domenica 8 febbraio 2015

Da Gesù al Cristo alla Bibbia



GESU’ CRISTO - CHIESA - SCRITTURA

                                                                                  Tà pànta en tò Christò
                                                                                                          (Ef 1,10)
    
            Chi legge con impegno la Bibbia applicando i nuovi strumenti - quali il metodo storico-critico e la scuola delle forme - si chiede se gli ultimi studi e documenti ufficiali abbiano fornito un concetto soddisfacente dell'ispirazione biblica.
            Ammesso che Gesù Cristo è il punto d'incontro tra la rivelazione della Prima e quella della Nuova Alleanza, è necessario chiedersi dove si collochi il cuore della cristologia
            Per sovvenire alle richieste pastorali si può cercare di rendere evidente il filo rosso di una catechesi biblica a base essenzialmente cristologica
Qualche autore estraneo al Cristianesimo si è chiesto se non sia un colossale circolo vizioso giustificare la Chiesa con le Scritture e nel contempo giustificare le Scritture con la Chiesa.

I - CHIARIFICAZIONI PRELIMINARI

A - Gesù non è un famoso pensatore, per conoscere il quale sia necessario ricorrere a chi ha scritto su di lui; tale sarebbe il caso di Socrate che fu interpretato dal discepolo Platone
Gesù non ha lasciato nulla di scritto, ma ha formato un gruppo che come comunità avrebbe diffuso per i posteri la sua immagine e insegnamento. Questi elementi sono contenuti non solo nei vangeli, ma anche in tutti i 27 libri del NT.
La scienza biblica ritiene essenziale e inderogabile il ricorso alla distinzione fondamentale tra il terreno Gesù di Nazaret e il Cristo glorioso in quanto Risorto
Il cristianesimo non è “gesuanesimo”! La rivelazione definitiva di Dio è avvenuta attraverso l’uomo Gesù, che è anche il Figlio; e nello Spirito santo, che è il cuore pulsante della Chiesa, suo “sacramento”

B - I vangeli non sono una storia (o addirittura cronaca) della vita di Gesù, ma testi religiosi per un fine missionario e catechetico. La Bibbia non è un testo di ricerca filologica, o storica, o scientifica, ma un libro sacro in cui il credente cerca le radici della sua fede e vita. Il carisma dell’ispirazione che la distingue non è certamente identificabile con la “dettatura meccanica”. Il “pensiero” di Dio viene solitamente comunicato alla comunità credente attraverso alcuni individui particolari, che sono le sue “antenne” riceventi; i quali agiscono (come i re, i condottieri, i salvatori, i sacerdoti…), interpretano (come i profeti e i saggi) e scrivono (come gli agiografi). Tutto questo costituisce la “Parola di Dio”
I libri e le parti di essi che compongono la Bibbia non sono stati composti “di getto” e nell’ordine con cui sono presentati nelle sue attuali edizioni.

C - La Scrittura può avere due tipi di lettura:
  1. Lettura diacronica (propria dello studioso, il quale applica il metodo storico-critico), che tiene conto della successione temporale della composizione dei vari libri e delle singole parti di essi; percorrendo le fasi di sviluppo dei temi fino all’espressione definitiva nella forma più matura contenuta nel NT[1]
  2. Lettura sintetica (o canonica[2], propria del pastore e del fedele), la quale tiene conto che Dio ci parla nella totalità sincronica della Scrittura com’è oggi in possesso della Chiesa, cioè nella totalità dei libri e delle parti che essi contengono
“Circa l’inclusione nel metodo di un’analisi sincronica dei testi, bisogna riconoscere che si tratta di un’operazione legittima, perché è il testo nel suo stato finale che è espressione della Parola di Dio, e non una redazione anteriore”[3]
            Questa duplice linea non è riducibile, nella lettura dei testi evangelici, a una distinzione di metodica biblica, ma è fonte di due interpretazioni teologiche, per esempio in cristologia: l’avvio dal kérygma del Risuscitamento conduce alla centralità del Mistero pasquale; quello dall’Annunciazione conduce alla centralità del Mistero incarnatorio.
La lettura poi deve essere ermeneutica, ricercando il significato che ogni autore, nel suo ambiente culturale e storico, dà all’affermazione

            Tutti devono tener presente che, se si dà in mano allo sprovveduto un libro scritto in tutt’altro ambiente, complesso e difficile come la Bibbia, la lettura di questa può portare a disapprovazione e scandalo o addirittura a rifiuto totale.

II - DALLA RIVELAZIONE AI TESTI ISPIRATI LETTI NELLA CHIESA

La storia della rivelazione ha diversi protagonisti: Dio, la comunità credente coi suoi “ministri”, gli scrittori sacri (agiografi)
Dio si rivela sia coll’evento sia con la parola: “L’ebraico usa ‘parola’ quando noi usiamo ‘cosa’ o ‘fatto’ (….). Ciò che il profeta riceve è una parola-cosa (….)”[4]. Cfr Sal 33,6: “Dalla Parola del Signore  (bidbar JHVH) furono fatti i cieli”. Cristo, che è Lògos di Dio (Gv 1,1), comunica in due modi: “agì e insegnò” (At 1,1).

Rivelazione è Dio che manifesta e comunica se stesso per mezzo di Gesù, suo Lògos fatto uomo; ispirazione è l’azione dello Spirito, Sophìa di Dio, nella quale la Scrittura diventa Parola di Dio[5]. Teniamo conto che per non pochi studiosi[6] non si dà distinzione precisa e formale tra ispirazione e rivelazione.
E’ necessario superare la concezione categoriale dell’azione di Dio; per cui egli agisce senza  intermediari nei rapporti col creato (Dio manda il vento, la pioggia); e assumere quella trascendentale  (per cui egli agisce coma causa prima, lasciando ai mediatori la funzione di “attori” immediati, così che Dio agisce come Dio (natura naturans) e non come un uomo, appartenente  alla natura naturata (cogliendo, per quanto è possibile, gli aspetti buoni della terminologia spinoziana )

La Parola entra nella storia in sei modalità: Parola della creazione, Parola nella coscienza dell’individuo  umano, Parola dei “profeti”, Parola fatta carne, Parola fatta annuncio, Parola fatta scritto.
I
Cos’è rivelazione

A - L’uomo è un essere collocato al confine di due mondi: è proteso verso ciò che è infinito, assoluto, definitivo; ma, essendo costituzionalmente limitato, non riesce mai a raggiungerlo. Tende a comprendere tutto il vero, ma spesso sconfina nell’errore; vuole ottenere ciò che è buono, ma spesso cade in ciò che è male morale[7].

L’uomo è oggetto dell’autocomunicazione e rivelazione di Dio (cioè della conoscenza globale della realtà), e della sua gratuita offerta di salvezza (cioè dell’attuazione totale della sua identità come persona). “Secondo la Bibbia la Parola di Dio è Dio stesso nell’evento della sua rivelazione e nell’atto della sua autocomunicazione”; “La rivelazione è la parola mediante la quale Dio si automanifesta e autocomunica all’uomo”[8]

B - Esistono due forme di rivelazione: naturale e soprannaturale

Rivelazione naturale - Parola che è creazione della realtà 
Dio si comunica e si manifesta
- nel mondo extraumano (natura)
- nell’autocoscienza e intelligenza dell’uomo (persona)
- nell’azione libera dell’uomo (storia)
Per comprendere adeguatamente tutta la realtà e per poter agire secondo il pensiero di Dio, la creatura deve ricevere in dono gratuito un sovrappiù di rivelazione e di sostegno (salvezza)

Rivelazione soprannaturale – Parola che è illuminazione di senso
La comunicazione di Dio si attua in alcune tappe: rivelazione (illuminazione) a una comunità credente o a suoi rappresentanti; diffusione del messaggio ad altri soggetti umani; conservazione e interpretazione del messaggio

Dio ci fa comprendere:
-          chi è lui e qual è la sua qualifica nei nostri rapporti (salvatore)
-          come egli salva nella storia, nonostante tutti i rifiuti dell’uomo (alleanza)
-          chi siamo noi di fronte a Dio e alla natura (cooperazione)

Il messaggio di Dio è espresso nella “teologia” della comunità credente, secondo i tempi e le modalità della sua apertura alla rivelazione, e alla sua accettazione e maturazione storico-etico-culturale.

II
Duplice contenuto della rivelazione soprannaturale

A - Rivelazione come illuminazione sui fatti della storia

Partiamo dalla convinzione che la rivelazione divina sta nell’interpretazione (il “senso” della storia) e non nel racconto dei nudi fatti della cronologia. Dio manifesta sé stesso e il suo piano di salvezza dell’umanità nell’interpretazione, da parte dei credenti, del suo agire nella storia (Storia della salvezza; che è da intendere come salvezza nella storia)

Alla base si colloca un fatto accaduto (evento fondante) nella storia di una comunità umana che ha i suoi protagonisti;
a)      come nella liberazione degli israeliti dalla schiavitù egiziana, che diventa esodo trionfale con Mosè, è l’Alleanza nella liberazione del popolo
b)      come nel secondo esodo, che ha come profeta di riferimento il Deuteroisaia; è l’Alleanza dopo la prova dell’esilio babilonese
c)      nel NT i protagonisti sono alcuni discepoli che hanno avuto delle visoni successivamente alla morte di Gesù, occasione della “fede” nel suo Risuscitamento; così il Mistero pasquale segna la sconfitta e il trionfo definitivo del Regno di Dio (vedi l’Apocalisse)

La comunità prende gradualmente coscienza di una superiore “illuminazione di senso” di quei fatti fondanti, che diventano così eventi rivelatori dell’identità e della missione di Mosè guida e  profeta, e di Gesù Messia e Signore. Pensiamo ad esempio quanto le ultime fonti evangeliche esprimano, più di quelle precedenti, il mistero insondabile dell’identità del Cristo; per cui una frase attribuita a Gesù in Matteo può ispirarsi alla più profonda comprensione, da parte dei discepoli degli anni 70-80, di quanto era implicito negli ipsissima verba del Gesù prepasquale.

B - Rivelazione come illuminazione sulla riflessione sapienziale

La riflessione della comunità e del singolo verte sul creato, sulla storia e sull’uomo. A questa si aggiunge la preghiera dell’uomo e della comunità credente
Nei testi sapienziali “il protagonista è…l’uomo, con le sue parole, le sue considerazioni, il suo mondo concettuale, le sue opere”; mentre sappiamo che “la sapienza è parola che viene da Dio”[9]
I Salmi sono “una preghiera donata (da Dio)”; “chi prega i Salmi parla a Dio facendo proprie le parole di Dio”[10]

III
            La comunità “credente” e fedele - pur in mezzo a incertezze, divisioni e ribellioni - accoglie questi messaggi, secondo il principio “quidquid recipitur ad modum recipientis recipitrur” (col livello di maturazione della cultura di uno specifico periodo. Pensiamo per es. al passaggio tra categorie semitiche e greche che si può notare nel libro della Sapienza, negli scritti giovannei e nella seconda lettera di Pietro)

La comunità credente, insieme coi suoi rappresentanti (profeti, apostoli…), esprime in seguito questo “senso rivelato”– la sua esperienza di fede e le proprie acquisizioni cognitive ed etiche – e lo comunica ad altri . A proposito del Nuovo testamento, le vie di comunicazione sono due:
a) sia a viva voce (kérygma e didaké) coll’assistenza del Kyrios e dello Spirito della verità (cfr Mt 28,20; Mc 16,20; Gv 14,16s. 26; 16,13); sia nella dimensione dello spazio (cattolicità), come pure nella successione del tempo (tradizione);
b) sia in alcuni scritti, individuati come espressione  del pensiero di Dio e del suo Cristo, che richiedono una speciale azione del medesimo Spirito per una corretta espressione della verità (ispirazione biblica; cfr 2Tm 3,16; 2Pt 1,20s)

In sintesi possiamo dire che è ugualmente Parola di Dio quella espressa nelle tre modalità: illuminazione, proclamazione orale, scritto ispirato.

IV
La comunità credente conserva e interpreta, approfondisce e applica alle nuove situazioni i contenuti del messaggio. Anzi possiamo dire che la rivelazione continua, anche dopo la morte dell’ultimo apostolo, nell’opera dello Spirito santo. Benché “non sia da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del S. N. G. C.”,  resta pur vero che “Dio, il quale ha parlato in passato, non cessa di parlare con la sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito santo….introduce i credenti  a tutta intera la verità”[11]. Cfr Gv 14,26, 15,26; 16,12-15.

Naturalmente le varie comunità credenti dei vari periodi sapranno adattare i messaggi alle mutanti condizioni religiose, morali e culturali
Nel periodo post-apostolico, anche per l’insorgere di opinioni e comportamenti devianti (eresie), la comunità dei credenti, soprattutto per mezzo dei “ministri”, individua gli scritti che comunicano la pura rivelazione di cui essa è depositaria e custode (canone della Scrittura). Essa ha inoltre il diritto-dovere di conservare nella sostanza (tradizione), di interpretare autorevolmente (magistero), e di  adattare nelle forme alle nuove situazioni (azione pastorale) l’insieme del messaggio rivelato

III - INTERPRETAZIONE DELLA PERSONA DI GESU’ IL CRISTO

Duplice è il kérygma (annuncio) da cui è nato il Cristianesimo:
-         Gesù annunciante ad Israele il vangelo di Dio: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo” (Mc 1,14s)
-         Cristo annunciato dalla Chiesa apostolica: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone” (Lc 24,33s; cfr. più ampiamente 1Cor 15,3-5); At 2

Facciamo subito molto concisamente l’esposizione di una fra le tante opinioni che sono uscite dagli innumerevoli studi dei biblisti soprattutto a partire dal XVIII secolo, sull’identità e azione di un personaggio che supera i normali confini dell’umanità e rappresenta il punto focale della storia.

Gesù prepasquale
In un primo periodo (descritto in Mc 1-8), Gesù di Nazareth, operando miracoli con la potenza di Dio, si presenta in Galilea come un profeta o maestro decisamente innovatore della religione giudaica, centra il suo messaggio sulla paternità di Dio verso ogni uomo, annuncia come veniente/venuto il Regno di Dio (ma non nazionalistico) in Israele (cfr Mt 10,5s), come profeta “apocalittico”[12] insegna a vivere il presente guardando al futuro, e dà un’interpretazione spiritualmente aperta dei doveri del credente. Si forma inoltre un gruppo di “discepoli” e seguaci.
In un secondo periodo (descritto in Mc 8-16), costatata un’accanita opposizione da parte delle classi guida d’Israele – Farisei sulla Torah, e Sadducei sul Tempio - Gesù prevede la possibilità di una conclusione tragica della sua vita in Gerusalemme, verso la quale s’incammina. Il titolo che più spesso gli è messo sulle labbra, Figlio dell’uomo (FdU), nel nucleo sostanziale è derivabile da Gesù: di fronte alle ostilità egli si appella nella speranza al giudizio finale di Dio, esercitato da un FdU distinto da lui, e invita il popolo a un’urgente adesione al nuovo Regno di Dio.

Cristo pasquale
Dopo l’evento (“mistero”) di morte-risurrezione, la comunità dei nuovi credenti (alcuni dei quali sono mandati come “apostoli”) che assume il titolo di “ekklesìa”, inizia un lungo periodo di riflessione sui gesti e parole di Gesù confrontati con le pagine dell’AT; sotto la guida dello Spirito “paràkletos” effuso dal Cristo risorto, mentre alcuni credenti scrivono sotto “ispirazione”, in alcuni libri che formeranno il NT, quanto è da essi tramandato con la predicazione e le strutture comunitarie.
Attraverso una progressione che, in una lunga catena, va da Paolo, a Marco (alla cui base sta un canovaccio che descrive soprattutto la Passione), a Matteo-Luca-Atti (alla base dei due primi sta la “Fonte dei lògia”), ai due vangeli dell’infanzia (Mt e Lc), a Giovanni, si vengono delineando i titoli coi quali è “compreso” Gesù:
-         Messia, ossia Cristo, titolo che Gesù non aveva accettato per timore della politicizzazione; qui Dio Padre conferma solennemente quanto da Gesù operato e insegnato, divenendo così Messia, cioè il profetizzato Re consacrato che sarà mandato per instaurare il Regno escatologico e universale
-         FdU, passato attraverso la passione e giunto infine, sedendo alla destra del Padre, alla gloria; egli sarà atteso personalmente come Giudice finale (e identificato col Cristo)
-         Figlio di Dio (nella tradizione giudaica titolo attribuito a diversi individui, come il Re messianico), che assume sempre più la dimensione della filiazione unica, specialmente quando è professato coll’assoluto “il Figlio”
-         Signore (Kyrios), titolo sia attribuito unito a Dio (cfr JHWH Adoni di Sal 110,1), sia usato come assoluto (cfr “Mio Signore e mio Dio” di Gv 20,28). Nel IV vangelo si arriva ad usare più volte la formula “IO SONO” (che richiama Es 3,14)

Gesù Cristo, facendo uso del contemporaneo linguaggio apocalittico, rivela la propria essenziale dimensione escatologica, che indica l’inizio in questo “eone” della realtà ultima, prodromo della risurrezione finale, cioè della completa “nuova creazione” per il cosmo e per l’uomo.

IV – EVANGELIZZAZIONE E VANGELI[13]

In ogni fase di sviluppo indichiamo il contenuto del “mistero” rivelato e il comportamento conseguente nel quale il cristiano ha la missione e la gioia di vivere

I – Kerygma di Gesù (Mc 1,15; Mt 5,3-12)

Gesù annuncia in Israele la venuta del Regno di Dio, cioè di una nuova comunità formata da figli che si comportano in conformità alla volontà di Dio; il quale, più che Signore, è Padre
Vedi l’ideale delle beatitudini
E’ l’evangelo (“buon annuncio”) del Regno di Dio

II – Kerygma apostolico (Mt 27,63-66; At 2,32-38)

Quel Gesù che ha annunciato e portato il Regno di Dio, e che è stato rifiutato dalle autorità religiose di Israele, è stato costituito da Dio Re e Messia (Signore e Cristo, ossia Figlio di Dio; cfr Sal 2 e 110) della nuova comunità, sulla quale egli effonde lo Spirito di Dio (cfr Gl 3,1-2.5)
Vedi conversione e recezione di un nuovo battesimo
E’ l’evangelo del Re messianico definitivo

III – Kerygma di Paolo (Gal 4,4-7; 5,22-25; 1Cor 15,1-5: Rm 8,1-13; Fil 2,6-11)

Dio salva tutti gli uomini (anche non ebrei) attraverso la Morte e Risurrezione del Cristo Figlio di Dio e infonde lo Spirito santo nei cuori dei fedeli. Ma la sintesi dell’evento Cristo è contenuta nei tre “stati”: preesistenza nella gloria, condizione umana mortale, gloria sovreminente.
Aderire a (aver Fede in) Dio con la condotta di vita di grazia, nello Spirito e con lo Spirito (cfr Ger 31, 31-34; Ez 36,24-27)
E’ l’evangelo di Cristo salvatore

IV – Cristologie complementari (1Cor 11,26; Eb 7,24-25; 9,11-15.24-26; Ap 11,15; 12,10-11)

Cristo è il Sacerdote eterno, di cui sono “ombra” i ministri sacri. Cristo, nonostante l’opposizione insopprimibile del Serpente, in quanto Messia che nasce da Israele[14], sarà il Re finalmente vittorioso in tutta la storia
La comunità credente celebrerà nell’Amore la lode perenne e, benché perseguitata, vivrà nella Speranza l’attesa della gloriosa “parusia”
E’ il “vangelo” di Cristo Sacerdote e Re

V – Teologia di Giovanni (Gv 1,1.18; 14,6.26; 16,13-14; 1Gv 4,7-16; 3,23-24)
           
Dio Amore rivela se stesso e la natura divina del Figlio Gesù, che è verità e vita,  e dello Spirito di verità, che del Figlio incarnato è continuatore, interprete e “vicario”[15] nella chiesa e nel mondo
La comunità dell’Amore vive nello Spirito e nell’Amore
E’ il “vangelo” del Dio trino

V - NASCITA E SVILUPPO DELLA CHIESA CRISTIANA E DEL NT

1) La comunità dei discepoli di Gesù di Nazaret non comprende l’assoluta novità rappresentata dall’azione e insegnamento del “profeta” e maestro. Nei racconti successivi questa “nescienza” verrà scusata col “segreto messianico”

2) Un fatto eccezionale, le apparizioni cristofaniche ai discepoli e a Saulo, proietta una del tutto nuova luce sull’identità del Cristo risorto: questo è il nucleo originale della rivelazione cristiana. I discepoli, ora divenuti apostoli, formano una e poi altre comunità che si fondano sul Risorto, che si chiamano chiese

3) Alcuni degli apostoli (comprendenti altre figure oltre i Dodici) scrivono le esperienze proprie e comunitarie di fede e vita cristiana (prime lettere), reinterpretano i fatti e detti del Gesù terreno (vangeli sinottici) e dichiarano la fede che hanno ricevuto come dono divino (Parola di Dio in Cristo, o Scritture cristiane, o Nuovo testamento)

4) In seguito questi o altri uomini di chiesa aggiungono ai precedenti scritti una più profonda interpretazione del Cristo (Giovanni; Gv 1,14; 1Gv 1,1: “etheasàmetha”), che comporta la descrizione della fede, vita e strutture delle comunità cristiane (II e III fase di composizione delle lettere paoline), e la nuova comprensione della dimensione escatologica della storia della Chiesa e del mondo (Apocalisse). Poiché vicino al grano cominciava a germogliare la zizzania, la Chiesa ha deciso di scegliere alcuni libri che interpretavano autenticamente la sua fede (“canonici”), escludendo altri come “apocrifi” (cioè non utilizzabili nella lettura liturgica)

5) Nei secoli seguenti la Chiesa cristiana esplicita e ripresenta in concezioni nuove (per es. il pensiero greco, il diritto romano) il contenuto della fede (concili ecumenici) e vita (distribuzione nelle “diocesi”) cristiane. Dobbiamo però riconoscere che la nostra fede e vita può essere espressa anche con culture diverse.(missione come inculturazione del messaggio)

Quindi la rivelazione di Dio per mezzo di Cristo e con la grazia dello Spirito non è una storia degli eventi come oggi la comprendiamo, ma una riflessione “comunitaria” sugli eventi e contenuti coi quali Dio ha donato la salvezza all’umanità e al mondo (perciò preferiamo parlare di “salvezza nella storia”). Quindi i vangeli non sono nude cronache di 2000 anni fa, ma interpretazioni ispirate dell’escatologico intervento salvifico di Dio nella storia.


Concludendo possiamo affermare che la Parola di Dio

-         è accolta come rivelata dalla comunità credente[16], soprattutto coi suoi profeti e apostoli
-         è annunciata e proclamata in forma orale dalla comunità credente
-         è tramandata dalla comunità credente anche per mezzo di scritti che vengono da essa dichiarati ispirati
-         è interpretata dalla comunità credente coll’aiuto delle sue guide ufficiali






[1] Vedi PCB, Inspirazione e verità della sacra Scrittura, LEV 2014, nn. 64s. Ogni affermazione della Bibbia deve essere collocata nel suo periodo di maturazione storica e di sviluppo teologico; questo ci farà comprendere quali cambiamenti sono intervenuti per es. nella teoria della retribuzione, della vita dell’uomo dopo la morte, del rispetto della vita in questa esistenza, della “parusia” imminente/improvvisa, delle numerose promesse divine (specie nell’AT).non mantenute
[2] Vedi PCB, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, del 1993 (in Enchiridion vaticanum, vol. XIII, nn. 2912-19)
[3] PBC, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa,  nn. 2862-77  (la frase citata si trova nel n. 2876)
[4]  J. L. Mc KENZIE, Dizionario biblico, Cittadella, Assisi 1981, p.695
[5] E’ necessario notare che pure il Cristo è detto Sophìa (1Cor 1,24). Comunque sapienza e spirito fin dall’AT sono strettamente congiunti: “Nel libro della Sapienza…sophìa e pnéuma diventano sinonimi” (R. Penna, Spirito Santo, in Nuovo dizionario di teologia biblica, Paoline, Cinisello B. 19893 , p.1506). Cfr Is 11,2; Pr 8,22; Sap 1,6; /,22. Anzi, nella teologia dell’AT “non è possibile  individuare una distinzione adeguata tra concetti quali ‘Parola’, ‘Sapienza’ e ‘Spirito” (N. Fluegister, Fondamenti veterotestamentari della cristologia del NT, in Mysterium salutis, vol. 5 [III,1], Queriniana, Brescia 1971, p. 231). Nella grandiosa, seppur criticata, visione della sofiologia, è possibile dire: "La Sofia divina non è soltanto il Figlio, come non è soltanto lo Spirito Santo: essa è la bi-unità del Figlio e dello Spirito Santo, quale unica auto-rivelazione del Padre" (S. Bulgakov, Il Paraclito, EDB, Bologna 1971, p. 285). Analogamente si possono usare le metafore parallele, in questo caso ecclesiologiche, secondo cui Cristo è il Capo che garantisce l’unità e l’istituzione della Chiesa, e lo Spirito è il suo Cuore che ne assicura la “circolazione” (comunione) e i carismi.
[6]  Vedi PCB “Ispirazione e verità della sacra Scrittura”, dove si dice: “Vedremo che il concetto specifico di ispirazione quasi mai viene esplicitato nelle Scritture, e neppure vi riceve una dilucidazione intellettuale. (…..) il concetto ampio di rivelazione e quello più specifico della sua attestazione scritta (ispirazione) sono visti come un unico processo” (n. 7); “Già nell’introduzione  abbiamo menzionato il limite di non poter chiaramente distinguere fra rivelazione e ispirazione, fra comunicazione dei contenuti e assistenza divina all’opera dello scrivere, Fondamentale è la comunicazione divina  e l’accoglienza credente dei contenuti che viene poi accompagnata dall’assistenza divina per lo scrivere” (n. 51). Sulla difficoltà di dare una definizione (che meglio si chiamerebbe descrizione) dell’ispirazione, vedi nn. 138, 143.
[7] L’uomo (o l’anima) al confine di due mondi è un pensiero ricorrente in autori, non sempre del tutto accettabili, del Rinascimento (Pico, Ficino, Pomponazzi). Merita di essere citato un pensiero (387 Serini; 437 Brunschvicg) di Pascal: “Desideriamo la verità, e non troviamo in noi se non incertezza. Cerchiamo la felicità, e non troviamo se non miseria e morte”
[8] Le due affermazioni sono rispettivamente di S. Pié-Ninot e C. Aparicio Valls in AA. VV., Ogni Scrittura è ispirata, Edizioni San Paolo, Cinisello B, 2013, pp. 316 e 333s
[9] B. Costacurta, ibidem, pp. 62 e 64
[10] B. Costacurta, ibidem, pp. 70 e 72
[11] Concilio Vaticano II, costituzione “Dei verbum”, nn. 4 e 8
[12] A. P. Dominic, Una visione apocalittica della vita, in La civiltà cattolica, 6-XII-2014 (quad. 3947), pp. 423-435
[13] Questo tracciato schematico può servire come supporto per una ri-evangelizzazione a partire dal Nuovo testamento.

[14] In Gen 3,15 questa nazione è indicata con “donna”; mentre il primo combattente contro il Serpente è indicato col pronome maschile
[15] Tertulliano, De praescr. Haer., 28; cfr. 13
[16] L’importante e innovativo documento emanato nel 1964 dalla PCB, La verità storica dei vangeli (Enchiridion vaticanum, vol, II, nn. 151-161) mette in guardia da coloro che “esagerano” il potere creativo della comunità primitiva (n. 1), ma sembra sufficiente tener conto che questa riceve il dono della rivelazione divina. Il documento, che allarga il discorso anche a tutta la Scrittura, autorizza per i cattolici il metodo storico-critico (nn. 1 e 3)

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