CANA: COME INIZIA IL CAMMINO DI FEDE
Il latinista
del Seminario di Padova, Egidio Forcellini nel monumentale Lexicon totius latinitatis fa notare la distinzione fra pars (pars in toto) e portio (portio pro toto), dato il fatto che
“porzione” contiene in nuce, ma non
in estensione, gli elementi essenziali del tutto. Distinzione utile per
qualificare la chiesa locale rispetto a quella universale, il frammento della
specie eucaristia del pane rispetto a tutto il Corpo, ed altro. Possiamo dire quindi
che il brano di Cana (Gv 2) contiene tutte le dimensioni essenziali dell’intero
IV evangelo. Che è cristocentrico, tutto orientato a Cristo, e insieme
teoescatologico, tutto orientato a Dio Padre, essendo di norma ho theòs il nome biblico del Padre.
Nell’analisi mi avvalgo di R. E. BROWN, Giovanni, Cittadella, Assisi 19995, fra parentesi indicando
le pagine. E’ utile anche vedere alle pp. 1459-61 l’appendice I/11 sull’Ora.
Come spesso
nei testi risalenti a Giovanni, anche a questo sono state attribuite diverse interpretazioni.
Vedremo così che la direzione delle coordinate di una lettura teologica non
coincide con quella di una “mariologia più tarda” (p. 142; cfr 133, 139), che è
diventata usuale nella “devozione” cattolica (facendo nascere dubbi, titubanze,
contorsioni più o meno esegetiche….).
Riconoscendo
che il senso sotterraneo di alcune pericopi bibliche si coglie anche tenendo
conto delle parole che, all’inizio e alla fine, formano “inclusione”, qui
fisseremo l’attenzione alle parole “discepoli”, “fratelli”.
I – NOTA SU FRATELLO E DISCEPOLO
Poca
attenzione di solito si riserva a questi personaggi, che a Cana sembrano avere
una funzione soltanto di “comparse”. Esaminando brani dei primi sette capitoli,
possiamo distinguerli in alcune categorie:
A - Fratelli
del clan giudaico di Gesù e di Maria (2,12; 7,2.5)
B – Non
appartenenti al clan, chiamati al discepolato: a) galilei chiamati in Giudea (1,35.41);
b) provenienti dalla Galilea (1,43; 2,2.11.12); c) senza indicazione di
provenienza (2,17). Tutti questi discepoli hanno da poco affrontato la via del
“catecumenato” e non forniscono alcuna sicurezza di sequela stabile (1,50s; 2,23s).
NOTA
– La catechesi con Nicodemo aggiunge che la fede comporta generazione
(filiazione), rinascita, ”vita eterna” (3,3-7.16)
C – Non
credenti e non perseveranti (6,60.64.66)
D – Credenti
che seguono il Messia, stabilmente inseriti nella nuova comunità di fratelli
(2,22; 6,69; 19,39).
II – GRUPPI
STORICO-TEOLOGICAMENTE DISTINTI
Il racconto
giovanneo ci vuol far comprendere il passaggio dalla comunità credente
d’Israele a quella che ha seguito Gesù come Messia. Troviamo infatti due
gruppi:
A – Israele,
che si rende conto dell’insufficienza della via di salvezza proposta e
procurata dalle proprie istituzioni: a) la Madre naturale di Gesù (2,1), qui presentata
accomunata agli altri “testi del distacco”, che fa notare la mancanza del vino
“messianico”; b) i servi (2,5), i giudei (2,6) che si rendono conto
dell’insufficienza delle purificazioni rituali, e l’architriclino (2,8).
Durante la vita pubblica, Maria e i fratelli vanno fino al non vicino Cafarnao
per cercare di riportare alla vita privata l’incipiente predicatore itinerante.
B – La
comunità nuova, benché qui presentata in
nuce: Gesù e i suoi discepoli (2,1.11)
Ora
possiamo passare ad esaminare le frasi apparentemente semplici, contenitrici di
importanti “misteri”
III - “Donna, che vuoi da me? (v.
4a)
E’ sufficiente
leggere in G. LOHFINK, Gesù come voleva la sua comunità,
Paoline, Cinisello B., 1987, il paragrafo “La nuova famiglia” (pp.
61-68), per vedere come Gesù, in procinto di raccogliere gli adepti della futura comunità religiosa,
dà segni evidenti di volere staccarsi dalla famiglia “della carne”, che
rappresentava la “parentela umana” (p 132), cui apparteneva fisicamente sua
Madre.
Nella
vocazione dei discepoli abbiamo una traccia diversa tra i sinottici e Giovanni.
E’ innegabile che Gesù trova i suoi primi seguaci al di fuori della sua
famiglia naturale.
In Gv 2 i
discepoli non fanno gruppo insieme con la Madre e nei sinottici si ha notizia che il gruppo
fratelli-madre è solitamente refrattario a seguirlo. Si trattava dei primi
discepoli raccolti in Galilea – parallelamente a quelli raccolti nel Sud (vedi
Gv 1,37). Gli inizi della missione per Gesù, come per molti altri, sono stati
frammentari e fortuiti, come appare da Gv 7,5 (i fratelli non credenti in lui;
che però secondo 7,10 andranno alla festa).
Al Calvario
Maria è presentata come facente corpo con un discepolo preso al di fuori della
famiglia. E la “donna” dell’Apocalisse è strettamente legata a una sua
“discendenza” (Ap 12,17).
IV – “Non è ancora giunta la mia
Ora” (v. 4b)
L’opera della
salvezza del Figlio umanato è talmente storica che richiede sviluppo,
progressione, per giungere alla perfezione. Che è ottenuta nel Mistero pasquale
di Morte-Resurrezione-Ascensione, che soprattutto Giovanni chiama l’Ora
(potremmo dire: l’ora definitiva, escatologica, il grande kairòs).
A Cana, dove
Gesù “manifestò la sua Gloria” (v. 11), è posto quindi solo l’inizio dei
“segni” per i quali i discepoli occasionali cominciano a divenire seguaci
definitivi, credenti a pieno titolo.
Quando
giungerà la pienezza dell’Ora, Maria, non più oggetto di un “testo del
distacco”, sarà investita e riconosciuta
dal Figlio morente come Madre della nuova comunità della salvezza definitiva
(p. 141s).
Questo ci fa
inoltre comprendere che il domino dell’Ora definitiva è riservato all’operatore
principale del’economia della salvezza, il Padre: “Adesso l’anima mia è
turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono
giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome” (Gv 12,27s)
Un
significativo parallelo si trova in un
testo (che pure suscita vari problemi): Gv 7,6.8
Non si tratta
quindi a Cana di Gesù che rifiuta ogni rapporto con sua Madre (v. 4a), ma del
Figlio che rivela il suo orientamento totale e fondamentale a Dio Padre,
espresso al massimo della potenzialità nella preghiera filiale (Gv 17)
Un illuminante
parallelo si trova nel vangelo secondo Luca: “Non sapevate che io devo essere
nella casa del Padre mio? Ma essi (Giuseppe e Maria) non compresero
l’avvenimento di cui Gesù parlò loro” (2,49s). Convincentemente spiega il
perché R. E. BROWN, La
nascita del messia secondo Matteo e Luca, Cittadella, Assisi 20022:
“La vocazione (di Gesù) consiste nel servizio di Dio e non nello stare a disposizione
della famiglia naturale” (p. 668; cfr 648s, 670s).
NOTA – Si fatica a comprendere la sicumera di alcuni
cristologi che, assumendo come pietra fondamentale della fede i concili (Nicea
I), trascurano l’evidenza che Giovanni è il vangelo che più sottolinea la
dipendenza di Gesù dal Padre.
V – “Qualsiasi cosa vi dica,
fatela” (v. 5)
Con ulteriore
chiarezza, si vede che la direzione dell’influsso non corre da Gesù a Maria – nel
senso del Figlio che accetta di
sottostare alla Madre che gli ha proposto di operare un miracolo – bensì da
Maria a Gesù: ella propone ai discepoli di orientarsi totalmente alla
volontà del Messia che sta per intervenire. Questa espressione trova importanti
analoghi nell’AT, per es. nell’adesione del Popolo all’Alleanza – “Quanto il
Signore ha detto, noi lo faremo” (Es 19,8; cfr 24,3.7) – oppure
nell’indicazione di un “salvatore” che solleva da una situazione di mancanza
(Gen 41,55 ).
VI – Gesù opera personalmente il
miracolo (vv. 7-8). Ma sempre in linea con la sua dipendenza dal Padre, come si
vedrà nella risurrezione di Lazzaro (Gv 11,41-43).
VII – L’elogio dello Sposo (2,9s)
Coloro che
vedono nell’episodio una prefigurazione del matrimonio cristiano saranno delusi
perché in questo “banchetto di festa” manca del tutto la sposa (!) e solo alla
fine viene presentato un deus ex machina,
lo Sposo come accorto distributore delle diverse qualità del suo vino
C’è qui una
profonda lezione sulla storia della salvezza: JHWH è riconosciuto come lo Sposo
d’Israele (vedi in La Bibbia di Gerusalemme
le note a Os 1,2-3.5; Ez 16,1-63) e solo a lui spetta dirigere le sorti del
mondo e della storia (cfr At 1,6s; Mt 24,36) e condurla a conclusione (1Cor 15,28).
Tra la prima e la definitiva (escatologica) alleanza non c’è sostituzione
(punitiva!), ma progresso verso il compimento (Mt 5,17); e questo sarà ultimato
quando la Chiesa
sarà senza macchia (Ef 5,27) e la fede sfocerà nell’eterna visione (1Gv 3,2).
Anzi l’itinerario individuale della fede sotteso tra Cana e il Calvario è genesi
e simbolo dell’itinerario della Chiesa tra il Mistero pasquale e la Parusia.
VIII – Il versetto veramente
conclusivo è l’11. “Tale fu, a Cana di Galilea, l’inizio dei ‘segni’ di
Gesù. Egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui”.
IX – Non è facile ricavare
qualcosa di assoluto dal v. 12 (vedi p. 145-47): “Dopo questo fatto, egli
discese a Cafarnao con sua Madre, i suoi fratelli, e i suoi discepoli (vocabolo
per alcuni incerto); ma ci rimasero solo pochi giorni”. Però vi possiamo
trovare una traccia per rileggere qualche altro testo (è ritenuto strano
infatti che i fratelli fossero subito diventati credenti).
Possiamo
ricevere un aiuto per interpretare nei sinottici i “testi del distacco” di Gesù annunciatore del Regno dalla sua
famiglia “carnale”, che fanno problema per i lettori devoti:
a)
Mc 3,20s: coloro che scendono da Cafarnao per
“impossessarsi di lui” sono i suoi famigliari (hoi par’autou) ed, essendo questo testo accorpato da molti autori
al seguente su Beelzebul (Mc 3,22-30), si riferisce all’accusa di possessione.
Da notare che, in altra situazione, Gv 10,20 usa la forma verbale maìnetai (è fuori di senno).
b)
Mc 3,31-35 (e paralleli in Mt 12 e Lc 8) si
riferisce certamente ai parenti, compresa Maria, che forse scendeva per
esperire un ulteriore tentativo; discepoli erano (insieme con 4,10: hoi
perì auton) i seduti attorno a lui: tous
perì autòn katheménous).
Per i “testi del distacco”, vedi il mio saggio Santa Maria scrigno dello Spirito Santo,
Elledici, Leumann 2004, 167-171
Ricaviamo qualcosa di utile per la Fede, per la Chiesa e per la teologia.
Se centro del
IV vangelo è il credere cristologico, dobbiamo dire che il brano è
un’illustrazione della progressione con cui i discepoli diventano seguaci. A
Cana, villaggio collocato a breve distanza da Nazaret, Gesù aveva radunato,
alla presenza di Maria, il primissimo gruppo dell’Israele storico; al Calvario
Cristo costituisce il nuovo Popolo di
Dio attraverso la maternità “ecclesiale” di Maria.
Gv 2,12 ci
presenta un temporaneo aggregato (“per pochi giorni”) di persone a Cafarnao,
distinguibili da una parte nella Madre e nei fratelli (evidentemente non
credenti), dall’altra nei discepoli (credenti iniziali: 2,11 “inizio dei
segni”). E’ significativa la successione dei “kaì”.
Il capolavoro
finale, opera dello Spirito Santo (non significa proprio nulla il “syn”?) è presentato in At 1,14, dove
figurano due gruppi: a) gli Undici e alcune donne oriunde dalla Galilea, che
significano i non provenienti dal clan; b) la Madre e i fratelli (questi ultimi divenuti
finalmente credenti) che indicano la comunità nuova.
Potranno dire
i devoti che con questa lettura si mette in ombra la figura e la funzione di
Maria SS.ma? Tutti sanno che nella Scrittura, da Genesi all’Apocalisse, “donna”
spesso indica il Popolo (d’Israele).
Maria a Cana è
a pieno titolo Madre di Gesù, donatrice della sua natura umana (senza
dimenticare l’azione trascendentale divina) e della sua identità giudaica o
appartenenza al Popolo dell’elezione. Chiediamoci però se la maggioranza dei
nostri fedeli, che si commuove davanti al duo madre/figlio del presepio, sia in
grado di superare il trabocchetto di avere nel retroterra mentale l’unica immagine
simbolo universale della maternità umana.
Maria al
Calvario è investita della funzione di
Madre spirituale della Chiesa di Gesù, per mezzo del due volte citato discepolo
(Gv 19,26s); cioè della comunità formata da fratelli e discepoli (Gv 20,17s) che
comparirà nel raduno solenne in attesa dello Spirito (At 1,14)
Risalendo a minori ad maius si può dire che le due
situazioni in cui si trova Maria sono distinguibili non tanto sulla linea
dell’ontologia, quanto piuttosto su quella della storia; come in Rm 1,3-4:
“….nato dal seme di Davide secondo la carne / costituito Figlio di Dio con
potenza secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti”.
Perché la salvezza di Dio si realizza nella storia, e di questa lo spartiacque
sta nel Mistero pasquale.
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