SALVEZZA DA CRISTO
DUE RETTE PARALLELE E
COMPLEMENTARI
Salvezza: può
esser vista come rimozione del limite di un male (salvezza “da”) oppure come
rimozione del limite alla completezza dell’esistente (salvezza “per”).
La prima linea è stata seguita
prevalentemente dai cristiani occidentali (cattolici e protestanti), e fa
riferimento a San Paolo; la seconda invece dai cristiani orientali, e fa
riferimento a San Giovanni.
NOTA - Le due teologie della
creazione dell’uomo nei primi capitoli di Genesi stanno alla base della
concezione della salvezza.
A - Linea della redenzione
I – La situazione storica
dell’uomo di fronte a Dio
Nella Genesi (2,4b – 3,24)
troviamo l’antropologia della fonte Jahvista (J)
Nel piano eterno di Dio la
realizzazione finale dell’uomo è condizionata da due richieste:
-
adesione alla volontà di Dio nell’ordine morale
-
compimento delle potenzialità esistenziali dell’uomo.
Avendo due limiti assegnatigli da
Dio, l’uomo tenterà di eluderli pretendendo indebitamente
-
di darsi la norma morale (albero della “conoscenza” del
bene e del male)
-
di raggiungere una vita perenne (albero della vita).
Nel “peccato generale” di
superbia l’uomo conquista il primo obiettivo: si ribella contro il Dio
normatore: La sua salvezza consisterà nel perdono divino che rimetterà la colpa.
Con la cacciata dal giardino (gan) rimane inattuata la seconda
potenzialità dell’uomo, l’accesso pieno alla vita; dono (non diritto!) soprannaturale
che rientra nel progetto globale di Dio (che sarà oggetto anche della seconda
fonte P): l’attribuzione della dignità filiale all’uomo.
II – L’intervento salvifico
Cristo uomo,
in rappresentanza dell’intera umanità, è il Redentore del peccato dell’uomo (Gv
1,29), in quanto riconosce la sua dipendenza dalla volontà di Dio, fino a
offrire la sua morte come supremo riconoscimento del limite operativo della
creatura.
Cristo uomo si professa in tutta
la sua vita sempre dipendente dalla volontà del Padre (in tutto il vangelo
secondo Giovanni). Nel mistero pasquale che si prolunga a tutta la storia, offre
al Padre il suo Sangue (Eb c. 9, soprattutto vv.11-15).
III – Sacramento con cui Cristo
opera la salvezza
Nella memoria
viva (memoriale) del mistero pasquale, nell’Eucaristia, ci viene applicato il
frutto del mistero pasquale:
-
“Il calice della benedizione che noi benediciamo non è
forse comunione col Sangue di Cristo?” (1Cor 10,16).
-
“Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al
calice, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga” (1Cor 11,26).
Siamo salvati nel Sangue della
passione del Crocifisso.
B - Linea della divinizzazione
I – La situazione dell’uomo di
fronte a Dio
In Gen 1,1 – 2,4a si legge
l’antropologia espressa nella fonte Presbiterale (P)
L’uomo
-
è collocato alla sommità della scala creaturale
-
riceve non l’uguaglianza, ma la somiglianza con Dio e
la partecipazione limitata alle proprietà della vita (natura) divina. Cioè si
vede riconosciuta la dignità d’immagine del divino.
Con le sue sole energie l’uomo
non raggiunge la completezza della sua realizzazione. Il creato è fatto per
lui, ma egli è soltanto immagine di Dio (1,26s).
NOTA - “Immagine” è quella di un
dipinto che riproduce le fattezze della persona. “Somiglianza” comune di natura (come fra tre uomini) non è
identità numerica di natura (come fra le tre persone della Trinità).
Il Verbo ci dà la natura divina che ha in
comune col Padre, ma che è vissuta ab
aeterno da lui come Figlio. L’incarnazione ha cambiato la storia dell’umanità
col passaggio dall’uomo, creatura somigliante a Dio (fonte P), al cristiano, figlio
consustanziale a Dio, in quanto il “Figlio Signore nostro Gesù Cristo” è
consustanziale (homoousios) al Padre
e consustanziale a noi (Concilio di Calcedonia).
La cristologia cattolica inoltre c’insegna che Cristo, anche come quest’uomo, è figlio naturale di Dio (Denzinger, Enchiridion symbolorum nn.595, 852). I padri greci ci dicono spesso che l’uomo nuovo è (per così dire) Dio.
La cristologia cattolica inoltre c’insegna che Cristo, anche come quest’uomo, è figlio naturale di Dio (Denzinger, Enchiridion symbolorum nn.595, 852). I padri greci ci dicono spesso che l’uomo nuovo è (per così dire) Dio.
II – L’intervento salvifico
Ogni figlio
nella natura è uguale al padre. Cristo, Figlio naturale di Dio, incarnandosi
comunica all’uomo la filiazione adottiva e, nella risurrezione, le qualità
della sua vita di Risorto.
Cristo è il comunicatore della
“vita eterna”, cioè divina filiale (come è dichiarato anche nella parte
eucaristica del discorso del pane della vita: Gv 6, 51c-56).
III – Il sacramento con cui
Cristo ci comunica la salvezza
E’ il
Battesimo, come innesto di partecipazione al mistero pasquale (Rm 6,3-11), il
“mistero” per cui diventiamo figli nel Figlio; il quale Figlio nella natura è
“consustanziale” al Padre: è nel Padre, si identifica con lui.
Siamo salvati nel Corpo glorioso
del Risorto
ALCUNI
APPROFONDIMENTI
1 - Scambio
tra vita e morte nelle due teologie della Genesi
Abbiamo nella fonte J uno scambio
genetico di vita e morte: Dio dà origine a un essere vivente (2,7; 3,20);
l’uomo minacciato di morte come castigo del peccato di presunzione, trova in
sorte la morte corporale.
Nella fonte P l’uomo in quanto
immagine riceve in dono una vita a livello di Dio, per la quale ha il dominio
sul creato e la fecondità, cioè la capacità di riprodurre altri esseri a sua
immagine (Gen 5,3).
2 –
L’incarnazione come comprensiva di tutta la vita di Cristo
a) Nell’incarnazione il Figlio si
svuota della morphé (manifestazione
della natura) divina per assumere quella umana: “(Gesù Cristo) svuotò se
stesso…diventando simile agli uomini (Fil 2,7).
b) La filiazione è espressa nel
Battesimo sul Giordano all’inizio della sua missione pubblica: Cristo si
manifesta subordinato a Dio (come uomo), mentre il Padre lo riconosce pubblicamente
come Figlio.
c) Nella sua missione di profeta
il Cristo ha manifestato la “verità” che viene dal Padre, dice solo quello che
ha udito dal Padre: “La tua parola è verità” (Gv 17,17).
d) Nell’istituzione
dell’Eucaristia è anticipato il mistero pasquale. Ricordando che “corpo” per i
semiti è l’Io presente a questo mondo, e che”sangue” è la sede e il simbolo
della vita, e che offrirlo è dare la vita, cioè salvarci, arriviamo a queste
conclusioni: il Corpo di Cristo è “dato” (in sacrificio) per noi (Lc 22,19) e
il Sangue è segno della massima donazione al Padre per noi:
- “(Sangue) versato per il
perdono dei peccati” (Mt 26,28)
- “Subito ne uscì sangue e acqua”
(Gv 19,34)
- “Dio ha stabilito (Gesù Cristo)
come strumento di propiziazione….nel suo sangue” (Rm 3,25)
- “(Cristo) entrò una sola volta
per sempre nel santuario….in virtù del proprio sangue, ottenendo così una
redenzione eterna” (Eb 9,12)
- “Foste liberati…col sangue
prezioso di Cristo” (1Pt 1,18s)
-
“Hai riscattato per Dio uomini….” (Ap 5,9)
e) La salvezza si attua
soprattutto nel mistero di morte e risurrezione:
- Il Cristo – di fronte all’uomo
peccatore che si comporta da ribelle – è fedele al Padre fino alla suprema
donazione nella morte
- manifesta la sua “gloria”
analoga alla “gloria” del Padre
- il Padre lo richiama in vita,
lo fa sedere alla sua destra e gli comunica la capacità di effondere lo Spirito
santo.
3 – La nostra
filiazione divina è prodotta dalla filialità del Primogenito
“Gli uomini sono fatti a
somiglianza di Dio “ Gc 3,9). Ma la “nuova creazione” portata a termine nel
mistero pasquale ci inserisce definitivamente (escatologicamente) nella
filiazione:
- “(Dio) li ha predestinati a
essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra
molti fratelli” (Rm 8,29)
- “(Il salvatore nostri Gesù
Cristo) trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo
glorioso” (Fil 3,21)
- “Vedete quale grande amore ci ha
dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! ….Fin
d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato… Quando
(il soggetto sottinteso può essere: “Cristo”, oppure “ciò”) si sarà
manifestato, noi saremo simili a lui (Dio) perché lo vedremo come egli è” (1Gv
3,2s).
4 - Forse
l’adagio dei padri “Se non è Dio, non ci salva” – tributario di una
soteriologia per contatto “fisico” (Harnack) - potrebbe esprimersi con “Se il
Cristo non agisce come Figlio di Dio, non ci salva”.
Si deve comunque “sciogliere”
l’espressione sintetica “Cristo ci ha salvati”; in quanto constatiamo che
esistono tanti cristiani che non accettano la sua offerta.
5 - Nei
sacramenti “maggiori” abbiamo il discorso completo:
Nel Battesimo siamo liberati dai
peccati e inoltre diventiamo cristologicamente figli di Dio (Filii in Filio); ma la grazia del
sacramento deve essere accolta nella nostra libertà.
Nell’Eucaristia
significativamente offriamo al Padre i nostri doni (pane e vino) e i nostri
cuori, mentre riceviamo la persona e la vita di Cristo (il Corpo-Sangue) e la
nostra assemblea liturgica diviene il suo Corpo ecclesiale. Ma questo si
verifica se noi ci lasciamo trasformare in queste divine realtà e accettiamo di
mettere a disposizione dei fratelli (figli di Dio come noi) i nostri beni e la
nostra vita.
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