sabato 6 febbraio 2016

Dio salvatore o avversario?



UOMO E Dio: assurdo o mistero?

         I
Nel libro dei Salmi troviamo un’unica domanda rivolta a Dio sull’uomo, alla quale fa seguito una ben diversa risposta:
D - Sal 8,5: “Che cosa è l’uomo perché di lui tu ti ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? – Sal 144,3: “Signore, che cos’è l’uomo perché tu l’abbia a cuore? Il figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero?
R a) Sal 8,6: “Davvero l’hai fatto poco meno di un elohim, di gloria e di onore lo hai coronato”
     b)   Sal 144,4: “L’uomo è come un soffio, i suoi giorni come un’ombra che passa”.
La risposta del primo salmo è impostata sul fondamentale “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza (….). E elohim creò l’uomo a sua immagine, a immagine di elohim lo creò” (Gen 1,26s).
La risposta del secondo salmo è ripetuta più volte nel libro; per es. 39,6s; 62,10; 78,39.
NB. Il nome comune elohim significa sia “dio”, sia essere divino, sovrumano, come risulta da questo Sal 86: “Fra gli elohim nessuno è come te, Adonaj” (v. 8); “Tu solo sei (o) Elohim” (v. 10); ma in ebraico non si distingue l’iniziale maiuscola.

La “programmazione” dell’uomo sconfina potenzialmente nell’infinito; ma la sua concreta “realizzazione” è soggetta a duri limiti. Questo coincide coll’osservazione che l’uomo è fondamentalmente aperto a tutto l’essere, a tutto il vero e a tutto il bene; ma il raggiungimento del bene è costitutivamente legato alla risposta buona che saprà dare caso per caso la sua coscienza morale, e il canapo della vita è fatalmente destinato a troncarsi per opera della moira Atropo.
Le definizioni (o descrizioni) dell’uomo sono state nella storia le più diverse: un tubo digerente, una passione inutile, l’essere-per-la-morte….E’ significativa la netta distinzione greca classica tra noi mortali e gli dèi immortali”.

Osserviamo che, prescindendo dalla fondamentale inquadratura dell’uomo nell’ebraico-cristiana storia della salvezza, si configura l’essere intelligente e libero come “indescrivibile” (indefinibile) in quanto portatore essenziale di due cariche reciprocamente escludentisi come due cifre algebriche uguali di segno opposto. Quindi l’UOMO sarebbe un assurdo.
La comprensione dell’uomo non come assurdo, ma come “mistero” deve per forza richiamare qualcosa, o qualcuno che sta sopra la conoscibilità e fattibilità naturale (come la “nuova creatura” di 2Cor 5,17); è un concetto che, con le dovute esplicitazioni, si può chiamare “soprannaturale”; ed è già eternamente previsto e decretato da Dio (vedi gli inni di Ef 1 e di Col 1).
NB. Di questa accezione del concetto “mistero” dovremo tener conto anche quando lo applicheremo a Dio.

         “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo (….). Cristo (….) proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 22).

         II
Dopo la gloriosa e serena sintesi medievale, la definizione dell’uomo passa attraverso alcune tappe in linea di discesa. Nella prima sintesi umanistica, l’uomo si presenta al centro della scena seppure come capolavoro del Dio creatore: il famoso Discorso sulla dignità dell’uomo di Pico della Mirandola comincia significativamente così: “Magnum miraculum est homo!”
Ma, dopo il riduzionismo della rivoluzione scientifica (Francesco Bacone) e l’antropocentrismo di Renato Cartesio; dopo la ventata empiristica dei tre grandi pensatori inglesi; trascurando gli apporti preziosi dei cristiani Pascal e Vico, la “bufera” illuministica conduce (insieme con elementi positivi) a configurare un “dio” di “produzione” razionale (del tipo del grande Orologiaio) nel deismo di Voltaire, Rousseau e compagni, che rifiuta le religioni positive e quindi la storia della salvezza.
I Invece di accettare i limiti imposti dalla nostra natura creaturale, e quindi non perfetta, l’insipienza dell’ateo attribuisce la responsabilità a Dio di averceli “regalati”.
Si lascia quindi imperversare nella filosofia religiosa l’insidiosissima tentazione diabolica: “….si aprirebbero i vostri occhi e sareste come elohim, conoscendo il bene e il male” (Gen 3,5): Ci si lascia quindi scivolare per una comoda “scaletta”: Dio concorrente aggressivo dell’uomo, Dio dannoso all’uomo, Dio inutile o insignificante per l’homo novus, superbo creatore della sua etica; che troverà i suoi “assoluti” nella dea Ragione, nella Scienza matematico-tecnica, nella distruzione della “natura” dell’uomo stesso e del cosmo. Chi merita la qualifica di assurdo è quindi….DIO! L’uomo diviene così “ab-solute” libero da ogni schiavitù che proviene dall’esterno; e non si accorge di essere rovinato nella propria fossa dei leoni o nel regno di Saturno-Kronos che, invece di propiziare l’età dell’oro, divora i propri figli.
E chi non vede oggi i segni di questa epocale involuzione è veramente un cieco che presume di condurre altri ciechi (cfr Mt 15,14).

         III
Non raggiungendo l’uomo l’autosoteria (salvezza autoprodotta), deve chinare il capo alla risposta della fede ebraico-cristiana, che è autenticamente eterosoteria (di Paolo si legga Rm, specialmente il cap. 7)
Il Mistero pasquale, che si articola dalla Passione di Gesù Uomo-Dio all’effusione del suo Spirito, centro della Fede e della storia della salvezza, ci illumina sui principali “misteri” con cui il Dio Tri-uno scende nel nostro “scheggiato calle”.

Gesù Cristo soffre e muore come Uomo
E’ risuscitato (Risuscitamento) da Dio il Padre, come Uomo; cioè viene generato a vita nuova, divina, essendo manifestato quindi come il Figlio “unigenito” di Dio.
Talvolta nel Nuovo Testamento è pure presentato come soggetto della propria Risurrezione, per cui è manifestato come Dio, consustanziale (della stessa natura del) al Padre
A complemento del Mistero pasquale (la sera di Pasqua o nella Pentecoste), egli come Figlio di Dio ci dona quello Spirito (spesso chiamato “Donum”) che egli stesso ha ricevuto dal Padre; e con ciò è strutturata la Comunità dei figli di adozione  e fratelli.nel Primogenito.

Se non fosse vero uomo, non ci avrebbe redenti, cioè sottratti ai limiti morali ed esistenziali che ci avvolgono (come il peccato, la ribellione a Dio, il rifiuto della sua Alleanza ) = salvezza da (salvezza morale).
Se non fosse vero Dio, non ci avrebbe divinizzati, cioè introdotti nella divina vita nuova, qualificandosi come Figlio “primogenito”, donandoci l’immortalità che è propria di (o degli) elohim = salvezza per (salvezza esistenziale).

         Il discepolo dell’amore esprime ambedue gli aspetti della salvezza: “In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito perché noi avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,9s).

Un solo testo biblico di riferimento sul Mistero pasquale, dal primo discorso di Pietro: “Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato (….). Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo di aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso (….). Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Kyrios e Christòs  quel Gesù che voi avete crocifisso” (At 2,33.36).

Questo dice l’elaborazione del keryma pasquale primigenio.
Ma nei vangeli dell’infanzia (Mt e Lc) troviamo pure che l’ingresso del Figlio nella nostra natura “naturale” (storica) per sollevarla è avvenuto nel Mistero dell’Incarnazione (manifestato nel Natale e nell’Epifania).

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