QUALE CULTURA DEL POSTMODERNO? QUALE AZIONE SULLA CULTURA?
Vogliamo lasciare imperversare le ricostruzioni storico-teologiche di Pesce, di Cacitti, di Augias, di Odifreddi, di Flores d’Arcais, eccetera, senza una risposta adeguata?
Qualche confratello (homo faber) mi dice: “Alla gente semplice non interessano queste cose”.
Non sono d’accordo. Questa semplicità….evangelica (!) può portare all’enormità di chi pensa che la religione è buona per le vecchiette che ignorano quanti trucchi ha fatto nei secoli la chiesa cattolica per nascondere la verità (per esempio sugli apocrifi). E quando si è intonato il discorso sulla corda del “romanzo giallo” dietrologico (vedi “Il codice Da Vinci”), il problema è risolto!
Intendo qui per “cultura” i contenuti e il modo di pensare e di vivere propri di un individuo o di un gruppo (concetto storico-antropologico).
Accetto, con la maggior parte degli studiosi, la categoria del “post-moderno”; tuttavia ritengo che ci troviamo ancora in una fase di transizione fra la modernità e la post-modernità, con settori che allungano il passo ed altri che lo rallentano.
I
Oggi viviamo in una cultura “post-moderna”:
- dominata non più dalla razionalità, ma dall’elemento simbolico e sentimentale; il quale è ricco di contenuti, ma asistematico; cultura che può portare al relativismo e all’agnosticismo (pensiero debole)
- che non nasconde la sua preferenza per il pluralismo indifferenziato, il quale spesso porta al sincretismo religioso
- diffusa più coll’immagine (fantasia) che con la parola (ragione); che non si propone di rispondere ai grandi “perché”, ma di ampliare gli “stati d’animo” in cui il soggetto “si trova bene” (individualismo edonistico)
- che è più vicina al linguaggio biblico e liturgico (e talvolta mistico) ebraico-cristiano; ma che subisce la preponderante malìa di analoghe proposte alternative, specialmente orientali.
Siamo passati da una cultura (“moderna”) prima razionalista e poi positivista, alla cultura NEW AGE
- che si realizza non tanto in una religione distinta dalle altre, ma in una vaga “spiritualità” “olistica” che sa tanto di panteismo
- che riconosce la funzione storica dell’Ebraismo-cristianesimo (“età dei pesci”), ma lo considera un rudere ormai superato e privo di fondamenti
- per la quale il vero e unico assoluto è l’uomo di un’ipotetica èra futura (“età dell’acquario”) che diventa così NEXT AGE; per cui “dio” è l’uomo pienamente realizzato (escatologia secolarizzata)
- che pretende di liberare l’umanità dall’oscurantismo religioso (in special modo cristiano) e la sottomette alle ideologie più arazionali dell’astrologia, della superstizione, della magia, eccetera
II
Per mostrare l’inconsistenza dei fondamenti della nostra “cultura cristiana”, questa nuova mentalità fa ampio uso dell’armamentario della cultura anticristiana della modernità:
- cercando di mettere in crisi una sana ricostruzione della formazione del Nuovo Testamento (procedendo ben oltre la “Scuola delle forme” per i vangeli)
- usando deliberatamente degli equivoci (per es. confondendo la teologia della creazione col “creazionismo” fondamentalista nordamericano) per combattere più agevolmente le affermazioni religiose (che vengono sempre chiamate, con disprezzo, “dogmi”)
- riducendo la “chiesa” al rango di “ente benefico” (una specie di Croce rossa) senza alcuna possibilità di influsso “culturale” sulla società civile (è questo il tranello della famosa “scelta religiosa” che praticamente poteva diventare soggettivismo religioso, di matrice non certo cattolica)
- confondendo una sana laicità con un laicismo anticlericale ma anche anticristiano e persino antireligioso; per cui non ha diritto di cittadinanza l’opinione, seppur di molti cittadini. se questi sono di orientamento cattolico, con la pretestuosa identificazione tra laicato cattolico e gerarchie ecclesiastiche (italiane o mondiali), se non proprio con lo Stato vaticano
- proponendo una morale decisa per via emozionale; o riducendola all’imposizione di una (illusoria) giustizia economico-sociale
- riducendo famiglia e amore all’unico denominatore della sessualità
- imponendoci un confronto paritetico con la società islamica, senza pensare che la maggioranza delle sue espressioni è ancorata a una sociologia e a una filosofia di parecchi secoli or sono (si pensi all’assunzione letteralistica delle fonti, dettate direttamente da Dio e quindi immutabili)
E’ utile richiamare che tale attacco ha due caratteristiche nuove:
- concerne non la prassi ecclesiale ma i fondamenti della nostra “cultura”;
- non è riservato a una piccola élite di intellettuali, ma esteso a tutta la popolazione attraverso i mezzi di comunicazione di massa.
III
Quid faciendum?
Evitiamo
- il complesso d’inferiorità, di colpevolezza indiscriminata, l’autocritica esasperata (una volta dicevamo che abbiamo ragione solo noi; ora corriamo il rischio di pensare che le ragioni sono tutte degli altri)
- la cultura del cedimento (“Così va il mondo: che ci possiamo fare?”)
- la frammentazione degli interventi nella tradizionale divisione tra cristiani (pensiamo come sono compatti gli islamici, anche se si dividono in sunniti, sciiti, eccetera)
Di fronte alla cattiva o nulla recezione della mentalità cattolica da parte della nostra “cultura diffusa” dobbiamo assumere una duplice atteggiamento, uno positivo e un altro negativo:
- illuminare, istruire in profondità, nonostante la superficialità dell’opinione propiziata dalla televisione e dalla carta stampata (che viaggia sull’onda di indistruttibili luoghi comuni; per es. il rifiuto dell’intervento del Papa alla Sapienza visto come oscurantista e negatore della scienza; la condanna come antiebraico di Papa Pacelli); recuperando quegli aspetti importanti della religione e spiritualità che nella nostra tradizione latina abbiamo dimenticato o sottovalutato
- difendere i fondamentali della visione cristiano-cattolica dell’uomo, della storia e del mondo, dagli attacchi viscerali di anticristiani che mancano di qualsiasi competenza in materie di tipo teologico e si arrogano il diritto di sproloquiare contro ogni verità ed evidenza.
Su questa linea vorrei “purificare” il concetto di “campagna da crociata” o “spirito di crociata” dalle ingiuste semplificazioni. Le tanto criticate crociate hanno avuto, insieme ad effetti certamente negativi (pensiamo al sacco di Costantinopoli nel 1204 durante la Iv crociata), molte finalità almeno idealmente accettabili: (ri)conquista della libertà di accesso ai luoghi santi cristiani dopo le malversazioni e le sconfitte militari (cito ad esempio la persecuzione forsennata del sultano Hakim nel 1009 e l’addio finale del 1291) che ne abbiamo subito a seguito della prevalenza dell’elemento turco nei confronti di quello arabo nell’universo musulmano, difesa dei religiosi residenti e dei pellegrini cristiani in Terra santa, eccetera.
Come usiamo uno degli strumenti più preziosi che la società ci lascia ancora in mano, quale l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole? Una buona parte degli insegnanti, invece di fare prevalentemente gli apostoli di una visione sociologica del cristianesimo, non potrebbero darsi da fare per utilizzare i due elementi (positivo e negativo) che ho testé presentato?
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