LA RIVOLUZIONE CULTURALE NELLA SOCIETA’ POST-MODERNA
Nel secolo scorso abbiamo vissuto un cambio di paradigma culturale che ha avuto il punto di passaggio più importante nella “rivoluzione culturale” (soprattutto giovanile) dell’anno 1968, che ha denunciato risvolti in gran parte negativi.
Se la realtà della vita e della società si declina nei tre momenti “passato – presente futuro”, quella rivoluzione ha portato al rifiuto
a) della realtà del passato: si è sottoposta a demolizione la tradizione, la cultura delle generazioni che ci hanno preceduto
b) della realtà del presente: si è voluto “affogare” questa nelle acque della droga, dello sballo.
La conclusione è che ci si affida solo al futuro: non quello che tutti dobbiamo progettare, ma quello che vagheggia un mondo (quasi un iper-uranio!) costruito dalla fantasia più irrazionale; esemplificabile con i motti “L’immaginazione al potere” e “Vietato vietare”
Si tratta di un’immagine della realtà artificiale, costruita cioè sugli spettacoli e le stampe più contestatori e demolitori (che sono come luccicanti bolle di sapone) ed utopica (irrealizzabile)
a) che si rifiuta di pendere in considerazione la fatica diuturna, il dolore, la possibilità di momenti difficili, l’eventualità di una sconfitta (“Devo ottenere tutto ciò che voglio”), la saggezza dell’attendere (“Voglio tutto e subito”)
b) che si fonda su valori vacui (dis-valori) e ingannevoli, come l’eroismo sconsiderato di chi sfida (per es. in una competizione di motori) il pericolo di morte
c) che è astutamente architettata dai “poteri forti” negativi detenuti dal mondo degli adulti (la
grande economia), dal quale si volevano prendere definitivamente le distanze.
Le intenzioni lodevoli sarebbero state quelle di togliersi dalle due strade (chine) sbagliate sbandierate nelle recenti culture dominanti:
a) il materialismo antropologico, nel rifiuto di tutto ciò che è spirito (scientismo, come riduzione della conoscenza alle scienze sperimentali); giungendo al determinismo, che è la negazione della libertà umana
b) il relativismo etico, nel rifiuto di tutto ciò che è noma morale; giungendo a un libertarismo che rappresenta la sregolatezza sulle decisioni della volontà.
E ognuno può vedere come queste due strade rappresentano i due estremi opporti e contraddittori tra i quali dobbiamo cercare una via sintetica mediana.
Sull’ideale della libertà, dono prezioso e insostituibile ma fragilissimo e di difficile equilibratura, diciamo soltanto che
a) in questa cultura la libertà è identificata coll’esclusione di ogni regola
b) ma va intesa come possibilità di esplicitare tutte le proprie qualità positive (autorealizzazione), come esercizio di rispetto del proprio simile, come aiuto del bisognoso (per es. nel volontariato).
AMORE - MATRIMONIO
Visione dell’uomo
Si scontrano due visioni che vengono assunte sia nella teoria che nella pratica
a) una materialistica, animalesca, ab-soluta (priva di qualsiasi norma)
b) un’altra globale (psico-fisica), soggetta a leggi fisiche e sopra-fisiche.
L’uomo è un essere relazionale costituito di (non: composto da) spirito e corpo (due dimensioni o comprincipi, non due spezzoni disgiungibili).
Duplice visione esclusivistica della sessualità e del matrimonio
E’ possibile errare contrapponendo e isolando in via di principio uno dei due fini essenziali (generativo e affettivo) risultanti assolutamente compresenti nella natura:
a) ritenere solo la finalità di procreazione della prole (generazionismo)
b) considerare esclusivamente il mutuo raggiungimento del piacere (edonismo).
Transizione della visione della sessualità da certi ambienti religiosi (rigoristi) di un tempo a quella della grande tradizione cristiana, riportata in auge dal concilio Vaticano II:
a) da esperienza sconveniente che ha una connotazione di immondizia, che si doveva tollerare per mettere al mondo i figli; parola chiave: vergogna;
b) a vissuto moralmente positivo, ma necessariamente regolabile con una lunga e adatta preparazione psico-pedagogica; un dono di apertura verso l’altro.
Visione oggi diffusa dell’amore tra uomo e donna
a) Riduzione dell’amore alla sessualità (suprema, ab-soluta)
b) Riduzione a gioco sia di piacere sia di sfida; ciò che può far passare da una pulsione di unione ad una di violenza
c) Espressione intensa, frenetica, incontrollabile (Va’ dove ti porta il cuore)
d) Momento di breve durata nella vita e sottratto al controllo morale (a-nomìa)
e) Che prescinde dal discorso della prole (opera di generazione e di educazione)
f) Talvolta, specialmente nella ragazza, può spadroneggiare un vago ma intenso bisogno di fantasticare sul mondo incantato di Cenerentola, della Bella addormentata nel bosco, di Mille e una notte….; dove si affaccia un principe azzurro inginocchiato davanti a lei…
Ma come possiamo concepire un matrimonio di precaria durata (esplosione di amore-sesso per qualche anno) quando ci sono i figli da mantenere e da educare, quando uno dei due può avere imprevedibilmente bisogno assoluto del sostegno dell’altro, quando i coniugi inevitabilmente invecchiano…. (è il classico attribuire tutti i diritti a noi stessi senza contropartita).
Possiamo scrivere su un cartello in una spiaggia desertica “Due cuori e una capanna”? Non è questa la visione utopica e pericolosamente ingenua proposta da un “romanticismo” da romanzetti di appendice?
Ma come possiamo dire “Al cuore non si comanda”, quando esiste in campo sessuale una morale civile, una legislazioni penale….? Non è questa una società senza leggi né regole naturali? Non assomiglia essa alla giungla?
Visione oggi diffusa della sessualità
Elemento che ci accomuna completamente agli animali inferiori, da non regolarsi con le “scienze umane” (filosofia, psicologia, pedagogia), ma piuttosto con le “scienze naturali” specificamente mediche (anatomia, fisiologia, patologia…), chimiche, fisiche…
Da dove proviene questa distorsione?
Da un erosivo lavorìo - fatto di stampe, spettacoli, mezzi di comunicazione… che rappresentano poteri non solo economicamente dominanti ( ! ) - in azione da parecchi decenni: che ha proposto una visione paganeggiante (se non proprio pagana) dei grandi e nobili valori che qui prendiamo in considerazione. E’ la mentalità più diffusa nel mondo anglosassone (si pensi agli USA), dove gli attori, artisti, cantanti, atleti…. si possono permettere un buon numero di (chiamiamoli così) matrimoni; anzi ciò può far parte della loro propaganda di fronte al grande pubblico.
Quest’attività mette in posizione di minoranza e disprezza la risposta che danno sia la filosofia etica sia le religioni (specialmente quella cristiano-cattolica).
Conseguenze
Non si rovina solo la morale, o la religione, ma si scardina il matrimonio, la famiglia, la società civile, l’educazione della gioventù. Con le conseguenze spesso tragiche che tutti lamentiamo: perché, nella nostra società civile emancipata (specialmente di fronte a Dio) aumentano i delitti a sfondo sessuale? Perché aumentano si suicidi?
SEPARABILITA’ CONCRETA DEL FINE AFFETTIVO DA QUELLO GENERATIVO
Per secoli, mentre un numero impressionate di neonati moriva nel periodo post-natale, mentre la vita media era molto bassa, mentre non esistevano tante “necessità” proposte dalla società del benessere…., il problema non era sentito.
Ma soprattutto dal secolo scorso il problema del controllo delle nascite (della contraccezione) si è fatto urgente e moralmente discriminante.
Dopo che il Vaticano II (1962-1965) nella costituzione “Gaudium et spes” (vedi la ricca voce “Matrimonio” nell’indice dei documenti del concilio) sembrava aver lasciato fuori campo la questione, nel 1968 il Papa Paolo VI al § 11 dell’enciclica “Humanae vitae” afferma che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita. Faceva questo per convalidare il principio che fa di quello unitivo e di quello procreativo due aspetti inscindibili (§ 12); e per contrastare il proposto “principio di totalità” che faceva riferimento all’intera vita matrimoniale dei coniugi (§§ 3 e 14). Il Papa ammetteva la liceità dell’osservanza dei “periodi infecondi”, ottenuta con le varie forme di metodi naturali (§ 16); mentre raccomandava ai sacerdoti “pazienza e bontà” (§ 29), facendo appello al giudizio misericordioso comunemente praticato dai confessori.
Questa uscita provocava (onestamente, oppure inqualificabilmente) un’ondata di recriminazioni e di dichiarazioni di magistero ecclesiastico fissato alle concezioni più retrive.
Naturalmente noi non possiamo, per risolvere la scottante questione, ricorrere all’infelice e devastante relativismo etico, per cui un’azione che non era lecita un tempo diviene tale con lo sviluppo delle scienze e tecniche della modernità.
A partire dal § 16 della “Gaudium et spes”, il Catechismo della Chiesa cattolica (nn. 1776-1802) insegna comunque che la coscienza morale dell’individuo
a) emette l’ultimo giudizio pratico sulle azioni
b) deve essere rettamente fondata sulle norme esteriori e oggettive
c) ma soggettivamente è obbligatorio seguirla.
Proposte da prendersi “cum grano salis”
C’è stato nel frattempo un considerevole approfondimento dei principi dell’antropologia, letta in chiave positiva.
Molte caratteristiche della vita odierna sono oggettivamente mutate:
a) Da un lavoro agricolo, che fissa l’uomo a una sede e a ritmi naturali, si è passati alla società globalizzata e industriale; dove per es. è aumentata enormemente la spesa per istruire un figlio e introdurlo nel mondo del lavoro
b) In una situazione di fragilità del matrimonio, può darsi che il fine generativo danneggi quello unitivo (rendendo molto più interdipendenti tra di loro i due aspetti); per cui si deve tener conto dell’umana debolezza dell’altro (evitandogli le cadute extra-coniugali)
c) Oggi il cedimento alle “voglie” del marito non è più considerato un sottostare alla sua superiorità patriarcale, ma l’atto sessuale è concepito in linea di parità e reciprocità (benché
Paolo in Ef 5,21-24 – assumendo l’esempio della cultura del suo tempo - configuri l’unione matrimoniale a quella di Cristo con la Chiesa).
Rifacciamoci a principi comunemente accettati
a) La legge è per l’uomo, e non viceversa (vedi l’esempio del sabato: cfr Mc 2,27 )
b) In alcuni casi la risposta della morale ecclesiastica è mutata col cambiare della comprensione dell’uomo e della società (vedi per es. la minore considerazione della donna, la proibizione, fino al 1700, di concedere il denaro a interesse).
Domande:
a) Non è ipotizzabile che il finis operis (diffusione della specie umana) sia implicitamente incluso nel finis operantis (donazione fisica tra i coniugi)?
b) Non è lecito applicare l’attività umana di controllo della natura, quando questa limita già la capacità generativa (coi periodi non fertili della donna)?
c) Non si può tener conto che alcune pagine bibliche (Gen 2; Cantico dei cantici; Ef 5,25-33) fanno riferimento soltanto al fine unitivo del matrimonio?
d) Dato che più volte è cambiata l’interpretazione di un’affermazione biblica (per es. sul “peccato originale” di Gen 3, sul concetto di retribuzione, sul concetto di Messia, sulla realizzazione del Regno di Dio, sull’attesa della parusìa nelle lettere di Paolo), è impossibile vedere se un’affermazione del massimo magistero della Chiesa può essere ricondotta a un permanente principio soggiacente alla sua formulazione in un determinato contesto storico-culturale?
e) Forse il Papa voleva attenersi fedelmente alla continuità del magistero ecclesiastico (soprattutto espresso da Pio XI e Pio XII), mentre ora alcuni teologi sono in dubbio se ritenerlo magistero infallibile?
f) Sarà possibile concedere di accostarsi alla comunione eucaristica a coniugi che agiscono senza l’unica urgenza del piacere egoistico individuale, ma per motivi e situazioni indipendenti dalla coppia?
Concludendo
Se la fonte di tutte le virtù è la carità, bisogna riconoscere che la fonte di tutti i vizi è l’egoismo (e qui ne abbiamo trovato di quello allo stato puro)
Rendiamoci conto che “Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio” (Lc 18,27). Il cristiano deve usufruire però dei mezzi sacramentali (Confessione ed Eucaristia) della Grazia; che è sempre sufficiente (cfr 2Cor 12,9).
Nessun commento:
Posta un commento