Avvertenza.
Il giorno 19 di marzo ho mandato la lettera seguente a un quotidiano
che una volta mi pubblicava tutto (o quasi); ma forse questa volta la
ciambella non è riuscita col buco.....La ripropongo qui con piccole modifiche nella solennità dell'Annunciazione del Signore.
Faccio presente che non voglio inutilmente percorrere la china
pericolosa della polemica partitica contingente, ma evidenziare le
premesse filosofiche della soluzione del problema.
In questo periodo di accese
contrapposizioni, magari politiche, s’inserisce, proprio su un rovente
argomento etico qual è la concezione della famiglia che ciascuno dovrebbe
avere, la pletorica presa di posizione della quasi totalità dei docenti
dell’università della mia città Verona, nella quale è programmato appunto il
relativo Congresso. Se è lecito da parte di un “umile operatore nella vigna del
Signore” muovere delle critiche al verdetto di così elitario consesso, proverò
ad esprimere due rilievi più che altro metodologici; anche se questi godono
della fortuna delle opinioni che per decenni vengono considerate intangibili da
quella che il Manzoni chiamerebbe maliziosamente vox populi.
Il primo rilievo concerne il
diffusissimo scientismo esclusivista, che ritiene le scienze sperimentali,
operative, matematiche, uniche produttrici di dati e calcoli sufficientemente
attendibili, ma condanna all’insignificanza le conoscenze e riflessioni sulle
realtà spirituali, quali l’Io, che concernono i valori, per esempio quelli
etici. Mi sembra scelta saggia far
tesoro dello spiritualismo e personalismo, di autori come Maine de Biran, Boutroux,
Bergson, Mounier; come di altri importanti filoni di pensiero. Noto di
passaggio che forse è sfuggita all’estensore del documento protestatario la scarsa conseguenza nell’uso del
concetto di scientificità in chi aveva inteso contestare “l’espressione di un gruppo organizzato di
soggetti che propongono convinzioni etiche
e religiose come fossero dati scientifici”,
mentre assicura che “il codice etico
dell’università di Verona, assieme ai principi della libertà della ricerca e
dell’insegnamento, afferma quelli dell’uguaglianza…..” (i corsivi sono miei). E
qualcuno è qualificato come docente di filosofia morale.
Il secondo rilievo riguarda lo
storicismo assoluto, che consente di eliminare
senza pietà ogni visione filosofica del passato, trascurando il fatto
che, quando si tratta dei valori e realtà spirituali, può essere incancellabile
la sentenza per esempio di Seneca, di Pascal, nei confronti delle acquisizioni,
luccicanti ma talvolta fulminee come meteore, elaborate dalla superscienza
attuale. Con ciò si rende possibile al “filosofo del bar” decretare defunte
tutte li idee espresse nel Medio evo (ma l’università non è nata proprio in quel periodo?).
Purtroppo questo andazzo è possibile quando ci si affida ai fuochi pirotecnici
degli slogan della cultura del provvisorio (“non cederemo sui diritti
acquisisti”; “vogliono recludere la donna in casa”), quando ognuno vede la
crisi della famiglia, l’aumento dei misfatti degli adolescenti e giovani,
eccetera, ai quali ci ha introdotto l’iniziale rifiuto della filosofia della
realtà, che è la (seppur rinnovata) metafisica. Ma ogni voglia deve essere
sacrificata sull’altare dell’imminente venuta di questo benedetto Mondo nuovo.
già docente in istituti universitari cattolici
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