domenica 31 gennaio 2016

Maria agli incroci del cammino di Fede




CANA: COME INIZIA IL CAMMINO DI FEDE

Il latinista del Seminario di Padova, Egidio Forcellini nel monumentale Lexicon totius latinitatis fa notare la distinzione fra pars (pars in toto) e portio (portio pro toto), dato il fatto che “porzione” contiene in nuce, ma non in estensione, gli elementi essenziali del tutto. Distinzione utile per qualificare la chiesa locale rispetto a quella universale, il frammento della specie eucaristia del pane rispetto a tutto il Corpo, ed altro. Possiamo dire quindi che il brano di Cana (Gv 2) contiene tutte le dimensioni essenziali dell’intero IV evangelo. Che è cristocentrico, tutto orientato a Cristo, e insieme teoescatologico, tutto orientato a Dio Padre, essendo di norma ho theòs il nome biblico del Padre.

Nell’analisi mi avvalgo di R. E. BROWN, Giovanni, Cittadella, Assisi 19995, fra parentesi indicando le pagine. E’ utile anche vedere alle pp. 1459-61 l’appendice I/11 sull’Ora.

Come spesso nei testi risalenti a Giovanni, anche a questo sono state attribuite diverse interpretazioni. Vedremo così che la direzione delle coordinate di una lettura teologica non coincide con quella di una “mariologia più tarda” (p. 142; cfr 133, 139), che è diventata usuale nella “devozione” cattolica (facendo nascere dubbi, titubanze, contorsioni più o meno esegetiche….).
Riconoscendo che il senso sotterraneo di alcune pericopi bibliche si coglie anche tenendo conto delle parole che, all’inizio e alla fine, formano “inclusione”, qui fisseremo l’attenzione alle parole “discepoli”, “fratelli”.

I – NOTA SU FRATELLO E DISCEPOLO

Poca attenzione di solito si riserva a questi personaggi, che a Cana sembrano avere una funzione soltanto di “comparse”. Esaminando brani dei primi sette capitoli, possiamo distinguerli in alcune categorie:
A - Fratelli del clan giudaico di Gesù e di Maria (2,12; 7,2.5)
B – Non appartenenti al clan, chiamati al discepolato: a) galilei chiamati in Giudea (1,35.41); b) provenienti dalla Galilea (1,43; 2,2.11.12); c) senza indicazione di provenienza (2,17). Tutti questi discepoli hanno da poco affrontato la via del “catecumenato” e non forniscono alcuna sicurezza di sequela stabile (1,50s; 2,23s).
NOTA – La catechesi con Nicodemo aggiunge che la fede comporta generazione (filiazione), rinascita, ”vita eterna” (3,3-7.16)
C – Non credenti e non perseveranti (6,60.64.66)
D – Credenti che seguono il Messia, stabilmente inseriti nella nuova comunità di fratelli
(2,22; 6,69; 19,39).

II – GRUPPI STORICO-TEOLOGICAMENTE DISTINTI

Il racconto giovanneo ci vuol far comprendere il passaggio dalla comunità credente d’Israele a quella che ha seguito Gesù come Messia. Troviamo infatti due gruppi:
A – Israele, che si rende conto dell’insufficienza della via di salvezza proposta e procurata dalle proprie istituzioni: a) la Madre naturale di Gesù (2,1), qui presentata accomunata agli altri “testi del distacco”, che fa notare la mancanza del vino “messianico”; b) i servi (2,5), i giudei (2,6) che si rendono conto dell’insufficienza delle purificazioni rituali, e l’architriclino (2,8). Durante la vita pubblica, Maria e i fratelli vanno fino al non vicino Cafarnao per cercare di riportare alla vita privata l’incipiente predicatore itinerante.
B – La comunità nuova, benché qui presentata in nuce: Gesù e i suoi discepoli (2,1.11)

Ora possiamo passare ad esaminare le frasi apparentemente semplici, contenitrici di importanti “misteri”

III - “Donna, che vuoi da me? (v. 4a)

E’ sufficiente leggere in G. LOHFINK, Gesù come voleva la sua comunità, Paoline, Cinisello B., 1987, il paragrafo “La nuova famiglia” (pp. 61-68), per vedere come Gesù, in procinto di raccogliere  gli adepti della futura comunità religiosa, dà segni evidenti di volere staccarsi dalla famiglia “della carne”, che rappresentava la “parentela umana” (p 132), cui apparteneva fisicamente sua Madre.
Nella vocazione dei discepoli abbiamo una traccia diversa tra i sinottici e Giovanni. E’ innegabile che Gesù trova i suoi primi seguaci al di fuori della sua famiglia naturale.
In Gv 2 i discepoli non fanno gruppo insieme con la Madre e nei sinottici si ha notizia che il gruppo fratelli-madre è solitamente refrattario a seguirlo. Si trattava dei primi discepoli raccolti in Galilea – parallelamente a quelli raccolti nel Sud (vedi Gv 1,37). Gli inizi della missione per Gesù, come per molti altri, sono stati frammentari e fortuiti, come appare da Gv 7,5 (i fratelli non credenti in lui; che però secondo 7,10 andranno alla festa).
Al Calvario Maria è presentata come facente corpo con un discepolo preso al di fuori della famiglia. E la “donna” dell’Apocalisse è strettamente legata a una sua “discendenza” (Ap 12,17).

IV – “Non è ancora giunta la mia Ora” (v. 4b)

L’opera della salvezza del Figlio umanato è talmente storica che richiede sviluppo, progressione, per giungere alla perfezione. Che è ottenuta nel Mistero pasquale di Morte-Resurrezione-Ascensione, che soprattutto Giovanni chiama l’Ora (potremmo dire: l’ora definitiva, escatologica, il grande kairòs).
A Cana, dove Gesù “manifestò la sua Gloria” (v. 11), è posto quindi solo l’inizio dei “segni” per i quali i discepoli occasionali cominciano a divenire seguaci definitivi, credenti a pieno titolo.
Quando giungerà la pienezza dell’Ora, Maria, non più oggetto di un “testo del distacco”,  sarà investita e riconosciuta dal Figlio morente come Madre della nuova comunità della salvezza definitiva (p. 141s).
Questo ci fa inoltre comprendere che il domino dell’Ora definitiva è riservato all’operatore principale del’economia della salvezza, il Padre: “Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12,27s)
Un significativo parallelo si trova  in un testo (che pure suscita vari problemi): Gv 7,6.8

Non si tratta quindi a Cana di Gesù che rifiuta ogni rapporto con sua Madre (v. 4a), ma del Figlio che rivela il suo orientamento totale e fondamentale a Dio Padre, espresso al massimo della potenzialità nella preghiera  filiale (Gv 17)
Un illuminante parallelo si trova nel vangelo secondo Luca: “Non sapevate che io devo essere nella casa del Padre mio? Ma essi (Giuseppe e Maria) non compresero l’avvenimento di cui Gesù parlò loro” (2,49s). Convincentemente spiega il perché R. E. BROWN,  La nascita del messia secondo Matteo e Luca, Cittadella, Assisi 20022: “La vocazione (di Gesù) consiste nel servizio di Dio e non nello stare a disposizione della famiglia naturale” (p. 668; cfr 648s, 670s).
NOTA – Si fatica a comprendere la sicumera di alcuni cristologi che, assumendo come pietra fondamentale della fede i concili (Nicea I), trascurano l’evidenza che Giovanni è il vangelo che più sottolinea la dipendenza di Gesù dal Padre.

V – “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” (v. 5)

Con ulteriore chiarezza, si vede che la direzione dell’influsso non corre da Gesù a Maria – nel  senso del Figlio che accetta di sottostare alla Madre che gli ha proposto di operare un miracolo – bensì da Maria a Gesù: ella propone ai discepoli di orientarsi totalmente alla volontà del Messia che sta per intervenire. Questa espressione trova importanti analoghi nell’AT, per es. nell’adesione del Popolo all’Alleanza – “Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo” (Es 19,8; cfr 24,3.7) – oppure nell’indicazione di un “salvatore” che solleva da una situazione di mancanza (Gen 41,55 ).

VI – Gesù opera personalmente il miracolo (vv. 7-8). Ma sempre in linea con la sua dipendenza dal Padre, come si vedrà nella risurrezione di Lazzaro (Gv 11,41-43).

VII – L’elogio dello Sposo (2,9s)

Coloro che vedono nell’episodio una prefigurazione del matrimonio cristiano saranno delusi perché in questo “banchetto di festa” manca del tutto la sposa (!) e solo alla fine viene presentato un deus ex machina, lo Sposo come accorto distributore delle diverse qualità del suo vino
C’è qui una profonda lezione sulla storia della salvezza: JHWH è riconosciuto come lo Sposo d’Israele (vedi in La Bibbia di Gerusalemme le note a Os 1,2-3.5; Ez 16,1-63) e solo a lui spetta dirigere le sorti del mondo e della storia (cfr At 1,6s; Mt 24,36) e condurla a conclusione (1Cor 15,28). Tra la prima e la definitiva (escatologica) alleanza non c’è sostituzione (punitiva!), ma progresso verso il compimento (Mt 5,17); e questo sarà ultimato quando la Chiesa sarà senza macchia (Ef 5,27) e la fede sfocerà nell’eterna visione (1Gv 3,2). Anzi l’itinerario individuale della fede sotteso tra Cana e il Calvario è genesi e simbolo dell’itinerario della Chiesa tra il Mistero pasquale e la Parusia.

VIII – Il versetto veramente conclusivo è l’11. “Tale fu, a Cana di Galilea, l’inizio dei ‘segni’ di Gesù. Egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui”.

IX – Non è facile ricavare qualcosa di assoluto dal v. 12 (vedi p. 145-47): “Dopo questo fatto, egli discese a Cafarnao con sua Madre, i suoi fratelli, e i suoi discepoli (vocabolo per alcuni incerto); ma ci rimasero solo pochi giorni”. Però vi possiamo trovare una traccia per rileggere qualche altro testo (è ritenuto strano infatti che i fratelli fossero subito diventati credenti).
Possiamo ricevere un aiuto per interpretare nei sinottici i “testi del distacco”  di Gesù annunciatore del Regno dalla sua famiglia “carnale”, che fanno problema per i lettori devoti:
a)      Mc 3,20s: coloro che scendono da Cafarnao per “impossessarsi di lui” sono i suoi famigliari (hoi par’autou) ed, essendo questo testo accorpato da molti autori al seguente su Beelzebul (Mc 3,22-30), si riferisce all’accusa di possessione. Da notare che, in altra situazione, Gv 10,20 usa la forma verbale maìnetai (è fuori di senno).
b)     Mc 3,31-35 (e paralleli in Mt 12 e Lc 8) si riferisce certamente ai parenti, compresa Maria, che forse scendeva per esperire un ulteriore tentativo; discepoli erano  (insieme con 4,10:  hoi perì auton) i seduti attorno a lui: tous perì autòn katheménous).

Per i “testi del distacco”, vedi il mio saggio Santa Maria scrigno dello Spirito Santo, Elledici, Leumann 2004, 167-171

Ricaviamo qualcosa di utile per la Fede, per la Chiesa e per la teologia.

Se centro del IV vangelo è il credere cristologico, dobbiamo dire che il brano è un’illustrazione della progressione con cui i discepoli diventano seguaci. A Cana, villaggio collocato a breve distanza da Nazaret, Gesù aveva radunato, alla presenza di Maria, il primissimo gruppo dell’Israele storico; al Calvario Cristo costituisce  il nuovo Popolo di Dio attraverso la maternità “ecclesiale” di Maria.
Gv 2,12 ci presenta un temporaneo aggregato (“per pochi giorni”) di persone a Cafarnao, distinguibili da una parte nella Madre e nei fratelli (evidentemente non credenti), dall’altra nei discepoli (credenti iniziali: 2,11 “inizio dei segni”). E’ significativa la successione dei “kaì”.
Il capolavoro finale, opera dello Spirito Santo (non significa proprio nulla il “syn”?) è presentato in At 1,14, dove figurano due gruppi: a) gli Undici e alcune donne oriunde dalla Galilea, che significano i non provenienti dal clan; b) la Madre e i fratelli (questi ultimi divenuti finalmente credenti) che indicano la comunità nuova.

Potranno dire i devoti che con questa lettura si mette in ombra la figura e la funzione di Maria SS.ma? Tutti sanno che nella Scrittura, da Genesi all’Apocalisse, “donna” spesso indica il Popolo (d’Israele).
Maria a Cana è a pieno titolo Madre di Gesù, donatrice della sua natura umana (senza dimenticare l’azione trascendentale divina) e della sua identità giudaica o appartenenza al Popolo dell’elezione. Chiediamoci però se la maggioranza dei nostri fedeli, che si commuove davanti al duo madre/figlio del presepio, sia in grado di superare il trabocchetto di avere nel retroterra mentale l’unica immagine simbolo universale della maternità umana.
Maria al Calvario  è investita della funzione di Madre spirituale della Chiesa di Gesù, per mezzo del due volte citato discepolo (Gv 19,26s); cioè della comunità formata da fratelli e discepoli (Gv 20,17s) che comparirà nel raduno solenne in attesa dello Spirito (At 1,14)

Risalendo a minori ad maius si può dire che le due situazioni in cui si trova Maria sono distinguibili non tanto sulla linea dell’ontologia, quanto piuttosto su quella della storia; come in Rm 1,3-4: “….nato dal seme di Davide secondo la carne / costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti”. Perché la salvezza di Dio si realizza nella storia, e di questa lo spartiacque sta nel Mistero pasquale.


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