giovedì 4 giugno 2015

La Chiesa che cammina sulle strade della storia



QUATTRO “INCARNAZIONI” (CONFIGURAZIONI) DELLA CHIESA CRISTIANA

Principio fondamentale: la Chiesa di Dio entra in crisi ogni volta che perde la traccia delle sue origini dall’alto, dalla rivelazione, da Dio (vedi qui sotto Rapporto tra ragione e fede).
Un secondo principio: l’eresia si annida nel prendere uno solo degli aspetti della realtà della Chiesa come il tutto.
Quindi ci chiediamo: come si trova la Paola di Dio espressa nei linguaggi degli uomini?quale natura e quale fine ha la Chiesa?

I – La chiesa in ambiente culturale semitico, che si fonda sulla lettura e studio della Bibbia (si pensi al ricorso di S. Ireneo ai testi sacri, o all’enorme opera biblistica di Origene di Alessandria, nonostante la sua lettura “allegoristica”).
Tema principale: “racconto” della missione di Gesù di Nazaret, che annuncia il nuovo Regno, cui è fedele fino al martirio

Anche per alcune sue scelte teologiche poco chiare, la chiesa giudeocristiana scomparve, tanto che a Nicea (325) non presenziò alcun suo vescovo .

II – La chiesa dei grandi concili ecumenici celebrati in Oriente (il cui insegnamento è accolto dal grande Medioevo) che interpreta le verità con linguaggio e contenuti della cultura mediterranea greca (si pensi a Nicea e Calcedonia, a Tommaso d’Aquino). Per cui una frase di un concilio o di un papa diventava più importante di una frase di san Paolo.
Tema principale: ricerca dell’identità ontologica di Gesù Cristo (divinità e umanità) e quindi del Dio Uni-trino

La corrente principale del cristianesimo medievale (come pure del giudaismo e dell’islamismo) non ha sopportato al suo interno le “scuole mistiche”, in quanto queste non si fondavano né sulla lettera della Bibbia né sulle dichiarazioni del magistero, ma si ponevano in totale ascolto dello Spirito, il “divino sconosciuto” per molti secoli da parte di noi cattolici (cristomonismo), tanto che lo abbiamo ridotto ad agente “intimistico”, trascurando la sua funzione essenziale nella Chiesa (istituzione e costituzione)

III – La Riforma che elimina la tradizione e il magistero, insistendo sulla Scrittura come unica fonte di rivelazione divina; e di questa concentra (riduce) il messaggio nel problema della “giustificazione”  contenuto nelle lettere paoline Galati e Romani
Tema principale: scoperta del modo con cui Dio ci salva, cioè col sacrificio di croce del Figlio fatto uomo

Ma questo approccio “individualistico” è diventato fuorviante quando, al tempo dell’illuminismo, i teologi centro-nordeuropei, epigoni dei riformatori, hanno applicato un esame ipercritico al testo biblico; per cui, riducendo la Bibbia a un libro umano, sono giunti (ironia della storia!) a non vederne l’origine divina.
Un’altra infelice conseguenza fu quella della Riforma che, non avendo accolto all’inizio il concetto di “chiesa madre”, si divise nei secoli in centinaia di chiese o sètte (si pensi al cristianesimo americano).
Anche la Riforma ha tenuto lontano alcuni movimenti “spirituali” come quelli del pietismo e metodismo.

IV – In epoca di efficientismo nel vivere, e sincretismo nel credere, la teologia dell’America latina (e la derivata “teologia popolare”) seleziona le affermazioni prassistiche e “socioeconomiche” dei vangeli sinottici, riduce la grande teologia di san Paolo alle esortazioni parenetiche, ignora la grande tradizione ecclesiale, sottovaluta lo studio dei biblisti e teologi, accettando in modo acritico e incontrollato il “sensus” fidei”, con tutte le sue (spesso presenti) distorsioni, lacune ed esagerazioni.
Tema principale: individuazione della radice del cristianesimo, chiedendosi cioè se esso nasca dalla rivelazione di Dio oppure dall’analisi della situazione esistenziale dell’uomo; chiedendosi se la “giustizia” del Regno deve essere presa nel senso biblico o in quello moderno.

Si corre così il rischio di giungere a questi esiti: la “lettera” vale più dello ”spirito”, la devozione vale più della fede, il benessere materiale vale più delle Beatitudini, la “pax marxistica” vale più della “pax Christi”

Possiamo concludere che la Chiesa di Cristo:
- non deve chiedersi pirronianamente come Pilato “Quid est veritas?”, ma mostrare ai popoli che questa è impersonata in Cristo e nello Spirito (Gv 14,6; 1Gv 5,6), che rivelano il Padre;
- non è l’ONU delle religioni in cui si sommano identità ben diverse; e neppure una FAO che mira a sfamare i popoli; non è neppure miele bensì “sale della terra” (Bernanos, Maritain).

NOTA
Domande sull’attuale gestione del potere nella chiesa

Concesso che la forma episcopale di guida è stabilita fin dalla chiesa apostolica, ci si chiede se sia logico e conseguente un esercizio “muscoloso” del potere papale, mentre chi lo esercita ci tiene a chiamarsi semplicemente “vescovo di Roma”.
Che cosa potrebbe suggerire la costatazione che, quando il Papa per contingenze storiche ha oscurato la funzione dei vescovi (Gregorio VII, Pio IX….), la vita della chiesa ha subìto un’involuzione?


RAPPORTO TRA RAGIONE E FEDE

1. La fede cammina a un livello superore (ma non contrario!) a quello della ragione, che è pure un dono di Dio.
La verità e la morale della rivelazione divina non si ricavano dalle filosofie dell’uomo, o dal buon senso comune, o dall’opinione delle maggioranze, o dalla situazione esistenziale della gente.
Di fronte alla tendenza di cadere nel “razionalismo” da parte di alcune superate teologie cattoliche, dobbiamo citare il detto provocatorio di Tertulliano “Certum est quia impossibile” (che troppo spesso viene proposto come “Credo quia absurdum”), che significa: le verità di fede sono solide benché (o proprio perché!) non ricavabili dalla ragione umana. Ma contro quel possibile “razionalismo” hanno alzato la voce - sempre in clima dialettico che tende all’esagerazione - pensatori protestanti, quali S. Kierkegaard e K. Barth, presentando una fede come salto nel vuoto, rifiutando la religione in quanto si basa sull’ “analogia entis”.

2. Portiamo alcuni esempi riferendoci al cristianesimo.
La vita dopo la morte del’uomo non si ricava facendo ricorso all’immortalità dell’anima. Vedi (in riferimento alla risurrezione di Gesù) 1Cor 15,12-28; At 17,32
Il Nuovo testamento ci fa camminare “più in alto” quando insegna la superiorità della nuova legge morale rispetto a quella mosaica (Mt 5,17 – 7,12), o la grandezza  (Ef 5,21-33) e indissolubilità ( Mt 19,2-9) del matrimonio

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