sabato 17 agosto 2013

Morte e riusrrezione in Cristo



LA MORTE: SUPREMO ATTO DI FEDE GRATUITA


La morte dell’uomo è un argomento di filosofia e di teologia; e nella rivelazione cristiana, è una nuova nascita sul modello del mistero pasquale di Morte-Risuscitamento. Per questo leggiamo l’argomento alla luce della fede.
Nella storia del pensiero occidentale abbiamo un arco che va da Platone a Heidegger. La sintesi del filosofo greco che ha fondato la metafisica parla di immortalità dell’anima, del vero “filo-sofo” (amante della sapienza) che desidera la morte come liberazione dal corpo, della vera vita che è solo nell’aldilà. In totale contrasto con lui, il filosofo tedesco ci pone davanti a un mistero che sconfina nel nihilismo: la morte  è il traguardo oltre il quale l’esistenza non c’è più, in quanto quest’ultima è nulla dei progetti, nulla di se stessa, e l’esistenza autentica dell’uomo è “essere-per-la morte”.
Un pensiero del card. Martini è profondo e coinvolgente: Dio non ci ha dato il dono di risorgere senza passare per la morte perché voleva ottenere da noi la piena “obbedienza della fede” (cfr Rm 16,26). Notiamo che la rivelazione cristiana più che concludere all’immortalità dell’anima (come ci induceva a pensare la nostra teologia tradizionale), annuncia la risurrezione dell’uomo, essere bidimensionale e unitario.

Il Dio ebraico-cristiano è “ricco di hesed we emet” (Es 34,6; Sal 86,15); cioè è Amore misericordioso e fedele (cfr Sal 31,6; 1Cor 1,9; 2Tm 2,13; 1Gv 4,8.16).
Nella fede  si distinguono due dimensioni:
a)      fides qua creditur, soggettiva e “attuale”, cioè fiducia, affidamento assoluto all’amore di Dio;
b)      ma anche fides quae creditur, oggettiva e contenutistica, cioè adesione intellettuale e vitale, accettazione totale di quanto Dio ci rivela e comunica.

La fede fiducia è “prova (o certezza: élenchos) di ciò che non si vede” (Eb 11,1b). E’ diretta  verso Dio creatore (prima creazione) e padre. Interroga il nostro senso della vista, in quanto ci assicura della realtà delle cose che non abitano il nostro “spazio”.
Nella storia della Passione, che è il nucleo genetico dei vangeli, troviamo: “Padre, se vuoi, allontana questo calice da me. Tuttavia, non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Lc 22,42); inoltre con Paolo “siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo, e abitare presso il Signore” (2Cor 5,8)

In dimensione escatologica, la fede teologica è “fondamento (o garanzia: hypòstasis) di ciò che si spera” (Eb 11,1a; cfr v. 6). E’ obbedienza alla parola di Cristo, salvatore escatologico (nella nuova creazione: cfr 2Cor 5,17; Gal 6,15). Impegna il senso dell’udito (“Fides ex auditu”: Rm 10,17), in quanto ci assicura della “durata” (uso questo termine tanto importante in Bergson) che non si estende entro questo nostro “tempo”.
Si possono citare: “In verità ti dico: Oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,43); “Saremo sempre col Signore” (1Ts 4,17); Aspettiamo “l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza siamo stati salvati (…); se speriamo quello che non vediamo (costatiamo coi sensi), lo attendiamo con perseveranza” (Rm 8,23-25); “Se Cristo non è risorto, (….) è vuota la vostra fede” (1Cor 15,14); “ Colui che ha risuscitato il Signore Gesù risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi” (2Cor 4,14; cfr Rm 8,11); “Il Signore Gesù Cristo trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso” (Fil 3,20s); “Sappiamo che quando egli (Cristo) si sarà manifestato, saremo simili a lui” (1Gv 3,2).

Dobbiamo concepire la “nuova nascita” come realizzata in tre tappe. Se siamo abituati a parlare di un lungo percorso evolutivo del cosmo nel quale viviamo, non possiamo rifiutare la proposta di un graduale movimento evolutivo soprannaturale (ma non a-cosmico). Non dobbiamo meravigliarci se troviamo difficile raffigurarci quel futuro promesso nel quale abiteremo per l’eternità; noi infatti quaggiù non conosciamo per visione, ma per fede (cfr 2Cor 5,7).
Prima fase: nel Battesimo, sacramento della fede (cfr Gv 6,40.47: “Chi crede ha la vita eterna”, cioè divina) e nell’Eucaristia (Gv 6,54: Chi mangia… ha la vita eterna….”).
Seconda fase: nella morte. Nella letteratura agiografica la morte spesso è chiamata “nascita al cielo”. Ora la nascita comporta per la madre prima il dolore e infine la gioia. (cfr Gv 16,21). Così “le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi (….) Tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. (…) Anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando la (definitiva) adozione a figli” (Rm 8,18.22s). In questa seconda fase dobbiamo passare attraverso i dolori della morte, che subì anche Gesù, in attesa della gioia senza fine. Mentre veniamo privati della relazione col cosmo e con i suoi abitanti, andiamo incontro “in alto” (cfr 1Ts 4,17) al Cristo risorto, il Vivente per sempre (cfr Rm 6,9). Avremo piena comunicazione (visione e comunione) con Dio e col Cristo uomo, munito per sempre del suo corpo, benché glorificato. La Scrittura usa le metafore della luce (“Alla tua luce vediamo la luce”: Sal 36,10; “La lampada è l’Agnello: Ap 21,23) e del banchetto escatologico (Is 25,6; Ap 19,9).
Terza fase: nella risurrezione universale (“Chi crede / mangia…io lo risusciterò nell’ultimo giorno”: Gv 6,40.54). Entreremo in contatto col corpo ecclesiale del Cristo risorto, la Chiesa celeste. Là avremo nuovo cielo e nuova terra (Ap 21,1  che cita Is 65,17), avremo un rapporto del tutto nuovo col cosmo, esisteremo nel mondo escatologicamente e totalmente trasfigurato dallo Spirito.
A queste tre fasi inoltre è possibile accostare rispettivamente ciascuna delle tre virtù Fede Speranza Carità.

Un pensiero riassuntivo può essere quello di Paolo sulla cristologia del Battesimo, il sacramento della fede: “Se siamo stati intimamente uniti a lui (Cristo) a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione” (….) Se siamo morti con Cristo, crediamo anche che vivremo con lui” (Rm 6,5.8).
Concludendo: la fede fiduciale ha per modello la Morte di Cristo (offerta al Padre); quella teologica trova fondamento nel suo Risuscitamento (risposta del Padre).

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