mercoledì 17 gennaio 2018

Castità del cristiano



I lettera ai Corinzi – Lezione Quarta: L’incesto e la fornicazione

Capitolo Quinto

I - Situazione: San Paolo ha notizia che un membro importante della chiesa di Corinto convive con la seconda moglie di suo padre; disordine proibito dall’ AT e dal diritto civile romano. Questo significa l’importanza che si attribuiva al vincolo matrimoniale.
San Paolo si considerava capo unico (con una certa analogia all’attuale “vescovo”, o “papa”) di tutte le sue comunità, nelle quali però poteva esistere un consiglio (diremmo) di disciplina.
Egli ha già deciso da lontano e comanda alla “chiesa” locale che il colpevole venga momentaneamente escluso dalla chiesa (cosa non propriamente identificabile con la “scomunica” giuridica dei secoli successivi; forse poteva concretarsi nell’esclusione almeno dall’Eucaristia), affinché la sua “anima” sia salvata nel giudizio di Cristo (la cui venuta allora si riteneva non troppo lontana). Si vede la necessità del pentimento e della conversione.
(cap. 5,1-5)

II – Qual è la giustificazione data a queste norme assai severe?  San Paolo avrebbe potuto ricorrere alla citazione del Sesto Comandamento della Legge di Mosè. Ma è convinto che la vita del cristiano deve essere fondata sulla nuova Pasqua. Nel centrale versetto di Rm 10,4 "Il termine della Torah è Cristo" si intende "termine" della Legge come strumento pedagogico, ma anche come "compimento", o pienezza della stessa Legge (cfr Gal 3,23-25; Mt 5,17).
Nella vecchia Pasqua degli ebrei si procurava una svolta che portava alla novità di vita religiosa: si allontanavano dalle case tutti i frammenti o pezzi del pane fermentato (che era perciò destinato a corrompersi), per introdurvi il pane nuovo, senza lievito (che dura più a lungo), e si immolava l’Agnello pasquale. Siccome l’Agnello veniva chiamato semplicemente “Pasqua”, San Paolo si fonda sull’immolazione di Cristo, l’Agnello della nuova Pasqua, ed esorta a vivere la vita nuova (cristiana) in e con Lui.
Il biblista Fabris (p. 35) nota che la morte di Cristo è spiegata con categorie “sacrificali”.
(cap. 5,6-8)

III – Qui san Paolo accenna a una lettera (precedentemente inviata) che non è contenuta nel NT. Ricorda non il dovere di non comportarsi come gli immorali “pagani” (il cui giudizio spetta a Dio), ma quello che riguarda gli immorali “cristiani” (e si dicono “fratelli”), il cui giudizio spetta alla comunità cristiana. Quel “non mangiare insieme” forse può alludere anche a quella che Paolo chiama (cfr. 11,20) la Cena eucaristica?
(cap. 5,9-13)

Capitolo Sesto

NOTA
Il concetto paolino di “uomo” non è vicino alla concezione dualistica della nostra antropologia “greca” (platonica, agostiniana), quella espressa nei catechismi popolari, per cui:
-          l’uomo è un Io, uno spirito, che chiamiamo “anima” (Ego animus), la quale è immortale dal suo inizio,
-          il corpo umano è uno strumento, che può esistere separatamente;
ma alla concezione unitaria dell’antropologia “biblica” AT e NT (e tomistica), secondo la quale l’uomo è spirito e l’uomo è corpo. L’uomo (la persona) “è un tutto costituito con diversi” (synolos = tutt'insieme), che risusciterà dopo la morte. Per cui la mente è la dimensione spirituale (metafisica) del cervello (fisico). - Esempio: Se uno m’incolpa di ferimento, non dico “Il mio dito non ha premuto il grilletto”, ma “Io non l’ho premuto”.
Alla morte avverrà (per ritornare al linguaggio dualista) la “separazione del corpo dall’anima”, o meglio: scomparirà da “questo mondo” il nostro “Io-Corpo”; ma Dio ce ne creerà uno totalmente “trasformato” per l’eternità, simile a quello del Cristo risorto. Notiamo che “trasformare” è il verbo usato dai tre sinottici (es. Mc 9,2)  per la Trasfigurazione, che san Paolo usa in 2Cor 3,18 per la nostra finale “trasfigurazione”.
Consiglio di meditare su Fil 3,20-21. Comunque vedremo meglio quanto si può capire di questo “mistero” di salvezza quando commenteremo 1Cor 15, 23-28. 47-49.
PS. 1) Ho preso qualche frase dalla chiara esposizione di G. Gozzelino Comunque ricordo che la struttura dell’uomo (antropologia) non è oggetto di rivelazione; la quale ci dice che l’uomo, comunque concepito, è salvato da Dio per mezzo del Signore Gesù Cristo.
       2) Chi fosse conturbato da questa visione "aperta" deve leggere la frase iniziale del n. 49 dell'Enciclica "Fides et ratio": "La Chiesa non propone una propria filosofia né canonizza una qualsiasi filosofia particolare a scapito di altre" (cfr nn. 95-97)
       3) La costatazione che i libri deuterocanonici dell'AT (esempio: Sapienza, Maccabei) si esprimono col linguaggio dualistico, che era in uso nel mondo ellenistico, mostra che il linguaggio è solo la custodia del contenuto.

Anche in questo caso san Paolo assume come fondamento della norma morale la centralità del Cristo risorto nella vita del cristiano, vera sintesi e completamento del contenuto del VI e IX Comandamento. Porta come prova AT l’unione personale (una sola “carne”) che la Genesi riconosce come effetto del mutuo congiungimento corporale.
(cap. 6,13c-18)

Ribadisce alla fine il concetto di base: l’uomo (i vostri corpi, voi)  è stato creato e redento dall’intervento di Dio e sarà richiamato a una vita nuova ed eterna.. Grazie e gloria a Lui
(cap. 6,19-20)

PS. Osserviamo che il vocabolo “soma” (per noi occidentali:”corpo”) ricorre ben 7 volte in tutto il brano 6,12-20 e significa sempre “uomo”, “persona”. Come pure “corpo” indica lo stesso individuo razionale che è espresso con “spirito”.
Osserviamo pure che “membra di Cristo” corrisponde essenzialmente a “tempio dello Spirito Santo”.

Nessun commento:

Posta un commento