domenica 5 maggio 2013

Il Mistero pasquale al centro dell'Apocalisse


LA SIMBOLIZZAZIONE APOCALITTICA DEL MISTERO PASQUALE


Tenendo conto che l’Apocalisse di Giovanni non è un canto terrorizzante che pronostica la fine catastrofica della storia, ma una Cristologia espressa nel linguaggio apocalittico, cerchiamo di individuare il significato fondamentale della pagina cruciale e misteriosa di Ap 12-13.

Chiunque sia l‘autore del libro di scuola giovannea (o “circolo giovanneo”), teniamo conto che Giovanni non mostra interesse alla nascita del Cristo.
Nella teologia attuale, che segue il meglio della teologia biblica, il centro della storia della salvezza non è più indiscutibilmente l’Incarnazione, ma il Mistero pasquale; verso il quale tende tutta l’attesa iniziata coll’esodo ebraico, e a partire da esso si estende tutta la vita della Chiesa. Nella morte di Cristo infatti, secondo Giovanni, viene “consegnato” lo Spirito, del quale la Chiesa è ‘sacramento’ (W. Kasper), e viene effuso “sangue e acqua”, simbolo dei sacramenti della Chiesa; secondo la liturgia poi “ex corde scisso Ecclesia Christo iugata nascitur”.
Il fondamentale annuncio cristiano non è contenuto tanto nei vangeli dell’infanzia (Lc 2,10), quanto nel “vangelo” della Morte-Risurrezione (1Cor 11.26; Mt 28,8.10; At 2,22-24; 10,39-40). Forse proprio per questo il brano della Genesi, che citeremo come preconio del Mistero pasquale, è chiamato “proto-vangelo”.
La salvezza non ci è data soprattutto dal “contatto” fra l’umano e il divino, ma coll’autodonazione totale di Gesù per l’umanità (Mc 10,45; Eb 9,14) e coll’effusione dello Spirito di vita su Gesù e su di noi da parte di Dio Padre (At 2,33).


PRINCIPALE TESTO DI RIFERIMENTO

La Donna, che era stata ingannata dal Serpente (Gen 3,13), attraverso la propria discendenza  riporterà la vittoria finale su di lui.

Schematizzazione di Gen 3,15
Ci sarà per tutta la storia una lotta fra il Serpente e la Donna,
fra la discendenza dell’uno e la discendenza dell’altra;
questa discendenza colpirà mortalmente il Serpente
mentre il Serpente la colpirà (non definitivamente).
“Discendenza”: è un nome maschile in ebraico (un neutro in greco: spérma; che ritornerà in molti testi connessi nel NT che qui citeremo)
“Questa”: è un pronome maschile in ebraico; tradotto inaspettatamente con un maschile in greco (forse per indicare il Messia) e con un femminile in latino (deviando l’interpretazione sulla Madre del Messia)
“Colpire”: è il significato ebraico dei verbi in ambedue i casi, mentre è diversa la sorte del colpire al tallone o al capo.


PREMESSE

            I - Linguaggio e messaggio

La pagina del libro più “strano” della Bibbia ci fa distinguere:
  • l’apocalittica: il modo di parlare e di pensare (genere letterario) che comporta, più che le idee, l’immaginazione (con sovrabbondanza di simboli e allegorie); più che la successione, la sovrapposizione dei tempi e degli scenari
  • l’escatologia: la considerazione di un centro unico della storia, il Mistero pasquale, che, mentre la divide in due linee (prima e dopo), la sintetizza e la realizza pienamente.

Per preavvisarci che il libro attribuito a Giovanni usa uno stile assolutamente estraneo alla nostra mentalità greco-razionale, così comincia il suo interessante  studio A. Corsini: “Può darsi che sia vero, come ebbe a dire un bello spirito in vena di illuministici entusiasmi, che occuparsi dell’Apocalisse sia segno di non perfetto equilibrio mentale”.  Sarebbe come nel caso di chi dichiara incomprensibile la scrittura ideografica cinese perché non ha voglia di affrontare la fatica dello studio di quella lingua. Si deve piuttosto ascoltare l’invito di Dante: “Mirate la dottrina che s’asconde / sotto ‘l velame de li versi strani” (Inferno 9,62s).
Ma non possiamo accettare la tesi forte del teologo E. Kaesemann dei primi decenni: “L’apocalittica è la ‘madre’ di ogni teologia cristiana” (sarebbe stato meglio scrivere: la ‘pedagoga’). Perché altro è il rivestimento crono-culturale e altra la struttura concettuale portante della nostra fede, che si trova solo nell’escatologia.

            II- Personaggi e simboli

I personaggi (o figure) principali sono: la Donna, il Figlio, il Drago, la prima Bestia e la seconda.

 1 - Nella figura della Donna si possono leggere
a) biblicamente, i profili del Popolo di Dio nelle due fasi della storia: Comunità delle prime alleanze (soprattutto di quella con Davide: 1Cr 17) e Comunità della “nuova ed eterna alleanza” (cfr Eb 8) iniziata nel Mistero pasquale; due fasi richiamate dalla corona di dodici stelle (nel primo caso, anche dalla menzione di Michele e dai riferimenti all’esodo dall’Egitto); quindi possiamo dire che la Donna è simbolo del Popolo di Dio, iniziato sia in Abramo, sia in Cristo;
b)  nella tradizione, il profilo di Maria, madre del Messia e della sua Chiesa

E’ possibile trovare una conferma di questa interpretazione della duplice esistenza del Popolo di Dio nella descrizione che verso la fine del libro (21,2.9-10.12.14) viene data della città santa, la Gerusalemme messianica: “Vieni, ti mostrerò la promessa sposa, la sposa dell’Agnello (….) Su dodici porte stanno i nomi scritti delle dodici tribù dei figli d’Israele (….) Su dodici basamenti sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello”.
La Donna con la sua discendenza fa pensare infine al titolo, caro ai Padri, di “Chiesa madre”

2 - Il Drago è chiamato anche serpente, diavolo e Satana (e forse questi quattro nomi significano la “disunione”, che è l’opposto di ekklesìa, koinonìa)
Il Drago che getta le stelle sulla terra mostra il suo potere universale; ma il Drago precipitato sulla terra significa il castigo del contrappasso.

3 - Il deserto nella Bibbia è simbolo del rifugio e della comunione con Dio e insieme il luogo della prova della nostra fedeltà all’alleanza con Dio

.           III - Il contenuto dei testi

Il contenuto è escatologico, ma espresso nel genere letterario apocalittico

Teniamo conto della felice sintesi di O. Cullmann, in riferimento al Mistero pasquale: “Il centro (della storia della salvezza) è raggiunto, ma la fine deve ancora venire. Così, per servirci di un esempio, la battaglia decisiva di una guerra può aver luogo in una fase relativamente iniziale di questa (….) La guerra ha da essere ancora proseguita per un tempo indeterminato sino al Victory Day” (Cristo e il tempo, Il Mulino, Bologna 1965, 109).
I tempi escatologici sono presenti già nella nostra storia (cfr 1Cor 7,26; Ef 5,16; 6,13; 1Tm 4,1; Gc 5,3; 1Gv 2,18; 4,1.3; 2Gv,7)
L’avvento della dimensione escatologica della storia si ha in due momenti scelti da Dio (kairòi): nel “già” e nel “non ancora”; il Regno nei vangeli sinottici è predicato non solo come veniente, ma anche come venuto. La vittoria definitiva su peccato, dolore e morte si avrà soltanto alla conclusione della storia, coll’instaurazione del Regno di Dio che non avrà fine (1Cor 15,28)
Alla fine della storia, è preannunciata la “grande tentazione escatologica” (vedi il discorso escatologico di Mc 13; 2Ts 2; Ap 19,11 – 20.15), in una assoluta concentrazione retroattiva della storia. Per questo Gesù parla dei dolori del parto (Gv 16,21-22)


SCHEMATIZZAZIONE PROPOSTA

Il testo biblico si può dividere in due grandi scenari:
  • Scena in cielo (12,1-12): la storia come è vista con gli occhi di Dio
  • Scena in terra (12,13 -13,18): la storia come è realizzata agli occhi dell’osservatore

Quadro A (12,1-6)

a) La Donna del v. 1 è il Popolo di Dio dell’alleanza storica con Israele (AT); la quale genera il Messia “secondo la carne” (cfr Rm 1,3)
b) Di questa Donna è immagine Maria, come figlia del Popolo d’Israele e come madre del Messia

I - Scena madre: il Mistero pasquale di Morte ed Ascensione-Risuscitamento

Il Messia, figlio del Popolo d’Israele e di Maria è escatologicamente “rivelato” (vedi il significato di apokàlypsis) e “costituito” nel Mistero pasquale, vero “passaggio” dalla morte alla vita.
a) Morte: conclusione dell’esistenza storica di Gesù
La Donna sta per esprimere il Messia: “Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto” (12,2); “Essa partorì  un figlio maschio…” (12,5)
Un Drago potente (12,3-4: “Un enorme drago rosso (….) la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo….”; 12,9: “Il grande drago (….) seduce tutta la terra abitata”)
Il Drago minaccia di eliminare con la morte (divorare) il Messia:”Il drago si pose davanti alla donna (…) in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito” (12,4)

b) Risuscitamento: inizio della realtà escatologica (definitiva) per il Messia Gesù e per la sua Comunità
Questa “assunzione” è la sottrazione allo sheol (cfr At 2,24.27.31), che costituisce Gesù come Messia secondo lo Spirito (Rm 1,4): “Il figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono” (12,5). Per questo Luca parla di “essere tolto” (cfr Lc 24,51; At 1,9-10) a differenza di Matteo che vede il Cristo sempre con noi (Mt 28,20).

L’Apocalisse (5,6) usando un’immagine plastica fa la sintesi dei due momenti: l’Agnello è ritto in piedi, benché sgozzato

II – Richiami biblici al Mistero pasquale
Il “Servo di YHWH” in Isaia può essere visto come un modello della vicenda dolorosa ma salvifica dell’Agnello: sofferenza (12,14; 53,2-3.7-8), sofferenza vicaria (12,4-6.11.12), sofferenza riscattatrice di se stesso (52,13;  53,11) e redentrice della posterità (53,10.12)

Il trionfo di Cristo Agnello (cfr il IV vangelo) sconfigge e detronizza (cfr Is 14,15) il Drago (cfr Lc 10,18), mediante il sacrificio della sua vita (sangue) e la “martyrìa” dei suoi discepoli. E’ la costante legge della storia della salvezza: mentre l’uomo s’insuperbisce nella sua auto-deificazione (vedi il “salirò fino al cielo” di Is  14,13; vedi all’opposto il “salgo al Padre mio” di Gv 20,17), il piano di Dio si realizza nell’esaltazione del più mite e umile degli animali, l’agnello (sembra di sentire qui un’eco dell’inno proto-cristiano di Fil 2,6-11)

Il simbolico cap. 12 di Giovanni, riassuntivo del dramma del Getsemani, ci fa comprendere come la morte e il sottrarsi al nostro sguardo (vv. 24. 36) di Gesù sono seguiti dalla sua glorificazione-elevazione (vv. 23. 28. 32) e dall’espulsione di Satana (v. 31)

III - Frutto del Mistero pasquale
La Donna a partire dal v. 6 è il Popolo dell’alleanza escatologica, definitiva, cioè il Popolo di Dio in Cristo, nato col Mistero pasquale, costituito dall’insieme dei credenti sia provenienti dall’ebraismo sia dal paganesimo; la Comunità del Messia, pellegrinante e perseguitata sulla terra, ma anche da Dio resa invincibile, in quanto sottratta da Dio ad ogni “colpo” mortale (cfr Mt 16,18)
San Paolo ci insegna infatti che la Chiesa di Cristo è a pieno titolo Popolo di Dio, come lo è il Popolo delle prime alleanze (Rm 9,4-8; Gal 3,6.29; 4,28, 6,16)
“La donna fuggì nel deserto dove Dio le ha preparato un rifugio perché vi fosse nutrita….” (12,.6; vedi la ripresa nell’esecuzione sulla terra nel v. 14)

Quadro B (vv. 7-12)

In questa scena la lotta tra la Donna e il Serpente genesiaco è letta come la lotta tra Michele e il Drago e tra gli angeli dell’uno e dell’altro.
Nella mentalità della Bibbia Michele, il capo del Popolo d’Israele (Dn 10,21; 12,1), viene visto anche come rappresentante di questo, quasi ricorrendo alla struttura di pensiero semitico che si chiama “personalità corporativa”. Gli angeli “combattenti” sono facilmente avvicinabili alle due “discendenze” di cui parla Gen 3,15

a) Come conseguenza della vittoria del Messia, il Drago è detronizzato e scagliato sulla terra: “Il grande drago (….) fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli” (12,7-9)

b) La scena è riferita anche in un solenne cantico (12,10-12) - paragonabile al “coro” della tragedia greca – che echeggia con mille armonici come nella cupola di una cattedrale gotica.

E’ una pericope importante perché compaiono i due titoli: Cristo e Agnello. Inoltre i “fratelli” cristiani vincono il Drago con la loro martyrìa fino alla morte

“Guai a voi, terra e mare” (12,12) sembra essere un’anticipata minaccia delle lotte provocate dalla duplice Bestia, quella del mare e quella della terra (c. 13). Vi si può vedere anche, nel processo e condanna a morte di Gesù (riportato da tutti gli evangeli), l’aiuto prestato a Satana dal potere politico e religioso.

La liturgia latina ha ripresentato questo dramma nella sequenza “Victimae paschali”: Mors et vita duello conflixere mirando.

Quadro C (vv. 13-17)

a) Sulla terra si realizza storicamente la vicenda descritta nei quadri precedenti.
Il Drago perseguita la Donna - intesa come la Comunità del Popolo dell’alleanza definitiva (12,13-16) – ma non può inferirle il “colpo” mortale, in quanto protetta da Dio; devia allora la sua lotta contro “il resto della sua discendenza…..” (12,17), perseguitando cioè per tutta la storia i cristiani. (la cui martyrìa richiama quella vissuta dai “fratelli” (v. 11)

La comunità messianica, privata del suo Capo, si disperde, è perseguitata e trova rifugio nel deserto, dove viene nutrita da Dio (cfr ali in Es 19,4; Dt 32,11 e manna in Es 16)

b) Di questo Popolo cristiano Maria è stata proclamata madre dal Messia morente (cfr Gv 19,26-27). Colei che fu madre del “corpo” del Gesù terreno, col Mistero pasquale assume la missione di madre del “corpo” di Cristo che è la Chiesa.

Quadro D (12,18 – 13,18)

Secondo alcuni, il Drago forma la triade che si oppone a Cristo e alla Chiesa con due mostri, o “bestie”:
- la Bestia che viene dal mare, simbolo del potere politico dello stato (cfr 17,10-14), che può incarnarsi sia nell’impero romano (per cui la gematria – ebraico: gimatriah - interpreta il misterioso numero 666 con le lettere di “Cesare dio”, o simili), sia nel potere di Pilato esercitato nella condanna di Gesù;
- la Bestia che viene dalla terra, simbolo del potere religioso, che si incarna sia nell’idolatria imposta dall’impero romano (culto imperiale), sia nel potere del Sinedrio giudaico (falso profeta) esercitato nella condanna di Gesù; oppure in una nuova faccia del potere politico (questa bestia siede, o ha potere, sulla prima). L’autore sacro ci rassicura che l’auto-divinizzazione titanica dell’uomo è assurda in quanto la bestia, benché potente (qualcuno nella gematria interpreta le tre lettere numeriche come Titano), ha un numero d’uomo; e quindi alla fine sarà sottomessa da Cristo vincitore.

L’ineluttabilità della persecuzione nell’oscuro passo 13,9-10 fa pensare alla decisione inesorabile (in-exorabilis, non piegabile con suppliche) di Dio, tale da escludere l’efficacia della nostra preghiera (cfr Ger 15,2; 43,11). Dio lascia libero Satana per un lungo periodo della storia (Ap 20,7-8). La sconfitta del male e il trionfo finale del bene si avranno solo nel cielo (Ap 21-22).

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