La storia secolarizzata, auto-distruzione
dell’uomo
I
La miscredenza
del nostro tempo ha de-escatologicizzato la storia. Questo forma di
immanentismo non solo impedisce di comprendere Dio, ma raggiunge con questa
lacuna anche l’uomo.
E’ efficace
l’affermazione del giovane K. Barth: “Un cristianesimo che non è in tutto e per
tutto e senza residui escatologia, non ha nulla da fare con Cristo”. Ogni
cristologia deve quindi essere fondata sull’escatologia. Soprattutto
perché il momento centrale della “storia della salvezza” cristiana è da porsi
inequivocabilmente, più che nell’Incarnazione, nella Risurrezione dell’uomo
Gesù.
Quello che fu
il messaggio centrale della predicazione galilaica di Gesù, il Regno
veniente/venuto di Dio – che un certo fondamentalismo di bassa catechesi
riassumeva nell’equazione Regnum Dei =
vita aeterna - viene svuotato con la riduzione al “regnum hominis”.
Lamentiamo con
ciò la secolarizzazione (o se si vuole: de-mitizzazione) della FEDE:
crediamo non più nel Dio della tradizione ebraico-cristiana, ma nell’Uomo,
idolo della modernità imbevuta di quella forma di illuminismo che è
anti-religioso (“deismo” di Voltaire) e anti-cristiano (riduzione a una
unilaterale secolarizzazione della Bibbia – prima ritenuta solo parola di Dio,
ora solo parola dell’uomo - che è stata oggettivamente ottenuta
dall’ipercriticismo razionalista protestante)
Il pensiero
cristiano, che volgeva gli occhi e la preghiera in alto (trascendenza), declina verso un immanentismo più o meno
dichiarato
Il fine della
vita dell’uomo era la “beatitudine” (rapporti ottimali con Dio e con gli
altri, in questa e in un’altra vita), vera forma completa di felicità; oggi per
molti non è più così
II
La
de-escatologizzazione ha portato a due luccicanti “vicoli ciechi”
nell’antropologia.
Il primo
“vicolo” - guardando al futuro, che
è nelle mani dell’uomo, più che all’avvento, che è nelle mani di Dio -
distrugge il contenuto proprio della virtù della SPERANZA. Fidando nella
“rivoluzione” sociale, e individuando nella propria operosità una missione
che promette una non facilmente raggiungibile uguaglianza economica,
corre verso il “sol dell’avvenir” (marxismo, o comunismo). Vedi un esempio in E. Bloch
Il “vicolo”
opposto – guardando al presente
della società di fatto esistente – distrugge il proprium della virtù della CARITA’, che ha come fine la
comunicazione (diffusione) di beni spirituali e materiali.. Fidando nelle
dottrine (economiche) del consumismo e
nelle tecnologie per produrre una ricchezza sempre maggiore, e concependo la vita
come godimento egoistico, alla ricerca del benessere materiale riservato
ad una élite di pochi fortunati e dei potentati economici sovranazionali
(liberismo esasperato).
Il messianismo
secolarizzato ha perso - oltre quello del “già” (Risurrezione di Cristo)
all’interno del “tempo messianico” – anche il valore del “non ancora”, che
verrà (“avvento”) nella risurrezione universale e nel dono della vita eterna.
Ha persino
demolito la triade delle virtù cristiane per eccellenza: Fede, Speranza, Carità.
Di conseguenza mostra molta stima per il raggiungere, il possedere, il
dominare, e poca nel ricevere, nel
donare, nell’amare.
In quale
misura si sono nel concreto realizzate la promessa di giustizia sociale, da una
parte, e la generale condivisione di beni materiali, dall’altra? Ma la domanda
basilare è: possiamo dire che nel XXI secolo gli individui e la società umana
abbiano raggiunto la vera “beatitudine” prospettata nell’evangelico “discorso
della montagna”?
Cosa
possiamo aspettarci dalla indiscutibilmente imposta riduzione scientista
dell’uomo a una macchina deterministicamente congegnata, a un’aquila cui sono
state tarpate le ali per volare liberamente nell’immensità del cielo?
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