lunedì 19 maggio 2014

Quale Chiesa?



QUALE CHIESA ABBIAMO IN MENTE?

Abbiamo recepito e assimilato la teologia della Chiesa? Siamo convinti che la Chiesa “è il noi dei cristiani” (Congar)? Molti sono ancora legati al concetto di gerarchia, di potenza socio-politica… Il Vaticano I è stato il concilio del Papa, il Vaticano II è stato quello dei vescovi, ma anche quello della Chiesa; la quale ha finalmente compreso che è meglio curare il proprio orticello piuttosto che cingerlo di siepi.

Quello della Chiesa è un concetto analogico: comunità universale o particolare (diocesana o parrocchiale) di credenti, che sono il nuovo Popolo di Dio, assemblea celebrante locale (presieduta dal presbitero o dal vescovo), gruppo, famiglia, edificio sacro… Noi cattolici avevamo privilegiato la visione universale e giuridica, con la guida del Papa (primato monarchico e infallibilità personale); gli ortodossi invece la concezione sacramentale, che fa leva sull’episcopato (collegialità) e sull’Eucaristia. Le domande erano rispettivamente: Chi comanda nella Chiesa? Come Dio ci salva? (Quest’ultimo era pure il tormento di Lutero)
Per assicurare la compattezza delle strutture, noi vediamo primariamente la Chiesa come unitaria istituzione di Cristo e suo “corpo”; gli altri cristiani la vedono soprattutto come multiforme realizzazione dello Spirito e suo “sacramento” (Kasper). Lo Spirito dà la vita alla Chiesa mediante la compagine sociale di essa (Lumen gentium, n. 8); per questo la Chiesa, oltre che discepola del Verbo, è anche madre nello Spirito.

 Perché la chiesa “eucaristica” può essere presa come insuperabile modello sacramentale? Perché dove c’è tutto Cristo nel suo corpo eucaristico, lì c’è tutta la Chiesa, suo corpo comunitario (De Lubac). Se centro della vita cristiana è l’Eucaristia, celebrata (Parola e Pane), specialmente la domenica, dalle varie comunità (famiglia, gruppo, parrocchia, diocesi), presiedute da un Pastore intermediario (presbitero per la parrocchia, vescovo per la diocesi) che le mette in comunione con le comunità superiori. I teologi scolastici infatti davano questa definizione: “Quid est Ecclesia? Fides et fidei sacramenta”. Il concilio Vaticano II insegna che la massima manifestazione della Chiesa si attua in ogni assemblea eucaristica convocata dalla Parola del Padre nello Spirito, mediante il quale una comunità di uomini diventa sacramentalmente Corpo di Cristo, in cammino verso la Chiesa definitiva (Sacrosanctum concilium, n. 41; Lumen gentium, n. 26). Aumenta il simbolismo se l’assemblea è presieduta dal vescovo, che mette in comunione questa comunità con la Chiesa apostolica e con tutte le Chiese di Cristo, anche non “cattoliche” (Unitatis redintegratio, n. 15), e col vescovo di Roma, supremo Pastore della Chiesa universale. Per questo motivo la chiesa in cui solitamente celebra il vescovo è detta “cattedrale”. E’ significativo che nella Chiesa antica, quando mancava  il vescovo, si lasciava la cattedra vuota.

Ammesso che “corpo” antropologicamente è una struttura orientata al far esistere e mettere in relazione un vivente nel mondo, diciamo che la Chiesa è “corpo” di Cristo, animato dal suo Spirito. La Chiesa cristiana continua ed estende l’opera di Cristo Profeta, Pontefice e Pastore. Titoli che rispettivamente qualificano la  comunità come missionaria, che annuncia la Parola di Dio; la comunità come sacramentale, che ci dà la Grazia dello Spirito; la comunità come istituzionale, che ci dà la Guida di Cristo. Nella triade degli stessi titoli possiamo conoscere che cosa dobbiamo credere, come dobbiamo pregare, che cosa dobbiamo fare (specialmente nell’esercizio della carità).

L’espediente delle tre iniziali uguali (P) può esprimersi (cfr Gv 14,6) con altrettante (V), nelle quali Cristo si identifica con Verità e Vita – che significano i due doni sacramentali di salvezza (Parola e Corpo) presenti in pienezza nelle due principali identificazioni di Chiesa – mentre la Via rappresenta, nel presbitero e nel vescovo, la funzione di connessione ministeriale con le identificazioni superiori.

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