GESU’ CRISTO - CHIESA - SCRITTURA
Tà
pànta en tò Christò
(Ef 1,10)
Chi legge con impegno la Bibbia applicando i nuovi strumenti - quali il metodo storico-critico e la scuola delle forme - si chiede se gli ultimi studi e documenti ufficiali abbiano fornito un concetto soddisfacente dell'ispirazione biblica.
Ammesso che Gesù Cristo è il punto d'incontro tra la rivelazione della Prima e quella della Nuova Alleanza, è necessario chiedersi dove si collochi il cuore della cristologia
Per sovvenire alle richieste pastorali si può cercare di rendere evidente il filo rosso di una catechesi biblica a base essenzialmente cristologica
Qualche autore
estraneo al Cristianesimo si è chiesto se non sia un colossale circolo vizioso
giustificare la Chiesa
con le Scritture e nel contempo giustificare le Scritture con la Chiesa.
I - CHIARIFICAZIONI PRELIMINARI
A - Gesù non è
un famoso pensatore, per conoscere il quale sia necessario ricorrere a chi ha
scritto su di lui; tale sarebbe il caso di Socrate che fu interpretato dal
discepolo Platone
Gesù non ha
lasciato nulla di scritto, ma ha formato un gruppo che come comunità avrebbe
diffuso per i posteri la sua immagine e insegnamento. Questi elementi sono
contenuti non solo nei vangeli, ma anche in tutti i 27 libri del NT.
La scienza
biblica ritiene essenziale e inderogabile il ricorso alla distinzione
fondamentale tra il terreno Gesù di Nazaret e il Cristo glorioso in quanto
Risorto
Il
cristianesimo non è “gesuanesimo”! La rivelazione definitiva di Dio è
avvenuta attraverso l’uomo Gesù, che è anche il Figlio; e nello Spirito santo, che
è il cuore pulsante della Chiesa, suo “sacramento”
B - I vangeli
non sono una storia (o addirittura cronaca) della vita di Gesù, ma testi
religiosi per un fine missionario e catechetico. La Bibbia non è un testo di
ricerca filologica, o storica, o scientifica, ma un libro sacro in cui il
credente cerca le radici della sua fede e vita. Il carisma dell’ispirazione
che la distingue non è certamente identificabile con la “dettatura meccanica”. Il
“pensiero” di Dio viene solitamente comunicato alla comunità credente
attraverso alcuni individui particolari, che sono le sue “antenne” riceventi; i
quali agiscono (come i re, i condottieri, i salvatori, i sacerdoti…),
interpretano (come i profeti e i saggi) e scrivono (come gli agiografi). Tutto
questo costituisce la “Parola di Dio”
I libri e le
parti di essi che compongono la
Bibbia non sono stati composti “di getto” e nell’ordine con
cui sono presentati nelle sue attuali edizioni.
C - La Scrittura può avere due
tipi di lettura:
- Lettura diacronica (propria dello studioso, il quale applica il metodo storico-critico), che tiene conto della successione temporale della composizione dei vari libri e delle singole parti di essi; percorrendo le fasi di sviluppo dei temi fino all’espressione definitiva nella forma più matura contenuta nel NT[1]
- Lettura sintetica (o canonica[2], propria del pastore e del fedele), la quale tiene conto che Dio ci parla nella totalità sincronica della Scrittura com’è oggi in possesso della Chiesa, cioè nella totalità dei libri e delle parti che essi contengono
“Circa l’inclusione nel metodo di
un’analisi sincronica dei testi, bisogna riconoscere che si tratta di
un’operazione legittima, perché è il testo nel suo stato finale che è
espressione della Parola di Dio, e non una redazione anteriore”[3]
Questa
duplice linea non è riducibile, nella lettura dei testi evangelici, a una
distinzione di metodica biblica, ma è fonte di due interpretazioni teologiche,
per esempio in cristologia: l’avvio dal kérygma
del Risuscitamento conduce alla centralità del Mistero pasquale; quello
dall’Annunciazione conduce alla centralità del Mistero incarnatorio.
La lettura poi
deve essere ermeneutica, ricercando il significato che ogni autore, nel suo
ambiente culturale e storico, dà all’affermazione
Tutti
devono tener presente che, se si dà in mano allo sprovveduto un libro scritto
in tutt’altro ambiente, complesso e difficile come la Bibbia, la lettura di
questa può portare a disapprovazione e scandalo o addirittura a rifiuto totale.
II - DALLA RIVELAZIONE AI TESTI ISPIRATI LETTI NELLA CHIESA
La storia
della rivelazione ha diversi protagonisti: Dio, la comunità credente coi suoi
“ministri”, gli scrittori sacri (agiografi)
Dio si rivela
sia coll’evento sia con la parola: “L’ebraico usa ‘parola’ quando noi usiamo
‘cosa’ o ‘fatto’ (….). Ciò che il profeta riceve è una parola-cosa (….)”[4]. Cfr
Sal 33,6: “Dalla Parola del Signore (bidbar JHVH) furono fatti i cieli”.
Cristo, che è Lògos di Dio (Gv 1,1),
comunica in due modi: “agì e insegnò” (At 1,1).
Rivelazione è
Dio che manifesta e comunica se stesso per mezzo di Gesù, suo Lògos fatto uomo; ispirazione è l’azione
dello Spirito, Sophìa di Dio, nella
quale la Scrittura
diventa Parola di Dio[5]. Teniamo
conto che per non pochi studiosi[6] non
si dà distinzione precisa e formale tra ispirazione e rivelazione.
E’ necessario
superare la concezione categoriale dell’azione di Dio; per cui egli agisce
senza intermediari nei rapporti col
creato (Dio manda il vento, la pioggia); e assumere quella trascendentale (per cui egli agisce coma causa prima,
lasciando ai mediatori la funzione di “attori” immediati, così che Dio agisce
come Dio (natura naturans) e non come
un uomo, appartenente alla natura naturata (cogliendo, per quanto è
possibile, gli aspetti buoni della terminologia spinoziana )
La Parola entra nella storia
in sei modalità: Parola della creazione, Parola nella coscienza
dell’individuo umano, Parola dei
“profeti”, Parola fatta carne, Parola fatta annuncio, Parola fatta scritto.
I
Cos’è rivelazione
A - L’uomo è un essere collocato
al confine di due mondi: è proteso verso ciò che è infinito, assoluto,
definitivo; ma, essendo costituzionalmente limitato, non riesce mai a
raggiungerlo. Tende a comprendere tutto il vero, ma spesso sconfina
nell’errore; vuole ottenere ciò che è buono, ma spesso cade in ciò che è male
morale[7].
L’uomo è
oggetto dell’autocomunicazione e rivelazione di Dio (cioè della conoscenza
globale della realtà), e della sua gratuita offerta di salvezza (cioè
dell’attuazione totale della sua identità come persona). “Secondo la Bibbia la Parola di Dio è
Dio stesso nell’evento della sua rivelazione e nell’atto della sua
autocomunicazione”; “La rivelazione è la parola mediante la quale Dio si
automanifesta e autocomunica all’uomo”[8]
B - Esistono due forme di rivelazione: naturale e
soprannaturale
Rivelazione naturale
- Parola che è creazione della realtà
Dio si comunica e si manifesta
- nel mondo extraumano (natura)
- nell’autocoscienza e
intelligenza dell’uomo (persona)
- nell’azione libera dell’uomo
(storia)
Per comprendere adeguatamente
tutta la realtà e per poter agire secondo il pensiero di Dio, la creatura deve
ricevere in dono gratuito un sovrappiù di rivelazione e di sostegno (salvezza)
Rivelazione soprannaturale – Parola che è illuminazione di
senso
La comunicazione di Dio si attua
in alcune tappe: rivelazione (illuminazione) a una comunità credente o a suoi
rappresentanti; diffusione del messaggio ad altri soggetti umani; conservazione
e interpretazione del messaggio
Dio ci fa comprendere:
-
chi è lui e qual è la sua qualifica nei nostri
rapporti (salvatore)
-
come egli salva nella storia, nonostante tutti i
rifiuti dell’uomo (alleanza)
-
chi siamo noi di fronte a Dio e alla natura
(cooperazione)
Il messaggio di Dio è espresso
nella “teologia” della comunità credente, secondo i tempi e le modalità della
sua apertura alla rivelazione, e alla sua accettazione e maturazione
storico-etico-culturale.
II
Duplice contenuto
della rivelazione soprannaturale
A - Rivelazione come illuminazione sui fatti della storia
Partiamo dalla
convinzione che la rivelazione divina sta nell’interpretazione (il “senso” della storia) e non nel racconto dei
nudi fatti della cronologia. Dio manifesta sé stesso e il suo piano di salvezza
dell’umanità nell’interpretazione, da parte dei credenti, del suo agire nella
storia (Storia della salvezza; che è da intendere come salvezza nella storia)
Alla base si
colloca un fatto accaduto (evento
fondante) nella storia di una comunità umana che ha i suoi protagonisti;
a)
come nella liberazione degli israeliti dalla schiavitù
egiziana, che diventa esodo trionfale con Mosè, è l’Alleanza nella liberazione
del popolo
b)
come nel secondo esodo, che ha come profeta di
riferimento il Deuteroisaia; è l’Alleanza dopo la prova dell’esilio babilonese
c)
nel NT i protagonisti sono alcuni discepoli che hanno
avuto delle visoni successivamente alla morte di Gesù, occasione della “fede”
nel suo Risuscitamento; così il Mistero pasquale segna la sconfitta e il
trionfo definitivo del Regno di Dio (vedi l’Apocalisse)
La comunità
prende gradualmente coscienza di una superiore “illuminazione di senso” di quei fatti fondanti, che diventano così
eventi rivelatori dell’identità e della missione di Mosè guida e profeta, e di Gesù Messia e Signore. Pensiamo
ad esempio quanto le ultime fonti evangeliche esprimano, più di quelle
precedenti, il mistero insondabile dell’identità del Cristo; per cui una frase
attribuita a Gesù in Matteo può ispirarsi alla più profonda comprensione, da
parte dei discepoli degli anni 70-80, di quanto era implicito negli ipsissima verba del Gesù prepasquale.
B - Rivelazione come illuminazione sulla riflessione
sapienziale
La riflessione
della comunità e del singolo verte sul creato, sulla storia e sull’uomo. A
questa si aggiunge la preghiera dell’uomo e della comunità credente
Nei testi sapienziali “il
protagonista è…l’uomo, con le sue parole, le sue considerazioni, il suo mondo
concettuale, le sue opere”; mentre sappiamo che “la sapienza è parola che viene
da Dio”[9]
I Salmi sono “una preghiera
donata (da Dio)”; “chi prega i Salmi parla a Dio facendo proprie le parole di
Dio”[10]
III
La
comunità “credente” e fedele - pur in mezzo a incertezze, divisioni e
ribellioni - accoglie questi messaggi, secondo il principio “quidquid recipitur ad modum recipientis
recipitrur” (col livello di maturazione della cultura di uno specifico
periodo. Pensiamo per es. al passaggio tra categorie semitiche e greche che si
può notare nel libro della Sapienza, negli scritti giovannei e nella seconda
lettera di Pietro)
La comunità credente,
insieme coi suoi rappresentanti (profeti, apostoli…), esprime in seguito
questo “senso rivelato”– la sua esperienza di fede e le proprie acquisizioni
cognitive ed etiche – e lo comunica ad altri . A proposito del Nuovo testamento, le vie di comunicazione sono due:
a) sia a viva voce (kérygma e didaké) coll’assistenza del Kyrios e dello Spirito della verità (cfr Mt 28,20; Mc 16,20; Gv 14,16s. 26; 16,13); sia nella dimensione dello spazio (cattolicità), come pure nella
successione del tempo (tradizione);
b) sia in alcuni scritti, individuati come
espressione del pensiero di Dio e del
suo Cristo, che richiedono una speciale azione del medesimo Spirito per una corretta
espressione della verità (ispirazione
biblica; cfr 2Tm 3,16; 2Pt 1,20s)
In sintesi
possiamo dire che è ugualmente Parola di Dio quella espressa nelle tre
modalità: illuminazione, proclamazione orale, scritto ispirato.
IV
La comunità
credente conserva e interpreta, approfondisce e applica alle nuove situazioni i
contenuti del messaggio. Anzi possiamo dire che la rivelazione continua, anche
dopo la morte dell’ultimo apostolo, nell’opera dello Spirito santo. Benché “non
sia da aspettarsi alcuna nuova rivelazione pubblica prima della manifestazione
gloriosa del S. N. G. C.”, resta pur
vero che “Dio, il quale ha parlato in passato, non cessa di parlare con la
sposa del suo Figlio diletto, e lo Spirito santo….introduce i credenti a tutta intera la verità”[11]. Cfr
Gv 14,26, 15,26; 16,12-15.
Naturalmente
le varie comunità credenti dei vari periodi sapranno adattare i messaggi alle
mutanti condizioni religiose, morali e culturali
Nel periodo post-apostolico,
anche per l’insorgere di opinioni e comportamenti devianti (eresie), la
comunità dei credenti, soprattutto per mezzo dei “ministri”, individua gli
scritti che comunicano la pura rivelazione di cui essa è depositaria e custode
(canone della Scrittura). Essa ha
inoltre il diritto-dovere di conservare nella sostanza (tradizione), di
interpretare autorevolmente (magistero), e di
adattare nelle forme alle nuove situazioni (azione pastorale) l’insieme
del messaggio rivelato
III - INTERPRETAZIONE DELLA PERSONA DI GESU’ IL CRISTO
Duplice è il kérygma (annuncio) da cui è nato il Cristianesimo:
-
Gesù annunciante ad Israele il vangelo di Dio:
“Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel
vangelo” (Mc 1,14s)
-
Cristo annunciato dalla Chiesa apostolica:
“Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone” (Lc 24,33s; cfr. più
ampiamente 1Cor 15,3-5); At 2
Facciamo
subito molto concisamente l’esposizione di una fra le tante opinioni che sono
uscite dagli innumerevoli studi dei biblisti soprattutto a partire dal XVIII
secolo, sull’identità e azione di un personaggio che supera i normali confini
dell’umanità e rappresenta il punto focale della storia.
Gesù prepasquale
In un primo
periodo (descritto in Mc 1-8), Gesù di Nazareth, operando miracoli con la
potenza di Dio, si presenta in Galilea come un profeta o maestro decisamente
innovatore della religione giudaica, centra il suo messaggio sulla paternità di
Dio verso ogni uomo, annuncia come veniente/venuto il Regno di Dio (ma non
nazionalistico) in Israele (cfr Mt 10,5s), come profeta “apocalittico”[12]
insegna a vivere il presente guardando al futuro, e dà un’interpretazione
spiritualmente aperta dei doveri del credente. Si forma inoltre un gruppo di “discepoli”
e seguaci.
In un secondo
periodo (descritto in Mc 8-16), costatata un’accanita opposizione da parte
delle classi guida d’Israele – Farisei sulla Torah, e Sadducei sul Tempio -
Gesù prevede la possibilità di una conclusione tragica della sua vita in
Gerusalemme, verso la quale s’incammina. Il titolo che più spesso gli è messo
sulle labbra, Figlio dell’uomo (FdU), nel nucleo sostanziale è derivabile da
Gesù: di fronte alle ostilità egli si appella nella speranza al giudizio finale
di Dio, esercitato da un FdU distinto da lui, e invita il popolo a un’urgente
adesione al nuovo Regno di Dio.
Cristo pasquale
Dopo l’evento
(“mistero”) di morte-risurrezione, la comunità dei nuovi credenti (alcuni dei
quali sono mandati come “apostoli”) che assume il titolo di “ekklesìa”, inizia un lungo periodo di
riflessione sui gesti e parole di Gesù confrontati con le pagine dell’AT; sotto
la guida dello Spirito “paràkletos”
effuso dal Cristo risorto, mentre alcuni credenti scrivono sotto “ispirazione”,
in alcuni libri che formeranno il NT, quanto è da essi tramandato con la
predicazione e le strutture comunitarie.
Attraverso una
progressione che, in una lunga catena, va da Paolo, a Marco (alla cui base sta
un canovaccio che descrive soprattutto la Passione), a Matteo-Luca-Atti (alla base dei due
primi sta la “Fonte dei lògia”), ai
due vangeli dell’infanzia (Mt e Lc), a Giovanni, si vengono delineando i titoli
coi quali è “compreso” Gesù:
-
Messia, ossia Cristo, titolo che Gesù non aveva
accettato per timore della politicizzazione; qui Dio Padre conferma
solennemente quanto da Gesù operato e insegnato, divenendo così Messia, cioè il
profetizzato Re consacrato che sarà mandato per instaurare il Regno
escatologico e universale
-
FdU, passato attraverso la passione e giunto infine,
sedendo alla destra del Padre, alla gloria; egli sarà atteso personalmente come
Giudice finale (e identificato col Cristo)
-
Figlio di Dio (nella tradizione giudaica titolo attribuito
a diversi individui, come il Re messianico), che assume sempre più la
dimensione della filiazione unica, specialmente quando è professato
coll’assoluto “il Figlio”
-
Signore (Kyrios),
titolo sia attribuito unito a Dio (cfr JHWH
Adoni di Sal 110,1), sia usato come assoluto (cfr “Mio Signore e mio Dio”
di Gv 20,28). Nel IV vangelo si arriva ad usare più volte la formula “IO SONO”
(che richiama Es 3,14)
Gesù Cristo,
facendo uso del contemporaneo linguaggio apocalittico, rivela la propria
essenziale dimensione escatologica, che indica l’inizio in questo “eone” della
realtà ultima, prodromo della risurrezione finale, cioè della completa “nuova
creazione” per il cosmo e per l’uomo.
IV – EVANGELIZZAZIONE E VANGELI[13]
In ogni fase
di sviluppo indichiamo il contenuto del “mistero” rivelato e il comportamento
conseguente nel quale il cristiano ha la missione e la gioia di vivere
I – Kerygma di Gesù (Mc 1,15;
Mt 5,3-12)
Gesù annuncia
in Israele la venuta del Regno di Dio, cioè di una nuova comunità formata da
figli che si comportano in conformità alla volontà di Dio; il quale, più che
Signore, è Padre
Vedi l’ideale delle beatitudini
E’ l’evangelo
(“buon annuncio”) del Regno di Dio
II – Kerygma apostolico (Mt
27,63-66; At 2,32-38)
Quel Gesù che
ha annunciato e portato il Regno di Dio, e che è stato rifiutato dalle autorità
religiose di Israele, è stato costituito da Dio Re e Messia (Signore e Cristo,
ossia Figlio di Dio; cfr Sal 2 e 110) della nuova comunità, sulla quale egli
effonde lo Spirito di Dio (cfr Gl 3,1-2.5)
Vedi conversione e recezione di
un nuovo battesimo
E’ l’evangelo
del Re messianico definitivo
III – Kerygma di Paolo (Gal
4,4-7; 5,22-25; 1Cor 15,1-5: Rm 8,1-13; Fil 2,6-11)
Dio salva
tutti gli uomini (anche non ebrei) attraverso la Morte e Risurrezione del
Cristo Figlio di Dio e infonde lo Spirito santo nei cuori dei fedeli. Ma la
sintesi dell’evento Cristo è contenuta nei tre “stati”: preesistenza nella gloria, condizione umana mortale, gloria sovreminente.
Aderire a (aver Fede in) Dio con la condotta di vita di
grazia, nello Spirito e con lo Spirito (cfr Ger 31, 31-34; Ez 36,24-27)
E’ l’evangelo
di Cristo salvatore
IV – Cristologie complementari
(1Cor 11,26; Eb 7,24-25; 9,11-15.24-26; Ap 11,15; 12,10-11)
Cristo è il
Sacerdote eterno, di cui sono “ombra” i ministri sacri. Cristo, nonostante
l’opposizione insopprimibile del Serpente, in quanto Messia che nasce da
Israele[14], sarà
il Re finalmente vittorioso in tutta la storia
La comunità credente celebrerà
nell’Amore la lode perenne e, benché
perseguitata, vivrà nella Speranza
l’attesa della gloriosa “parusia”
E’ il “vangelo” di Cristo Sacerdote e Re
V – Teologia di Giovanni (Gv
1,1.18; 14,6.26; 16,13-14; 1Gv 4,7-16; 3,23-24)
Dio Amore rivela se stesso e la natura
divina del Figlio Gesù, che è verità e vita,
e dello Spirito di verità, che del Figlio incarnato è continuatore, interprete
e “vicario”[15] nella chiesa e nel mondo
La comunità dell’Amore vive nello
Spirito e nell’Amore
E’ il
“vangelo” del Dio trino
V - NASCITA E SVILUPPO DELLA CHIESA CRISTIANA E DEL NT
1) La comunità
dei discepoli di Gesù di Nazaret non comprende l’assoluta novità rappresentata
dall’azione e insegnamento del “profeta” e maestro. Nei racconti successivi
questa “nescienza” verrà scusata col “segreto messianico”
2) Un fatto
eccezionale, le apparizioni cristofaniche ai discepoli e a Saulo, proietta una
del tutto nuova luce sull’identità del Cristo risorto: questo è il nucleo
originale della rivelazione cristiana. I discepoli, ora divenuti apostoli,
formano una e poi altre comunità che si fondano sul Risorto, che si chiamano chiese
3) Alcuni
degli apostoli (comprendenti altre figure oltre i Dodici) scrivono le
esperienze proprie e comunitarie di fede e vita cristiana (prime lettere),
reinterpretano i fatti e detti del Gesù terreno (vangeli sinottici) e
dichiarano la fede che hanno ricevuto come dono divino (Parola di Dio in Cristo,
o Scritture cristiane, o Nuovo testamento)
4) In seguito questi
o altri uomini di chiesa aggiungono ai precedenti scritti una più profonda
interpretazione del Cristo (Giovanni; Gv 1,14; 1Gv 1,1: “etheasàmetha”), che comporta la descrizione della fede, vita e
strutture delle comunità cristiane (II e III fase di composizione delle lettere
paoline), e la nuova comprensione della dimensione escatologica della storia
della Chiesa e del mondo (Apocalisse). Poiché vicino al grano cominciava a
germogliare la zizzania, la
Chiesa ha deciso di scegliere alcuni libri che interpretavano
autenticamente la sua fede (“canonici”), escludendo altri come “apocrifi” (cioè
non utilizzabili nella lettura liturgica)
5) Nei secoli
seguenti la Chiesa
cristiana esplicita e ripresenta in concezioni nuove (per es. il pensiero
greco, il diritto romano) il contenuto della fede (concili ecumenici) e vita (distribuzione
nelle “diocesi”) cristiane. Dobbiamo però riconoscere che la nostra fede e vita
può essere espressa anche con culture diverse.(missione come inculturazione del
messaggio)
Quindi la
rivelazione di Dio per mezzo di Cristo e con la grazia dello Spirito non è una
storia degli eventi come oggi la comprendiamo, ma una riflessione “comunitaria”
sugli eventi e contenuti coi quali Dio ha donato la salvezza all’umanità e al
mondo (perciò preferiamo parlare di “salvezza nella storia”). Quindi i vangeli
non sono nude cronache di 2000 anni fa, ma interpretazioni ispirate dell’escatologico
intervento salvifico di Dio nella storia.
Concludendo
possiamo affermare che la
Parola di Dio
-
è accolta come rivelata dalla comunità credente[16],
soprattutto coi suoi profeti e apostoli
-
è annunciata e proclamata in forma orale dalla comunità
credente
-
è tramandata dalla comunità credente anche per mezzo di
scritti che vengono da essa dichiarati ispirati
-
è interpretata dalla comunità credente coll’aiuto delle
sue guide ufficiali
[1] Vedi PCB, Inspirazione
e verità della sacra Scrittura, LEV 2014, nn. 64s. Ogni affermazione della Bibbia deve essere collocata
nel suo periodo di maturazione storica e di sviluppo teologico; questo ci farà comprendere quali cambiamenti sono
intervenuti per es. nella teoria della retribuzione, della vita dell’uomo dopo
la morte, del rispetto della vita in questa esistenza, della “parusia”
imminente/improvvisa, delle numerose promesse divine (specie nell’AT).non
mantenute
[2] Vedi
PCB, L’interpretazione della Bibbia nella
Chiesa, del 1993 (in Enchiridion
vaticanum, vol. XIII, nn. 2912-19)
[3] PBC, L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa,
nn. 2862-77 (la frase citata si trova nel n. 2876)
[4] J. L. Mc KENZIE, Dizionario biblico, Cittadella, Assisi 1981, p.695
[5] E’
necessario notare che pure il Cristo è detto Sophìa (1Cor 1,24). Comunque sapienza e spirito fin dall’AT sono
strettamente congiunti: “Nel libro della Sapienza…sophìa e pnéuma diventano
sinonimi” (R. Penna, Spirito Santo, in Nuovo
dizionario di teologia biblica, Paoline, Cinisello B. 19893 ,
p.1506). Cfr Is 11,2; Pr 8,22; Sap 1,6; /,22. Anzi, nella teologia dell’AT “non
è possibile individuare una distinzione
adeguata tra concetti quali ‘Parola’, ‘Sapienza’ e ‘Spirito” (N. Fluegister,
Fondamenti veterotestamentari della cristologia del NT, in Mysterium salutis, vol. 5 [III,1], Queriniana, Brescia 1971, p.
231). Nella grandiosa, seppur criticata, visione della sofiologia, è possibile
dire: "La Sofia
divina non è soltanto il Figlio, come non è soltanto lo Spirito
Santo: essa è la bi-unità del Figlio e dello Spirito Santo, quale unica
auto-rivelazione del Padre" (S. Bulgakov, Il Paraclito, EDB,
Bologna 1971, p. 285). Analogamente si possono usare le metafore parallele, in
questo caso ecclesiologiche, secondo cui Cristo è il Capo che garantisce
l’unità e l’istituzione della Chiesa, e lo Spirito è il suo Cuore che ne
assicura la “circolazione” (comunione) e i carismi.
[6] Vedi PCB “Ispirazione
e verità della sacra Scrittura”, dove si dice: “Vedremo che il concetto
specifico di ispirazione quasi mai viene esplicitato nelle Scritture, e neppure
vi riceve una dilucidazione intellettuale. (…..) il concetto ampio di
rivelazione e quello più specifico della sua attestazione scritta (ispirazione)
sono visti come un unico processo” (n. 7); “Già nell’introduzione abbiamo menzionato il limite di non poter
chiaramente distinguere fra rivelazione e ispirazione, fra comunicazione dei
contenuti e assistenza divina all’opera dello scrivere, Fondamentale è la
comunicazione divina e l’accoglienza
credente dei contenuti che viene poi accompagnata dall’assistenza divina per lo
scrivere” (n. 51). Sulla difficoltà di dare una definizione (che meglio si
chiamerebbe descrizione) dell’ispirazione, vedi nn. 138, 143.
[7]
L’uomo (o l’anima) al confine di due mondi è un pensiero ricorrente in autori,
non sempre del tutto accettabili, del Rinascimento (Pico, Ficino, Pomponazzi).
Merita di essere citato un pensiero (387 Serini; 437 Brunschvicg) di Pascal:
“Desideriamo la verità, e non troviamo in noi se non incertezza. Cerchiamo la
felicità, e non troviamo se non miseria e morte”
[8] Le
due affermazioni sono rispettivamente di S. Pié-Ninot e C. Aparicio Valls in
AA. VV., Ogni Scrittura è ispirata,
Edizioni San Paolo, Cinisello B, 2013, pp. 316 e 333s
[9] B.
Costacurta, ibidem, pp. 62 e 64
[10] B.
Costacurta, ibidem, pp. 70 e 72
[11]
Concilio Vaticano II, costituzione “Dei verbum”, nn. 4 e 8
[12] A.
P. Dominic, Una visione apocalittica della vita, in La civiltà cattolica, 6-XII-2014 (quad. 3947), pp. 423-435
[13] Questo tracciato schematico può servire come supporto
per una ri-evangelizzazione a partire dal Nuovo testamento.
[14] In
Gen 3,15 questa nazione è indicata con “donna”; mentre il primo combattente
contro il Serpente è indicato col pronome maschile
[15]
Tertulliano, De praescr. Haer., 28; cfr. 13
[16]
L’importante e innovativo documento emanato nel 1964 dalla PCB, La verità storica dei vangeli (Enchiridion vaticanum, vol, II, nn.
151-161) mette in guardia da coloro che “esagerano” il potere creativo della
comunità primitiva (n. 1), ma sembra sufficiente tener conto che questa riceve
il dono della rivelazione divina. Il documento, che allarga il discorso anche a
tutta la Scrittura,
autorizza per i cattolici il metodo storico-critico (nn. 1 e 3)
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