I CARISMI NELLA CHIESA
Dalla costituzione Lumen gentium, De Ecclesia, 12:
“Lo Spirito Santo non solo per mezzo dei
sacramenti e dei ministeri santifica il Popolo di Dio e lo guida
e adorna di virtù, ma ‘distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a Lui’ (1Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di
ogni ordine grazie speciali, con le
quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici (….). E
questi carismi, straordinari o più
semplici e più comuni, siccome sono soprattutto adatti e utili alle necessità
della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione”.
Questo
testo giustamente aggiunge lo strumento “spirituale”, sottolineato anche
polemicamente dai cristiani protestanti, che noi avevamo trascurato nella
sintesi ecclesiologica.
Nelle sue lettere San Paolo ne parla con termini vari,
ma enumera nove carismi, oltre che in 12,8-10 (con alcune differenze),
sistematicamente in 12,28-30,
dividendoli in tre terzine:
apostoli
/ profeti / maestri
miracoli
/ guarigioni / assistenza
governo
/ lingue parlate / lingue interpretate.
La profezia è il carisma che serve alla costruzione
della Chiesa, ed è il “segno” per i credenti.. “I tre carismi fondamentali stabiliti da Dio nella Chiesa sono quelli
della Parola che stanno alla sua origine e favoriscono la sua crescita
permanente” (Fabris)
Nel
centrale capitolo 13 l’Apostolo dirà poi che il carisma eccellente e permanente
è la Carità/Amore
(agàpe)
Si tratta di doni spirituali, comuni o eccezionali,
che Dio dà ad alcuni per la vita della Chiesa (mentre ricordo che i 6/7 doni
dello Spirito Santo, ricavati da Is 11,2, sono orientati ad agire nell’intimo
del credente)
I
carismi sono molti, ma la fonte è unica: “Vi sono diverse ripartizioni di
carismi, ma è lo stesso Spirito; vi sono anche diverse ripartizioni di
servizi, eppure è lo stesso il Signore (Gesù risorto); e vi sono diverse ripartizioni di operazioni,
ma è lo stesso Dio che opera tutto in tutti” (12,4-5)
Ma
lo strumento comunicativo divino comune è lo Spirito (vedi 12,7-11). “Il primo
criterio per discernere l’azione dello Spirito è la fede in Gesù Signore”
(Fabris). Questo criterio deve mantenersi in qualsiasi fenomeno di
pentecostalismo, neo-spiritualismo, eccetera, se vuole servire alla vita
spirituale della Chiesa., senza trasformarsi in un “barricadero”
anti-istituzionalismo.
La Chiesa non è come lo Stato; camminando con gli occhi verso
il Cielo ma con i piedi immersi nella polvere del mondo, essa è una comunità di
uomini che si presenta con una duplice dimensione:
-
è una società organica,
cioè un organismo vivente (evitiamo la parola oggi poco gradita di
istituzione), costituita da soggetti fondamentalmente uguali, ma con funzioni
proprie e specifiche;
-
ma dev’essere
anche società spirituale, animata dallo Spirito, coi doni della Fede e
della Grazia.
E’ utile citare un testo importantissimo del Vaticano
II (Lumen gentium, 8) sulla Chiesa: “La
società costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo, la
comunità visibile e quella spirituale,
la chiesa terrestre e la Chiesa
già in possesso dei beni celesti non si
devono considerare come due cose diverse, ma formano una sola complessa realtà
risultante di un duplice elemento, umano e divino. Per una forte analogia
quindi è paragonata al mistero del Verbo incarnato. Infatti come la natura assunta serve al Verbo
divino da vivo organo di salvezza, a Lui indissolubilmente unito, in modo simile l’organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo
che la vivifica, per la crescita del corpo”.
Praticamente ì carismi si possono distinguere in
conoscitivi (che servono per la Fede)
e operativi (che servono per la
Carità).
I
corinzi stimavano quelli più appariscenti e straordinari (che possono
anche non comparire nei vari periodi della storia della Chiesa, come la glossolalia
che usa il linguaggio estatico, forse come “segno” per i non credenti), ma
Paolo insiste sull’unicità della fonte divina e dello scopo ecclesiale, e dà la
preferenza a quelli comuni (che sono sempre necessari durante la storia,
come ad es. assistenza, governo)
La Chiesa è la comunità di Fede, Speranza e Carità e si pone
alla sequela di Cristo Profeta, Redentore e Signore (ossia Maestro, Sacerdote e
Re)
Leggiamo insieme la pagina altamente poetica, oltre
che teologica e mistica, di 13,1-13.
L’inno
ha tre parti:
-
Il confronto coi
carismi (1-3)
-
Le qualità dell’agàpe (4-7)
-
Dichiarazioni e
confronti sull’amore e sui carismi. (8-13).
L'ultimo versetto sgnifica che le tre virtù teologali rimangono in questa vita, ma la carità è superiore perché "non avrà mai fine" (v. 8) e in quanto Dio è definito agàpe (1Gv 4,8-16).
L'ultimo versetto sgnifica che le tre virtù teologali rimangono in questa vita, ma la carità è superiore perché "non avrà mai fine" (v. 8) e in quanto Dio è definito agàpe (1Gv 4,8-16).
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