venerdì 18 ottobre 2013

Sull'amore veramente umano



La vita dell’amore

I
La storia dell’amore umano è rappresentabile con la metafora della vita di un tigrotto.
1 - Da piccolo, è grazioso e può convivere con gli abitanti della casa, tanto da essere trattato come un giocattolo. Non è affatto cattivo, ma può essere pericoloso, per esempio nel giocare coi bambini.
2 - Crescendo e seguendo la sua natura selvatica di carnivoro, diventa forte e spesso aggressivo, incapace di autoregolarsi, tanto che dobbiamo staccarci da lui col metterlo in un robusto recinto; fuori del quale può rappresentare un grave pericolo per la famiglia e per i cittadini. E’ questo il periodo della sua funzionalità (ad esempio negli spettacoli del circo) e prolificità (nella quale è deterministicamente predisposto a imporre il proprio patrimonio genetico).
3 - Quando sarà vecchio o malato, sembrerà inutile o di peso per gli altri; non incuterà più paura ad alcuno, ma avrà bisogno che gli altri se ne prendano cura.

II
La costitutiva bontà fontale dell’essere umano, come è idealizzato secondo il “sogno” di Dio, è espressa da quei famosi versetti biblici:
“E Dio creò l’uomo (“adam”, nome comune singolare) a sua immagine, a immagine di Dio lo (singolare) creò, maschio e femmina li (plurale) creò”; “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,27.31)
Per realizzarsi nella sua natura specifica l’essere “uomo” ha bisogno di un’altra persona: Vedi, oltre il testé citato, il testo sapienziale di Gen  2,20-24:
“L’uomo  non trovò per se stesso un aiuto che gli corrispondesse (…). Allora il Signore Dio (….) formò una donna  e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:  ‘Questa volta  è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne: La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta’. Per questo l’uomo lascerà sua padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne”;
mentre il Dio “triuno” è da sempre realizzato nella relazione fra le tre Persone.
NB. Per evitare che si interpreti con la mentalità moderna occidentale un antichissimo testo semitico, richiamo che la Bibbia, per esprimere un dato costitutivo fondamentale, lo presenta come un evento dell’inizio.
Anche secondo la filosofia personalista, l’Io si realizza principalmente nella relazione col Tu. Per questo una relazione affettiva raggiunge la sua pienezza quando ciascuno dei due soggetti pone nell’altro il baricentro del suo amore; ciò realizza la famiglia monogamica, cellula primordiale della comunità umana. La relazione fra omosessuali può essere riconosciuta come “unione civile”, ma non come matrimonio, in quanto non è costitutiva di questo modello naturale di famiglia orientata alla fecondità, da cui è formata la comunità umana.
L’incapacità, o la difficoltà, di autoregolarsi può essere paragonata a quella “ferita”, a quel disordine conoscitivo ed etico, che i credenti leggono nel “racconto sapienziale” di Gen 3 come “peccato originale”. Esso non è solo iniziale, ma segue ogni uomo concreto in tutta la sua esistenza. Un testo biblico che fa pensare è il capitolo 7 della lettera ai Romani.
Per l’uomo, che essenzialmente è intelligente e libero, il “robusto recinto” è costituito da norme morali, civili e religiose; che non sono arbitrarie e odiose limitazioni, ma unica via alla realizzazione della sua natura di essere fisico-spirituale. La stabilità e la fertilità del suo legame di coppia sono esercitate nell’ambito della ragione e della libertà. Che queste norme siano leggi di libertà si può vedere nella meditazione sapienziale sulla “vita nello spirito” del capitolo 8 della lettera ai Romani.
Quando l’amore sembra destinato a spegnersi, come nella vecchiaia e malattia, esso manifesta la sua forma più pura: non è possessivo ma oblativo, non è interessato ma dono, non è chiuso nel tempo ma aperto alla perennità.
La concezione vera dell’amore si fa discendere dalla natura dell’uomo: a) E’ un esistente unitario fisico-spirituale, a due dimensioni distinte ma non separabili (come una medaglia); quindi sbaglia sia chi vuol limitare l’amore alla sola dimensione fisica, sia chi alla sola spirituale. - b) Come creatura, egli non è il Bene sommo, ma il bene partecipato; egli deve faticosamente incarnare questa “essenza” nella propria vita con scelte libere che assumono i valori veri ed escludono quelli falsi. La regola d’oro è questa: la passione fisica non deprima o escluda l’amore con la deprecabile conseguenza di cercare il corpo invece della persona. Il piacere corporale equivale a quello degli animali; l’amore umano è “affidamento” a un Tu (simile a quello della “fede” in Dio). Il primo è destinato ad affievolirsi nel tempo; in una comunione ben riuscita il secondo si affina e perfeziona.
Per un duplice motivo agiscono contro la morale razionale e cristiana due fidanzati che vivono come sposati. Perché l’atto completo è “dare tutto” nel campo pulsionale emozionale, mentre non lo si dà nel campo vitale dell’impegno permanente  e della costruzione della famiglia. Perché lasciarsi dominare dalla sola pulsionalità emozionale è privare l’amore dell’aspetto personale specificamente umano.
            La sublime dignità che il Cristianesimo attribuisce al matrimonio deriva dalla costatazione che gli sposi, pur nei loro limiti creaturali, partecipano delle qualità di un Dio che è “tripersonale” (da questo proviene la proprietà della indefettibile fedeltà a una persona che “sta di fronte”) e creatore (dal quale proviene la fecondità).

III
A chi vuole attingere a una fonte più abbondante e autorevole consiglio la riflessione sulla lettera enciclica “Deus caritas est” (25-XII-2005) di un pensatore classico e religioso, Benedetto XVI, specialmente ai numeri 2 -11.  Donde scelgo alcune illuminazioni:
- “Agàpe (….) esprime l’esperienza dell’amore che diventa ora veramente scoperta dell’altro (…) diventa cura dell’altro e per l’altro (….) cerca il bene dell’amato” (n. 6)
- “Amore (….) è estasi come cammino, come esodo permanente dall’io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé” (n. 6)
- “Eros e agàpe (….) non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro” (n. 7)
- “L’eros (….) cercherà sempre di più la felicità dell’altro (….) si donerà e desidererà ‘esserci per’ l’altro” (n. 7)
- “L’uomo (….) non può sempre soltanto donare, deve anche ricevere. Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono” (n. 7).
- “L’amore è un’unica realtà, seppure con diverse dimensioni (….); dove le due dimensioni si distaccano completamente l’una dall’altra, si profila una caricatura o in ogni caso una dimensione riduttiva dell’amore” (n. 8)
- Nella visione biblica “l’eros è nobilitato al massimo, ma contemporaneamente così purificato da fondersi coll’agàpe” (n. 10)
- “Nel racconto biblico (…) l’idea che egli (l’uomo) solo nella comunione coll’altro sesso possa diventare ‘completo’ è senz’altro presente       (cfr. Gen 2,24)” (n. 11).

IV
A - Aggiungiamo un’altra metafora sull’amore veramente umano.
La vita di un albero fruttifero comporta lo sviluppo nella continuità:
-         radici,                                      che continuano nel
-         tronco con rami e foglie,         che continuano nei
-         frutti,                                        che continuano nella                
-         permanenza durevole dell’albero.
Così la vita dell’amore umano comporta questi passaggi fra di loro connessi:
-         la passione,                            che non escluda
-         la comunione d’amore,          che non escluda
-         la generazione della prole,     che non escluda
-         la sopravvivenza della comunità d’amore.
E’ grave errore quello che fa discerpere in tronconi isolati l’amore, quella meraviglia unitaria che ci viene consegnata dalla natura, e in ultima analisi da Dio.

B - Rimaniamo esterrefatti per l’incremento dei delitti a sfondo sessuale (con strano neologismo chiamati femminicidio). Proviamo a chiederci il perché facendo ricorso a un’altra metafora:
-         Un adolescente accoglie con entusiasmo una scimmietta nella sua casa; ne fa un’amica con cui gioca quotidianamente.
-         Quando l’animale seguendo il suo istinto atavico cerca maggiore libertà, egli la rinchiude in una gabbia nel cortile.
-         Se si accorge che è appena evasa dalla prigione, la insegue con un fucile a pressione e la uccide.
E’ facile rileggere le tre tappe in riferimento a un rapporto fortemente connotato da un egoismo che fa “perdere il lume degli occhi”:
-         Inizia con un periodo d’amore nel segno di un  roseo “romanticismo”
-         L’altra persona viene considerata un “possesso” da trattenere ad ogni costo
-         L’amore si trasforma in odio che vuol punire vendicativamente la transfuga.
Se consideriamo che ciò mette a nudo l’abbaglio di chi parla di “amore assoluto, non regolabile”, vediamo che l’altro è visto come un oggetto materiale, ridotto a produttore di piacere.
La pulsione sessuale è uno degli istinti più potenti nella vita umana che, potendo facilmente “uscire dalle rotaie”, deve essere educato fin dai primi anni della vita e assiduamente tenuto sotto controllo.

V
Una concezione dell’antropologia dalla quale si ricavano norme di etica dell’amore

1 – Amore fisico e spirituale, secondo la sintetica visione semitica della Bibbia (che esclude il dualismo platonico, ereditato da S: Agostino e da Cartesio), sono un’unica realtà nell’indivisibile essere fisico-spirituale qual è l’uomo: un “Io” intelligente, cosciente e libero, che vive, comunica e opera attraverso una struttura corporea.
Ciò comporta due norme: a) che non si riduca il rapporto alla sola spiritualità (amor platonico); b) che gli atti sessuali siano indirizzati non al corpo (per puro edonismo), ma alla persona amata; e poiché il latino e greco ‘persona-pròsopon’ significa volto-maschera e persona, la congiunzione si esprima ‘facie ad faciem’.

2 – Amore fisico tra coniugi è buono con la sola finalità unitiva, anche senza l’attuazione di quella generativa (e qualche volta può essere necessario per salvaguardare l’unione matrimoniale). E’ auspicabile che il rinnovato magistero della Chiesa cattolica trovi oggi la modalità di temperare l’affermazione dell’enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI (1968), al n. 11: Qualsiasi atto coniugale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita (Anche subito dopo la pubblicazione qualcuno aveva interpretato: apertura generale in tutta la vita matrimoniale). - Si aggiungano le norme che consentono l’esercizio della sessualità anche in caso di sterilità o di superamento del periodo fertile; e le disposizioni del diritto canonico secondo le quali  il matrimonio “consumato” si ha con la penetrazione ed è invalido in caso di “impotentia coeundi” (non: generandi).
Il numero 12 dell'enciclica, affermando l'inscindibilità dei fini della reciproca unione e della generazione, richiede l'esclusione di due comportamenti: a) l'indiscriminata generazione con metodi scientifico-tecnici (perché prima della nascita del figlio deve esistere un'accogliente comunione d'amore); b) l'atto unitivo che rifiuti per principio e perennemente la finalità espressa fin dalla naturale conformazione anatomica.

2 bis - I mezzi anticoncezionali anche naturali devono escludere quello che è chiamato “egoismo di coppia” (per esempio: aspettare alcuni anni a dare inizio alla generazione, per “godersi la vita”, con la conseguenza antipedagogica di ampliare pericolosamente l’intervallo temporale tra le esistenze dei genitori e dei figli).

3 – Amore fisico tra fidanzati moralmente “seri” e consapevoli è consentito a due condizioni: a) che non si miri solamente al corpo (vedi sopra); b) che non si giunga all’atto completo, segno di donazione di tutta la persona per tutta la vita. Questa “ginnastica” ascetica  tendente all’autocontrollo coll’aiuto della “grazia” di Dio raggiunge, benché non facilmente, la sua finalità con una lunga educazione; e per di più nel caso di prevedibili periodi di difficoltà, prepara ad una duratura fedeltà coniugale.



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