sabato 1 dicembre 2012

Eucaristia: istituzione e celebrazione


ISTITUZIONE E CELEBRAZIONE DELL’EUCARISTIA


LE PAROLE DELL’ISTITUZIONE

Mc 14,22-24
Mt 26,26-28
1Cor 11,24-26
Lc 22,15-20
LITURGIA




(Cena ebraica)
mangiare questa pasqua con voi;
prendete e dividete fra voi


diede loro… prendete;


questo è il mio corpo

dando…prendete, mangiate;


questo è il mio corpo




questo é il mio corpo che (è) per voi;
in memoria di me
diede loro;



questo è il mio corpo che (è) dato per voi;
in memoria di me

diede ai suoi discepoli;
prendete e mangiatene tutti;
questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi
diede…bevvero da esso tutti;


questo è il mio sangue dell’alleanza che (è) versato per molti






diede…bevete da esso tutti;


questo è il mio sangue dell’alleanza che (è) versato per molti
in remissione dei peccati




questo calice (è) la nuova alleanza nel mio sangue;




ogni volta che bevete in mia memoria




questo calice (è) la nuova alleanza nel mio sangue che (è) versato per voi
diede ai suoi discepoli;
prendete e bevetene tutti;
questo è il calice del mio sangue
per…alleanza;
versato per voi e per tutti
in remissione dei peccati;
fate questo in memoria di me




ogni volta che
mangiate…e bevete….annunziate la morte del Signore finché venga

(ogni volta… annunziamo la tua morte nell’attesa della tua venuta)


Giovanni 6 (analogie):
v. 51: mia carne per la vita del mondo (= l’umanità)
v. 53: mangiate e bevete
54-55-56: chi mangia e beve

Cosa possiamo concludere?

A) Nei testi neotestamentari dell’istituzione è chiara una distinzione:
-          Corpo e Sangue distribuiti tra i presenti: a tutti (i discepoli)
-          Corpo: dato per voi (1Cor / Lc)
-          Sangue versato: per voi (Lc), cioè il gruppo dei Dodici
                               per molti (Mc / Mt), cioè la moltitudine dei credenti
NB. Non si dice mai che il Corpo o il Sangue sia dato “per tutti”

Quindi nelle parole sul Sangue il “voi” (piccolo gruppo) di Lc è esteso ai “molti” (grande comunità) di Mc / Mt

B) Questo è in sintonia con altre affermazioni del NT
-          La salvezza è ottenuta per tutti: “la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51); “tutti gli uomini si salvino” (1Tm 2,4)
-          La vita è data sulla Croce per i molti: “dare la vita per molti” (Mc 10,45)
-          La rivelazione è data ai molti, cioè ai credenti (Gv 17, 6-9.11.18-20.24-26)
-          Con una distinzione fra tutti e molti: “non soltanto per la nazione, ma per tutti i figli di Dio” (Gv 11,52); “salvezza di tutti e soprattutto dei credenti” (1Tm 4,10).

NB. Se guardiamo al quarto carme (in Is LXX 52,14 – 53,12), considerato da molti l’ispiratore dei testi appena ricordati, troviamo cinque volte “molti” e una sola volta “tutti”.

C) Nella liturgia di Paolo VI si è voluto  avvicinare  “per voi” (Lc) e “per  molti”, cioè la comunità dei credenti (Mc / Mt), malamente espressa con “tutti” (probabilmente per evitare un fraintendimento da parte dei semplici)
Sembra quindi ragionevole e utile ritornare, in quest’ultimo caso, ai “molti”; magari sobbarcandoci l’onere di un’adeguata illuminazione dei fedeli, come si fa per le ultime petizioni del Pater noster.


In sintesi
La salvezza è data a tre livelli:
  • Cristo è mandato ed è morto per la salvezza di tutti gli uomini
  • La persona e la vita di Cristo sono date per i commensali e per la moltitudine dei credenti di ogni tempo: a) nell’atto istitutivo dell’Eucaristia e b) nel sacrificio della Croce che seguirà  entro i termini liturgici di uno stesso giorno


RISPOSTA AD ALCUNI QUESITI

In quale rapporto stanno Cena ed Eucaristia col sacrificio della Croce?
Perché i participi usati nelle parole della Cena (didòmenon, ekchinnòmenon) si possono anche intendere secondo il senso che è loro proprio, quello del presente?
La celebrazione del Corpus Domini è un doppione di quella del Giovedì Santo?

I
Abbiamo tre realtà strettamente connesse tra di loro
-          Nell’ultima Cena abbiamo l’istituzione della comunità nuova, espressa col “voi”, mentre Gesù fa l’offerta prolettica (profetica) del suo corpo-sangue al Padre, per noi; in stretta connessione con la donazione del Calvario. Le parole dell’istituzione servono ad esprimere il significato della donazione del Calvario, che è avvenuta “nel silenzio”; come le parole del Getsemani servono ad esprimere l’obbedienza al Padre.
-          Sulla Croce Gesù offre visibilmente “una volta per sempre” (cfr. Eb 10,10) il suo corpo-sangue: la donazione che era stata fatta la sera del giovedì è raccordata con la morte nel pomeriggio del giorno seguente; nel periodo cioè di un unico giorno liturgico ebraico. Quindi la Cena e la Croce sono due momenti della stessa celebrazione sacrificale.
-          Nella celebrazione eucaristica abbiamo la comunicazione sacramentale del suo corpo-sangue per la vita della comunità, espressa col “molti”
E’ facile intravedere in questi tre passaggi le tre parti della nostra “Mensa del Pane”:
  • presentazione dei doni umani (ecclesiali)
  • passaggio (“pasqua”) del pane-vino nel mondo di Dio
  • distribuzione (seguendo i gesti conviviali: “diede, prendete, mangiate, bevete”) del corpo (e sangue) ai comunicanti.
Ecco perché  alcuni teologi individuano nella Cena il momento dell’istituzione della Chiesa
Si capisce meglio anche perché Chiesa ed Eucaristia siano Corpo di Cristo

II
GIOVEDI’ SANTO
CORPUS DOMINI

E’ un discorso di Cristologia ( nella specie della teologia biblica)
E’ parte della Sacramentaria (teologia dogmatica, che può arrivare a controversistica)
Nella notte Cristo anticipa (nello stesso giorno liturgico) e dà il senso (con parole) del Calvario
Risposta del Magistero alle gravi incomprensioni sulla “presenza reale”
L’attenzione va alla “persona” di Cristo (discorso funzionale)
Prevale l’attenzione alla “cosa” (discorso oggettivo)
L’ultima Cena è un convito sacrificale in cui ci è offerto il Cristo-nutrimento nella forma del memoriale (significato primo)
L’intenzione della festa è l’accentuazione della presenza di Cristo da adorare nel Sacramento (discorso che viene dopo)

Pur non intendendo prospettare una teologia completa dell’Eucaristia, formuliamo alcune osservazioni.

1. E’ necessario notare che qui l’adorazione è ristretta al Corpo (mentre il nuovo titolo della festa è più ampio), che l’Eucaristia è offerta a Dio Padre  e che la devozione viene sempre dopo la fede.

2. Quando ci hanno insegnato che prima del tempo di Berengario di Tours non era stata messa in dubbio la “presenza reale”, dicono metà della verità: esistevano già tra i Padri due tendenze, una che sottolineava la cosa, l’altra il significato. Bisogna invece tener conto che le due teologie vanno prese insieme, non disgiuntivamente – perché il mistero non è mai del tutto racchiudibile in una formulazione – come insegna Paolo VI nell’enc. Mysterium fidei del 1965 (Denz. 4410ss).

3. Un bambino chiedeva alla catechista della prima Comunione: “Come può Gesù starci dentro la particola?” La risposta è piuttosto complessa; infatti dobbiamo tener presente che si distinguono tre forme di presenza di Cristo: alla Cena / sull’altare / in Cielo. Qui necessita distinguere l’aspetto della realtà (è Gesù reale in persona) e quello della forma, del simbolo (è Gesù dato come cibo e bevanda).
Già Urbano IV nell’enc. Transiturus del 1264 distingue nettamente l’Eucaristia come memoria (Denz. 846) e come cibo dell’anima (Denz. 847). A proposito del Concilio di Trento – che sottolinea ciò che è stato messo in dubbio dai Riformatori - c’è il vezzo tra i teologi conservatori di citare “vere, realiter, substantialiter” ignorando di proposito il “sacramentaliter” (Denz. 1636). In Denz. 1740 poi si dice: “….per lasciare alla Chiesa….un sacrificio visibile…con cui venisse significato (però in latino c’è repraesentaretur)  quello cruento….”. E in Denz. 1743 si dice: “ratione diversa”. Teologia alquanto lontana da quella che – ignorando l’ephapax di Ebrei - ci facevano cantare “Si rinnova sull’altare la passione del Signore….”. E non si teneva conto che calpestando le “specie” non si irroga offesa alla “sostanza” che è il Corpo di Cristo, ma al “sacramento”.

            4. Con quale linguaggio ci avviciniamo con fede al mistero?
Osserviamo modi diversi di comprendere la realtà:
a) I fondamentalisti citano spesso la copula (è) delle parole della celebrazione. Ma ogni riformato è pronto a citare per esempio “Il campo è il mondo” (Mt 13,38). E ha ragione: questa figura è la metafora (“parabola” in 13,34). Qui cambia il soggetto de cujus
b) Altro discorso è quello del cambio di modalità dell’esistenza (vedi: sacramentaliter) nella permanenza reale del soggetto personale (vere, realiter, substantialiter).
- Un esempio in antropologia è quello dei tre stadi: feto (mondo materno) / uomo (mondo cosmico) / beato nel Cielo (vita dell’eone futuro, nella definitiva comunione dei santi).
- Anche nella storia di Gesù si ripete un analogo schema: feto (percepito da Maria e Giuseppe) / uomo “secondo la carne” (conosciuto da discepoli e contemporanei, che ha lasciato il segno della tomba vuota) / glorioso, “secondo lo spirito” (percepito nelle apparizioni). L’esempio dell’anticipazione della gloria (cfr Mc 16,12) si trova nella Trasfigurazione. - NB: Data la difficoltà di comprendere, i vangeli distinguono due situazioni: a’) il Risorto non è subito riconosciuto, scompare, attraversa le porte; b’) mangia, proibisce di toccarlo (non è ancora salito al Padre: Gv 20,17). Probabilmente si deve trovare una spiegazione in due periodi: 1) periodo di visibilità comune (i 40 giorni di At) per costituire i testimoni ufficiali sui quali si fonda la Chiesa; 2) periodo nel quale le apparizioni avvengono “in visione” (come per Paolo).
- Nella trasmutazione (non dico: transignficazione, transfinalizzazione) eucaristica abbiamo ancora tre fasi: chicchi nella spiga / pane offerto / Corpo sacramentale di Cristo, che “fa” la Chiesa. Qui ci mettiamo nella situazione dell’ascoltatore che crede per fede: Rm 10,17 (forse dice qualcosa che la Maddalena riconosce Gesù dalla voce: Gv20,16). La teologia “ontologica” del Medio evo si poneva dalla parte dell’osservatore dei segni visibili (che non gode il favore nei vangeli: per es. Lc 11,29; Gv 20,29): nella transustanziazione abbiamo gli stessi accidenti, mentre la sostanza del pane cambia in quella del Corpo di Cristo.
Naturalmente chi nega la Risurrezione reale nega anche l’Eucaristia reale.

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