mercoledì 1 marzo 2017

Verso la Pasqua


L’ARCO QUARESIMA-PASQUALE

            A
Mi trovo nel tentativo di proporre ad una minuscola comunità la visione teologica, seppur succinta, dell’arco più importante dell’Anno liturgico cattolico che va dal Mercoledì delle Ceneri alla Solennità di Pentecoste.
Ma nella consueta presentazione della Quaresima si tende a ridurla prevalentemente ad uno dei suoi significati: periodo di penitenza per i nostri peccati; analogamente a quanto si è fatto a proposito del Battesimo: prevalentemente cancellazione del “peccato originale”. Quand’anche di quel periodo si presenti l’aspetto positivo, come la via che per Cristo morto e risorto conduce alla salvezza, questa s’incarna quasi esclusivamente nell’individuo; analogamente a quanto si è inteso nella recezione intimistica dell’Eucaristia.
Cerco in “Il Messale di ogni giorno”- pubblicato da uno dei più validi teologi della liturgia qualche anno dopo l’approvazione ufficiale della Presidenza della CEI della nuova traduzione de “La Sacra Bibbia” con la successiva ‘recognitio’ della Santa Sede nel settembre 2007. E vi trovo, a distanza di due pagine, una duplice risposta al mio quesito: “Le sei settimane di Quaresima preparano alla Pasqua, che è il cuore di tutto l’anno liturgico e la sintesi di tutti i misteri della salvezza”; “La sua meta (del cammino di Quaresima) è la Pasqua, una memoria che rinnova la grazia della passione e della morte del Signore”

Mi sembra più comprensivo della realtà rivelata figurarmi quell’arco in tre sezioni:
a)      una ascendente (la Quaresima),
b)      una centrale (il famoso “Triduo pasquale”)
c)      e una discendente (dalla Risurrezione alla Pentecoste).
Perché il Triduo pasquale, centro rivelatorio e soterico del Cristianesimo, mi piace concepirlo come il periodo eminentemente ‘trinitario’ che si estende
-         dalla Cena,
-         al Getsemani,
-         alla Condanna e Passione,
-         alla Crocifissione e Morte,
-         alla Risurrezione ed Effusione giovannea dello Spirito (Gv 20,22).

            B
Si possono raccogliere le analogie delle varie realizzazioni della Pasqua facendo leva sul concetto di “passaggio”
Partiamo da un’etimologia, popolare e ricavata da un contesto ben diverso, con cui era spiegato il vocabolo"pasqua" dalla Vulgata (“Est enim Phase (id est transitus Domini). Et transibo per terram Aegypti…”: Es 12,11s) per arrivare a un’illuminazione sfolgorante a cui ci ha abituato il discepolo dell’amore (“Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ‘ora’ di passare da questo mondo al Padre…..”: Gv 13,1)

Possiamo individuare tre ‘trasfigurazioni’ prodotte dalla Pasqua.
I – Passaggio da morte a vita
a) La Pasqua del Popolo ebraico nel citato cap. 12 dell’Esodo. passaggio dalla schiavitù egiziana alla Terra promessa
b) Passaggio per Gesù dalla sua esistenza terreste a quella gloriosa del Cielo (il mondo di Dio), cioè dalla Pasqua di Sangue alla Pasqua di Risurrezione
c) Per noi cristiani: passaggio dall’esistenza di creature a immagine di Elohim (Gen 1,26s) a “figli nel Figlio primogenito” (Rm 8,29; Ef 1,5s) nel Battesimo
II – Passaggio da vita da sudditi a vita nuova da figli, commensali ordinari alla Mensa del Padre e dei fratelli nell'Eucaristia, chiamata anche Comunione
III – Passaggio non con le nostre forze morali, ma per “grazia” di Dio Padre (citata nella seconda lettura odierna: 2Cor 5,20 - 6,2) nella Chiesa; mentre a noi è richiesto l’ascolto dei discepoli dell’Amore e l’obbedienza dei figli nella Fede, in fervida attesa dell’attuazione di ciò che egli ci ha promesso nel banchetto eterno della Speranza (vedi gli inni di Col 1 ed Ef 1 e 2).


NOTA 
Nella liturgia pasquale ebraica  la sera del 14 di Nisan l'agnello era immolato nel Tempio dal padre di famiglia; entro la mezzanotte dello stesso giorno esso doveva essere arrostito e consumato nella cena in casa.
La tradizione liturgica della Chiesa cristiana ha fissato l'Ultima Cena, come Cena dell'Agnello pasquale, il giovedì sera, seguendo la teologia dei vangeli sinottici e di Paolo, che in 1Cor 11,23 dice di aver appreso la rivelazione "dal Signore" (mentre ciò non si accorda con la cronologia). Da diversi anni gli studiosi seguono la teologia di Giovanni, che fa coincidere la Morte di Gesù coll'immolazione degli agnelli nel Tempio.
Devo dire però che Silvio Barbaglia qualche anno fa ha tentato di dimostrare che ambedue le tradizioni evangeliche riferirebbero della cena pasquale. All’acuto biblista viene in aiuto il profondo duplice simbolismo di Giovanni, per il quale il Crocifisso (Gv 19,36) richiama non solo l'Agnello redentore (Gv 1,29), ma anche l'agnello della cena rituale ebraica (Es 12,46).

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