domenica 1 luglio 2018

Per un Matrimonio



QUASI UN’OMELIA, O QUALCOSA DI PIU'

Non mi dilungherò in auguri e felicitazioni perché queste belle formalità sono contenute al meglio nel rito sacro e nella benedizione. D’altra parte sono convinto che un’omelia che dice le cose che tutti già sanno perché tutti capiscano è tempo sprecato. Di fronte alla generalizzata crisi del Matrimonio, dobbiamo chiederci quali ne siano i presupposti culturali e le cause scatenanti..
Cercherò quindi di dare risposta in breve a quatto domande, perché i noti dominatori dell’opinione pubblica mirano da decenni a demolire quel baluardo di ogni società umana che è il Matrimonio. Oggi le filosofie sono precipitate dal pensiero debole, alla post-verità, all’utilitarismo, allo scetticismo, all’agnosticismo, al nichilismo. Oggi i nuovi filosofi (che dovrebbero essere “amanti della sapienza”) si trovano tra cantautori, romanzieri e registi di film.
Perché privilegio la trattazione antropologica sul Matrimonio nei confronti di quella religiosa? Perché la prima è la base senza la quale non può elevarsi la seconda e perché oggi molti cristiani non conoscono sufficientemente le basi dei discorsi teologici. Insisterò quindi sulla qualifica del serio e dello stabile nel Matrimonio, piuttosto che su quella del sacro e del santo.

CHI É L’UOMO
Oggi viviamo nell’onda lunga di un cambiamento epocale nella comprensione dell’uomo. Lo scrittore Tom Wolfe ha chiamato il breve periodo che inizia col ’68 “Il decennio dell’io”. Se precedentemente la nostra società occidentale viveva nel comunitarismo, sotto la guida delle grandi ideologie (partiti) e dei grandi ideali sociali, raggiunti magari con la rivoluzione, dopo quel periodo viviamo nel culto dell’io (narcisismo), dell’individualismo esasperato, che propone l’ideale della felicità del singolo, raggiunto magari con le droghe. Questo cambiamento di paradigma influirà certamente sulla concezione del Matrimonio.
Ogni nascente filosofia dell’uomo proclama che vuol creare l’uomo nuovo, dando per scontato, in forza dell’ideologia storicistica, che tale modello sarà sicuramente migliore del precedente. E nell’ultima “filosofia” cui facevo cenno si propone il discutibile principio che vuole “l’immaginazione al potere”.
Il colmo della problematicità si riscontra quando certi “artisti” e psicoanalisti, come Nietzsche, Freud e Lacan, profeti o apologeti di varie ideologie, oltre a ridurre la “persona” al numero (“uno vale uno”), configurano nichilisticamente l’ultimo modello dell’uomo. Un uomo che sarebbe da collocare al di sotto del semplice animale; e viene privilegiato con due caratteristiche: 1) ha come suo centro essenziale “personale” non quella che la tradizione ha spesso chiamato “anima spirituale” o mente, ma il gomitolo degli istinti (che devono essere seguiti ad ogni costo); 2)  ha come norma di comportamento non la “legge” razionale, civica o religiosa, ma un’idolatrata “anomìa” (vedi il simbolismo dell’albero del bene e del male nelle profonde pagine sapienziali dei capitoli 2-3 della Genesi), che si serve dell’irricevibile principio “vietato vietare”, secondo il quale ogni desidero del singolo è immancabilmente buono.
La filosofa D. Di Cesare, riferendosi al XX secolo, parla di un "tentativo di decostruire la tradizione occidentle". Viene demolita la “scoperta” dell’uomo fatta da Socrate, Platone, Aristotele, Sofocle, Agostino, Pascal. All’animale si largiscono generosamente le perle preziose dell’uomo: autocoscienza, intelligenza, libertà, amore. Si esalta l’animale perché non s’interroga, non ricerca il senso, può godere di una vita piena senza sacrificio né Legge; una Legge che impone il sacrificio del desiderio (Recalcati). Mi sembra che i sostenitori di queste idee – che secondo alcuni studiosi non resisterebbero ad alcuna verifica - capiscano l’animale, la cui vita piena consiste nell’agire nel mondo della natura e nell’orientarsi deterministicamente verso il piacere, mentre trascurano l’uomo la cui vita piena sta nel creare nel mondo della cultura e nello scegliere liberamente il bene. 
Si può vedere la pericolosità dei due "slogan" sopra citati: "l'immaginazione al potere" che comporta il rifiuto della tradizione degli altri nel passato, e "vietato vietare" che comporta il rifiuto dell'associabilità con gli altri nel presente, se messi insieme, possono condurre alla totale assolutizzazione dell'individuo, approdando al rifiuto della trascendenza, dell'Altro.
Questa impostazione sembra produrre i suoi frutti nella distruzione del rispetto reciproco, della libertà, dell’amore, del matrimonio, della vita specificamente umana. Gli esempi non mancano nell’attualità: riduzione dell’amore a sessualità esasperata, aumento dei delitti a motivo sessuale, paura di una donna su tre ad uscire da sola, violazioni diffuse dei fondamentali diritti “umani”, negazione della sacralità della vita umana, progressiva liberalizzazione dei narcotici, suicidi-omicidi sempre  più frequenti come modo elegante per uscire da una pista da ballo, suicidi con motivazioni autogonfiate dal soggetto.

Ancor oggi i sostenitori di un’antropologia ridotta alla dimensione dello scientismo si oppongono a quella filosofica del “sinolo” (essere unico); cosicché accade come nel caso dello scienziato che, usando il comune cannocchiale, negasse l’oggettività del ricercatore che scopre nuovi  corpi celesti col telescopio, sentendosi in dovere di proclamarlo non-scientifico. L’uomo vive invece nell’equilibrio delle due dimensioni del fisio-psicologico e dello spirituale. La corporeità è una linea che cresce col tempo; la spiritualità ha un’accensione luminosa “puntuale”. Non era felice la definizione “Ego animus” di S. Agostino né quella del “tubo digerente” dell’ enciclopedista Diderot; non dice la verità globale Socrate, ma nemmeno Nietzsche.
L’uomo non si identifica con la natura in genere, né con quella animale, ma costituisce un genere specifico di “natura”. Il suo è uno “status” di mistero, per cui la riduzione fisicista è insufficiente a spiegarlo e  la complessità lo mostra collocato tra il finito e l’infinito.
          L'uomo è un essere unico, perchè soltanto lui sa cercare il vero, operare il bene, creare il bello.

        Lasciatemi citare il noto brano poetico della Bibbia ebraica (Salmo 8) nel quale il credente si rivolge a Dio esprimendo lo stupore per la piccolezza dell’uomo di fronte allo splendore del creato insieme coll’innegabile impronta divina che da esso lo distingue:
“Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,          Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
la luna e le stelle che tu hai fissato,                           di gloria e di onore lo hai coronato.
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,            Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
il figlio dell’uomo perché te ne curi?                         tutto hai posto sotto i suoi piedi”.
            Ha capito bene questo messaggio il filosofo-scienziato Biagio Pascal: “L’uomo è solo una canna, la più fragile della natura, ma una canna che pensa”.
                              
COME VIVE L’UOMO
L’uomo è un essere relazionale e sociale. L’Io si costruisce nell’incontro col Tu, e solo con questo può continuare la sua esistenza.
L’uomo non appare subitamente come un meteorite caduto dal cielo, ma nasce da una natura e da una società che lo precedono; da una natura che ha già precedentemente le sue leggi e da una società in cui esistono diritti e doveri che interpellano la sua libertà.
La natura dell’uomo non aspira a vivere senza norme, ma in una società libera dal male. Se poi io sono credente, devo riconoscere che esistono leggi che regolano il suo esistere e norme morali che impegnano la sua volontà; e che queste due provengono da un’autorità superiore. Ma il miscredente moderno crede di aver trovato una via per eliminare la realtà di un Essere superiore: togliere l’alterità fra l’uomo e la donna, esseri interdipendenti in quanto sessuati, al fine di proclamarsi Essere unico e assoluto.
Ecco perché per costituire un Matrimonio si deve essere in tre: l’uomo, la donna e il prete o il sindaco.

COS’É L’AMORE. COS’É LA LIBERTA’
Amore e libertà sono due splendenti lampadari della nostra vita, ma soggiacciono alla possibilità di cadere miseramente in una miriade di frammenti di vetro.  
Se l’amore è sostanziato di egoismo, assume il volto della passione sfrenata ed è la negazione di se stesso: Se la libertà mia si trasforma in sopraffazione, diventa la morte dell’altro e la negazione di se stesso.
La sceneggiatura dell’amore ha una realizzabilità ambigua: può essere rappresentata da una mediocre commedia all’italiana, e anche da una tragedia di Shakespeare. Il suo “senso” viene chiarificato dai valori socio-morali di cui si riveste; questi valori poi non sono regalati dalla natura, ma vanno conquistati con la libera volontà. La sessualità ha un regime simile a quello della disfida a duello dei cavalieri medievali: richiede una lunga propedeutica, se vuol evitare ferimenti esiziali. Non è facile per nessuno l’equilibrio tra emotività e ragione, se Platone nel Fedro descrive l’uomo con la simbolica biga in cui l’auriga è la ragione e i due cavalli sono le passioni. Né la coscienza morale può giustificare le pazzie passionali che si vedono in certi film, assimilabili a quelle delinquenziali che avvengono nelle “curve” degli stadi di calcio.
L’amore matrimoniale è una reciproca donazione totale e perenne di ogni risorsa e valore della vita, in ogni occasione felice e nefasta (noto che in latino queste si chiamano ambedue “fortuna”)
La libertà è un concetto ambiguo, se io lo coniugo in possibilità di costruire o di distruggere (come nel caso della narcodipendenza). Vediamo che concretamente la libertà può non esprimersi in un ambiente asettico, perché alcune personalità “incompiute”, come l’adolescente, o “collassate”, come il vizioso, possono non reggere di fronte alla presentazione fantastica o mediatica del male indorato e non giudicato, ma sempre più sfolgorante del bene.

ESISTE UN MODELLO SUPERIORE
            Ne era convinto il filosofo pagano Seneca, che scriveva: “Che cosa misera è l’umanità se non si sa elevare oltre l’umano”. E un filosofo vivente che, pur non proclamandosi cristiano, è tale nel profondo, ritiene che solo il Cristianesimo può tenere a bada i demoni della scienza, dell’economia e della tecnica; e anche quelli di ogni potere che si pretenda assoluto (Massimo Cacciari).
E il modello sta in questo quartetto, noto ad ogni credente: Dio è Amore / Cristo si è donato e ci ha salvati per amore / il cristiano vive di amore / la famiglia cristiana vive nell’amore.
           


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