Conquista dei diritti civili, oppure
sconfitta dei valori dell’uomo?
È necessario mettere in luce i
principi sui cui si basa la proposta del riconoscimento dei diritti civili,
soprattutto delle unioni di fatto, sbandierata da politici che nel Dna
nascondono matrici cristiane. E’ un esempio di contrappasso quello di un
partito che è sorto per ispirazione del marxismo e si avvia al tramonto
sposando le tesi nichiliste del radicalismo (ma il liberismo non era la fede
del capitalismo?).
Alla base di questa deriva si
pone il principio che l’uomo è solo volontà (Schopenhauer), anzi libertà
assoluta (siamo vicini a Sartre), l’uomo inventa l’uomo (ancora Sartre), l’uomo
vero del futuro è il superuomo (vedi Nietzsche), l’uomo è legge a sé stesso
(auto-nomia), anzi idolo a sé stesso o “dio” a sé stesso. Serva come campana
d’allarme l’epigrafe nichilista scritta da Nietzsche: “Morti sono tutti gli
dèi; ora vogliamo che il superuomo viva”. Ma siamo sicuri che il secolo
successivo a questa profezia abbia rappresentato davvero il paradiso dell’uomo?
La libertà non ha come primo
sbarramento l’esigenza di non ledere quella altrui, ma quello della concezione
di una “natura” che mi precede, dalla quale provengo, che non posso distorcere
ma semmai migliorare imitandola. Per esempio non si è liberi di rovinarsi nella
società del caos, quella del “rave party”, o di amputarsi un braccio per
festeggiare coi botti il capodanno. Sappiamo che chi “tocca la natura muore”,
distruggendo la famiglia e conseguentemente la società.
Vivo in una società che mi dà la
possibilità di “costruirmi” parzialmente, proteso verso una meta che richiama
una realtà trascendente; in una società che naturalmente ha una cultura, una
tradizione. Tutti sappiamo che è frustrante e dissennato proporsi mete
irraggiungibili (come quella di spostarsi su Marte con un non breve viaggio che
non prevede ritorno!); che è concepibile l’ardimento di Ulisse, non la
presunzione di Icaro. L’ideologia del progresso infinito certissimo è frutto di
un’escatologia immanentistica. Sintetizzando queste due posizioni: desideri
contro-naturali fatti passare come diritti, schiavitù del presente senza né
passato né futuro (e siamo vicini a un esistenzialismo spericolato).
II
LA RADICE DELL’ATEISMO
Platone riporta il famoso detto
del sofista Protagora: “L’uomo è misura di tutte le cose”. Se intendo l’uomo
come singolo individuo, posso indicare nella sentenza l’errore maggiore del
pensiero moderno: l’antropomonismo; che induce a pensare l’uomo come l’unico
assoluto nell’universo.
Gli idoli dell’antropomonismo
sono cinque: Libertà assoluta; perché l’uomo non ha nessuno sopra di sé, cioè Dio; Scienza
creatrice di una nuova natura; perché egli non ha nulla prima di sé, cioè la natura; Prevalenza dell’individuo sulla
persona, perché egli non ha nulla attorno
a sé, in quanto non ha legami paritetici di relazione costitutiva con una
comunità di “prossimi”; Indipendenza assoluta dalla morale, perché egli non
ammette di avere un abisso sotto di
sé, in cui può cadere per l’uso deviante della libertà; Progresso senza fine
autoprodotto, perché egli non ha bisogno di un Altro davanti a sé, cioè di una realizzazione escatologica trascendente.
Da una costatazione evidente è
desumibile il principio che all’uomo non è consentita la presunzione di essere
il padrone assoluto della propria esistenza: i genitori sono solo tramite della
vita data al figlio, per il semplice motivo che non possono ridargliela quando
questi sia morto.
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