venerdì 21 luglio 2017

Eucaristia letta in Es 12

Meditiamo sull’Eucaristia leggendo Esodo 12

I capitoli 12-13 dell’Esodo possono essere considerati la “stazione” originaria da cui parte la teologia storica dell’AT; ben sapendo che, in questo testo che appare unitario, tutte le quattro “fonti” del Pentateuco (J-E-P-D) vi sono contenute, almeno come richiamo.
 Noi prenderemo il testo dei versetti 12,1-28.

La teologia della Pasqua ivi contenuta commemora l’atto salvifico originario per il popolo Ebraico: Dio libera dal male dell’idolatria-schiavitù per introdurre nella Terra promessa e finalmente nel Regno di Dio
 La relativa festa, nei vari periodi della storia ebraica, aveva avuto un’origine agricola (ringraziamento) o pastorale (richiesta di benedizione per il futuro). La sua etimologia popolare induceva al concetto di “passaggio”, riferito a YHWH (12), o al passaggio attraverso il Mare dei giunchi per giungere alla libertà

Per passare al testo che leggiamo nella Veglia pasquale nella Notte santa, diciamo subito che vi è contenuto il racconto complesso dell’origine della celebrazione di un banchetto – che serve da protiro prolettico al racconto seguente della partenza (vedi questa a iniziare da 12,37) – il quale è indicato con “rito” (24-26; 43), “riunione sacra” (16); “festa di YHWH” (14); “notte di veglia per YHWH” (24), “memoriale” (14)
Assumeva una certa importanza  la disposizione di assumere un “costume” e atteggiamento adatti per intraprendere un lungo e periglioso viaggio verso l’agognata libertà: corda ai fianchi, sandali, bastone, in fretta (11); per rendere culto a YHWH (31)
Il cibo principale era costituito dalle carni dell’agnello: immolato (6; 21; 27) e mangiato (8); del quale era interdetto spezzare persino un osso (vedi 12,46)
Importante era pure la consumazione dei pani azzimi: pane nuovo, non quello “vecchio” consumato quando le tribù israelitiche non erano ancora un Popolo (8; 15; 17-20), un pane che, confezionato in fretta,  può superare le condizioni climatiche del deserto
Non si parla di bevanda, ma si cita il sangue dell’agnello che serve a proteggere dalla morte (7; 13; 22-23); se si tiene conto di 22, il sangue veniva asperso, in segno di purificazione, con un ramoscello di issopo
            E’ insistente il comando di ripetere il rito per sempre, finché esisterà il Popolo di Dio
Nota. Spero che nessuno mi giudicherà troppo "cattolico" se ipotizzo nell'agnello immolato un'allusione all'oblazione pura (cfr Mal 1,11) e nei pani azzimi l'allusione a un pane conservabile per un lungo cammino (1Re 19,7s).

Giungiamo così alla celebrazione della Pasqua-Eucaristia, nella quale
-    Gesù “passa” da questo mondo al Padre (Gv 13,1; 17,13), e nel sacramento eminentemente pasquale                    passa dalla vita mortale nella carne (cfr Gv 1,14) alla vita immortale della gloria (cfr. Rm 6,4-5.9-10)
-          l’Agnello è immolato (per il sacrificio) e consumato (nel convito)
-          non gli viene rotto alcun osso (Gv 19,36)
-     la Chiesa pellegrinante assume l’essenziale dimensione escatologica, felicemente recuperata a partire dal Concilio Vaticano II; fedeli a 1Cor 11,26: “Ogni volta che mangiate e bevete…. voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga”, ben sappiamo che oggi gustiamo, veramente e realmente ma “in speranza” (cfr Rm 8,24), del Corpo-Sangue in attesa della piena Comunione (non solo visione!) beatifica dell’eternità, quando Dio sarà tutto in tutti (1Cor 15,28) 

Nessun commento:

Posta un commento