domenica 7 aprile 2013

Teologia della Pasqua


LA PASQUA : DONO, SACRIFICIO E TRIONFO


Schema cronologico

                              SINOTTICI
                          GIOVANNI

GIOVEDI’
14 di Nisan (Primo d. Azzimi): VIGILIA della Pasqua
Sera (inizio del Venerdì): CENA pasquale (cfr. Cena pasquale dei giudei nelle case coll’Agnello (cfr. Es 12,8) [*] ) e arresto di Gesù


Sera (inizio del Venerdì): CENA di addio (o anche pasquale) e arresto di Gesù

VENERDI’
15 di Nisan: PASQUA
Mattino: Duplice condanna
Pomeriggio. Morte e seppellimento di Gesù

Sera (inizio del Sabato)
14 di Nisan: VIGILIA della Pasqua
Mattino: Duplice condanna
Pomeriggio: - Morte e seppellimento di Gesù (cfr. Immolazione degli agnelli nel Tempio)
Sera (inizio del Sabato): Cena pasquale dei giudei nelle case coll’Agnello

SABATO

Sera (inizio della “domenica”)
15 di Nisan: PASQUA (solenne Sabato)
Sera (inizio della “domenica”)

DOMENICA
Notte: Risurrezione
Mattino: Scoperta del sepolcro vuoto e apparizioni
Notte: Risurrezione
Mattino: Scoperta del sepolcro vuoto e apparizioni

[*] Oppure: immolazione degli agnelli (Dt 16,1-5: nel Tempio), seguendo l’usanza farisaica.

Alcune premesse

Gli autori si dividono sulla cronologia:
* R. Brown (insieme con J. Ratzinger, che segue J. Meier) preferisce Giovanni, in quanto i Sinottici supposero erroneamente che la Morte di Gesù fosse avvenuta il giorno della festa di Pasqua.
* Buona parte degli interpreti ritiene che Giovanni abbia posticipato “teologicamente” la Pasqua per far coincidere la Morte coll’immolazione degli agnelli nel Tempio.
* S. Barbaglia con complicati calcoli e accuratissime esegesi ipotizza la coincidenza della datazione dei Sinottici con quella di Giovanni, e colloca la Morte al Venerdì 15 di Nisan coincidente con la Pasqua, vigilia del Sabato.

E’ noto che il giorno liturgico dei giudei approssimativamente iniziava alle ore 18 della vigilia e terminava alle ore 18 del giorno seguente. Perciò la Cena e la Morte sono comprese in un unico giorno liturgico (venerdì); e l’intervallo tra Seppellimento e Scoperta del sepolcro vuoto va dal pomeriggio del venerdì al mattino della domenica, cioè approssimativamente un giorno e mezzo (ma nel computo degli antichi lo si esprimeva come “tre giorni”)

            Il significato antico della cena coll’agnello era quello delle usanze cultural-religiose dei pastori nomadi, senza riferimento al sacrificio. Questo riferimento apparirà esplicitamente con la riforma religiosa di Giosia (+ 609 a. C.), quando al sacrifico nell’unico Tempio di Gerusalemme si affianca la celebrazione nelle famiglie.

Riflessioni

La Pasqua è una festa molteplice che comprende tre facce in evidente interconnessione:
1 – Pasqua di donazione nell’amore durante la Cena: a) secondo i Sinottici: donazione di se stesso (corpo) e della vita (sangue); b) secondo Giovanni: donazione del servizio totale (Gv 13: lavanda dei piedi; cfr. Gv 21: pascere il gregge)
2 – Pasqua di sangue sulla Croce: Gesù dona la propria vita (sangue) in sacrificio d’amore. “Cristo nostra Pasqua è stato immolato” (1Cor 5,7)
3 – Pasqua di luce nella Risurrezione, cioè nel giorno del Kyrios (1,10): dona se stesso come Signore perenne alla Chiesa, al mondo e alla storia (nuova creazione). Nell’Apocalisse (di Giovanni), che descrive il trionfo della luce, Cristo si presenta avvolto nei segni della luce (1,14-16) e come Agnello immolato ma ritto in piedi (5,6.12; cfr. le ferite del Risorto in Gv 20)
NB. - Il Sabato è trascorso nel silenzio assoluto, come misterioso iato (parola usata, sebbene con applicazione diversa, da H. Von Balthasar trattando del mistero pasquale) tra storia e metastoria.

L’Agnello è presentato in connessione nei tre momenti:
1 – Come cibo-bevanda nella Cena del Giovedì: Morte sacramentalmente anticipata: a) nei Sinottici, dove Gesù dichiara: Questo sono io che vi dono la mia vita; b) in 1Cor, dove la Cena è offerta per dare in testamento alla comunità il comandamento dello “stare insieme” senza divisioni (11,20,33; cfr. Gv 17 sul dono essenziale dell’unità, e l’homothymadòn che ricorre ben dieci volte negli Atti) e per collegarla per sempre  alla Morte (11,26)
2 – Come Vittima del sacrificio sulla Croce celebrato il Venerdì: Morte dell’Agnello (Gv 19) realmente effettuata; tenuto conto dell’attenzione del quarto evangelista alla funzione sacerdotale
3 – Come Signore nella gloria (Apocalisse) con inizio nella Domenica
NB. – E’ possibile considerare Morte e Risurrezione (corrispondenti in Eb 9 a effusione del Sangue e ingresso nel Cielo) come il Sacrificio reale effettivo, sacerdotale.

Come possiamo partecipare nella nostra esistenza di cristiani ai tre “passaggi” della Pasqua? Troviamo la risposta, desumibile dall’epistolario paolino che ci introduce nella teologia dei sacramenti eminentemente pasquali, cioè il Battesimo e l’Eucaristia:
-         Siamo chiamati a partecipare alla natura divina nella Chiesa, “corpo di Cristo”
-         Moriamo in Cristo, redenti dal suo Sangue
-         Siamo risuscitati con Lui, che è la nostra Vita.

Nell’Eucaristia sono concentrate le tre funzioni di Cristo:
  • Nell’Ultima cena, Cristo è presente, come Maestro di vita (Servo) e di fede (Verità) nel suo insegnamento (Gv), come Cibo e Vita nel suo Convito “nuovo” (Sinottici)
  • Nella Morte in Croce, è presente come Redentore della Chiesa e Sacerdote-Vittima del Sacrificio
  • Nello stato di Risorto è perennemente presente e adorato come Signore del mondo e della storia.

Precisazioni

Perché diamo per probabile la qualifica di pasquale alla Cena riportata nel vangelo di Giovanni? Molti ammettono che il cap. 6 di Giovanni (più precisamente nei vv. 51-56) sia da considerare il suo nuovo modo simbolico per fare teologia dell’Eucaristia, già espressa da altri in quattro “racconti”:
- In Gv 6,4 il discorso del Pane della vita è inquadrato nella “festa” (= Pasqua) , che è la seconda delle quattro pasque ricordate da Giovanni
- Il grande discorso si fonda sul riferimento alla manna, il “pane dal cielo”, che simbolicamente conduce all’Eucaristia
- In esso diviene centrale il concetto di donazione della “carne/sangue”, come nell’Eucaristia, coll’aggiunta del “frutto” costituito dalla vita “eterna” (divina) e dalla risurrezione finale.

Perché la Chiesa celebra comunitariamente l’Eucaristia non il giovedì ma la domenica? Risponde J. Ratzinger:”Ciò che la Chiesa celebra nella Messa non è l’ultima cena (ebraica), ma ciò che il Signore, durante l’ultima cena, ha istituito ed affidato alla Chiesa: la memoria della sua morte sacrificale”. Egli inoltre afferma che noi celebriamo nel “primo giorno della settimana” perché “il dono di Gesù è essenzialmente un dono radicato nella risurrezione” e perché “il primo incontro con il Risorto era avvenuto il mattino del primo giorno della settimana”. E da Dominus-Signore deriva “dies dominica”; che è “il giorno del Kyrios nella sua Chiesa e della Chiesa nel suo Kyrios” (J. Tillard).
Notiamo un’analogia: anche il Battesimo cristiano è qualcosa di molto diverso dal rito battesimale di Giovanni.

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