lunedì 7 maggio 2018

Veloce schema sulla Parola di Dio



Fondamentalità ed essenzialità del DABAR


Parliamo della religione ebraico-cristiana, nel senso che essa si fonda sulla prima Alleanza e sulla seconda e definitiva.(e noi nella liturgia leggiamo ugualmente i testi della prima e quelli della nuova), essendo quella ebraica una vera, ma non definitiva religione dell’unico Dio (vedi le chiare precisazioni di san Paolo e della Lettera agli Ebrei).
Questa religione è rivelata; quindi non è una filosofia, un prodotto del pensiero umano; perché Mosè e Gesù non stanno alla pari con Buddha o Confucio.
Il Rivelante è Dio, il padre di Gesù Cristo, il quale si comunica e rivela a noi con gesti (eventi) e parole (insegnamenti); a conferma di ciò segnaliamo che il vocabolo ebraico dabar significa sia parola, sia evento (o fatto)..

Nell’antica alleanza Dio si rivela al Popolo d’Israele, specialmente con Mosè e coi profeti e sapienti. L’evento fondante è la liberazione degli Israeliti dalla schiavitù degli Egiziani (Pasqua ebraica)
Nella nuova e definitiva alleanza Dio si rivela ai discepoli e seguaci di Gesù, specialmente con Cristo (In principio era il Verbo!), il Rivelatore, e con gli apostoli, strumenti dello Spirito della verità, gruppo che va oltre i soli Dodici. L’evento fondante è quello del Padre che libera Gesù dalla morte e noi dai peccati (Pasqua cristiana).

Il Debar JHWH è un assoluto; per cui
-          può essere commentato, ma non inventato né amputato
-          deve essere assunto nella sua totalità, non secondo le preferenze di una parte
-          deve essere interpretato secondo le collaudate regole dell’esegesi.
Il concilio ecumenico Vaticano II inizia il documento sulla divina Rivelazione professando di porsi  “in religioso ascolto della Parola di Dio”. Al n. 10 dello stesso documento dichiara che “il magistero (della Chiesa) non è al di sopra della Parola di Dio, ma la serve (….), piamente la ascolta, santamente la custodisce e fedelmente la espone”.

Rimarrebbe da trattare di un altro dono che Dio ci ha fatto sotto il termine Dabar: oltre a evento, oltre a parola, il Dabar scritto sotto ispirazione del Parakletos (vedi il precedente documento conciliare, al n. 7).

POSTILLA
La Rivelazione non è un sovrappiù della Weltanschauung filosofica, ma dà una visione globale e tutta nuova della realtà, che viene a formare la piattaforma della teologia biblica. La filosofia serve per inquadrare concettualmente il messaggio, ciò che porta a stendere una teologia sistematica.


APPENDICE
Possiamo dire che la comprensione del mistero ha solo l’inizio dalla Risurrezione di Gesù? E’ quanto ci spiega in una limpidissima pagina San Leone Magno – mentre gli concediamo di non cogliere, come i padri occidentali, il tratto spesso apocalittico che soggiace all’espressione “Figlio dell’uomo” - nel Discorso 2 sull’Ascensione, 1, 4 (si può trovare in Liturgia delle Ore, volume II, Venerdì della sesta settimana di Pasqua).
Assumendo lo schema distintivo dei vari eventi pasquali che è propria di San Luca, il papa che avrebbe offerto la duplice distinzione al concilio di Calcedonia ci dice che gli apostoli “avevano accolto, non senza esitazione, la  realtà della sua risurrezione” e che coll’Ascensione “la loro anima era tutta rivolta a contemplare la divinità del Cristo asceso alla destra del Padre” (….) “Proprio allora (….) il Figlio dell’uomo si diede a conoscere nella maniera più sublime e più santa come Figlio di Dio, quando rientrò nella gloria della maestà del Padre, e cominciò in modo ineffabile a farsi più presente per la sua divinità, lui che, nella sua umanità visibile, si era fatto più distante da noi” (….) “Infatti, pur rimanendo nel Cristo glorificato la natura del corpo, la fede dei credenti era condotta in quella sfera in cui avrebbe potuto toccare l’Unigenito uguale al Padre, non più per contatto fisico, ma per la contemplazione dello spirito”.
La medesima idea è espressa splendidamente da Sant'Agostino nei Trattati su Giovanni 124,5 (si può trovare nel seguente Sabato della sesta settimana), che commenta la misteriosa frase di Gesù a Pietro: ""Se voglio che egli (Giovanni) rimanga finchè io venga, che importa a te? Tu seguimi" (Gv 21,22).
Così interpreta il santo vescovo: "Mi segua l'opera che, sul modello della mia passione, è già terminata. Rimanga in attesa, fino a quando verrò a renderla totale, la contemplazione appena inziiata (....); .... la conoscenza di Cristo. prima di arrivare al suo culmine, deve attendere la sua venuta (....). (Ciò) significa (....) rimanere in attesa, perchè la condizione significata da Giovanni non raggiungerà la sua pienezza adesso, bensì alla venuta di Cristo".
 

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