ISTITUZIONE E
CELEBRAZIONE DELL’EUCARISTIA
LE PAROLE DELL’ISTITUZIONE
Mc 14,22-24
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Mt 26,26-28
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1Cor 11,24-26
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Lc 22,15-20
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LITURGIA
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(Cena ebraica)
mangiare questa pasqua con voi;
prendete e dividete fra voi
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diede loro… prendete;
questo è il mio corpo
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dando…prendete, mangiate;
questo è il mio corpo
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questo é il mio corpo che (è) per voi;
in memoria di me
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diede loro;
questo è il mio corpo che (è) dato per voi;
in memoria di me
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diede ai suoi discepoli;
prendete e mangiatene tutti;
questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi
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diede…bevvero da esso tutti;
questo è il mio sangue dell’alleanza che (è) versato per molti
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diede…bevete da esso tutti;
questo è il mio sangue dell’alleanza che (è) versato per molti
in remissione dei peccati
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questo calice (è) la nuova alleanza nel mio sangue;
ogni volta che bevete in mia memoria
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questo calice (è) la nuova alleanza nel mio sangue che (è)
versato per voi
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diede ai suoi discepoli;
prendete e bevetene tutti;
questo è il calice del mio sangue
per…alleanza;
versato per voi
e per tutti
in remissione dei peccati;
fate questo in memoria di me
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ogni volta che
mangiate…e bevete….annunziate la morte del Signore finché
venga
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(ogni volta… annunziamo la tua morte nell’attesa della tua
venuta)
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Giovanni 6 (analogie):
v. 51: mia carne per la vita del mondo (= l’umanità)
v. 53: mangiate e bevete
54-55-56: chi mangia e beve
Cosa possiamo concludere?
A) Nei testi neotestamentari
dell’istituzione è chiara una distinzione:
-
Corpo e Sangue distribuiti tra i presenti: a tutti (i discepoli)
-
Corpo: dato per voi (1Cor / Lc)
-
Sangue versato: per voi (Lc), cioè il gruppo dei Dodici
per molti (Mc / Mt), cioè la moltitudine dei
credenti
NB. Non si dice mai che il Corpo o
il Sangue sia dato “per tutti”
Quindi nelle
parole sul Sangue il “voi” (piccolo gruppo) di Lc è esteso ai “molti” (grande
comunità) di Mc / Mt
B) Questo è in sintonia con altre
affermazioni del NT
-
La salvezza è ottenuta per tutti: “la mia carne
per la vita del mondo” (Gv 6,51); “tutti gli uomini si salvino” (1Tm 2,4)
-
La vita è data sulla Croce per i molti: “dare la
vita per molti” (Mc 10,45)
-
La rivelazione è data ai molti, cioè ai credenti
(Gv 17, 6-9.11.18-20.24-26)
-
Con una distinzione fra tutti e molti: “non
soltanto per la nazione, ma per tutti i figli di Dio” (Gv 11,52); “salvezza di
tutti e soprattutto dei credenti” (1Tm 4,10).
NB. Se guardiamo al quarto carme
(in Is LXX 52,14 – 53,12), considerato da molti l’ispiratore dei testi appena
ricordati, troviamo cinque volte “molti” e una sola volta “tutti”.
C) Nella liturgia di Paolo VI si
è voluto avvicinare “per voi” (Lc) e “per molti”, cioè la comunità dei credenti (Mc /
Mt), malamente espressa con “tutti” (probabilmente per evitare un fraintendimento
da parte dei semplici)
Sembra quindi ragionevole e utile
ritornare, in quest’ultimo caso, ai “molti”; magari sobbarcandoci l’onere di
un’adeguata illuminazione dei fedeli, come si fa per le ultime petizioni del
Pater noster.
In sintesi
La salvezza è data a tre livelli:
- Cristo è mandato ed è morto per la salvezza di tutti gli uomini
- La persona e la vita di Cristo sono date per i commensali e per la moltitudine dei credenti di ogni tempo: a) nell’atto istitutivo dell’Eucaristia e b) nel sacrificio della Croce che seguirà entro i termini liturgici di uno stesso giorno
RISPOSTA AD ALCUNI QUESITI
In quale rapporto stanno Cena ed
Eucaristia col sacrificio della Croce?
Perché i participi usati nelle
parole della Cena (didòmenon, ekchinnòmenon)
si possono anche intendere secondo il senso che è loro proprio, quello del
presente?
La celebrazione del Corpus Domini è un doppione di quella
del Giovedì Santo?
I
Abbiamo tre realtà strettamente
connesse tra di loro
-
Nell’ultima Cena abbiamo l’istituzione
della comunità nuova, espressa col “voi”, mentre Gesù fa l’offerta
prolettica (profetica) del suo corpo-sangue al Padre, per noi; in stretta
connessione con la donazione del Calvario. Le parole dell’istituzione servono
ad esprimere il significato della donazione del Calvario, che è avvenuta “nel
silenzio”; come le parole del Getsemani servono ad esprimere l’obbedienza al
Padre.
-
Sulla Croce Gesù offre visibilmente “una
volta per sempre” (cfr. Eb 10,10) il suo corpo-sangue: la donazione che era stata
fatta la sera del giovedì è raccordata con la morte nel pomeriggio del giorno
seguente; nel periodo cioè di un unico giorno liturgico ebraico. Quindi la Cena e la Croce sono due momenti della
stessa celebrazione sacrificale.
-
Nella celebrazione eucaristica abbiamo la comunicazione
sacramentale del suo corpo-sangue per la vita della comunità, espressa
col “molti”
E’ facile intravedere in questi
tre passaggi le tre parti della nostra “Mensa del Pane”:
- presentazione dei doni umani (ecclesiali)
- passaggio (“pasqua”) del pane-vino nel mondo di Dio
- distribuzione (seguendo i gesti conviviali: “diede, prendete, mangiate, bevete”) del corpo (e sangue) ai comunicanti.
Ecco perché alcuni teologi individuano nella Cena il
momento dell’istituzione della Chiesa
Si capisce meglio anche perché Chiesa
ed Eucaristia siano Corpo di Cristo
II
GIOVEDI’ SANTO
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CORPUS DOMINI
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E’ un discorso di Cristologia ( nella specie della
teologia biblica)
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E’ parte della Sacramentaria (teologia dogmatica,
che può arrivare a controversistica)
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Nella notte Cristo anticipa (nello stesso giorno
liturgico) e dà il senso (con parole) del Calvario
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Risposta del Magistero alle gravi incomprensioni sulla
“presenza reale”
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L’attenzione va alla “persona” di Cristo (discorso
funzionale)
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Prevale l’attenzione alla “cosa” (discorso oggettivo)
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L’ultima Cena è un convito sacrificale in cui ci è offerto
il Cristo-nutrimento nella forma del memoriale (significato primo)
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L’intenzione della festa è l’accentuazione della presenza
di Cristo da adorare nel Sacramento (discorso che viene dopo)
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Pur non intendendo prospettare
una teologia completa dell’Eucaristia, formuliamo alcune osservazioni.
1. E’
necessario notare che qui l’adorazione è ristretta al Corpo (mentre il nuovo
titolo della festa è più ampio), che l’Eucaristia è offerta a Dio Padre e che la devozione viene sempre dopo la fede.
2. Quando ci
hanno insegnato che prima del tempo di Berengario di Tours non era stata messa
in dubbio la “presenza reale”, dicono metà della verità: esistevano già tra i
Padri due tendenze, una che sottolineava la cosa, l’altra il significato.
Bisogna invece tener conto che le due teologie vanno prese insieme, non
disgiuntivamente – perché il mistero non è mai del tutto racchiudibile in una
formulazione – come insegna Paolo VI nell’enc. Mysterium fidei del 1965 (Denz. 4410ss).
3. Un bambino
chiedeva alla catechista della prima Comunione: “Come può Gesù starci dentro la particola?” La risposta
è piuttosto complessa; infatti dobbiamo tener presente che si distinguono tre
forme di presenza di Cristo: alla Cena / sull’altare / in Cielo. Qui necessita
distinguere l’aspetto della realtà (è Gesù reale in persona) e quello della
forma, del simbolo (è Gesù dato come cibo e bevanda).
Già Urbano IV
nell’enc. Transiturus del 1264
distingue nettamente l’Eucaristia come memoria (Denz. 846) e come cibo
dell’anima (Denz. 847). A proposito del Concilio di Trento – che sottolinea ciò
che è stato messo in dubbio dai Riformatori - c’è il vezzo tra i teologi
conservatori di citare “vere, realiter,
substantialiter” ignorando di proposito il “sacramentaliter” (Denz. 1636). In Denz. 1740 poi si dice: “….per
lasciare alla Chiesa….un sacrificio visibile…con cui venisse significato (però
in latino c’è repraesentaretur) quello cruento….”. E in Denz. 1743 si dice: “ratione diversa”. Teologia alquanto
lontana da quella che – ignorando l’ephapax
di Ebrei - ci facevano cantare “Si rinnova
sull’altare la passione del Signore….”. E non si teneva conto che calpestando
le “specie” non si irroga offesa alla “sostanza” che è il Corpo di Cristo, ma
al “sacramento”.
4.
Con quale linguaggio ci avviciniamo con fede al mistero?
Osserviamo modi diversi di
comprendere la realtà:
a) I fondamentalisti citano
spesso la copula (è) delle parole della celebrazione. Ma ogni riformato è
pronto a citare per esempio “Il campo è il mondo” (Mt 13,38). E ha ragione:
questa figura è la metafora (“parabola” in 13,34). Qui cambia il soggetto
de cujus
b) Altro discorso è quello del
cambio di modalità dell’esistenza (vedi: sacramentaliter) nella permanenza reale del soggetto personale (vere, realiter, substantialiter).
- Un esempio
in antropologia è quello dei tre stadi: feto (mondo materno) / uomo (mondo
cosmico) / beato nel Cielo (vita dell’eone futuro, nella definitiva comunione
dei santi).
- Anche nella
storia di Gesù si ripete un analogo schema: feto (percepito da Maria e
Giuseppe) / uomo “secondo la carne” (conosciuto da discepoli e contemporanei,
che ha lasciato il segno della tomba vuota) / glorioso, “secondo lo spirito”
(percepito nelle apparizioni). L’esempio dell’anticipazione della gloria (cfr
Mc 16,12) si trova nella Trasfigurazione. - NB: Data la difficoltà di
comprendere, i vangeli distinguono due situazioni: a’) il Risorto non è subito
riconosciuto, scompare, attraversa le porte; b’) mangia, proibisce di toccarlo
(non è ancora salito al Padre: Gv 20,17). Probabilmente si deve trovare una
spiegazione in due periodi: 1) periodo di visibilità comune (i 40 giorni di At)
per costituire i testimoni ufficiali sui quali si fonda la Chiesa; 2) periodo nel quale
le apparizioni avvengono “in visione” (come per Paolo).
- Nella
trasmutazione (non dico: transignficazione, transfinalizzazione) eucaristica
abbiamo ancora tre fasi: chicchi nella spiga / pane offerto / Corpo
sacramentale di Cristo, che “fa” la Chiesa.
Qui ci mettiamo nella situazione dell’ascoltatore che
crede per fede: Rm 10,17 (forse dice qualcosa che la Maddalena riconosce Gesù
dalla voce: Gv20,16). La teologia “ontologica” del Medio evo si poneva dalla
parte dell’osservatore dei segni visibili (che non gode il favore nei
vangeli: per es. Lc 11,29; Gv 20,29): nella transustanziazione abbiamo gli
stessi accidenti, mentre la sostanza del pane cambia in quella del Corpo di
Cristo.
Naturalmente
chi nega la Risurrezione
reale nega anche l’Eucaristia reale.
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