sabato 4 gennaio 2014

Teologia postconciliare



Ecco tre sviluppi sul medesimo argomento, scritti per tre circostanze diverse.


IL SERVIZIO ECCLESIALE DEL TEOLOGO


Principi generali

Il teologo biblico ricerca il messaggio della Parola di Dio nella Bibbia entro l’ambito della grande Tradizione
Il teologo sistematico lo organizza razionalmente e lo esprime nel quadro di una delle culture contemporanee

Fonte della Fede è la Parola di Dio, interpretata dalle Chiese cristiane
La Bibbia è scritta – seguendo uno sviluppo sia nell’AT che nel NT - con linguaggio concreto, vitale, narrativo, simbolico

Questo è l’essenziale, l’immodificabile: la base cristologica. Una delle più significative ammonizioni del Vaticano II ai teologi cattolici dice: "Nel mettere a confronto le dottrine si ricordino che esiste un ordine o 'gerarchia' delle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della dottrina cristiana" (Unitatis redintegratio, n. 11). Il cuore di questa dottrina cristiana è individuato dal "Consiglio ecumenico delle Chiese", che si definisce così: "Una comunione di Chiese che confessano nostro Signore Gesù Cristo come Dio e Salvatore secondo le Scritture e cercano perciò di realizzare insieme la loro comune vocazione a gloria dell'unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo".
Dopo di questo vengono la vita religioso-morale cristiana, lo studio del teologo, la superiore moderazione dei Pastori, la pietà, la devozione, la mistica
Un principio che vale per sempre è questo: "Una fede, molte teolgie".

Principi particolari

Il teologo deve seguire la “via media”: lontano dal rigorismo e fondamentalismo, lontano dall’avventurismo e “creativismo”

Ciò comporta di accettare, oltre le polemiche, il concilio ecumenico Vaticano II “in toto”:
-         nella continuità, fedeli alla grande Tradizione, senza tendenze alla sovversione
-         nella crescita, adeguando l’espressione dei concetti secondo la vita storica della Chiesa, senza mummificazioni

L’ecumenismo sano guida tutti i cristiani a guardare verso il Cristo e conformarsi a Lui
L’atteggiamento intollerante ricerca e approfondisce i contrasti tra le varie Chiese cristiane

Erravamo “noi” prima del Vaticano II vedendo gli errori solo negli “altri”
Non rendono un buon servizio all’ecumenismo coloro che oggi vedono tutti gli errori in “noi”.

Concludendo
E' necessario scegliere se costruire una teologia cattolica o una cristiana.
La teologia cristiana o sarà ecumenica, o non sarà.



PERCHE’ DOBBIAMO RISALIRE AD UNA TEOLOGIA PANCRISTIANA?

La teologia della Chiesa occidentale denota un’importante lacuna: la mono-formità (diversa dall’uniformità); cioè uno sviluppo unilaterale del cristo-monismo, che ha portato alla conclusione, fino a un recente passato, di dimenticare quasi del tutto la teologia dello Spirito Santo.

Nel fondamentale n. 8 della costituzione “Lumen gentium” si evidenzia un’importante analogia equilibratrice in campo ecclesiologico:
-         tra la natura umana assunta dal Verbo
-         e l’organismo sociale della Chiesa che serve allo Spirito

Nei giovannei “discorsi di addio” troviamo una visione completa della rivelazione:
-         Gv 14,15s: Il Padre vi darà una altro Paraclito (intermediario, interprete), che rimarrà con voi per sempre
-         Gv 14,26: Questi vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà (cioè: vi farà comprendere più profondamente) quanto io vi ho detto
-         Gv 16,13: Lo Spirito di verità vi guiderà verso e dentro la pienezza della verità; non parlerà da se stesso, ma racconterà ciò che ha udito e vi rivelerà le cose future (cioè: vi farà fare una lettura escatologica del presente alla luce della conclusione)

Possiamo ricavare
-         che lo Spirito non porterà una diversa rivelazione
-         ma che vi farà comprendere (penetrare in) quella espressa dal Cristo
Gesù è la Parola (Lògos), espressione del Padre; lo Spirito è l’interprete (Paràkletos) di quella Parola (Tertulliano lo chiama “Christi vicarius”)

La “verità” per Giovanni è il disegno salvifico di Dio che si è realizzato e rivelato nel Gesù storico (San Paolo parla di “mistero”), Noi abbiamo seguito una discorso quantitativo: conoscere tutto il quadro delle verità; l’Oriente ha seguito un discorso qualitativo: penetrare il cuore della verità

Noi abbiamo badato all’istituzione visibile, alla chiarezza delle definizioni, allo sviluppo delle devozioni e della preghiera privata, alla presenza dello Spirito nel singolo individuo
Gli orientali hanno fatto ricorso alla “comunione” spirituale, alla meditazione del mistero, alla celebrazione della Liturgia come manifestazione visibile di quella del Cielo, alla presenza dello Spirito come anima e motore della Chiesa
Dalle nostre durezze è derivato in parte il rifiuto del magistero ecclesiale e della mistica introdotto dai primi Riformati

Nel giudicare il corso storico della nostra teologia, quel grande teologo che fu Padre Y. Congar enumerò, in forma un tantino provocatoria, tra le sostituzioni e gli alibi dello Spirito Santo tre cose: la presenza reale eucaristica, il Papa, la Madonna.



TEOLOGIA  RIVOLUZIONARIA?

A chi è cresciuto con una formazione teologica post-tridentina possono apparire rivoluzionarie molte affermazioni dei teologi del post-Vaticano II. Perché dice:”Si è sempre avuta un’altra Fede. I teologi moderni sono infedeli alla Tradizione”.
Ma qui si confonde la grande Tradizione di duemila anni con le tradizioni particolari proprie di ciascuna Chiesa cristiana. Si intende Chiesa “cattolica” (una delle quattro note del Credo) - cioè universale nel senso di contenuti dottrinali e di continenti geografici - come applicabile esclusivamente a quella che da secoli è conosciuta come “cattolica-romana”, cioè quella che ha come suprema autorità dottrinale e giuridica il vescovo di Roma, il Papa.

Dopo mille anni di separazione della Chiesa di Roma da quella di Costantinopoli, l’intuizione dei vescovi (presieduti dal Papa) al concilio ecumenico Vaticano II ha reso consistente un movimento di teologia “ecumenica” (anche questo significa “universale”!) che era sorto tra i cristiani più coscienti e sensibili organizzandosi all’inizio del XX secolo.

I motivi di questo nuovo “metodo”  teologico sono per esempio i seguenti
  1. La fonte imprescindibile della rivelazione divina non è il magistero degli ortodossi e dei cattolici – bene sintetizzato dal Simbolo Niceno-costantinopolitano (anno 381) e codificato nella nota raccolta del Denzinger[1] –, ma la sacra Scrittura  come recepita da tutte le chiese cristiane entro lo sviluppo della grande Tradizione – bene sintetizzata nel Credo battesimale (detto anche Credo degli apostoli, o romano), riportato in un’opera di S. Ippolito di Roma scritta circa nell’anno 215 (DS 10). Si noti che tra le date dei due documenti è stato celebrato il primo concilio ecumenico, quello di Nicea I (anno 325), che ha aggiunto all’affermazione di Fede espressioni di tipo ontologico prodotte dalla teologia cristiana orientale (soprattutto la “consustanzialità”, homoousìa, del Figlio col Padre).
  2. Dopo qualche anno dal concilio di Efeso (431), un monaco della Gallia, S. Vincenzo di Lérins, nell’opera conosciuta come Commonitorium, ha codificato le strutture essenziali della vera e retta Tradizione scrivendo che i tre criteri dell’ortodossia (retta Fede dei cristiani, e non Fede degli ortodossi!) sono l’antichità, l’universalità (Fede comune) e l’unanime consenso, ammettendo un calibrato sviluppo o progresso, a condizione che le affermazioni dichiarino lo stesso dogma (cioè verità), col medesimo significato, nel medesimo pensiero[2].
  3. Dobbiamo seguire la strada di una teologia ecumenica (di dialogo), la quale recupera i valori che vengono soprattutto da Est, senza dimenticare i nostri. Nell’enciclica Ut unum sint (25-5-1995) il grande Papa Giovanni Paolo II  dichiara a proposito del “dogma” più “romano” che si possa enunciare, quello del primato del Papa: “Lo Spirito Santo ci doni la sua luce…affinché possiamo cercare, evidentemente insieme, le forme nelle quali questo ministero possa realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri” (n. 95 [3]). Il perché è indicato dal Papa: nel primo millennio (fino all’anno 1054) la Chiesa orientale e quella occidentale erano sostanzialmente unite.
  4. Fedeli al testamento di Gesù (Giovanni, c.17), dobbiamo cominciare a guardare insieme a Lui che ci unisce, più che alle diatribe tra di noi cristiani che ci dilacerano[4]. Altrimenti la suprema volontà di Gesù sarà eseguita tra molti secoli!



[1] Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum de rebus fidei et morum (DS)
[2] Quest’ultimo pensiero è citato nel concilio Vaticano I (DS 3020). Testo latino in Enchiridion patristicum. Vedi INSTITUTUM PATRISTICUM AUGUSTINIANUM, Patrologia, vol. III, p. 518s.; Dizionario patristico di antichità cristiane, vol. II, p. 3594s.
[3] Ma è necessario leggere nel contesto i nn. 55s, 95s. Si trovano in Enchiridion vaticanum, vol. XIV
[4] Vedi la dichiarazione Unitatis redintegratio del concilio Vaticano II (in Enchiridion vaticanum, vol. I)

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