giovedì 19 agosto 2010

XXI anno C

XXI DOMENICA ANNO C

La porta della salvezza è da Dio aperta a tutti:
• credenti (sia ebrei che cristiani)
• provenienti dal paganesimo che si sono convertiti alla fede.
Da questi ultimi Dio saprà ricavare anche dei missionari per il suo annuncio e dei sacerdoti per il culto a lui dovuto.
Ma perché la porta è stretta? Perché la sala deve avere delle regole di ammissione; in quanto il mondo non è la savana in cui alcuni animali aggrediscono le loro prede; in quanto l’uomo deve entrare in una società in cui scegliere i valori veri e duraturi.

Sono molti coloro che non riusciranno a entrare. Perché devono essere rispettate le condizioni stabilite da Dio per essere accolti nel numero dei salvati (nel suo Regno):
• Non è sufficiente aver ascoltato l’annuncio della salvezza, ma necessita aderire con la propria volontà; non è sufficiente essere stati suoi amici (“Abbiamo pranzato con te”)
• Non è sufficiente essere appartenuti alla comunità terrena dei credenti. Agli ebrei è detto: “I vostri antenati (patriarchi e profeti) sono nel Regno di Dio, ma voi ebrei di oggi, ne siete cacciati fuori”. Vi entreranno popoli di tutti i continenti; e saranno gli ultimi diventati i primi.
• L’accettazione della salvezza deve essere fatta secondo i tempi previsti da Dio (urgenza della conversione). Siamo noi che dobbiamo prestare attenzione all’arrivo del “treno” di Dio; non viceversa
• L’accettazione deve essere fatta interamente (totalità della conversione), non riservando un cantuccio nascosto per i nostri vizi preferiti (certe incrostazioni sono difficili da eliminare).
• L’accettazione della salvezza è subordinata al rendersi disponibili alla sofferenza conseguente, se ciò rientra nel piano misterioso di Dio (Gesù è alle ultime tappe sulla strada che lo conduce a Gerusalemme, la “città che uccide i profeti”). Siamo sicuri che, quando Dio permette la nostra sofferenza, lo fa per correggerci, guarirci e purificarci (Eb).

In conclusione
La porta è stretta: per entrare nella sua casa di beatitudine, è necessario essere conosciuti e ammessi dal padrone (che in questo caso è Dio). Badiamo di non meritare la dura sentenza: “Non vi conosco, non so di dove siete, voi che operate il male (che non avete eseguito la mia volontà)”.
E a questo tribunale non è ammesso l’appello; perché Dio è stato misericordioso con noi durante la nostra vita, ma alla fine vuole constatare la nostra adesione alla sua volontà. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel Regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Addirittura “Sforzatevi di entrare” sarebbe da tradurre: Lottate per entrare.
Quel raduno di cui parla Isaia si può intendere come la convocazione di tutti gli uomini per il giudizio universale. Dove si trovano due categorie di persone: i popoli pagani che vanno verso Gerusalemme; gli ebrei che ritornano dalla “diaspora” (dispersione tra i pagani). Chiediamoci se abbiamo attuato le opere di misericordia elencate nel cap. 25 di Matteo (“Ho avuto fame…”).

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