QUALE CHIESA ABBIAMO
IN MENTE?
Abbiamo recepito
e assimilato la teologia della Chiesa? Siamo convinti che la Chiesa “è il noi dei cristiani” (Congar)? Molti sono
ancora legati al concetto di gerarchia, di potenza socio-politica… Il Vaticano
I è stato il concilio del Papa, il Vaticano II è stato quello dei vescovi, ma
anche quello della Chiesa; la quale ha finalmente compreso che è meglio curare
il proprio orticello piuttosto che cingerlo di siepi.
Quello della
Chiesa è un concetto analogico: comunità universale o particolare (diocesana o parrocchiale) di credenti, che sono il
nuovo Popolo di Dio, assemblea celebrante locale
(presieduta dal presbitero o dal vescovo), gruppo, famiglia, edificio sacro… Noi
cattolici avevamo privilegiato la visione universale e giuridica, con la guida
del Papa (primato monarchico e infallibilità personale); gli ortodossi invece
la concezione sacramentale, che fa leva sull’episcopato (collegialità) e
sull’Eucaristia. Le domande erano rispettivamente: Chi comanda nella Chiesa? Come
Dio ci salva? (Quest’ultimo era pure il tormento di Lutero)
Per assicurare
la compattezza delle strutture, noi vediamo primariamente la Chiesa come unitaria
istituzione di Cristo e suo “corpo”; gli altri cristiani la vedono soprattutto
come multiforme realizzazione dello Spirito e suo “sacramento” (Kasper). Lo
Spirito dà la vita alla Chiesa mediante la compagine sociale di essa (Lumen gentium, n. 8); per questo la Chiesa, oltre che discepola
del Verbo, è anche madre nello Spirito.
Perché la chiesa “eucaristica” può essere
presa come insuperabile modello sacramentale? Perché dove c’è tutto Cristo nel
suo corpo eucaristico, lì c’è tutta la Chiesa, suo corpo comunitario (De Lubac). Se
centro della vita cristiana è l’Eucaristia, celebrata (Parola e Pane), specialmente la domenica, dalle varie comunità
(famiglia, gruppo, parrocchia, diocesi), presiedute da un Pastore intermediario (presbitero per la parrocchia, vescovo per la
diocesi) che le mette in comunione con le comunità superiori. I teologi
scolastici infatti davano questa definizione: “Quid est Ecclesia? Fides et
fidei sacramenta”. Il concilio Vaticano II insegna che la massima manifestazione
della Chiesa si attua in ogni assemblea eucaristica convocata dalla Parola del
Padre nello Spirito, mediante il quale una comunità di uomini diventa
sacramentalmente Corpo di Cristo, in cammino verso la Chiesa definitiva (Sacrosanctum concilium, n. 41; Lumen
gentium, n. 26). Aumenta il simbolismo se l’assemblea è presieduta dal
vescovo, che mette in comunione questa comunità con la Chiesa apostolica e con
tutte le Chiese di Cristo, anche non “cattoliche” (Unitatis redintegratio, n. 15), e col vescovo di Roma, supremo Pastore della Chiesa universale. Per
questo motivo la chiesa in cui solitamente celebra il vescovo è detta
“cattedrale”. E’ significativo che nella Chiesa antica, quando mancava il
vescovo, si lasciava la cattedra vuota.
Ammesso che
“corpo” antropologicamente è una struttura orientata al far esistere e mettere
in relazione un vivente nel mondo, diciamo che la Chiesa è “corpo” di Cristo,
animato dal suo Spirito. La
Chiesa cristiana continua ed estende l’opera di Cristo Profeta, Pontefice e Pastore. Titoli che
rispettivamente qualificano la comunità come missionaria, che annuncia la Parola di Dio; la comunità come sacramentale, che ci dà la Grazia dello Spirito; la
comunità come istituzionale, che ci
dà la Guida di
Cristo. Nella triade degli stessi titoli possiamo conoscere che cosa dobbiamo
credere, come dobbiamo pregare, che cosa dobbiamo fare (specialmente
nell’esercizio della carità).
L’espediente delle tre iniziali
uguali (P) può esprimersi (cfr Gv 14,6) con altrettante (V), nelle quali Cristo
si identifica con Verità e Vita – che significano i due doni sacramentali di
salvezza (Parola e Corpo) presenti in pienezza nelle due principali
identificazioni di Chiesa – mentre la
Via rappresenta, nel presbitero e nel vescovo, la funzione di
connessione ministeriale con le identificazioni superiori.
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