SUCCESSIONE DEI
VESCOVI DI ROMA
In questo anno di
grazia 2013 si sono succeduti eventi che difficilmente si incontrano nella
storia:
-
11 febbraio: Papa Benedetto annuncia le dimissioni
-
28 febbraio: Le dimissioni diventano effettive
-
12 marzo: Apertura del conclave
-
13 marzo: Elezione di Papa Francesco
A causa di tali eventi
sono sorti, in me e in molti altri, diversi interrogativi. Avendo discusso nell’immediato postconcilio
la mia tesi sulla teologia della chiesa locale, ho cercato di venire incontro a
queste domande con diversi piccoli scritti che ho inoltrato ad alcuni periodici
(e ivi in parte sono stati pubblicati) o
che ho stilato per amicizia con qualche
mio confratello.
I
La pia intenzione manifestata da
un mio confratello di pronunciare nell’intercessione della Prece eucaristica il
ricordo “in unione col Papa emerito” mi ha fatto vedere la difficoltà di
percepire tre cose per chi è stato formato nella vecchia ecclesiologia: la
difficoltà di distinguere preghiera pubblica da privata, la difficoltà di
percepire che il Papa non sia l’unico capo visibile della Chiesa, e la
difficoltà di distinguere l’espressione della preghiera per il Papa dimissionario dall’affermazione
della comunione sacramentale e gerarchica – affermata nella storia dai “dittici”
- tra Papa (che è membro e anche capo) e Collegio dei vescovi (che non può
esistere né operare senza quel suo capo); come è chiarito nel n. 22 e nella
“Nota praevia” della costituzione Lumen Gentium e ribadito del Codice (cn. 333,
336, 341), facendo ricorso all’opinione che si tratti di due soggetti della
potestà piena e suprema sulla Chiesa universale (essendo il secondo non
adeguatamente distinto), esercitata in due forme
diverse.
Mons.
Antonio Contri
Verona
Aggiungo: Se uno vuol
doverosamente pregare per Il Papa emerito (come egli ha chiesto
insistentemente), può farlo nella “Preghiera dei fedeli”
II
QUANTE CHIESE?
Lettera
ai miei amici (e non solo) che non intende provocare scandalo, ma invitare alla
riflessione. E questo scopo si ottiene più facilmente con la provocazione.
In queste settimane alcuni amici
(e non solo) mi chiedono i perché della rinuncia al pontificato del Papa
teologo Benedetto XVI.
Evidentemente la totalità dei
motivi è per noi esterni insondabile. Inoltre non intendo trascurare i due
motivi (purtroppo oggettivi) che vengono citati ossessivamente in ogni organo
di comunicazione sociale: lo scandalo delle pederastia di alcuni appartenenti
al clero e quello del Vatileaks. E tutti si rendono conto di quanto “rende” un
pubblicazione scandalistica.
Non prendo in considerazione
nemmeno l’opinione che fa carico agli studiosi di non aver le qualità richiese
per governare, secondo il detto medievale “Si doctus doceat”.
Con umile prudenza mi permetto di
indicare la causa che a me sembra più oggettiva e totalizzante. Che si
concentra nella domanda tragica: in quante “chiese” è divisa la Chiesa cattolica, che nel
Credo e nella teologia ha per prima “nota” l’unità?
Nell’intento di tentare di
separare la zizzania dal buon grano, elenco qui una doppia quaterna di “chiese”
possibili. Che potrebbero far pensare alla “confusione” di Babele.
1 – a) La chiesa dei lefebvriani
ed altri fondamentalisti in campo ecclesiologico, liturgico e dottrinale; chiesa
che mi sembra sfiorare lo scisma (uscita dalla struttura costituzionale
Chiesa);
b) In opposizione a questa
innovano senza limiti i creativi insofferenti di ogni norma liturgica e di ogni
proposizione definitiva del magistero dei Pastori.
2 – a) Chiesa della Teologia della
liberazione. Che una volta veniva descritta così: leggere il vangelo con le
categorie di Marx. Ma che ora nella maggioranza dei casi può giungere a
un’interpretazione globale che vede il salvatore del mondo non in Cristo ma nel
citato filosofo tedesco. Qualche bello spirito leggendo il Magnificat ha avuto la preternaturale “visione” della
“guerrigliera delle Ande”. Cito soltanto Leonardo Boff: “Il vero Spirito Santo,
di questi tempi, si chiama Vatileaks”. E un teologo non si farebbe dei dubbi
nell’interpretare questo come apostasia (abbandono in toto della fede).
b) Anche questa chiesa è in
contrasto con i destroidi arrabbiati che con mezzi anche politici pretendono di
salvare la fede, magari ignorando la carità; che, preferendo una teologia
retributiva dell’AT (e riformulata dai calvinisi), accettano che è benedetto da
Dio chi ha proprietà e iniziative privatistiche e se le conserva egoisticamente.
3 – a) Ci sono anche i fedeli e i
chierici della Germania-Austria (e altrove) e le suore cattoliche dell’America
settentrionale che imporrebbero una “riforma”
così radicale che fa ripensare alla “rivoluzione” protestante del XVI secolo.
Mi basta citare Hans Kueng, del quale sembra che Paolo VI abbia detto con
arguzia: “Il prof. H. K. vuol negare l’infallibilità a noi (oggi si direbbe:
me) e attribuirla a sé”. Mentre riconosco che alcune cose devono essere
cambiate, non troverei strano definire questa posizione come eresia (negazione
di una o più verità di fede).
b) Questi cristiani si affiancano
a chi adotta un metodo di ermeneutica della Scrittura che considera questa come
un libro esclusivamente umano, da leggere fuori dalla comunità credente, alla
pari di un poema omerico; posizione in cui possiamo individuare i termini del
criticismo razionalista.
4 – a) Poi c’è, per grazia di
Dio, la Chiesa
dei fedeli. Santa, ma sempre bisognosa di conversione (vedi LG 8). Per la quale
parlerei di ortodossia e ortoprassia.
b) Ma vicino a questa sono in
maggioranza coloro che rifiutano ogni razionalizzazione del dato della fede,
mettendo le espressioni di questa in secondo luogo dopo le devozioni;
affidandosi più volentieri a una “veggente” piuttosto che ad un evangelista.
A parte il fatto che esistono
molti cosiddetti “credenti anonimi” o “atei devoti” (o giù di lì) che vivono
nell’agnosticismo relativista (“pensiero debole”), o nell’agnosticismo
immanentista (Dio è insignificante, piuttosto che assente), o nella lettura
tutta “naturale” del Cristianesimo come un movimento benefico per l’umanità (o,
per la “cultura” dell’Occidente, magari in perenne conflitto con le altre).
Se vi ho….scandalizzati, vi dirò
col Manzoni “che non si è fatto apposta”. Di certo ci troviamo a un tornante
traumatico della storia della Chiesa. Che cammina sulla terra, ma con gli occhi
rivolti al cielo.
Comunque: BUONA PASQUA, nel
Risorto che “ha vinto il mondo”.
III
Gentile Direttore,
purtroppo in questi giorni singolari siamo sommersi da
giudizi (o pregiudizi) sul “mistero” della Chiesa di Cristo espressi da molti
giornalisti, cui è applicabile il severo giudizio paolino “L’uomo naturale non
comprende le cose dello Spirito di Dio”. Come nei primi secoli Origene non
poteva essere compreso da Celso.
Quei comunicatori si sbilanciano nel sentenziare gelidi
confronti tra il sopportare fino in fondo la malattia di Papa Wojtyla, e la
sofferta decisione di Papa Ratzinger di lasciare il supremo ministero in mani
più giovani e forti in un periodo di temibili sconvolgimenti. Con una ostentata
simpatia per il primo.
Un Papa vecchio e “provato” si trova di fronte a
un‘angustiante alternativa: o seguire la via della testimonianza nel martirio
(due parole che significano la stessa cosa), assunta da un Vescovo che veniva
da una Chiesa martire; o sottoporsi alla valutazione dell’efficienza del
ministero-servizio che un Pastore, “servo dei servi di Dio” (ossia umile
operaio nella vigna del Signore) ha il pesante dovere di prestare alla Chiesa,
che non è sua.
Mons.
Antonio Contri - Verona
IV
COME LA DOLCEZZA VINCE LA DEFORMAZIONE
MEDIATICA
Gentile direttore,
come la maggioranza dei media ci
ha voluto preparare all’elezione del Papa? Giorni or sono sembrava di navigare
tra i marosi dei secoli bui. In pochi minuti Papa Francesco ci ha fatto vedere
una Chiesa nuova, ben diversa da quella costruita dai “ciechi” cronici. Invece
di una Chiesa agonizzante, lontana dalle cose di ogni giorno, incapace di
parlare alla gente, ne abbiamo visto una
viva, sempreverde, entusiastica. Invece di una Chiesa malata di astratto
razionalismo teologico, ne abbiamo vista una che vive quotidianamente della
pietà dei fedeli. Invece di una Chiesa di classe dei “poveri rivoltosi”, ne
abbiamo vista una che lava i piedi ai malati di “sida” (aids). Invece di una
Chiesa troppo centralisticamente romana e curiale, malata cronica di giuridismo,
ne abbiamo vista una periferica, che “presiede nella carità”, sposa del Vescovo
di Roma. Invece di una Chiesa dominatrice, ne abbiamo vista una umile e
fraterna, formata da un popolo di Dio al quale si chiede la benedizione per il
suo Vescovo. Invece di una Chiesa dei poteri occulti, magari gesuitici, ne
abbiamo vista una francescanamente trasparente. Invece di una Chiesa fondata
sulla roccia del denaro, ne abbiamo vista una che si servirà di esso solo per
fini pastorali e di carità. Invece di una Chiesa corrotta e corruttrice,
produttrice di scandali, ne abbiamo vita una
che si nutre di fede, penitenza e preghiera. Questi sono i miracoli
operati da Dio per intercessione di Papa Francesco.
Mons.
Antonio Contri
V
Gentile direttore,
mentre assistevo martedì alla
trasmissione dell’inizio del ministero petrino, mi sono venuti in mente alcuni
passaggi del vangelo della domenica precedente: l’adultera perdonata. “Dove
sono i tuoi accusatori?” Dove si sono nascosti i giornalisti e i saggisti che profetizzavano
un estenuante conclave, riunione quasi
massonica convocata per risollevare la Chiesa
zoppicante per scandali finanziari e morali (sulla falsariga del
surreale polpettone dei Borgia)? Che intravedevano cordate e partiti uno contro
l’altro armati? Che paventavano il perpetuarsi di una Chiesa imperialista? Se
ne sono andati, cominciando dai più “autorevoli”, non senza aver lanciato una
duplice freccia dei parti: il riconoscere nell’eletto un Papa ahimè “gesuita” e
l’orchestrare l’inesistente scandalo argentino. Sono andati in vacanza per non
vedere che “tutto il popolo va da lui”, che la Chiesa deve essere povera e
dei poveri, ispirata da un “parroco” che ha preso il nome di Francesco, si dà
come programma il servizio e annuncia un vangelo “sine glossa”.
Antonio
Contri
VI
A diversi gruppi di credenti, Papi diversi
Chi ha, come me, una lunga
esperienza di attese della “fumata bianca” si è sempre proposto con ansia un
quesito: “Quale Papa sarà in grado di collocarsi al livello di quello
defunto?”.
I cattolici si possono
classificare in due gruppi secondo la loro relazione con la fede-vita
cristiana.
Una grande maggioranza ha
un’adesione esperienziale, vitale, tradizionalistica (famigliare), visiva
(bisogno di toccare con mano), emotiva (bisogno di continue “scosse”) e avida
di nuove “rivelazioni”. Questi fedeli cercano un pastore, un amico, un compagno
di viaggio, un comunicatore, che aiuti a superare le proprie crisi di condotta
cristiana e i cattivi esempi degli altri credenti.
Una piccola minoranza ha
un’adesione ragionata (scolastica), riflessiva, documentata (ascolto della Rivelazione nella Bibbia-Tradizione e degli
insegnamenti del magistero), frutto di lunga ricerca e sempre rifondata. Questi
fedeli cercano un teologo, un pensatore, uno studioso, un teorico, un maestro,
che aiuti a superare le proprie crisi di pensiero e a non tremare di fronte
alle critiche filosofiche e dottrinali provenenti dall’esterno.
La prima forma di Cristianesimo,
liquida, col rischio di affidarsi solo alla sabbia, avrà un percorso facile; la
seconda, solida, col rischio di risentire della durezza della roccia, avrà un
percorso laborioso.
Uno sciancato ha bisogno del
fisioterapista come dello specialista ortopedico. Dio provvidente sapientemente dona delle guide universali
alla sua Chiesa alternando nella successione dei Papi figure come Pio XII,
Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Alcuni
Padri della Chiesa parlando di questa usavano l’espressione del Salmo 44,10
(Vulgata): “circumdata varietate”.
VII
Giudicare con severità o con
approvazione le dimissioni di Benedetto XVI ?
1 - Se parto
dal concetto di potere, le giudico
negativamente.
In questo senso, metto al centro
della visione l’individuo, e
per di più sotto una dimensione troppo
umana.
Il concetto di Papa “Sovrano
Governatore” di un popolo suddito, può portare a vedere le dimissioni come la
dichiarazione pubblica di non avere saputo o potuto avere la meglio sui mali
della Chiesa, formata di “disobbedienti” o ribelli.
Sembra questo l’atteggiamento di
un Capo di governo sfiduciato dal Parlamento.
2 - Se parto
dal concetto evangelico di servizio, devo giudicarle positivamente
In questo senso metto al centro
la visione della Comunità
cattolica e il servizio della sua unità che i “reggenti” devono favorire, anche
chiedendosi: “Riesco a servire la
Chiesa in questi gravi frangenti, quando suoi qualificati
rappresentanti, che si sono dimostrati “infedeli”, sembrano portarla a un
fatale disfacimento? “
Ricordiamo l’espressione classica
“Servus servorum Dei”, dovuta al Papa San Gregorio I (+ 604), fin da quando era
semplice diacono.
3 - Citiamo
alcune espressioni dei Vangelo, la “carta costituzionale” della Chiesa
cristiana, sui mali più evidenti che sono la corruzione e l’ambizione.
Mc 9,42: “Chi scandalizzerà uno
solo di questi piccoli (che
nel linguaggio evangelico significano non solo i bambini) che credono in
me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e
sia gettato nel mare”
Mt 20,25-27: “Voi sapete che i
governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non
sarà così; ma chi vuol diventare grande fra voi sarà vostro servitore e chi
vuol essere il primo tra voi sarà vostro schiavo”
Sul primo guaio, ritengo che il
Papa non l’abbia creduto così diffuso (specialmente fuori d’Italia). Sul
secondo, penso che, data la sua attuale situazione psicofisica, si sia sentito
impossibilitato di affrontarlo prontamente ed efficacemente.
Il filosofo convertito russo
Nicola Berdjaev (+ 1948) confessava di non aver trovato difficoltà per Cristo,
ma per i cristiani.
4
– Esistono due modi spirituali di
affrontare i gravi problemi attuali della Chiesa e di evitare che si
incancrenizzino:
* l’esempio manifesto davanti a
tutti della sopportazione di una grave malattia invalidante (come fece Papa
Giovanni Paolo II)
* l’esercizio segreto e umile
della preghiera (come ha deciso di fare Papa Benedetto)
VIII
De Bergoglio reformatore
Caro don
Giuseppe,
ho alcune
perplessità su alcuni passaggi dell'analisi che ha fatto Sandro Magister sul
nuovo Papa. Per esempio sui suoi silenzi (morale della vita, teologia del
Vaticano II, ecc.)
Ma rimane vero
che egli ha deciso di intervenire con forza sui mali attuali della Chiesa
cattolica; mali per i quali (e soprattutto per i quali) Papa Ratzinger si è
sentito in dovere di dare le dimissioni, riconoscendo (per vari motivi) di non
essere in grado di risolverli.
Per questo si
giustificano le "mazzate" date: il "Buona sera!" della
prima apparizione, la benedizione non impartita con solennità dal podio ma anzi
richiesta e data umilmente ai fedeli, il richiamo alla funzione primaria di
Vescovo di Roma, la citazione di S. Ignazio di Antiochia (la Chiesa presidente della
[oppure: nella] carità nella regione dei romani), le sue "picconate"
contro lo strapotere della Curia, contro la lobby gay, contro lo IOR, contro il
carrierismo, la scelta di abitare in Casa S. Marta, il "non cale"
attribuito alla presenza del concerto sinfonico, ecc. Al di là dell'attribuzione
(incerta!) di alcune frasi "pestifere".
E questi non
sono forse i "peccati" che il mondo laico ci rinfaccia
quotidianamente? Naturalmente chi vuol intaccare una roccia va con la ruspa e
non con la carriola.
Ma è soprattutto
la superata concezione di Chiesa che i preti della nostra età ritengono sacra,
inviolabile, direttamente rivelata dallo Spirito Santo. Vuoi tener conto che la
lettera di Clemente di Roma è mandata a nome di quella chiesa, e che S. Ignazio
di A. non parla mai di un supervescovo? Per secoli abbiamo sovrapposto la
figura del Papa-Re al Papa-Pastore.
E questo è
misconoscere il fertile periodo ecclesiologico (ricordi che ho insegnato
ecclesiologia?) che ha preparato la costituzione “Lumen gentium” (a cominciare
dal tedesco J. A. Moehler in pieno 1800, proseguendo con R. Guardini, ecc.).
Questa basilare costituzione si qualifica anche per l’ordine dei suoi primi
capitoli: Mistero, Popolo di Dio, Costituzione gerarchica….
Certamente hai
letto l'enciclica “Ut unum sint” di Giovanni Paolo II (1995) dove si parla (nn.
55, 61, 95) di una "funzione" del papato con ritorno alla figura del
primo millennio! Non vorrai dire che quel grande Papa ci teneva poco
all'autorità (vera!) papale.
La
concentrazione sclerotica di tutta la
Chiesa nella figura del Papa è cominciata (per essere
semplici, e quindi riduttivi) con Gregorio VII, proseguita con Innocenzo III e
Bonifacio VIII, rinforzata nella lotta del concilio di Trento e soprattutto del
concilio Vaticano I. Con le esagerazioni pratiche che ritenevano una frase di
un'enciclica più importante della frase del Vangelo.
DAC
IX
PAPI A
CONFRONTO
In questo anno di strana
successione papale “praesente corpore”, furoreggia l’esercizio del confronto:
con nota di contrasto per chi è ideologizzato, con nota di complementarità per
chi teologizza la comunione. Proviamo a ragionare, a cominciare da quelle che a
me sembrano evidenze.
Papa Ratzinger proviene dalla
ricca Europa, dove la religione è sterilizzata coll’agnosticismo-ateismo; Papa
Bergoglio è fresco di America latina, dove vivacchiano masse in miseria e
proliferano le sètte. Un personaggio di riferimento per il primo sarebbe il
monaco M. Lutero, che dava inizio a
un’eresia contrapponendo Bibbia a cattolicesimo; per l’altro potrebbe
essere C. Torres, prete che cercava si scongiurare l’apostasia marxista dal
cristianesimo. Le correnti avverse di pensiero possono essere: per il primo
l’Illuminismo con l’esagerazione del razionalismo (Voltaire); per il secondo il
materialismo dialettico (Marx) che finisce col santificare la lotta di classe.
Il primo movimento idealizza l’individualismo (e imperialismo) egoistico,
mentre il secondo promette di giungere, in un luminoso avvenire, ad eliminare
le ingiustizie sociali.
Non possiamo meravigliarci quindi
che Papa Benedetto affermi contro il relativismo le ragioni della Fede, dove
l’imperativo è “ascoltare” (Rm 10,17), e Papa Francesco insistentemente
predichi la Carità,
dove l’imperativo è il “fare” (Lc 10,37). Lasciandosi ambedue alle spalle
l’artificiosa polemica tra la
Fede, che primeggia per Paolo, e le “opere” che costruiscono
per Giacomo. Il Papa tedesco predica il Vangelo di Paolo (Rm, Gal), il Papa
argentino predica il Vangelo delle Beatitudini (secondo Luca). Il primo,
lamentando che abbiamo perso il mondo della cultura, parla ai dotti, ammirato
per la sua scienza; il secondo, riconoscendo che abbiamo perso il mondo del
lavoro, parla ai poveri, con la sua semplicità facendo esplodere l’entusiasmo
delle folle. L’idea di Ratzinger è di conservare (ma solo sostanzialmente) le
strutture e l’immagine del Papa sopra i Pastori, attorniato dalla Curia (e
questo modello si può far risalire a San Gregorio VII); l’ideale di Papa
Bergoglio è di snellire le strutture, inserito nel collegio dei Vescovi (e
questo ci fa risalire almeno a Sant’Agostino).
Prima di predicare l’ecumenismo e
il dialogo ”al di fuori dell’organismo” (cfr LG 8), programmiamo di praticarli
tra di noi.
Antonio
Contri - Verona
X
Francesco: proposta positiva
I
Chi era avvezzo alla
consultazione del famoso enchiridio del Denzinger concepiva la presentazione
della vita cristiana (e in particolare dell’insegnamento del magistero
cattolico) come una esposizione e conseguente condanna degli errori di fede e
di morale.
Addirittura quando nel NT si
parlava di precetti o norme, si traduceva sempre con “comandamenti”, intendendo
con ciò il decalogo mosaico. Anche quando S. Giovanni, l’apostolo dell’Amore,
parla di comandi (o comando) di Gesù, si traduceva sempre con “comandamenti”. I
quali nella misura di 8/10 sono formulati in maniera negativa: “Non avrai….”. Sull’argomento c’è molta disinformazione; per
esempio a un confratello che voleva ricavare tutte le prescrizioni morali dal
VI comandamento, ho obiettato che il testo biblico dice solo “Non adulterare”,
intendendo con ciò disapprovare la…sottrazione della moglie al…legittimo
proprietario; in analogia a quanto dirà il comandamento “Non desiderare”, che
in altre enumerazioni viene considerato unico rispetto ai nostri ultimi due.
Nel famoso discorso del giudizio
universale (Mt 25) si prospettano mete da raggiungere e si disapprovano solo
peccati di omissione nell’ambito del supremo “comandamento” dell’amore per il
prossimo.
E’ vero che con le proibizioni
(come con i cartelli stradali) si vogliono evitare all’utente guai e incidenti,
come le colpe contro la vita o la famiglia.
Ma si correva il pericolo di una presentazione in negativo del
cristianesimo specialmente ai giovani, i quali sono portati a ottenere un’espressione
libera degli impulsi del presente del soggetto (Mefistofele suggerisce a Faust
l’implorazione vitalista “Attimo
fuggente, fermati: sei bello”), più che a prevedere le conseguenze negative
nella natura del futuro. La dottrina cristiana poteva venir assimilata a un
treno in corsa che si deve fermare prima che arrivi al burrone, mentre è
piuttosto un “dirigibile” che ti fa spaziare verso l’alto. Un esperto generale dell’esercito
non usa tanto la minaccia per il soldato che indietreggia, ma prospetta
piuttosto l’ideale del servizio della patria nella libertà o per la libertà.
Un tempo negli esercizi
spirituali (che si agganciavano al fondatore della Compagnia di Gesù) si mirava
soprattutto a far eseguire all’individuo un grandioso “bucato” dai peccati, con
preferenza di una certa categoria; mentre oggi si orienta a leggere,
soprattutto nella Parola di Dio scritta e trasmessa, l’ideale di vita cristiana
che viene proposto a tutti i seguaci di Cristo.
Tra i vari santi di nome
Francesco forse sarebbe da richiamare anche San Francesco di Sales, che ha
ripetuto più volte la massima “Si prendono più mosche con un cucchiaio di miele
che non con dieci barili di aceto”. Non a caso sembra che egli abbia prestato
il nome ai Salesiani, figli di quel don Bosco che in pedagogia usava il metodo
preventivo piuttosto di quello repressivo.
II
Un’altra caratteristica di questo
Papa è quella di privilegiare ciò che è sostanziale, informale, esistenziale,
esigente. Portiamo alcuni esempi.
Nella funzione come Vescovo di
Roma, ridotti al minimo i ricordi di quella che fu la lunga stagione del potere
istituzionale assoluto, egli cerca di raggiungere la sostanza cominciando
dall’applicare l’idea di chiesa che esprime S. Ignazio di Antiochia nel saluto
e nel cap. IX della Lettera ai romani. La “agàpe” ha qui un significato
pregnante sovralocale: la chiesa che nella
regione dei romani è presidente della carità (cioè dell’insieme della
chiese); in assenza di Ignazio che è condotto incatenato a Roma la chiesa di
Antiochia ha come vescovo Gesù Cristo e la vostra carità (la comunità che ha a
cuore la sorte di altre chiese); vi saluta la carità delle chiese (l’insieme
delle chiese che mi accolgono durante il viaggio). Da notare che non si parla qui
di un vescovo monarchico a Roma, mentre nelle sue lettere Ignazio ci presenta l’epifania
del vescovo locale.
Certamente il modo di esercitare i poteri papali è cambiato. Mettiamo a
confronto la frase che avrebbe detto Pio IX - a chi gli obiettava che la
tradizione non è concorde sull’infallibilità – “La tradizione sono io!”, con la
frase di Papa Francesco sull’aereo che lo riportava da Rio in Italia: “Chi sono
io per giudicare?”
Il vecchio concetto di Sommo
Pontefice assumeva i titoli che spettano a Cristo, se non addirittura a Dio.
Quanto tempo è passato da quando si faceva il voto di “morire per il Papa” (ma i martiri del Messico morivano gridando
“Viva Cristo Re”), o si scriveva un’espressione certamente esorbitante, citata
persino da Don Bosco: “Il Papa è Dio sulla terra…Gesù ha collocato il Papa al
livello stesso di Dio” (duramente criticata in un documento preparatorio al
Vaticano II inviato dal Santo Sinodo della Chiesa greco-melchita del Libano,
presieduto dall’enfant terrible del
Concilio, il patriarca Massimo IV); o quando il docente di Ecclesiologia
iniziava il corso dicendo: “Per sé si potrebbe dedurre tutto il trattato dal
‘Tu es Petrus’….”! Il canto della Gioventù cattolica – che faceva uso di parole
come falange, esercito, schiere, guerra -
aveva come ritornello “Bianco Padre, che da Roma ci sei meta (che per sé
spetta al Padre, come Omega), luce e guida (che nel vangelo secondo Giovanni
sono applicate a Cristo)…”.
A Papa Francesco interessano non
tanto le formule della preghiera, ma la preghiera “essenziale”, non tanto le
osservanze esteriori, quanto l’obbedienza del cuore; egli insegue il modello
ignaziano di Vescovo, cioè quello mistico piuttosto che giuridico.
A lui piace sottolineare non
tanto l’adesione intellettuale alle verità di fede (come per esempio nella
presentazione dell’evangelista Matteo), quanto il sentimento che esprime l’adesione vitale (come fa San Luca).
Per cui il codice basilare del Cristianesimo non è il Credo, ma la liturgia e
la vita morale.
Non basta per lui proclamare
ideologicamente la chiesa dei poveri, è necessario ritornare di fatto alla
chiesa povera.
Il suo pensiero è sostanziato di
Bibbia, ma egli usa nell’esprimerlo un linguaggio del “vissuto”, comprensibile
da ogni ascoltatore. Il messaggio della Bibbia, che per sua natura è
indirizzato a tutti, egli riesce a farlo arrivare personalmente a ciascuno
degli ascoltatori.
Tiene conto che in esegesi il
“metodo della storia delle forme”, attento alla formazione dei testi, non può
essere l’unico strumento per conoscere il messaggio biblico, ricercando invece
il senso sottostante nella globalità attuale dei testi e alla luce della grande
tradizione.
Tiene ben distinta la rivelazione
divina, che può essere interpreta meglio ma non sottoposta a un incessante
accrescimento dei contenuti (vedi il famoso pensiero di S. Giovanni della
Croce); nei confronti del nascere continuo di devozioni e scuole spirituali.
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