domenica 15 dicembre 2013

Lettera alle giovani mamme



NON E’ FACILE EDUCARE

Mi rivolgo a voi, mamme di cari bambini, perché dal latino si deduce:
- patrimonio da patris munus
- matrimonio da matris munus
Dove si vede che l’ufficio (munus) principale di educare i figli spetta alle madri. Naturalmente in sintonia coi padri (altrimenti “la frittata è fatta”)

Oggi è diventato immensamente più difficile crescere i figli; molto più che nella vecchia società agricola dei piccoli comuni e delle forti tradizioni sociali, amicali, morali e religiose.
Perché la nostra Italia, ormai diventata benestante (o ricca, tempo fa) ha assunto acriticamente il modello di vita degli stati di mentalità anglosassone: meno riflessivi e credenti, ma più ricchi e attivistici.
Ho condotto una lunga esperienza nell’educazione (e qualche giovane lo educo ancora!) e i risultati sono stati spesso deludenti.

Vi mostrerò  principali errori nei quali oggi  spesso si cade. Soprattutto perché abbiamo in testa noi e proponiamo ai figli degli ideali sbagliati, vuoti e fasulli. Mentre assicuro che non faccio un discorso sulle vostre lacune educative, ma sulla situazione che ogni giorno vedo coi miei occhi.

1 - I ragazzi ai quali si è data risposta sempre positiva su tutti i beni (giocattoli, feste, pranzi….) da loro richiesti, corrono il rischio di non saper affrontare le immancabili difficoltà della vita, e di assumere il vizio di atteggiamenti di superiorità sui coetanei (per cui si rendono anche antipatici).

2 - I ragazzi cresciuti col deleterio principio assunto obbligatoriamente dalla “rivoluzione del ‘68” che proclama come liberatorio “Vietato vietare”, si abituano fin d’ora ad ottenere qualsiasi soddisfazione nei loro capricci o nelle loro richieste; preparandosi ad esigere in seguito benefici ancora superiori (incontentabilità umana!) e, se le cose potranno andare non troppo bene (situazione che si presenta talvolta quando meno te l’aspetti), si ribelleranno  perdendo la fiducia nella società (anche economica) e nella famiglia; creando così facilmente dei possibili eternamente malcontenti e disadattati. Domandatevi fin d’ora: chi comanda in famiglia? Non è amore quello che lascia fare quello che si vuole (come nell’errore di chi mangia a crepapancia), ma quello che aiuta a scegliere razionalmente.

3 - I ragazzi d’oggi, non allenati a riflettere (pensare con la propria testa bene orientata), sono catapultati in una società  diventata improvvisamente “informatica”, dove esistono “oggetti” meccanici, scientifici e tecnici, ma si trascurano i valori esistenziali e morali. Perché l’uomo soltanto nell’universo è “persona”

4 - I bambini che vivono nella seconda metà del primo decennio di vita diventeranno ingovernabili quando entreranno nella preadolescenza e nell’adolescenza. Con opposizione rovinosa e talvolta tragica contro i genitori che li avevano viziati.

Concludendo, vi richiamo che non ho fatto parola di valori religiosi e cristiani (che vengono dopo questi discorsi), ma mi sono basato su principi educativi e valori antropologici validi per ogni uomo che ragiona:

1 - Siamo venuti al mondo non per godere e darci alla “pazza gioia”, ma per dedicarci a un ideale. Lo dice anche il Manzoni a proposito del cardinal Federigo, discendente da nobile famiglia: “Persuaso che la vita non è già destinata ad essere un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego (=impegno) del quale ciascuno renderà conto, cominciò da fanciullo a pensare come potesse render la sua utile o santa” (capitolo XXII)
2 - Educate alla generosità e non all'egoismo, a pensare più ad aiutare gli altri che ad imporre sé stessi: Dobbiamo sostituire questa società della competizione con quella della solidarietà.
3 - Andando più a fondo nella riflessione:
-         L’uomo non è un “assoluto” , cioè “slegato” (ab-solutus) da qualsiasi norma
-         Non è nato per vivere individualmente, all’insegna dell’egocentrismo (o addirittura egoismo), ma in apertura con gli altri

Vi invito a non cestinare questa “lezioncina” di pedagogia pratica almeno per DIECI ANNI; per evitare che alla fine non piangiate “per il latte versato”.


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