LA
PASQUA : DONO,
SACRIFICIO E TRIONFO
Schema cronologico
SINOTTICI
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GIOVANNI
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GIOVEDI’
14 di Nisan
(Primo d. Azzimi): VIGILIA della Pasqua
Sera (inizio del
Venerdì): CENA pasquale (cfr. Cena pasquale dei giudei nelle case
coll’Agnello (cfr. Es 12,8) [*] ) e arresto di Gesù
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Sera (inizio del
Venerdì): CENA di addio (o anche pasquale) e arresto di Gesù
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VENERDI’
15 di Nisan: PASQUA
Mattino: Duplice
condanna
Pomeriggio.
Morte e seppellimento di Gesù
Sera (inizio del
Sabato)
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14 di Nisan: VIGILIA
della Pasqua
Mattino: Duplice
condanna
Pomeriggio: - Morte
e seppellimento di Gesù (cfr. Immolazione degli agnelli nel Tempio)
Sera (inizio del
Sabato): Cena pasquale dei giudei nelle case coll’Agnello
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SABATO
Sera (inizio
della “domenica”)
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15 di Nisan: PASQUA
(solenne Sabato)
Sera (inizio
della “domenica”)
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DOMENICA
Notte:
Risurrezione
Mattino:
Scoperta del sepolcro vuoto e apparizioni
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Notte:
Risurrezione
Mattino:
Scoperta del sepolcro vuoto e apparizioni
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[*] Oppure: immolazione degli agnelli (Dt 16,1-5: nel
Tempio), seguendo l’usanza farisaica.
Alcune premesse
Gli autori si
dividono sulla cronologia:
* R. Brown (insieme con J.
Ratzinger, che segue J. Meier) preferisce Giovanni, in quanto i Sinottici supposero
erroneamente che la Morte
di Gesù fosse avvenuta il giorno della festa di Pasqua.
* Buona parte degli interpreti
ritiene che Giovanni abbia posticipato “teologicamente” la Pasqua per far coincidere la Morte coll’immolazione degli
agnelli nel Tempio.
* S. Barbaglia con complicati
calcoli e accuratissime esegesi ipotizza la coincidenza della datazione dei
Sinottici con quella di Giovanni, e colloca la Morte al Venerdì 15 di Nisan coincidente con la Pasqua, vigilia del Sabato.
E’ noto che il
giorno liturgico dei giudei approssimativamente iniziava alle ore 18 della
vigilia e terminava alle ore 18 del giorno seguente. Perciò la Cena e la Morte sono comprese in un
unico giorno liturgico (venerdì); e l’intervallo tra Seppellimento e Scoperta
del sepolcro vuoto va dal pomeriggio del venerdì al mattino della domenica,
cioè approssimativamente un giorno e mezzo (ma nel computo degli antichi lo si
esprimeva come “tre giorni”)
Il
significato antico della cena coll’agnello era quello delle usanze cultural-religiose
dei pastori nomadi, senza riferimento al sacrificio. Questo riferimento
apparirà esplicitamente con la riforma religiosa di Giosia (+ 609 a. C.), quando al
sacrifico nell’unico Tempio di Gerusalemme si affianca la celebrazione nelle
famiglie.
Riflessioni
La Pasqua è una festa
molteplice che comprende tre facce in evidente interconnessione:
1 – Pasqua di donazione
nell’amore durante la Cena:
a) secondo i Sinottici: donazione di se stesso (corpo) e della vita (sangue); b)
secondo Giovanni: donazione del servizio totale (Gv 13: lavanda dei piedi; cfr.
Gv 21: pascere il gregge)
2 – Pasqua di sangue
sulla Croce: Gesù dona la propria vita (sangue) in sacrificio d’amore.
“Cristo nostra Pasqua è stato immolato” (1Cor 5,7)
3 – Pasqua di luce
nella Risurrezione, cioè nel giorno del Kyrios (1,10): dona se stesso come
Signore perenne alla Chiesa, al mondo e alla storia (nuova creazione).
Nell’Apocalisse (di Giovanni), che descrive il trionfo della luce,
Cristo si presenta avvolto nei segni della luce (1,14-16) e come Agnello
immolato ma ritto in piedi (5,6.12; cfr. le ferite del Risorto in Gv 20)
NB. - Il
Sabato è trascorso nel silenzio assoluto, come misterioso iato (parola usata,
sebbene con applicazione diversa, da H. Von Balthasar trattando del mistero
pasquale) tra storia e metastoria.
L’Agnello è presentato in
connessione nei tre momenti:
1 – Come cibo-bevanda
nella Cena del Giovedì: Morte sacramentalmente
anticipata: a) nei Sinottici, dove Gesù dichiara: Questo sono io che vi dono la
mia vita; b) in 1Cor, dove la
Cena è offerta per dare in testamento alla comunità il
comandamento dello “stare insieme” senza divisioni (11,20,33; cfr. Gv 17 sul
dono essenziale dell’unità, e l’homothymadòn che ricorre ben dieci volte negli
Atti) e per collegarla per sempre alla
Morte (11,26)
2 – Come Vittima
del sacrificio sulla Croce celebrato il Venerdì: Morte dell’Agnello (Gv 19) realmente effettuata; tenuto conto
dell’attenzione del quarto evangelista alla funzione sacerdotale
3 – Come Signore
nella gloria (Apocalisse) con inizio nella Domenica
NB. – E’
possibile considerare Morte e Risurrezione (corrispondenti in Eb 9 a effusione del Sangue e
ingresso nel Cielo) come il Sacrificio reale
effettivo, sacerdotale.
Come possiamo partecipare nella
nostra esistenza di cristiani ai tre “passaggi” della Pasqua? Troviamo la
risposta, desumibile dall’epistolario paolino che ci introduce nella teologia
dei sacramenti eminentemente pasquali, cioè il Battesimo e l’Eucaristia:
-
Siamo chiamati a partecipare alla natura divina nella
Chiesa, “corpo di Cristo”
-
Moriamo in Cristo, redenti dal suo Sangue
-
Siamo risuscitati con Lui, che è la nostra Vita.
Nell’Eucaristia sono concentrate le tre funzioni di Cristo:
- Nell’Ultima cena, Cristo è presente, come Maestro di vita (Servo) e di fede (Verità) nel suo insegnamento (Gv), come Cibo e Vita nel suo Convito “nuovo” (Sinottici)
- Nella Morte in Croce, è presente come Redentore della Chiesa e Sacerdote-Vittima del Sacrificio
- Nello stato di Risorto è perennemente presente e adorato come Signore del mondo e della storia.
Precisazioni
Perché diamo
per probabile la qualifica di pasquale alla Cena riportata nel vangelo di
Giovanni? Molti ammettono che il cap. 6 di Giovanni (più precisamente nei vv.
51-56) sia da considerare il suo nuovo modo simbolico per fare teologia
dell’Eucaristia, già espressa da altri in quattro “racconti”:
- In Gv 6,4 il discorso del Pane
della vita è inquadrato nella “festa” (= Pasqua) , che è la seconda delle
quattro pasque ricordate da Giovanni
- Il grande discorso si fonda sul
riferimento alla manna, il “pane dal cielo”, che simbolicamente conduce all’Eucaristia
- In esso diviene centrale il
concetto di donazione della “carne/sangue”, come nell’Eucaristia, coll’aggiunta
del “frutto” costituito dalla vita “eterna” (divina) e dalla risurrezione
finale.
Perché la Chiesa celebra
comunitariamente l’Eucaristia non il giovedì ma la domenica? Risponde J.
Ratzinger:”Ciò che la Chiesa
celebra nella Messa non è l’ultima cena (ebraica), ma ciò che il Signore,
durante l’ultima cena, ha istituito ed affidato alla Chiesa: la memoria della
sua morte sacrificale”. Egli inoltre afferma che noi celebriamo nel “primo
giorno della settimana” perché “il dono di Gesù è essenzialmente un dono
radicato nella risurrezione” e perché “il primo incontro con il Risorto era
avvenuto il mattino del primo giorno della settimana”. E da Dominus-Signore
deriva “dies dominica”; che è “il giorno del Kyrios nella sua Chiesa e della Chiesa
nel suo Kyrios” (J. Tillard).
Notiamo
un’analogia: anche il Battesimo cristiano è qualcosa di molto diverso dal rito
battesimale di Giovanni.
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