COME FAR BON USO DEI
VANGELI
Introduzione alla
trattazione di un argomento importante e complesso
I – Che cerchiamo
in un vangelo? Cerchiamo un racconto, un messaggio, o una persona?
II –
Dobbiamo superare una presentazione infantile dei vangeli, come se essi
a) fossero stati dettati parola per parola, quasi subito
dopo i fatti.
Sono invece il prodotto finale di una decennale tradizione
(Parola di Dio) trasmessa oralmente in alcune chiese proto-cristiane
b) si fossero formati perché ciascuno di essi dovesse
riferire ciò che non si trova negli altri tre.
Sono invece più d’uno perché nessun libro può presumere di
esprimere completamente Gesù Cristo (ragion per cui, pur nell’unica fede, si
sono formate diverse cristologie)
III – I quattro
vangeli canonici sono documenti della predicazione apostolica (o post….)
-
contenenti
la rivelazione che fa da base
alla nostra fede e vita cristiane,
-
rivelazione
che è ricavata non solo dai gesti e parole del Gesù terreno (che così sarebbe ridotto alla stregua di un Buddha, di un Socrate), ma anche dalla
comunicazione del suo Spirito alle chiese (eventualmente arricchendo in seguito l'insegnamento di Gesù),
-
che
gli apostoli iniziarono progressivamente a comprendere a partire dall’Evento
pasqua-pentecostale, meditando l’AT e sotto la guida dello Spirito santo.
DALLA COSTITUZIONE “DEI VERBUM”
I - Attenzione alla verità e alla vera storicità
Come si sono formati
gli scritti biblici (soprattutto i vangeli)
“Gli apostoli nella predicazione
orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero
-
sia ciò che avevano ricevuto dalla bocca, dal
vivere insieme e dalle opere di Cristo
-
sia ciò che avevano imparato per suggerimento
dello Spirito santo;
apostoli e uomini della loro
cerchia, sotto l’ispirazione dello Spirito santo, misero per iscritto
l’annunzio della salvezza” (n. 7; vedi n. 18)
“Gli apostoli….ammoniscono i
fedeli di conservare le tradizioni che hanno appreso sia a voce sia per
lettera” (n. 8)
“La chiesa, nella sua dottrina,
nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette….tutto ciò che essa è,
tutto ciò che essa crede” (n. 8)
“I libri della Scrittura
insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra
salvezza volle fosse consegnata nelle sacre lettere” (n. 11)
“I quattro vangeli, di cui (la
santa madre chiesa) afferma senza esitazione la storicità, trasmettono
fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio durante la sua vita tra gli uomini
effettivamente operò e insegnò per la loro salvezza eterna” (n 19)
“Gli apostoli…. trasmisero ai
loro ascoltatori ciò che egli aveva detto e fatto, con quella più completa
intelligenza di cui essi, ammaestrati dagli eventi gloriosi di Cristo e
illuminati dalla luce dello Spirito di verità, godevano” (n. 19)
“ Gli autori sacri scrissero i
quattro vangeli,
-
scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a
voce o già per iscritto
-
redigendo una sintesi delle altre o spiegandole
con riguardo alla situazione delle chiese
-
conservando infine il carattere di predicazione,
-
sempre però in modo tale da riferire su Gesù
cose vere e sincere.
Essi
infatti….. scrissero con l’intenzione di farci conoscere la ‘verità’ degli
insegnamenti sui quali siamo stati istruiti” (n. 19)
Alcune semplici conclusioni
Viene superato il luterano “sola
Scriptura” e insieme il parziale cattolico “duplicità delle fonti della
Rivelazione”
La Tradizione ecclesiale
ha la priorità cronologica sulla Scrittura, che (essendo ispirata) gode invece
di quella sostanziale
La Rivelazione è una
comunicazione globale: non consta di sole “verità” ma di tutta la persona e
l’opera di Cristo che serve di modello per tutta la vita della sua chiesa. Il
concilio intende “verità” non come puramente razionale, ma come eminentemente vitale
(per la salvezza)
Viene superata la minuziosa
inchiesta sulla “storicità” dei particolari per riservare tutta l’attenzione
alla ricerca del significato profondo dei fatti (il pensiero semitico è attento
sommamente a questi e non ai concetti razionali)
Essendo impossibile scrivere una
“storia di Gesù” (che sarebbe gesuologia!) come la intenderebbe la mentalità
moderna, si deve cercare in ogni vangelo la chiave di lettura di una delle
molte “facce” della poliedrica personalità di Gesù il Cristo; il quale si
comprende teologicamente solo a partire dal centro unico e assoluto della
Rivelazione: il “mistero” della Pasqua.
Non capisce la globalità della
cristologia chi non ricorre abbondantemente (vedi Giovanni cc. 14-16) alla
funzione dello Spirito santo, il quale viene definito da Tertulliano (De praescr.
haer. 28) “Christi vicarius”
Solo il metodo della “storia
delle forme”, se bene applicato, spiega la “concordia discors” dei vangeli che
angustiava già Sant’Agostino.
II – Da chi e come s’interpreta la Bibbia
“Gli apostoli, affinché il vangelo si conservasse sempre integro e vivo
nella chiesa, lasciarono come successori i vescovi, ad essi ‘affidando il loro
proprio posto di magistero’ ” (n. 7)
“La comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse,
cresce
-
sia con
la riflessione e lo studio dei credenti
-
sia con
la profonda intelligenza che essi provano delle cose spirituali
-
sia con
la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto
un carisma certo di verità.
La chiesa nel corso dei secoli tende incessantemente alla pienezza
della verità divina” (n. 8; per l’importanza degli studiosi, vedi n. 12 e 23)
“Le ricchezze (della Tradizione) sono trasfuse nella pratica e nella
vita della chiesa che crede e che prega” (n. 8)
“La Tradizione
…fa più profondamente comprendere e rende ininterrottamente operanti le stesse
sacre lettere; così Dio….non cessa di parlare con la sposa del suo Figlio
diletto, e lo Spirito santo….introduce i credenti a tutta intera la verità e fa
risiedere in essi abbondantemente la parola di Cristo” (n. 8)
“La Parola
di Dio, affidata da Cristo signore e
dallo Spirito santo agli apostoli, viene trasmessa integralmente dalla sacra Tradizione ai loro successori,
affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione
-
fedelmente
la conservino
-
la
espongano
-
e la
diffondano (n. 9)
“L’ufficio d’interpretare autenticamente la Paola di Dio scritta o
trasmessa è stato affidato al solo magistero vivo della chiesa……Il quale
magistero però
-
non è al
di sopra della Parola di Dio
-
ma la
serve
-
insegnando
soltanto ciò che è stato trasmesso,
-
in
quanto….piamente la ascolta
-
santamente
la custodisce
-
e
fedelmente la espone,
-
e da
questo unico deposito della fede (Scrittura-Tradizione) attinge tutto ciò che
propone da credere come rivelato da Dio” (n. 10)
“Tutto questo, che concerne il modo di interpretate la Scrittura, è sottoposto
in ultima istanza al giudizio della
chiesa….” (n. 12)
Alcune semplici conclusioni
Correndo il rischio di troppo semplificare, possiamo dire che, nei
secoli passati, il primo posto
-
per la
chiesa greca, andava alla Tradizione (specialmente quella della Divina
Liturgia)
-
per la
chiesa cattolica, andava al magistero (specialmente del Papa romano)
-
per le
comunità protestanti e riformate, andava alla “sola “Scriptura”
Lasciando da parte l’indignazione del grande teologo riforrmato Karl
Barth per alcune espressioni del n. 9 della Dei verbum”, possiamo dire che il
movimento ecumenico ha fatto passi da gigante (o da santo?), mentre noi
cattolici abbiamo rinunciato all’elefantiaco centralismo romano coll’importanza ridata ai
vescovi (secondo la visiono orientale). Ci rimane da colmare il vergognoso
oblio della Parola di Dio (e non vi sembri poco!), che ci ha fatto praticamente
(quasi) fondare la vita cristiana sulla sovrapproduzione di devozioni. Ci
occorreranno cinque secoli per far questo? Ci sembra lecito il recente metodo
di “escludere” dalla predicazione e vita una rilevante porzione delle “verità”
bibliche?
Riteniamo superato il trabocchetto di intendere, nella costituzione conciliare
che abbiamo esaminato, il termine “chiesa” come sinonimo di Santa Sede,
Papa-vescovi, magistero (o, al peggio, di Vaticano!). Così pure l’altro
trabocchetto di ignorare che il vocabolo “vangelo” in primo tempo e in primo
luogo (con san Paolo: 1Cor 15,1-5; Gal 1,6-10; Rm 1,1-4) significa molto di più di uno dei quattro
libretti canonici
Se interpretare “autenticamente” la Parola (vedi sopra n. 10) significa emanare “dogmi” (cioè affermazioni scultoree e brevi) fondamentali della fede e morale, non
è possibile non affidare il primo posto per l’esegesi e l’ermeneutica del primo
senso letterale agli studiosi detti biblisti.
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