NATURA E GRAZIA, CREAZIONE E ALLEANZA SALVIFICA
Dal rapporto creaturale col Dio uno-nella-natura al rapporto filiale col Dio trino-nelle-persone.
Nel piano globale di Dio è prevista per l’uomo la partecipazione totale alla natura spirituale di Dio e alla relazionalità filiale.
L’uomo è destinato a passare dall’esistenza sul suolo (adamah) alla relazione personale diretta con Dio nel giardino (gan), dove potrà avere accesso all’albero della vita; sul modello di Gesù terreno che nel mistero pasquale è passato dall’esistenza “secondo la carne” a quella “secondo lo spirito” del Risuscitato (Romani 1,3-4) che vive una vita indefettibile (Romani 6)
La “nuova creazione” è la costituzione della vita filiale con un nuovo intervento diretto di Dio.
1 – Prendiamo l’avvio dalla concezione dell’uomo a prescindere dalla proposta cristiana.
Dio-spirito comunica la sua natura spirituale all’essere umano considerato come umanità (adam) - esistente al confine tra spiritualità e materialità - e lo costituisce creatura dotata di vita fisico-spirituale, costituita da autocoscienza e libertà.
A conclusione della sua evoluzione naturale, l’uomo è caratterizzato da questi limiti:
a) nella linea dell’essere, in quanto l’uomo, “l’essere per la morte”, sa di non possedere la vita se non a termine (limite nella durata: morte);
b) nell’ordine del bene, in quanto la sua libertà risulta opacizzata da molteplici condizionamenti nella sua scelta del rettamente orientato (limite etico: peccato).
Quindi è normale per l’uomo avvertire i segni inequivocabili della sua finitezza e precarietà: in questa esistenza ad ogni istante egli può morire e può peccare.
La creatura umana, proprio in forza della sua autocoscienza e libertà, si sente però destinata al massimo dell’essere e del bene e tende a superasi in una vita senza fine e in una piena comunione col Bene sommo.
Nello stesso tempo l’uomo avverte che, senza un aiuto superiore alla sua natura - e perciò di chiara pertinenza divina - non gli è consentito raggiungere un’esistenza indefettibile e una bontà definitivamente stabile. L’uomo tende a conseguire la pienezza del suo essere: se presume di raggiungerla con le sue forze, è peccatore; se invece riconosce che deve intervenire dal di fuori un “salvatore”, è la creatura in attesa della “grazia”.
In altre parole, la creatura con le sole sue possibilità non ha alcun diritto nè possibilità di raggiungere il livello della vita divina. Anzi la tentazione diabolica descritta nel capitolo 3 della Genesi considera come una ribellione a Dio il voler giungere ai livelli della Sua vita con le proprie capacità naturali (peccato di superbia, cioè presunzione di autosoterìa, del salvarsi-da-sè).
Come interpretare allora la connessione misteriosa tra morte e peccato evidenziata in quel capitolo? Il non riconoscimento del limite creaturale è già peccato, anzi il peccato tipo. Al peccatore Dio s’incarica di mostrare i suoi limiti estendendo il suo peccato in tutta la storia dell’umanità e non concedendogli la vita senza fine.
Perchè Gesù ha assunto su di sè la morte, ma non il peccato? Perchè la morte, conclusione naturale della vita della creatura fisico-spirituale, è al di sotto del traguardo umano fissato da Dio e il peccato è agire “contro” il raggiungimento di questo traguardo (il Salvatore agirebbe così contro la salvezza). Qui si mette in evidenza inoltre la necessaria collaborazione libera dell’uomo al dono di Dio.
2 – In quest’ordine di storia della salvezza Dio intende comunicare all’uomo la sua relazionalità personale (filiazione passiva all’interno della vita trinitaria) e partecipargli le qualità proprie della Sua vita: l’eternità e la stabilità morale. Così l’uomo viene prima chiamato ad essere (Efesini 1,5; Giovanni 1,12) e poi costituito figlio di Dio, partecipe della relazionalità trinitaria. L’essere figlio nell’ordine ontologico comporta poi, nell’ordine funzionale, l’accoglienza dell’alleanza proposta da Dio.
Dio offre alla creatura la possibilità di una nuova ed eccedente relazione con Lui. Per essere realizzato pienamente l’uomo deve accettare di riconoscere la trascendenza di Dio e deve accettare il Suo dono. Il rifiuto della comunione con Dio conduce alla “seconda morte” (di cui parla l’Apocalisse di Giovanni). Chi non accetta il limite della creaturalità, peccando di superbia, non avrà da Dio il dono gratuito. Chi accetta il limite della non autonormatività morale potrà accedere alla vita eterna
Dio è purissimo Spirito (che è il massimo dell’Essere) e sommo Bene (che è il massimo dell’Amore), e quindi ci offre l’alleanza della creazione e della salvezza (che è la gratuita realizzazione piena della creazione); con quest’ultima vuol farci suoi “figli nel Figlio” (Romani 8,15.23; Galati 4,5; Efesini 1,5), “partecipi” della sua natura e della sua vita (2Pietro 1,4; “divinizzazione”).
L’antico adagio “L’uomo è capace di Dio” può essere esplicato così: l’uomo è capace di ricevere in dono alcune qualità della vita divina.
1) Raggiungimento della piena umanità
Secondo Agostino e molti altri padri, in Genesi 1,26 l’uomo è naturalmente costituito come immagine di Dio, e destinato a ricevere (vocazione) quella somiglianza che gli sarà data solo per grazia .
L’uomo è creato evolutivamente, cioè è passato, senza un intervento categoriale divino, a conclusione della sua storia evolutiva,
• dalla condizione animale, non personale, priva di autocoscienza e di libertà
• alla condizione umana, in cui può raggiungere (forza creatrice evolutiva), come creatura, l’immagine di Dio-spirito nell’autocoscienza e l’imitazione del Dio-bene nella capacità di realizzarsi con scelte libere.
Il “salto evolutivo” ultimo (nell’ordine naturale) che ci fa “persona” come Dio – che è persona, anzi comunione di persone – consiste nell’essere costituiti:
• a immagine di Dio-spirito, nell’autocoscienza
• a immagine del Dio-bene, nella libertà .
I limiti connaturali dell’uomo come creatura (riassunti col termine “male”) sono
• la morte, cesura definitiva o recessione nell’evoluzione esistenziale
• il peccato, recessione temporanea nel progresso morale .
Possono essere raggiunte naturalmente (senza un aiuto alieno) le finalità penultime dell’uomo, per le quali la realizzazione dell’uomo risulta incompleta sotto un duplice aspetto:
• esistenzialmente, perchè la vita nel corpo è destinata a terminare (morte)
• moralmente, perchè le scelte della volontà possono essere divergenti dal fine (peccato).
2) Dono della “grazia”
L’uomo è come un barcaiolo che vuol raggiungere un porto: di fronte a un mare calmo, può avanzare con la forza dei remi, ma di fronte a un mare agitato deve ricorrere all’aiuto del vento. Ha il desiderio di arrivare, ma non ne ha completamente le forze. Oppure si può paragonare a un giovane sposo che, non riuscendo a trovare i fondi per completare la costruzione della casa, chiede aiuto al padre.
Il desiderio naturale di raggiungere il fine ultimo nasce dalla constatazione dei limiti creaturali.
La capacità di somiglianza coll’Assoluto non è nelle possibilità naturali di chi è solamente relativo (creatura). Dio ci dà come fine una realizzazione che soltanto in Lui può essere portata a compimento. La tendenza umana all’autosuperamento (Rahner) viene portata a buon fine nell’autocomunicazione (Rahner) divina, cioè con la rivelazione e la grazia. L’uomo lasciato alle sue forze naturali è detto nella Bibbia “carne”, mentre l’uomo nella luce e forza di Dio è qualificato come “spirito” (cfr. Salmi 78,39; Isaia 31,3; Geremia 17,5) .
Dio, che ha impresso in ogni persona l’esigenza della religione naturale, ha donato attraverso il Popolo ebraico gli elementi della religione rivelata. Dio ci fa graziosamente passare da uomo-creatura a uomo-figlio (nella teologie ebraica: Popolo-figlio; cfr Romani 9,4). Nel Battesimo noi, che siamo creati da Dio (cioè partecipi dell’immagine di Dio-spirito), diventiamo partecipi anche della vita personale di Dio Padre (generati da Dio).
L’uomo è “uditore della Parola” (Rahner) e aperto alla gratuità del dono, cioè è chiamato a ricevere, come figlio, la somiglianza con Dio (alleanza) nella Grazia, conseguendo così la finalità ultima (forza salvifica come dono gratuito), cioè la partecipazione alla natura divina, la massima comunione con Dio (fine ultimo soprannaturale).
Noi siamo “chiamati” cioè siamo stati “predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio” (Romani 8,28-29) e “conformati al suo ‘corpo’ di gloria” (Filippesi 3,21).
L’uomo può quindi, con un aiuto superiore, raggiungere
• la durata perfetta dell’esistenza (vita eterna)
• la comunione perfetta con Dio (vita beata).
Con questo accogliamo il lato positivo del proclama di Lutero: la “giustificazione” di cui parla San Paolo è esclusivamente opera di Dio. A maggiore ragione la glorificazione non sarà dovuta alla nostra creaturalità naturale: “La carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, nè ciò che è corruttibile può ereditare l’incorruttibilità” (1Corinzi 15,50).
3) Intervento divino per “salvare”
Dio si è fatto uomo per divinizzarci: per darci (parteciparci) la sua vita,
• è entrato in un essere umano mediante suo Figlio
• è entrato nell’umanità per mezzo dello Spirito Santo
Mentre la “creazione naturale” è espressa nei primi due capitoli della Genesi, la “nuova creazione” – anticipata fin da adesso in Cristo (2Corinzi 15.17; Galati 6,15) – sarà definitivamente opera dello Spirito Santo, come vediamo dal cap. 8 di Romani:
v. 11: “Se lo Spirito (del Padre) abita in voi, (il Padre) darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo dello Spirito che abita in voi”
v. 17: “Se siamo figli, siamo anche....coeredi di Cristo....per partecipare anche alla sua gloria”
vv. 19-21: “L’attesa della creazione aspetta la rivelazione dei figli di Dio....nella speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione...”
vv. 22-23: “Tutta al creazione....ma anche noi....gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”
v. 30: Dio ci ha predestinati, chiamati, giustificati e glorificati”.
Cristo, che “è la vita” (Giovanni 11,25; 14,6) e che non conosce peccato (1Pietro 2,22; Ebrei 4,15),
• con la sua morte, ha vinto il peccato (Redentore)
• con la sua risurrezione, ha vinto la morte (Risurrettore).
Col Battesimo ci fa passare dalla vita naturale a quella filiale; con l’Eucaristia ci fa passare dalla legge naturale a quella dell’amore
Il cristiano è destinato ad essere simile a Cristo Risorto, “uomo celeste” (1Corinzi 15,49)
La vita umana consiste nel comportarsi da figli (obbedienza ai comandamenti); la vita divina consiste nell’essere realmente figli (1Giovanni 3,1-2)
Il Cristianesimo è una realtà unica: non ti chiede soltanto di essere in buoni rapporti con Dio (religione), ma ti dà la possibilità di diventare figlio di Dio (deificazione).
4) Cenni sulla questione teologica del “soprannaturale”
Si può parlare della struttura trascendentale dell’uomo, cioè dell’apertura anche all’assoluto e alla totalità del vero; ma in maniera condizionata: qualora Dio effettivamente apra la possibilità della comunione (visione) con Sè (gratuità) .
Partendo dalla posizione storica singolare (unicità) di Gesù Cristo – e non dall’uomo naturale considerato in astratto (come essere spirituale) – la teologia attuale conclude all’esistenza di un solo fine dell’uomo, che è insieme soprannaturale (trascendente) e gratuito: la comunione eterna con Dio .
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