mercoledì 28 luglio 2010

XVIII dom. Anno C

XVIII DOM. ANNO C

Una lezione (in due parti) sul valore dei beni di questo mondo.

I
La vita, la salute, il lavoro, il possesso di cose di questo mondo, la felicità: sono cose buone, ma non essenziali. Bisogna valutarle secondo il loro peso specifico (valore): il metro è la legge morale.
Applicazioni:
1. Non sono valori positivi se si acquistano con metodi disonesti. Inoltre: il loro possesso non dipende se non in parte da noi. L’incognita “x” chiamiamola fortuna o Dio: è la medesima conclusione.
2. La vita non deve dipendere dai beni materiali; sono questi che devono servire per la vita.
Gesù non vuole emettere un giudizio (due fratelli ricorrono a lui come a un rabbino) su queste cose: perché non sono le cose più importanti per la vita dell’uomo: egli è venuto per cose molto più importanti.
3. La vita dell’uomo e la sua felicità non si misurano su quante cose si possiedono.
Un tale (cfr. Sir 11,18s) che ha molti beni (non si dice che è avaro, che è un disonesto) non si rende conto che ha un solo giorno di vita.
4. Vale di più “arricchire presso Dio” (usare dei beni per operare il bene e per i bisognosi) che non arricchire per se stesso. Gesù: “Non accumulate per voi tesori sulla terra….accumulate per voi tesori in cielo” (Mt 6,19s). “Non potete servire (adorare!) Dio e la ricchezza” (v. 24). “Mangia, bevi e divertiti” significa: goditi la vita, da egoista, fino al parossismo.
5. Vale la pena di fare tanta fatica per lasciare i propri beni ad un altro? Anche se un genitore si sente realizzato se dà un patrimonio (patris munus!) a suo figlio. Però tutti abbiamo visto delle famiglie in cui il figlio che è vissuto “nella bambagia” dilapida l’eredità di chi ha sudato più camicie per accumularla.
6. Per le cose di questo mondo non dobbiamo preoccuparci in modo da assorbire tutte le nostre forze e attività (e anche idee). Gesù: “Non preoccupatevi (eccessivamente) del cibo e del vestito. La vostra vita vale più di queste cose” (cfr. Mt 6,25).

II
1- E quando la vita, invece di onesta felicità, ci dà il dolore, la sofferenza?
E’ il problema cruciale del libro del Qoelet. (nome italianizzato: Ecclesiaste): è un enigma che non lo lascia in pace nemmeno durante il sonno.
Cosa intende Qoelet per “dolore”? Qualsiasi cosa che va contro la nostra felicità terrena.
La vita umana è dolore e termina con la morte. “Tutto è vanità” significa che i beni di questo mondo, se li guardiamo in profondità, sono come un “soffio” (alito) inconsistente.
Le cose umane considerate senza (o: contro) Dio sono “vanità”, suprema vanità (“vanità delle vanità”).
2. In questo libro la Bibbia non arriva a penetrare a fondo il mistero del “dolore”, perché lo considera solo come un castigo di Dio.
Eppure con la teologia del “servo sofferente del Signore” (vedi nei capitoli 42-53 di Isaia) l’AT era arrivato a intuire il valore del dolore di un uomo di Dio che redime il peccato degli altri (dolore salvifico).
Ma soltanto alla luce di Cristo, che muore per darci la vita, quella vera, troviamo una soluzione soddisfacente del problema del dolore umano.

1 commento:

  1. Allora l'onestà fa parte della legge morale, la luce donata dall'esempio di Cristo fa parte della legge morale....ma purtroppo la realtà di ogni giorno spinge fortemente dalla parte opposta. E chi è in alto e può decidere mira sovente a raggirare "il popolo" con i buoni discorsi e con nulla di concreto. Vuole mantentenere e/o aumentare i propri privilegi (soldi. beni materiali,..) a scapito della serenità altrui.
    Anche se non è facile ammetterlo e viverlo, credo abbia pienamente ragione: la salvezza propria e altrui passa anche dall'affrontare il dolore come uomo di Dio, ovvero che si mantiene in gioco nel rispetto della sopra menzionata legge, ne scopre il valore e si consola con l'Amore per e in Lui. Grazie.

    Riv

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