Ecco tre sviluppi sul medesimo
argomento, scritti per tre circostanze diverse.
IL SERVIZIO ECCLESIALE DEL TEOLOGO
Principi generali
Il teologo biblico ricerca
il messaggio della Parola di Dio nella Bibbia entro l’ambito della grande
Tradizione
Il teologo sistematico lo
organizza razionalmente e lo esprime nel quadro di una delle culture
contemporanee
Fonte della Fede è la Parola di Dio, interpretata
dalle Chiese cristiane
La Bibbia è scritta – seguendo
uno sviluppo sia nell’AT che nel NT - con linguaggio concreto, vitale,
narrativo, simbolico
Questo è l’essenziale,
l’immodificabile: la base cristologica. Una delle più significative ammonizioni
del Vaticano II ai teologi cattolici dice: "Nel mettere a confronto
le dottrine si ricordino che esiste un ordine o 'gerarchia' delle verità della
dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della dottrina
cristiana" (Unitatis redintegratio, n. 11). Il cuore di questa
dottrina cristiana è individuato dal "Consiglio ecumenico delle
Chiese", che si definisce così: "Una comunione di Chiese che
confessano nostro Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture
e cercano perciò di realizzare insieme la loro comune vocazione a gloria
dell'unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo".
Dopo di questo vengono la vita
religioso-morale cristiana, lo studio del teologo, la superiore moderazione dei
Pastori, la pietà, la devozione, la mistica
Un principio che vale per sempre è questo: "Una fede, molte teolgie".
Principi particolari
Il teologo deve seguire la “via
media”: lontano dal rigorismo e fondamentalismo, lontano dall’avventurismo e
“creativismo”
Ciò comporta di accettare, oltre
le polemiche, il concilio ecumenico Vaticano II “in toto”:
-
nella continuità, fedeli alla grande Tradizione, senza tendenze alla
sovversione
-
nella crescita, adeguando l’espressione dei concetti secondo la vita
storica della Chiesa, senza mummificazioni
L’ecumenismo sano guida tutti i
cristiani a guardare verso il Cristo e conformarsi a Lui
L’atteggiamento intollerante
ricerca e approfondisce i contrasti tra le varie Chiese cristiane
Erravamo “noi” prima del Vaticano
II vedendo gli errori solo negli “altri”
Non rendono un buon servizio
all’ecumenismo coloro che oggi vedono tutti gli errori in “noi”.
Concludendo
E' necessario scegliere se costruire una teologia cattolica o una cristiana.
La teologia cristiana o sarà ecumenica, o non sarà.
PERCHE’ DOBBIAMO RISALIRE AD UNA TEOLOGIA PANCRISTIANA?
La teologia della Chiesa
occidentale denota un’importante lacuna: la mono-formità (diversa
dall’uniformità); cioè uno sviluppo unilaterale del cristo-monismo, che ha
portato alla conclusione, fino a un recente passato, di dimenticare quasi del
tutto la teologia dello Spirito Santo.
Nel fondamentale n. 8 della
costituzione “Lumen gentium” si
evidenzia un’importante analogia equilibratrice in campo ecclesiologico:
-
tra la natura umana assunta dal Verbo
-
e l’organismo sociale della Chiesa che serve allo
Spirito
Nei giovannei “discorsi di addio”
troviamo una visione completa della rivelazione:
-
Gv 14,15s: Il Padre vi darà una altro Paraclito
(intermediario, interprete), che rimarrà con voi per sempre
-
Gv 14,26: Questi vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà
(cioè: vi farà comprendere più profondamente) quanto io vi ho detto
-
Gv 16,13: Lo Spirito di verità vi guiderà verso e dentro
la pienezza della verità; non parlerà da se stesso, ma racconterà ciò che ha
udito e vi rivelerà le cose future (cioè: vi farà fare una lettura escatologica
del presente alla luce della conclusione)
Possiamo ricavare
-
che lo Spirito non porterà una diversa rivelazione
-
ma che vi farà comprendere (penetrare in) quella
espressa dal Cristo
Gesù è la Parola (Lògos), espressione del Padre; lo
Spirito è l’interprete (Paràkletos)
di quella Parola (Tertulliano lo chiama “Christi
vicarius”)
La “verità” per Giovanni è il
disegno salvifico di Dio che si è realizzato e rivelato nel Gesù storico (San
Paolo parla di “mistero”), Noi abbiamo seguito una discorso quantitativo:
conoscere tutto il quadro delle verità; l’Oriente ha seguito un discorso
qualitativo: penetrare il cuore della verità
Noi abbiamo badato
all’istituzione visibile, alla chiarezza delle definizioni, allo sviluppo delle
devozioni e della preghiera privata, alla presenza dello Spirito nel singolo
individuo
Gli orientali hanno fatto ricorso
alla “comunione” spirituale, alla meditazione del mistero, alla celebrazione
della Liturgia come manifestazione visibile di quella del Cielo, alla presenza
dello Spirito come anima e motore della Chiesa
Dalle nostre durezze è derivato
in parte il rifiuto del magistero ecclesiale e della mistica introdotto dai
primi Riformati
Nel giudicare il corso storico
della nostra teologia, quel grande teologo che fu Padre Y. Congar enumerò, in
forma un tantino provocatoria, tra le sostituzioni e gli alibi dello Spirito
Santo tre cose: la presenza reale eucaristica, il Papa, la Madonna.
TEOLOGIA RIVOLUZIONARIA?
A chi è
cresciuto con una formazione teologica post-tridentina possono apparire
rivoluzionarie molte affermazioni dei teologi del post-Vaticano II. Perché
dice:”Si è sempre avuta un’altra Fede. I teologi moderni sono infedeli alla
Tradizione”.
Ma qui si
confonde la grande Tradizione di duemila anni con le tradizioni particolari
proprie di ciascuna Chiesa cristiana. Si intende Chiesa “cattolica” (una delle
quattro note del Credo) - cioè universale nel senso di contenuti dottrinali e
di continenti geografici - come applicabile esclusivamente a quella che da
secoli è conosciuta come “cattolica-romana”, cioè quella che ha come suprema
autorità dottrinale e giuridica il vescovo di Roma, il Papa.
Dopo mille
anni di separazione della Chiesa di Roma da quella di Costantinopoli,
l’intuizione dei vescovi (presieduti dal Papa) al concilio ecumenico Vaticano
II ha reso consistente un movimento di teologia “ecumenica” (anche questo
significa “universale”!) che era sorto tra i cristiani più coscienti e
sensibili organizzandosi all’inizio del XX secolo.
I motivi di questo nuovo
“metodo” teologico sono per esempio i
seguenti
- La fonte imprescindibile della rivelazione divina non è il magistero degli ortodossi e dei cattolici – bene sintetizzato dal Simbolo Niceno-costantinopolitano (anno 381) e codificato nella nota raccolta del Denzinger[1] –, ma la sacra Scrittura come recepita da tutte le chiese cristiane entro lo sviluppo della grande Tradizione – bene sintetizzata nel Credo battesimale (detto anche Credo degli apostoli, o romano), riportato in un’opera di S. Ippolito di Roma scritta circa nell’anno 215 (DS 10). Si noti che tra le date dei due documenti è stato celebrato il primo concilio ecumenico, quello di Nicea I (anno 325), che ha aggiunto all’affermazione di Fede espressioni di tipo ontologico prodotte dalla teologia cristiana orientale (soprattutto la “consustanzialità”, homoousìa, del Figlio col Padre).
- Dopo qualche anno dal concilio di Efeso (431), un monaco della Gallia, S. Vincenzo di Lérins, nell’opera conosciuta come Commonitorium, ha codificato le strutture essenziali della vera e retta Tradizione scrivendo che i tre criteri dell’ortodossia (retta Fede dei cristiani, e non Fede degli ortodossi!) sono l’antichità, l’universalità (Fede comune) e l’unanime consenso, ammettendo un calibrato sviluppo o progresso, a condizione che le affermazioni dichiarino lo stesso dogma (cioè verità), col medesimo significato, nel medesimo pensiero[2].
- Dobbiamo seguire la strada di una teologia ecumenica (di dialogo), la quale recupera i valori che vengono soprattutto da Est, senza dimenticare i nostri. Nell’enciclica Ut unum sint (25-5-1995) il grande Papa Giovanni Paolo II dichiara a proposito del “dogma” più “romano” che si possa enunciare, quello del primato del Papa: “Lo Spirito Santo ci doni la sua luce…affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri” (n. 95 [3]). Il perché è indicato dal Papa: nel primo millennio (fino all’anno 1054) la Chiesa orientale e quella occidentale erano sostanzialmente unite.
- Fedeli al testamento di Gesù (Giovanni, c.17), dobbiamo cominciare a guardare insieme a Lui che ci unisce, più che alle diatribe tra di noi cristiani che ci dilacerano[4]. Altrimenti la suprema volontà di Gesù sarà eseguita tra molti secoli!
[1] Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei
et morum (DS)
[2]
Quest’ultimo pensiero è citato nel concilio Vaticano I (DS 3020). Testo latino
in Enchiridion patristicum. Vedi
INSTITUTUM PATRISTICUM AUGUSTINIANUM, Patrologia,
vol. III, p. 518s.; Dizionario patristico
di antichità cristiane, vol. II, p. 3594s.
[3] Ma è
necessario leggere nel contesto i nn. 55s, 95s. Si trovano in Enchiridion vaticanum, vol. XIV
[4] Vedi
la dichiarazione Unitatis redintegratio
del concilio Vaticano II (in Enchiridion
vaticanum, vol. I)
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