
dal riduzionismo, che consiste nel
considerare la mutua donazione come priva di alcune caratteristiche:
-
Una donazione priva di totalità - che comprende anima, libertà, corpo,
intelletto e sentimento - prigioniera della scelta esclusivista dell’apollineo
o del dionisiaco - per usare il linguaggio di Nietzsche - mentre Hegel
sentenziava “Il Vero è l'Intero”
-
Una donazione priva di unità e di complementarità, ciò
che comporta rapporto a un solo partner, che sia di genere diverso
-
Una donazione priva di stabilità per tutta la vita;
infatti non si cambia coniuge come se fosse un vettura; il matrimonio non è una
luccicate bolla di sapone che al primo impatto si riduce a una sporca goccia di
acqua saponata; e l’amore umano non può essere visto come il campo di scontro
per interminabili guerre stellari
-
Una donazione priva di adattabilità, in qualsiasi
situazione, oscura o luminosa, tanto da accettare di essere “con-iugi”,
sottoposti a un comune iugum (che in
latino significa giogo, ma anche vincolo di unione), escludendo assolutamente
il significato di “soggezione” di un partner all’altro
-
Una donazione priva di apertura (sul modello della
cellula che deve essere aperta al tessuto organico); il fallace modello dei
“due cuori e una capanna” non segna la
reclusione in un’isola?
III
La visione cristiana non deve essere presa come una sovrastruttura (o
addirittura un’imposizione) rispetto
alle precedenti affermazioni di una retta antropologia. Chi la pensa così non
ha mai letto Blaise Pascal: “Il supremo passo della ragione è riconoscere che
ci sono infinte cose che la superano”.
Dobbiamo pensare “in grande” al
matrimonio:
-
Il matrimonio come una comunione (communio) - vocabolo che nell’etimologia latina può essere fatto
risalire a cum munus (unione di
doveri, di mansioni, di incarichi) e a cum
munio (unità nella difesa muraria dai nemici esterni alla città); è interessante
notare che munus sta alla base
dell’etimologia di matrimonio e patrimonio. Papa Francesco alludendo a
Apocalisse 21,2-4 ci ricorda che nella forma di “comunione” rappresentata dalla
città consiste la destinazione finale dell’uomo: “E’ interessante che la
rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in
una città” (Evang. gaudium, 71)
-
Il matrimonio come abbraccio di concordia (cum corda)
-
Il matrimonio come una nuova “alleanza” (tradotta in
latino con testamentum), quella del
Popolo dell’Antico Testamento (paragonata spesso a un matrimonio), perfezionata
da quella conosciuta e attuata nella persona e vita di Gesù Cristo; tanto da
essere assimilata al rapporto di amore fra Cristo e la sua Chiesa
-
Il matrimonio come un sacramentum, che – pur significando nel latino classico solo
giuramento, pegno, impegno, vincolo - nella concezione cristiana, in linea con mysterion di Efesini 5,32, deve essere
accolto come prezioso e indispensabile dono di grazia e di forza dallo Spirito
di Dio (in quanto l’uomo è fragile e incostante)
Apprendiamo qualcosa di prezioso
ascoltando la teologia cristiana ortodossa,
che coglie nella Bibbia uno schema riccamente simbolico per la comprensione del
matrimonio, in quattro momenti:
-
Il matrimonio nasce simbolicamente nel paradiso
terrestre. Il moderno sviluppo degli studi biblici ci consente di riconoscere
nei primi capitoli della Genesi due teologie dell’uomo e del matrimonio
valide per ogni tempo, scoprendo un intreccio tra la “costituzione” di Dio e quella
dell’uomo: A) Nella fonte più antica (Gen 2) abbiamo il Dio unico che plasma
prima l’uomo e poi la donna, i quali nel matrimonio “saranno una sola carne”
(dove nell’antropologia dei semiti antichi “carne” è la persona vivente nel
mondo fisico); B) Nella fonte più recente (Gen 1) si riscontra un analogo passaggio
dal plurale all’uno – e viceversa - perché Dio dice: “Facciamo l’uomo a nostra
immagine, a nostra somiglianza….Maschio e femmina li creò”. Il matrimonio può
quindi essere interpretato come un’imitazione della Trinità divina: un Dio in
tre persone unite nel cerchio di un Amore eterno. Quest’ultima citazione
biblica trova il seguito in un pensiero che solo San Paolo poteva regalarci:
“Dio…ci ha predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Romani
8,29). Quindi conformazione a Cristo,
progressiva dal Battesimo alla nostra trasfigurazione finale, eliminatrice
delle nostre debolezze e lacune.
-
Alle nozze di Cana (Giovanni 2) Gesù compie il primo
miracolo, che origina la fede, partecipando alla gioia di un banchetto nuziale; nel quale si deve cogliere simbolicamente il matrimonio tra Cristo e la sua chiesa, là rappresentata da Maria
-
In più luoghi San Paolo ci offre lo sposalizio come
immagine dell’amore e della donazione tra Cristo e la sua chiesa; e parla di domus, cioè di famiglia, di piccola
chiesa (ma purtroppo oggi l’opinione pubblica usa questo vocabolo per intendere
le gerarchie cattoliche)
Il circolo si
conclude con la visione simbolica della definitiva festa celestiale proposta da
un libro biblico scritto in un linguaggio molto lontano dal nostro (Apocalisse
19,7-9), che ahimè il grosso pubblico interpreta come “descrizione catastrofica
della fine del mondo”. In esso si tenta di descrivere la gioia della
“comunione” eterna dell’umanità con Dio: “Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo
a lui (Dio) gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello (Cristo); la sua sposa
è pronta e le hanno dato una veste di lino puro splendente….Scrivi: Beati gli
invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello”.
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