sabato 21 aprile 2018

Prima Cor Sesta lezione



Istituzione dell’Eucaristia, Natale della Chiesa

Prenozioni metodologiche

La Bibbia non intende fare la storia e tantomeno la cronaca, ma è un testo religioso che ci offre l’interpretazione divina della storia al fine di procurare la salvezza dell’uomo.
Chi manca di preparazione specifica sull’interpretazione della Bibbia accetta che la storia della rivelazione cristiana inizi coll’Annunciazione del Signore (Lc 1) e concentra tutta la sua attenzione sulla ricerca delle parole pronunciate da Gesù durante la sua vita terrena e contenute nei tre vangeli sinottici. Chi si comporta così corre spesso il pericolo di scegliere esclusivamente quelle parole che si accordano con la sua precomprensione (vedi ad esempio il concetto di “vangelo”). Da una visione “teologica” risulta invece che il “big bang” della rivelazione è costituito dal Mistero pasqua-pentecostale che assume una dimensione trinitaria. Questo permetterà che una frase scritta dopo qualche tempo dagli eventi riferisca la comprensione del mistero che l'evangelista riceve  in seguito dallo Spirito di verità (cfr Dei verbum, n. 7). Ragion per cui la diffusione ecclesiastica della Parola di Dio inizia col discorso petrino a Pentecoste (At 2) e con la visione del Risorto sperimentata da san Paolo (At 9) e si estende soprattutto col suo epistolario, che rappresenta pressoché la metà delle Scritture della nuova Alleanza. Questa impostazione ci consente di ovviare a quella nostra plurisecolare mancanza di attenzione all'azione dello Spirito Santo (pensiamo ai cinque passi che gli dedica Giovanni nei capitoli 14-16 del suo vangelo) nella continuazione della missione del Gesù terreno.
Dobbiamo tener conto che l’istituzione dell’Eucaristia ci viene riferita in due tradizioni facilmente distinguibili: una di 1Cor e Lc, (antiochena), una seconda di Mc e Mt (gerosolimitana).

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I - Specialmente dalla “svolta galilaica” (Mc 8), Gesù aveva chiaro il presentimento del finale tragico della sua vita: (vedi nei capitoli 8, 9, 10 di Marco le tre predizioni della sua Passione e Morte, dopo le quali una tradizione ecclesiale aggiungeva la Risurrezione).
I tre vangeli sinottici si riferiscono a una sola salita a Gerusalemme, nella Pasqua ebraica (probabilmente) dell’anno 30 (vedi come Lc 9,51 inizia il grande viaggio verso la Croce).
Gesù invita i suoi discepoli ad una Cena di supremo addio: Lc 22,14-18.
Chi vedeva la realtà sotto il solo aspetto umano poteva pensare che Gesù fosse morto perché condannato prima dal sinedrio degli ebrei e poi dal procuratore romano Ponzio Pilato.

II – Nella successione degli scritti del Nuovo Testamento però, col passare degli anni e decenni, si rende sempre più chiara la vera motivazione salvifica della Morte: Gesù offre tutto se stesso a Dio Padre per ottenere la riconciliazione dell’umanità con Dio e il conseguente perdono di tutti i peccati.
Nella lettera prima ai Corinzi (11,23-26) san Paolo ci riferisce una preziosa versione teologizzata del grande evento, che egli attribuisce a un intervento diretto di Dio. “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso” (v. 23).
 Dopo circa 25 anni l’evangelista san Luca, suo discepolo, inserirà nel vangelo (22,19-20) il racconto con la sua motivazione teologica.

III - Qui cercherò (a mio rischio) di fare un missaggio tra Paolo e Luca (segnando in grassetto ciò che appartiene alla 1Cor):

“Il Signore Gesù  nella notte in cui era consegnato,
preso del pane, reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo:
‘Questo è il mio corpo che è per voi; fate questo in mia memoria’
E prese il calice nello stesso modo dopo aver cenato,
dicendo: ‘Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue,
che è versato per voi;
fate questo ogni volta che bevete in mia memoria’
Perché ogni volta che mangiate questo pane e bevete il calice,
voi annunciate la morte del Signore finché venga”.

Da notare quel “per voi” che ricorre due volte in Luca.

IV - Contrariamente a quanto immaginiamo, san Paolo dopo la conversione-vocazione-missione, non si è dato immediatamente a una martellante propaganda del nuovo verbo, ma ha intervallato piccoli interventi con lunghe “notti” di recezione-riflessione su ciò che Dio gli andava rivelando.
D’altra parte è facile notare il passo analogo di 1Cor 15 in cui parla di Morte e Risurrezione: “A voi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto” (v. 3; dove si trovano due verbi che ricorrono anche in 1Cor 11,23: paralambano, paradidomi); “(il vangelo) ciò che io ed essi proclamiamo” (15,11).
In Gal 1,11-12 Paolo fa rilevare che il suo vangelo “non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione (di’apokalypseos) di Gesù Cristo”.

V - Ecco perché il notissimo teologo Joseph Ratzinger scriveva che la Cena segna la nascita della Chiesa, con la sua unica finalità salvifica: perché annuncia la Morte del Signore (Kyrios) fino alla Parusia.
Il mistero pasqua-pentcostale si completa (Atti 2, 32-33) con il Risuscitamento di Gesù uomo, con l’effusione dello Spirito, da parte del Padre che gli dona nuova vita e perenne; coll’Effusione dello Spirito da parte del Risorto sugli Apostoli (Gv 20,21-23) e sulla Chiesa, che ha qui la sua “epifania” o manifestazione (Atti 2)[1].
Tanto che alla fine san Pietro può dichiarare: “Sappia con certezza  tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Messia (Kyrion kai Christon) quel Gesù che voi avete crocifisso” (At 2,36).
Abbiamo così il triangolo della Trinità divina: Padre Creatore – Figlio Redentore – Spirito Santificatore.
Il Corpo-Sangue immolati nella Cena sono realmente l’anticipazione sacramentale del Sacrificio di Cristo sulla Croce, dal quale è nata la Chiesa.

Tracce per la prosecuzione del discorso

Fino ad ora abbiamo contemplato il mistero del dono del Corpo-Sangue immolati (altare del Pane) di Cristo fatto alla Chiesa. Ma Gesù ci ha lasciato un altro grande dono: lo Spirito divinizzante (cattedra della Parola) che splendidamente Giovanni ci rivela nei discorsi dei cc. 14-16  nella Cena di addio, e nella sublime Preghiera filiale-sacerdotale del c. 17.
Qualcuno ci ha trovato lo schema liturgico della S. Messa, coi suoi due punti focali: Parola e Pane (Fede e Sacramento).

 Benché nel racconto non compaia la parola "sacrificio", possiamo trovarne il concetto in tre passi significativi:
- "nella notte in cui veniva consegnato-tradito" richiama il piano del Padre che ha destinato alla morte salvifica il Figlio Gesù; nel passo parallelo di Luca, si trova "che è dato (intendendo "in sacrificio") per voi":
- "alleanza nel mio sangue" richiama il sacrificio di sangue celebrato da Mosè in Esodo 24;
- "annunciate la morte del Signore" richiama ancora la morte salvifica da attualizzare fino alla parusia.



[1] Se vogliamo prestare attenzione, possiamo trovare in At 13,33 (“Dio ha compiuto [la promessa] risuscitando Gesù come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato”) un parallelismo tra la nascita della Cristologia e la nascita dell’Ecclesiologia. Vedi anche Rm 1,4.

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