mercoledì 27 ottobre 2010

XXXIannoC

XXXI DOM. ANNO C

Modello per la Riconciliazione-Confessione (non uno sfogo di sentimenti, o una pia pratica, o una tassa da pagare a Dio: è un “sacramento” di Cristo): incontro donatomi da Cristo e che mi fa cambiare vita.

1 - Zaccheo era in situazione di peccato.

* Esattore di tasse per i pagani. Quindi odiato per tre motivi: per le tasse, per i pagani, perché agiva con frode

* Era molto ricco: “Difficile entrare nel Regno…”

2 – Come si prepara all’incontro-conversione? (E’ ben diverso dal fariseo di domenica scorsa, che rifiuta di riconoscersi peccatore)

* Cercava di vedere questo personaggio misterioso (non lo conosceva, ma intuiva in lui il mistero di Dio). Non era contento della sua vita: confusamente capiva di sbagliare e cercava la retta via.

* Preso da entusiasmo come un bambino (“Di loro è il Regno”), lui che è già piccolo. Rischia di fare una brutta figura, lui che era capo degli esattori delle imposte: sale su un albero.

3 – Come si comporta Gesù?

E’ il protagonista assoluto: è lui che cerca (Il nome Zaccheo è una riduzione di Zaccaria: Il Signore ha ricordato). Dio fin dall’eternità conosce ciascun uomo e quindi anche Zaccheo, e lo aspetta per l’incontro. Alza lo sguardo, lo chiama per nome (su tante persone a Gerico).

Ha un desiderio urgente e più forte di Zaccheo: è il suo “dovere” (esecuzione della volontà di Dio Padre: “devo fermarmi a casa tua”). E’ urgente per Gesù (Gesù usa due volte “Oggi”). Prende l’iniziativa dell’incontro (di solito lo invitavano gli altri), superando la Legge di Mosè (“Mangia coi peccatori”; “E’ entrato in casa di un peccatore”).

Gesù è il Salvatore definitivo: “E’ venuto (missione) a cercare e a salvare”

Non fa prediche, non condanna, né rimprovera, né assolve (altre volte: “La tua fede ti ha salvato”)

4 - Risposta di conversione di Zaccheo

  • Riceve la salvezza (diverso dal giovane ricco che rifiutò la chiamata)
  • Figlio di Abramo, del popolo dei salvati (San Paolo: “Noi siamo i veri figli di Abramo”)
  • Coglie la Grazia, con gioia
  • Accoglie Gesù: ripara al male fatto (giustizia: retribuzione), si stacca dalla ricchezza (è un “povero” delle beatitudini)
  • Si converte: per l’attenzione speciale alla sua persona (lui che da molti era odiato), per l’invito alla “comunione” (la comunione di mensa era importante per tutti i popoli antichi)
  • Si apre a Dio (“Signore”) e agli altri (apre il cuore e le mani)

Conclusione:

Niente confessione senza conversione.

L’invito a mensa di Gesù ci richiama il banchetto eucaristico.

1 commento:

  1. Nel Vangelo di questa Domenica ritorna la figura del peccatore, rappresentato dal pubblicano Zaccheo. Esattore delle tasse ed usuraio; questo egli era. Ma come la figura rappresentata domenica scorsa egli ha la consapevolezza di essere un peccatore. La consapevolezza del peccato è la prima tappa del processo salvifico. Come già osservato la salvezza avviene per “Gratia Dei”, ma risulta altresì imprescindibile quel “grido che squarcia le nubi”: “Kyrie eleison!”. Non vi può essere salvezza dal peccato (inteso non come “macula originalis”, bensì come “macula operarum”) senza che il peccato sia commesso. In tal senso il peccato assume natura ontologicamente contraddittoria: da una parte esso rappresenta un atto di allontanamento da Dio, un trasgredire i comandamenti, ma dall’altro esso è imprescindibile punto di partenza per il compimento soteriologico. Pertanto il peccato è un allontanarsi da Dio che però rappresenta anche un avvicinarsi a Cristo e alla sua misericordia. Il peccato è al contempo negazione e affermazione, scandalo e giustizia della Croce.
    “I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi”: è possibile, a mio avviso, una lettura allegorica della bassezza di Zaccheo in questa prospettiva: lui era, nel contesto storico del tempo, uno dei primi. Ma è inghiottito dalla folla e per vedere Gesù è costretto ad arrampicarsi su di un sicomoro. La logica terrena, infatti, non corrisponde all'impianto logico di Dio e coloro che detengono il potere ed il denaro devono stare dietro a coloro che hanno una ricchezza diversa, quella spirituale. Nonostante questo suo “handicap” (vale anche nella lettura allegorica) egli riesce a levarsi e a vedere Gesù. Il suo è un atto di autentica fede: Zaccheo è conscio di essere peccatore ma la sua fede vince la titubanza e il timore iniziale, e si impone con la sua straordinaria forza ed umiltà. L’umiltà di riconoscere gli errori e di essere disposto a ripagare gli uomini truffati e a dare in beneficenza metà dei suoi beni. Quello di questo pubblicano non è il “Do ut des”, dell’utilitarismo religioso, che fa della fede uno strumento per ottenere la salvezza. Quello di Zaccheo è un atto disinteressato, timoroso ma fiducioso al tempo stesso. Ed è perciò che egli, discendente di Abramo (καθότι καὶ αὐτὸς υἱὸς Ἀβραάμ ἐστιν) ed erede delle promesse di salvezza fatte al patriarca, viene salvato. Anche noi, dunque, dobbiamo trovare il coraggio di arrampicarci sul “sicomoro della fede”, affinché Gesù ci scorga e ci renda partecipi della Salvezza.

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