Istituzione dell’Eucaristia, Natale
della Chiesa
Prenozioni metodologiche
La Bibbia non intende fare la
storia e tantomeno la cronaca, ma è un testo religioso che ci offre
l’interpretazione divina della storia al fine di procurare la salvezza
dell’uomo.
Chi manca di
preparazione specifica sull’interpretazione della Bibbia accetta che la storia
della rivelazione cristiana inizi coll’Annunciazione del Signore (Lc 1) e concentra
tutta la sua attenzione sulla ricerca delle parole pronunciate da Gesù durante la
sua vita terrena e contenute nei tre vangeli sinottici. Chi si comporta così corre
spesso il pericolo di scegliere esclusivamente quelle parole che si accordano
con la sua precomprensione (vedi ad esempio il concetto di “vangelo”). Da una
visione “teologica” risulta invece che il “big bang” della rivelazione è
costituito dal Mistero pasqua-pentecostale che assume una dimensione
trinitaria. Questo permetterà che una frase scritta dopo qualche tempo dagli eventi riferisca la comprensione del mistero che l'evangelista riceve in seguito dallo Spirito di verità (cfr Dei verbum, n. 7). Ragion per cui la diffusione ecclesiastica della Parola di Dio inizia col
discorso petrino a Pentecoste (At 2) e con la visione del Risorto sperimentata
da san Paolo (At 9) e si estende soprattutto col suo epistolario, che
rappresenta pressoché la metà delle Scritture della nuova Alleanza. Questa impostazione ci consente di ovviare a quella nostra plurisecolare mancanza di attenzione all'azione dello Spirito Santo (pensiamo ai cinque passi che gli dedica Giovanni nei capitoli 14-16 del suo vangelo) nella continuazione della missione del Gesù terreno.
Dobbiamo tener
conto che l’istituzione dell’Eucaristia ci viene riferita in due tradizioni
facilmente distinguibili: una di 1Cor e Lc, (antiochena), una seconda di Mc e
Mt (gerosolimitana).
* * *
I - Specialmente dalla “svolta
galilaica” (Mc 8), Gesù aveva chiaro il presentimento del finale tragico della
sua vita: (vedi nei capitoli 8, 9, 10 di Marco le tre predizioni della sua
Passione e Morte, dopo le quali una tradizione ecclesiale aggiungeva la Risurrezione).
I tre vangeli sinottici si
riferiscono a una sola salita a Gerusalemme, nella Pasqua ebraica
(probabilmente) dell’anno 30 (vedi come Lc 9,51 inizia il grande viaggio verso la Croce).
Gesù invita i
suoi discepoli ad una Cena di supremo addio: Lc 22,14-18.
Chi vedeva la realtà sotto il
solo aspetto umano poteva pensare che Gesù fosse morto perché condannato prima
dal sinedrio degli ebrei e poi dal procuratore romano Ponzio Pilato.
II – Nella successione degli
scritti del Nuovo Testamento però, col passare degli anni e decenni, si rende
sempre più chiara la vera motivazione salvifica
della Morte: Gesù offre tutto se stesso a Dio Padre per ottenere la
riconciliazione dell’umanità con Dio e il conseguente perdono di tutti i
peccati.
Nella lettera
prima ai Corinzi (11,23-26) san Paolo ci riferisce una preziosa versione teologizzata
del grande evento, che egli attribuisce a un intervento diretto di Dio. “Io ho
ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (v. 23).
Dopo circa 25 anni l’evangelista san Luca, suo
discepolo, inserirà nel vangelo (22,19-20) il racconto con la sua motivazione
teologica.
III - Qui cercherò (a mio rischio)
di fare un missaggio tra Paolo e Luca (segnando in grassetto ciò che appartiene
alla 1Cor):
“Il Signore
Gesù nella notte in cui era consegnato,
preso del pane, reso grazie, lo spezzò e lo diede loro
dicendo:
‘Questo è il mio corpo che è per voi; fate questo
in mia memoria’
E prese il calice nello stesso modo dopo aver cenato,
dicendo: ‘Questo calice è la nuova alleanza nel mio
sangue,
che è versato per voi;
fate questo
ogni volta che bevete in mia memoria’
Perché ogni
volta che mangiate questo pane e bevete il calice,
voi
annunciate la morte del Signore finché venga”.
Da notare quel “per voi” che
ricorre due volte in Luca.
IV - Contrariamente a quanto
immaginiamo, san Paolo dopo la conversione-vocazione-missione, non si è dato
immediatamente a una martellante propaganda del nuovo verbo, ma ha intervallato
piccoli interventi con lunghe “notti” di recezione-riflessione su ciò che Dio gli andava rivelando.
D’altra parte
è facile notare il passo analogo di 1Cor 15 in cui parla di Morte e Risurrezione: “A voi
ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto” (v. 3; dove si trovano due verbi
che ricorrono anche in 1Cor 11,23: paralambano,
paradidomi); “(il vangelo) ciò che io ed essi proclamiamo” (15,11).
In Gal 1,11-12 Paolo fa rilevare
che il suo vangelo “non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né
l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione (di’apokalypseos) di Gesù Cristo”.
V - Ecco perché il notissimo
teologo Joseph Ratzinger scriveva che la Cena segna la nascita della Chiesa, con la sua
unica finalità salvifica: perché annuncia la Morte
del Signore (Kyrios) fino alla
Parusia.
Il mistero
pasqua-pentcostale si completa (Atti 2, 32-33) con il Risuscitamento di Gesù uomo, con l’effusione dello Spirito, da
parte del Padre che gli dona nuova vita e perenne; coll’Effusione dello Spirito da parte del Risorto sugli Apostoli (Gv 20,21-23)
e sulla Chiesa, che ha qui la sua “epifania” o manifestazione (Atti 2)[1].
Tanto che alla fine san Pietro
può dichiarare: “Sappia con certezza
tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Messia (Kyrion kai Christon) quel Gesù che voi
avete crocifisso” (At 2,36).
Abbiamo così
il triangolo della Trinità divina: Padre Creatore – Figlio Redentore – Spirito
Santificatore.
Il
Corpo-Sangue immolati nella Cena sono realmente l’anticipazione sacramentale
del Sacrificio di Cristo sulla Croce, dal quale è nata la Chiesa.
Tracce per la prosecuzione del discorso
Fino ad ora
abbiamo contemplato il mistero del dono del Corpo-Sangue immolati (altare del Pane) di Cristo fatto alla
Chiesa. Ma Gesù ci ha lasciato un altro grande dono: lo Spirito divinizzante (cattedra della Parola) che splendidamente
Giovanni ci rivela nei discorsi dei cc. 14-16
nella Cena di addio, e nella sublime Preghiera filiale-sacerdotale del
c. 17.
Qualcuno ci ha trovato lo schema
liturgico della S. Messa, coi suoi due punti focali: Parola e Pane (Fede e
Sacramento).
Benché nel racconto non compaia la parola "sacrificio", possiamo trovarne il concetto in tre passi significativi:
- "nella notte in cui veniva consegnato-tradito" richiama il piano del Padre che ha destinato alla morte salvifica il Figlio Gesù; nel passo parallelo di Luca, si trova "che è dato (intendendo "in sacrificio") per voi":
- "alleanza nel mio sangue" richiama il sacrificio di sangue celebrato da Mosè in Esodo 24;
- "annunciate la morte del Signore" richiama ancora la morte salvifica da attualizzare fino alla parusia.
Benché nel racconto non compaia la parola "sacrificio", possiamo trovarne il concetto in tre passi significativi:
- "nella notte in cui veniva consegnato-tradito" richiama il piano del Padre che ha destinato alla morte salvifica il Figlio Gesù; nel passo parallelo di Luca, si trova "che è dato (intendendo "in sacrificio") per voi":
- "alleanza nel mio sangue" richiama il sacrificio di sangue celebrato da Mosè in Esodo 24;
- "annunciate la morte del Signore" richiama ancora la morte salvifica da attualizzare fino alla parusia.
[1] Se vogliamo prestare attenzione, possiamo trovare in
At 13,33 (“Dio ha compiuto [la promessa] risuscitando Gesù come anche sta
scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato”) un
parallelismo tra la nascita della Cristologia e la nascita dell’Ecclesiologia.
Vedi anche Rm 1,4.
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