martedì 22 giugno 2010

Rivelazione/4

DE FONTIBUS

Una delle radici profonde della crisi attuale nella Chiesa cattolica è la divergenza nella scelta tra quattro fonti della fede-vita cristiana.
La prima fonte è la Scrittura e la grande Liturgia (secondo il noto principio “Lex orandi…”), cioè la Parola di Dio nelle parole della Chiesa (interpretazione anche autoritativa, tradizione, vita sacramentale, preghiera pubblica). La seconda fonte è costituita dalle proclamazioni solenni del Magistero dei pastori come viene codificato dal Denzinger (e del magistero “porta-parola” dei teologi); fonte che combatte contro la preponderanza e la priorità della Scrittura e contro le sue interpretazioni ereticali. Una terza fonte è quella delle apparizioni-visioni che dal 1800 mettono in contrasto la comunità dei devoti e semplici con la Chiesa istituzionale (intesa come Magistero dei pastori e dei teologi). Un’ultima fonte può essere individuata nella “visione d’insieme” di particolari comunità religiose, gruppi speciali e movimenti, la quale si afferma sempre nel duro confronto escludente la spiritualità degli altri gruppi.
Ora sembra non centrare il bersaglio della riforma risanatrice chi si affida al rafforzamento di una delle tre forme “combattive” che seguono la prima. La quale rimane e rimarrà sempre la base unica e immodificabile della fede-vita cristiana, e in rapporto a quella dobbiamo assicurare la continuità.
Tre domande, fra le tante possibili: Lo sguardo del teologo deve essere “apologetico” (come nei Simboli dei concili, che non tengono conto delle verità tranquillamente ammesse, per es. l’Eucaristia) in modo da evidenziare l’aspetto sottoposto all’attacco degli eretici contemporanei, oppure guardare verso le origini, cioè verso l’atto fondante del Cristianesimo (come nei Simboli battesimali)? Se la liturgia latino-cattolica ha messo in secondo ordine la presenza e funzione dello Spirito Santo (come lamentava il grande Congar, per troppo tempo messo a tacere), perché dovrebbe essere segno di discontinuità favorirne il recupero? Nelle (pur giustificabili) diatribe del tempo del Modernismo e della Théologie nouvelle non sarebbe stato più proficuo vedere se e fino a qual punto si poteva prendere in considerazione un recupero fontale che oltrepassasse le dighe della patristica e della teologia scolastica latina (senza però dissolversi nella palude del “Sola Scriptura” luterano)?

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