Lettera pubblicata su “Avvenire” del 7 settembre 2013.
L’argomento – che coinvolge discorsi di
teologia fondamentale - è così complesso, delicato e importante che avrei
dovuto sviluppare molti passaggi; ciò che non si accordava con le ferree
esigenze di spazio dei quotidiani.
Qualche intervento sul darwinismo
qui apparso merita perlomeno alcune considerazioni. Spesso si confonde teologia della creazione con teoria creazionista, oggi
provvidenzialmente abbandonata dai cattolici non prigionieri della minoranza
che si accoda al tradizionalismo tipo USA. Scienze naturali, metafisica e
teologia non possono configgere in quanto si collocano su piani diversi, da
affrontarsi in successione.
Ma al di sotto di questi problemi
ne esistono altri tre di portata generale. Nella Parola di Dio espressa nella
Scrittura non è importante cercare i dati storici e scientifici, quanto invece
il messaggio da essi veicolato. La rivelazione non è data prima di tutto per
istruirci, ma per educarci; tanto che la “storia della salvezza” deve essere
intesa come proposta di “salvezza nella storia”. Il linguaggio dei semiti poi è
antropomorfico e immaginifico, simbolico e significativo, intuitivo e addirittura
“infantile”, più che concettuale e cartesiano. Dio che agisce al di fuori di sé
non lo fa come una causa interna alla serie delle cause, agendo per interventi
puntuali nel tempo, quanto piuttosto come comunicatore fin dall’inizio della
capacità generale di causare. Creazione significa non la prima “spinta” che Dio
ha dato al sistema, quanto la dipendenza
costitutiva che ha il creato nei suoi confronti. La teologia oggi è giunta a
concepirla non riferita ad esseri immutabili, ma costituzionalmente inseriti
nella temporalità.
Di fronte all’evidente ordine e
finalismo ad es. nella costituzione dell’orecchio o del rene, non sembra
sufficiente parlare di Natura, ma di Persona intelligente e libera; questo
infatti è ciò che si trova di fronte ad ogni complessità. Altrimenti si
abbandona l’evidenza della causalità
per affidarsi alla casualità, che non spiega alcunché. L’evoluzione delle specie
viventi può assumere un significato non tanto naturale-scientistico, né
“interventistico” in ogni atto da parte di Dio, ma quello del “progetto
intelligente” continuativo, non fatto
col contagocce, ma inserito nel DNA dal
Creatore. Altro è parlare del mondo organico, e altro del mondo spirituale
dell’uomo. Dio può conferire ai genitori – in quanto attuano la “procreazione”
- la meravigliosa facoltà di generare esseri fisico-spirituali; tenendo conto
che nephesh e psyché assumono nella
comprensione unitaria della Bibbia non il solo significato di “anima”.
Mons. Antonio Contri
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