domenica 16 giugno 2013

Quale "uomo nuovo"?



La storia secolarizzata, auto-distruzione dell’uomo

I
La miscredenza del nostro tempo ha de-escatologicizzato la storia. Questo forma di immanentismo non solo impedisce di comprendere Dio, ma raggiunge con questa lacuna anche l’uomo.
E’ efficace l’affermazione del giovane K. Barth: “Un cristianesimo che non è in tutto e per tutto e senza residui escatologia, non ha nulla da fare con Cristo”. Ogni cristologia deve quindi essere fondata sull’escatologia.  Soprattutto perché il momento centrale della “storia della salvezza” cristiana è da porsi inequivocabilmente, più che nell’Incarnazione, nella Risurrezione dell’uomo Gesù.

Quello che fu il messaggio centrale della predicazione galilaica di Gesù, il Regno veniente/venuto di Dio – che un certo fondamentalismo di bassa catechesi riassumeva nell’equazione Regnum Dei = vita aeterna - viene svuotato con la riduzione al “regnum hominis”.
Lamentiamo con ciò la secolarizzazione (o se si vuole: de-mitizzazione) della FEDE: crediamo non più nel Dio della tradizione ebraico-cristiana, ma nell’Uomo, idolo della modernità imbevuta di quella forma di illuminismo che è anti-religioso (“deismo” di Voltaire) e anti-cristiano (riduzione a una unilaterale secolarizzazione della Bibbia – prima ritenuta solo parola di Dio, ora solo parola dell’uomo - che è stata oggettivamente ottenuta dall’ipercriticismo razionalista protestante)

Il pensiero cristiano, che volgeva gli occhi e la preghiera in alto (trascendenza), declina verso un immanentismo più o meno dichiarato
Il fine della vita dell’uomo era la “beatitudine” (rapporti ottimali con Dio e con gli altri, in questa e in un’altra vita), vera forma completa di felicità; oggi per molti non è più così

II
La de-escatologizzazione ha portato a due luccicanti “vicoli ciechi” nell’antropologia.

Il primo “vicolo” - guardando al futuro, che è nelle mani dell’uomo, più che all’avvento, che è nelle mani di Dio - distrugge il contenuto proprio della virtù della SPERANZA. Fidando nella “rivoluzione” sociale, e individuando nella propria operosità una missione che promette una non facilmente raggiungibile uguaglianza economica, corre verso il “sol dell’avvenir” (marxismo, o comunismo). Vedi un esempio in E. Bloch

Il “vicolo” opposto – guardando al presente della società di fatto esistente – distrugge il proprium della virtù della CARITA’, che ha come fine la comunicazione (diffusione) di beni spirituali e materiali.. Fidando nelle dottrine (economiche) del consumismo e nelle tecnologie per produrre una ricchezza sempre maggiore, e concependo la vita come godimento egoistico, alla ricerca del benessere materiale riservato ad una élite di pochi fortunati e dei potentati economici sovranazionali (liberismo esasperato).

Il messianismo secolarizzato ha perso - oltre quello del “già” (Risurrezione di Cristo) all’interno del “tempo messianico” – anche il valore del “non ancora”, che verrà (“avvento”) nella risurrezione universale e nel dono della vita eterna.
Ha persino demolito la triade delle virtù cristiane per eccellenza: Fede, Speranza, Carità. Di conseguenza mostra molta stima per il raggiungere, il possedere, il dominare, e poca  nel ricevere, nel donare, nell’amare.
In quale misura si sono nel concreto realizzate la promessa di giustizia sociale, da una parte, e la generale condivisione di beni materiali, dall’altra? Ma la domanda basilare è: possiamo dire che nel XXI secolo gli individui e la società umana abbiano raggiunto la vera “beatitudine” prospettata nell’evangelico “discorso della montagna”?

            Cosa possiamo aspettarci dalla indiscutibilmente imposta riduzione scientista dell’uomo a una macchina deterministicamente congegnata, a un’aquila cui sono state tarpate le ali per volare liberamente nell’immensità del cielo?

Nessun commento:

Posta un commento