domenica 23 settembre 2018

1Cor Lezione IX (con appendice)



B - Modalità della risurrezione dei morti (1Cor 15,35-58)

I corinzi erano sempre disposti a presentare domande sul modo di comprendere il linguaggio della rivelazione nella loro cultura. E’ sempre difficile infatti pensare un futuro di gloria per l’individuo che vede corrompersi i corpi dei defunti nel sepolcro (anche se talvolta la tradizione della predicazione ha usato un semplificante linguaggio, è impossibile una “rianimazione del cadavere” che riprenda le condizioni naturali precedenti). Ma tutto dipende dalla concezione antropologica che abbiamo in mente (Posso rimandare a un mio studio “E’ urgente annunciare all’uomo d’oggi la risurrezione dei morti” nella rivista Euntes docete, 1985, n. 3, 299-309).
Richiamando il motivo espresso nei primi capitoli della lettera, san Paolo spiega che con la sola cultura (sapienza) umana è impossibile comprendere quello che Dio ci prepara per l’entrata in un mondo nuovo e definitivo (escatologico), nella nuova creazione, nell’altra vita, nella vita dell’holàm (eone, secolo, periodo di tempo) futuro.

San Paolo fornisce alcune risposte, fra le quali segnaliamo le seguenti:

1) L’esempio del  seme e dell’albero ci fa comprendere che risorgerà un altro corpo.
“Ciò che tu semini non prende vita se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito e a ciascun seme il proprio corpo” (….). “Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione / risorge nell’incorruttibilità,
è seminato nella miseria / risorge nella gloria,
è seminato nella debolezza / risorge nella potenza,
è seminato corpo animale / risorge corpo spirituale” (1Cor 15, 36-38; 42-44a).

2) Usando un’interpretazione “midrashica” (che non è certo freddamente “letteralistica”) san Paolo porta l’esempio dell’uomo (in ebraico: adàm) formato dalla terra (Genesi 2) e dell’uomo creato a immagine e somiglianza di elohìm (Genesi 1). Nell’Adamo san Paolo vede l’uomo attuale, nel nuovo Adamo vede il Cristo risuscitato, al quale noi saremo configurati.
“Se c’è un corpo animale vi è anche un corpo spirituale. Sta scritto infatti che il primo uomo Adamo divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale.. Il primo uomo  tratto dalla terra è fatto di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Come è l’uomo terreno così sono quelli di terra; e come è l’uomo celeste così anche i celesti.  E come eravamo simili all’uomo terreno così saremo simili all’uomo celeste” (1Cor 15,44b-49)
Qui san Paolo usa il concetto “corpo” come equivalente di “uomo concreto”, con la sua totalità psico-fisica. Per cui:
- il corpo “animale” è segnato dalla fragilità, debolezza, peccaminosità, mortalità;
- il corpo “spirituale” è nuova creazione, eternamente vivificato nello Spirito.
        Nota. Poiché nella concezione semitica il concetto "carne" fa riferimento al "corpo animale", troviamo nel Credo apostolico "risurrezione della carne", e nel Credo Costantinopolitano "risurrezione dei morti" (Denzinger, n. 10 e 150).

3) San Paolo annuncia il “mistero” (una realtà superiore alla comprensione e alla realizzazione umana) che ricorda la Trasfigurazione transitoria di Cristo durante la sua vita terrena
“Ecco io vi annuncio un mistero (…..) tutti saremo trasformati, in un attimo, in un batter d’occhio  (….)  i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati. E’ necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità (1Cor 15,51-53)
Conclusione solenne: “Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria (sulla morte) per mezzo del Signore Nostro Gesù Cristo” (1Cor 15,57).



UN AIUTO CHE CI VIENE DALL’APOCALISSE DI GIOVANNI

Nei due ultimi capitoli questo libro ci viene incontro per dirci che con la fantasia non siamo assolutamente in grado di spiegare il mistero del mondo totalmente nuovo che Dio ci ha preparato, nel quale scompaiono tempo e spazio. Se noi lo comprendessimo, non sarebbe totalmente nuovo. “Vidi un cielo nuovo e una terra nuova” (21,1). “Le cose di prima son passate…..Ecco: nuove faccio tutte le cose” (21,4s)
Eppure, per farsi comprendere fra esseri terreni, l’autore deve fare ricorso ad alcune immagini. Dalle quali apprendiamo che vivremo sempre in Dio, sempre con Dio, nella sua luce, nella sua pace paradisiaca.
“Ecco la dimora di Dio con gli uomini” (21,3). “Tempio non vidi in essa (Gerusalemme nuova): il Signore Dio, l’Onnipotente, insieme all’Agnello, è il suo tempio” (21,22)
“A colui che ha sete darò da bere dalla sorgente dell’acqua viva gratuitamente” (21,6). Mi mostrò poi un fiume d’acqua viva, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello” (22,1). “I suoi servi a lui presteranno culto e contempleranno la sua faccia….perché il Signore Iddio spanderà su loro la sua luce” (22,3-5)
Per tornare a san Paolo: “Così per sempre saremo col Signore” (1Ts 4,17). E a Gesù: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43)
Una splendida riflessione di S. Agostino: “Tutta la gioia non entrerà nei beati; ma tutti i beati entreranno nella gioia”.
Comunque non possiamo dimenticare ciò che sta scritto: "Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto" (1Cor 13,12).

 

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