L’ARCO QUARESIMA-PASQUALE
A
Mi trovo nel
tentativo di proporre ad una minuscola comunità la visione teologica,
seppur succinta, dell’arco più
importante dell’Anno liturgico cattolico che va dal Mercoledì delle Ceneri alla
Solennità di Pentecoste.
Ma nella
consueta presentazione della Quaresima si tende a ridurla prevalentemente ad
uno dei suoi significati: periodo di penitenza per i nostri peccati; analogamente
a quanto si è fatto a proposito del Battesimo: prevalentemente cancellazione
del “peccato originale”. Quand’anche di quel periodo si presenti l’aspetto
positivo, come la via che per Cristo morto e risorto conduce alla salvezza,
questa s’incarna quasi esclusivamente nell’individuo; analogamente a quanto si
è inteso nella recezione intimistica dell’Eucaristia.
Cerco in “Il
Messale di ogni giorno”- pubblicato da uno dei più validi teologi della
liturgia qualche anno dopo l’approvazione ufficiale della Presidenza della CEI
della nuova traduzione de “La
Sacra Bibbia ” con la successiva ‘recognitio’ della Santa Sede nel settembre 2007. E vi trovo, a
distanza di due pagine, una duplice risposta al mio quesito: “Le sei settimane
di Quaresima preparano alla Pasqua, che è il cuore di tutto l’anno liturgico e
la sintesi di tutti i misteri della salvezza”; “La sua meta (del cammino di
Quaresima) è la Pasqua ,
una memoria che rinnova la grazia della passione e della morte del Signore”
Mi sembra
più comprensivo della realtà rivelata figurarmi quell’arco in tre sezioni:
a)
una ascendente (la
Quaresima ),
b)
una centrale (il famoso “Triduo pasquale”)
c)
e una discendente (dalla Risurrezione alla Pentecoste).
Perché
il Triduo pasquale, centro rivelatorio e soterico del
Cristianesimo, mi piace concepirlo come il periodo eminentemente ‘trinitario’ che
si estende
-
dalla Cena,
-
al Getsemani,
-
alla Condanna e Passione,
-
alla Crocifissione e Morte,
-
alla Risurrezione ed Effusione giovannea dello Spirito (Gv 20,22).
B
Si possono
raccogliere le analogie delle varie realizzazioni della Pasqua facendo leva sul
concetto di “passaggio”
Partiamo da
un’etimologia, popolare e ricavata da un contesto ben diverso, con cui era
spiegato il vocabolo"pasqua" dalla Vulgata (“Est enim Phase (id est transitus Domini). Et transibo
per terram Aegypti…”: Es 12,11s) per arrivare a un’illuminazione sfolgorante
a cui ci ha abituato il discepolo dell’amore (“Prima della festa di Pasqua
Gesù, sapendo che era venuta la sua ‘ora’ di passare da questo
mondo al Padre…..”: Gv 13,1)
Possiamo
individuare tre ‘trasfigurazioni’ prodotte dalla Pasqua.
I
– Passaggio da morte a vita
a) La Pasqua del Popolo ebraico
nel citato cap. 12 dell’Esodo. passaggio dalla schiavitù
egiziana alla Terra promessa
b) Passaggio per
Gesù dalla sua esistenza terreste a quella gloriosa del Cielo (il mondo di
Dio), cioè dalla Pasqua di Sangue alla Pasqua di Risurrezione
c) Per noi
cristiani: passaggio dall’esistenza di creature a immagine
di Elohim (Gen 1,26s) a “figli nel Figlio primogenito” (Rm
8,29; Ef 1,5s) nel Battesimo
II
– Passaggio da vita da sudditi a vita nuova da figli,
commensali ordinari alla Mensa del Padre e dei fratelli nell'Eucaristia, chiamata anche Comunione
III
– Passaggio non con le nostre forze morali, ma per “grazia” di
Dio Padre (citata nella seconda lettura odierna: 2Cor 5,20 - 6,2) nella Chiesa;
mentre a noi è richiesto l’ascolto dei discepoli dell’Amore e l’obbedienza dei
figli nella Fede, in fervida attesa dell’attuazione di ciò che egli ci ha
promesso nel banchetto eterno della Speranza (vedi gli inni di Col 1 ed Ef 1 e 2).
NOTA
Nella
liturgia pasquale ebraica la sera del 14 di Nisan l'agnello
era immolato nel Tempio dal padre di famiglia; entro la mezzanotte dello stesso
giorno esso doveva essere arrostito e consumato nella cena in casa.
La tradizione liturgica della Chiesa cristiana ha fissato l'Ultima Cena, come Cena dell'Agnello pasquale, il giovedì sera, seguendo la teologia dei vangeli sinottici e di Paolo, che in 1Cor 11,23 dice di aver appreso la rivelazione "dal Signore" (mentre ciò non si accorda con la cronologia). Da diversi anni gli studiosi seguono la teologia di Giovanni, che fa coinciderela Morte di
Gesù coll'immolazione degli agnelli nel Tempio.
La tradizione liturgica della Chiesa cristiana ha fissato l'Ultima Cena, come Cena dell'Agnello pasquale, il giovedì sera, seguendo la teologia dei vangeli sinottici e di Paolo, che in 1Cor 11,23 dice di aver appreso la rivelazione "dal Signore" (mentre ciò non si accorda con la cronologia). Da diversi anni gli studiosi seguono la teologia di Giovanni, che fa coincidere
Devo dire
però che Silvio Barbaglia qualche anno fa ha tentato di dimostrare che ambedue
le tradizioni evangeliche riferirebbero della cena pasquale. All’acuto biblista
viene in aiuto il profondo duplice simbolismo di Giovanni, per il quale il
Crocifisso (Gv 19,36) richiama non solo l'Agnello redentore (Gv 1,29), ma anche
l'agnello della cena rituale ebraica (Es 12,46).
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