UOMO E Dio: assurdo o mistero?
I
Nel libro dei Salmi troviamo un’unica domanda rivolta
a Dio sull’uomo, alla quale fa seguito una ben diversa risposta:
D
- Sal 8,5: “Che cosa è l’uomo perché di lui tu ti ricordi, il figlio dell’uomo
perché te ne curi? – Sal 144,3: “Signore, che cos’è l’uomo perché tu l’abbia a
cuore? Il figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero?
R
a) Sal 8,6: “Davvero l’hai fatto poco meno di un elohim, di gloria e di onore lo hai coronato”
b) Sal 144,4: “L’uomo è come un soffio, i suoi
giorni come un’ombra che passa”.
La risposta del primo salmo è impostata sul fondamentale
“Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza (….). E elohim creò l’uomo a sua immagine, a
immagine di elohim lo creò” (Gen
1,26s).
La
risposta del secondo salmo è ripetuta più volte nel libro; per es. 39,6s;
62,10; 78,39.
NB. Il nome comune elohim
significa sia “dio”, sia essere divino, sovrumano, come risulta da questo Sal 86: “Fra gli
elohim nessuno è come te, Adonaj” (v. 8); “Tu solo sei (o) Elohim” (v. 10); ma in ebraico non si
distingue l’iniziale maiuscola.
La “programmazione” dell’uomo sconfina potenzialmente nell’infinito;
ma la sua concreta “realizzazione” è soggetta a duri limiti. Questo coincide
coll’osservazione che l’uomo è fondamentalmente aperto a tutto l’essere, a
tutto il vero e a tutto il bene; ma il raggiungimento del bene è costitutivamente
legato alla risposta buona che saprà dare caso per caso la sua coscienza
morale, e il canapo della vita è fatalmente destinato a troncarsi per opera
della moira Atropo.
Le definizioni (o descrizioni) dell’uomo sono state
nella storia le più diverse: un tubo digerente, una passione inutile, l’essere-per-la-morte….E’
significativa la netta distinzione greca classica tra noi mortali e gli dèi
immortali”.
Osserviamo che, prescindendo dalla fondamentale
inquadratura dell’uomo nell’ebraico-cristiana storia della salvezza, si
configura l’essere intelligente e libero come “indescrivibile” (indefinibile)
in quanto portatore essenziale di due cariche reciprocamente escludentisi come
due cifre algebriche uguali di segno opposto. Quindi l’UOMO sarebbe un assurdo.
La comprensione dell’uomo non come assurdo, ma come
“mistero” deve per forza richiamare qualcosa, o qualcuno che sta sopra la
conoscibilità e fattibilità naturale (come la “nuova creatura” di 2Cor 5,17); è
un concetto che, con le dovute esplicitazioni, si può chiamare “soprannaturale”;
ed è già eternamente previsto e decretato da Dio (vedi gli inni di Ef 1 e di
Col 1).
NB. Di questa accezione del concetto “mistero” dovremo
tener conto anche quando lo applicheremo a Dio.
“In realtà solamente nel mistero del
Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo (….). Cristo (….) proprio
rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo
all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Concilio Vaticano II,
Gaudium et spes, n. 22).
II
Dopo la gloriosa e serena sintesi medievale, la
definizione dell’uomo passa attraverso alcune tappe in linea di discesa. Nella
prima sintesi umanistica, l’uomo si presenta al centro della scena seppure come
capolavoro del Dio creatore: il famoso Discorso sulla dignità dell’uomo di Pico
della Mirandola comincia significativamente così: “Magnum miraculum est homo!”
Ma, dopo il riduzionismo della rivoluzione scientifica
(Francesco Bacone) e l’antropocentrismo di Renato Cartesio; dopo la ventata
empiristica dei tre grandi pensatori inglesi; trascurando gli apporti preziosi
dei cristiani Pascal e Vico, la “bufera” illuministica conduce (insieme con elementi
positivi) a configurare un “dio” di “produzione” razionale (del tipo del grande
Orologiaio) nel deismo di Voltaire, Rousseau e compagni, che rifiuta le
religioni positive e quindi la storia della salvezza.
I Invece di accettare i limiti imposti dalla nostra
natura creaturale, e quindi non perfetta, l’insipienza dell’ateo attribuisce la
responsabilità a Dio di averceli “regalati”.
Si lascia quindi imperversare nella filosofia
religiosa l’insidiosissima tentazione diabolica: “….si aprirebbero i vostri occhi
e sareste come elohim, conoscendo il
bene e il male” (Gen 3,5): Ci si lascia quindi scivolare per una comoda
“scaletta”: Dio concorrente aggressivo dell’uomo, Dio dannoso all’uomo, Dio
inutile o insignificante per l’homo novus,
superbo creatore della sua etica; che troverà i suoi “assoluti” nella dea
Ragione, nella Scienza matematico-tecnica, nella distruzione della “natura”
dell’uomo stesso e del cosmo. Chi merita la qualifica di assurdo è quindi….DIO! L’uomo diviene così “ab-solute” libero da ogni schiavitù che proviene dall’esterno; e
non si accorge di essere rovinato nella propria fossa dei leoni o nel regno di
Saturno-Kronos che, invece di propiziare l’età dell’oro, divora i propri figli.
E chi non vede oggi i segni di questa epocale involuzione
è veramente un cieco che presume di condurre altri ciechi (cfr Mt 15,14).
III
Non raggiungendo l’uomo l’autosoteria (salvezza autoprodotta),
deve chinare il capo alla risposta della fede ebraico-cristiana, che è
autenticamente eterosoteria (di Paolo si legga Rm, specialmente il cap. 7)
Il Mistero pasquale, che si articola dalla Passione di
Gesù Uomo-Dio all’effusione del suo Spirito, centro della Fede e della
storia della salvezza, ci illumina sui principali “misteri” con cui il Dio
Tri-uno scende nel nostro “scheggiato calle”.
Gesù Cristo soffre e muore come Uomo
E’ risuscitato (Risuscitamento) da Dio il Padre, come Uomo;
cioè viene generato a vita nuova, divina, essendo manifestato quindi
come il Figlio “unigenito” di Dio.
Talvolta nel Nuovo Testamento è pure presentato come
soggetto della propria Risurrezione, per cui è manifestato come Dio,
consustanziale (della stessa natura del) al Padre
A complemento del Mistero pasquale (la sera di Pasqua o
nella Pentecoste), egli come Figlio di Dio ci dona quello Spirito (spesso
chiamato “Donum”) che egli stesso ha
ricevuto dal Padre; e con ciò è strutturata la Comunità dei figli di adozione e fratelli.nel Primogenito.
Se non fosse vero uomo, non ci avrebbe redenti,
cioè sottratti ai limiti morali ed esistenziali che ci avvolgono (come il
peccato, la ribellione a Dio, il rifiuto della sua Alleanza ) = salvezza da (salvezza
morale).
Se non fosse vero Dio, non ci avrebbe divinizzati,
cioè introdotti nella divina vita nuova, qualificandosi come Figlio
“primogenito”, donandoci l’immortalità che è propria di (o degli) elohim = salvezza per (salvezza
esistenziale).
Il discepolo dell’amore esprime ambedue
gli aspetti della salvezza: “In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi:
Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito perché noi avessimo la vita
per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è
lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per
i nostri peccati” (1Gv 4,9s).
Un solo testo biblico di riferimento sul Mistero
pasquale, dal primo discorso di Pietro: “Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato
(….). Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo di aver ricevuto dal Padre lo
Spirito Santo promesso, lo ha effuso (….). Sappia dunque con certezza tutta la
casa d’Israele che Dio ha costituito Kyrios
e Christòs quel Gesù che voi avete crocifisso” (At
2,33.36).
Questo dice l’elaborazione del keryma pasquale primigenio.
Ma nei vangeli dell’infanzia (Mt e Lc) troviamo pure
che l’ingresso del Figlio nella nostra natura “naturale” (storica) per
sollevarla è avvenuto nel Mistero dell’Incarnazione (manifestato nel Natale e
nell’Epifania).
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