mercoledì 27 ottobre 2010

Natale del Signore

NATALE 2010

Supponiamo di essere ragazzi e di trovare in una cassapanca una consunta foto della nostra famiglia del tempo passato: dobbiamo ricorrere ai nonni per averne la spiegazione. Questa è la situazione di un cristiano di oggi che guarda la scena del Presepe, ma ne vuole scoprire la vita e verità che vi è descritta.

La prima persona che esaminiamo è Giuseppe: discendente dal re Davide, ma ora ridotto a lavorare per vivere. Il figlio di quella coppia, a questo punto della ricerca, si prevede frutto di un matrimonio normale: “Partorirà colei che deve partorire” (Mi 5,2).

La seconda persona è Maria: che viene dichiarata vergine-madre (cfr. Dante), madre per miracolo di Dio (vedi i vangeli dell’infanzia sia di Matteo che di Luca). Il profeta, nell’ottavo secolo a. C., aveva predetto che quella madre sarebbe stata vergine, come traducevano gli ebrei di lingua greca (vedi Is 7,14; cfr Mt 1,23 ). Il bambino quindi è provenente dal cielo, come dichiarerà lui stesso (Gv 3,13). Maria è il segno del primo abbassamento del Figlio di Dio, di cui parla San Paolo (Fil 2,7), quello che fa scendere la scala dalla divinità all’umanità. Quel Bambino è l’unico Figlio (unigenito: Gv 1,18)) di Dio; non perché è figlio di Maria, ma perché ella è madre del Figlio di Dio fatto uomo (con espressione sintetica: Madre di Dio, come siamo soliti pregare). Gesù un giorno dichiarerà: “Prima che Abramo fosse, Io Sono” (Gv 8,58).

E a questo punto volgiamo lo sguardo sulla persona centrale: il Bambino

La grande domanda da cui nasce il Cristianesimo è: perché il Figlio di Dio si è fatto uomo?

I - Nella storia ebraica (AT), di fronte allo smarrimento morale del Popolo eletto, Dio manda i profeti e altri rappresentanti per ricondurre gli ebrei sulla retta strada. Un profeta, esiliato tra gli esiliati, ci rivela che Dio non ha abbandonato l’umanità che gli ha voltato le spalle, che presume di voler fare senza di Dio (peccato). Dopo i molteplici fallimenti dei suoi inviati, Dio dice: “Io stesso cercherò le mie pecore” (Ez 34,11; cfr Lc 15,4-5). Dio avrebbe potuto inviare un nuovo e più deciso decreto, ma si sarebbe comportato da re-padrone, non da Padre, e così mostra che solo il suo intervento può affermare il suo Regno quaggiù. Ha tenuto fede alla modalità con cui aveva scelto di operare con gli ebrei: l’alleanza, il massimo punto di contatto tra l’Assoluto e l’uomo che da lui ha ricevuto la dignità di persona libera. Per dirci che la redenzione dal peccato – che è essenzialmente rifiuto di amore – viene attuata da Dio come Padre, col suo Amore, che coincide con la sua natura divina (cfr 1Gv 4).

II - E’ venuto nella debolezza e fragilità della nostra natura (“carne”), a mostrare che è lui che opera la nostra salvezza. Perché lui – che è in persona la Parola del Padre (Gv 1) – è venuto con un corpo, preso da Maria, soggetto alla sofferenza e alla morte? Perché non sarà solo l’annunciatore della volontà di Dio (profeta), come nel caso di Maometto, ma anche redentore, che accetta la morte di croce: è questo il secondo abbassamento (Fil 2,8). Ha fatto tutto ciò per poter sacrificarsi per noi: non per imporre la sua volontà su sudditi ribelli, ma per mostrare che è “il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29) e per ricostituire insieme con noi la grande famiglia dei figli del Padre che sta nei cieli.

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