sabato 28 agosto 2010

XXIIdom.AnnoC

XXII DOM. ANNO C

C’erano al tempo di Gesù degli ebrei che si consideravano modelli perfetti di religiosità: i farisei (e molti di loro dedicavano tutta la vita all’’osservanza della Legge di Dio; Saulo, non dimentichiamolo, era un fariseo).
Dopo la preghiera del sabato in sinagoga, i benestanti offrivano spesso un pasto durante il quale i commensali facevano sfoggio di scienza teologica; ma non di sapienza (di cui parla Sir). Gli ebrei vivevano secondo i legami del clan (del gruppo della famiglia allargata): la comunione di mensa serviva per rafforzare la ricerca degli interessi comuni al gruppo (qualcosa di simile al moderno “voto di scambio”!).
Avevano invitato il Maestro per sottoporlo ad attenta e critica osservazione
E Gesù accetta il confronto: è lui che parla durante la “lezione”, e nello stesso tempo fa vedere a noi come dobbiamo comportarci nelle assemblee liturgiche e nella comunità cristiana (per es. la parrocchia).

Possiamo meditare sul come siamo fatti noi uomini. Le grandi forze che mettono in moto la nostra vita (il desiderio di affermazione, di accaparramento dei beni materiali, di amare anche fisicamente), se lasciate libere come puledri nella campagna, possono travolgerci; e quindi devono essere regolate secondo ragione e religione.
Questo è richiesto in ogni società ordinata (che fa un esercito senza obbedienza ai comandi? O un’impresa in cui ognuno fa di testa sua?). Altrimenti subentra il fallimento di Babele (una società senza Padre al di sopra e senza fratelli attorno).

A prima vista sembra che i consigli di questo vangelo siano raccomandazioni per non fare delle brutte figure e per non essere disapprovati dal buon senso della gente.
Gesù ci insegna due regole, ammonizioni in forma di esempi (che approfondiscono gli insegnamenti di Sir):
1. Non devo mettere al primo posto il mio onore, la mia stima, la mia considerazione nella pubblica opinione. Il cristiano deve tenersi libero dalle ambizioni. Valgono assolutamente di più le esigenze del Regno di Dio, l’onore di Dio. La vera grandezza è quella che abbiamo davanti a Dio (che si manifesterà nel giudizio finale). Il centro del mondo non è il mio Io, ma Dio.
2. Non devo pensare esclusivamente agli interessi economici. L’amore cristiano deve essere disinteressato, esclusivo, universale. L’amore primario di Dio deve tradursi concretamente nel servizio dei fratelli (non nel loro utilizzo per i miei scopi). Se ci chiudiamo nell’egoismo, la nostra vita diventa un cerchio chiuso, che gira su se stesso e non sa aprirsi verso gli altri e verso Dio. L’importante nella vita non è il mio interesse, ma la ricompensa che mi darà il Signore alla fine.

Quale logica ci sta sotto?
Dio per attuare i suoi piani si serve di chi è senza onore e senza sostanze (pensiamo a Madre Teresa di Calcutta). Ha ragione Gesù di sentenziare che “chi si umilia sarà esaltato”
Il Figlio di Dio per venire a guidare il mondo è entrato nella storia prendendo le forme più basse: ha preso la natura di servo; è stato obbediente fino alla Croce (Vedi l’inno di Fil 2).
Nel discorso di Mileto, S. Paolo chiude la sua esortazione citando un detto di Gesù: “Si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20,35).

Nessun commento:

Posta un commento