giovedì 27 aprile 2017

Eucaristia e Pasqua



SACERDOZIO E SACRIFICIO NUOVI

L’Eucaristia come sacramento escatologico e pasquale


Premesse e prenozioni

I - Perché si dice che la teologia cristiana è tutta ed essenzialmente escatologica? Mentre il pensiero greco divide il “mondo” di lassù (o interiore) da quello di quaggiù (o esteriore), il pensiero semitico-giudaico divideva con una cesura apocalittica l’eone presente (regno del male) da quello futuro (regno del bene) durante il quale la storia continua.
Una trasformazione essenziale è stata introdotta dalla teologia cristiana, come si può vedere da questo grafico:

Eone                   Cesura definitiva      La storia continua      Cesura finale          Eone eterno
presente              Svolta degli eoni      “inter tempora”       Fine della storia                        
-----------------------A ----------------------------------------B---------........................
 Dalla creazione     PASQUA              Regno di Cristo           PARUSIA           Regno di Dio

Eone (greco: aiòn; latino: aevum; collegabile all'ebraico 'olàm)  = periodo del mondo, o struttura esistenziale della realtà, o “mondo”, o epoca, o età, o durata
Escatologia può avere una duplice dimensione: definitiva o finale
Storia “inter tempora” (da A a B), considerata nell’intreccio degli eoni (della “carne” / dello spirito):
a)      la creazione nuova è già avvenuta ed è presente nella cellula germinale che è il Cristo Vittorioso e nei doni del suo Spirito, che sono presenti come pegno e primizia
b)     la vecchia creazione è tuttora presente nella precarietà e  peccabilità della nostra vita[1]
Si tratta di distinguere: il centro o momento decisivo (nel quale è iniziata l’ultima ora) dalla fine; il “già” dal “non ancòra”[2]
Possiamo anche ipotizzare che “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54), pur nella complessità della composizione di quel capitolo, inviti a distinguere la vita “divina”, che ci è donata col Battesimo e l’Eucaristia, sacramenti peculiari della Risurrezione (A), dalla finale partecipazione (B) alla filiazione globale di veri “filii in Filio”

II - Pur assuefatti a una lettura solo espiatoria del sacrificio, dobbiamo tener presente  quanto afferma S. Agostino: “Vero sacrificio è qualsiasi opera che compiamo per unirci a Dio in una santa unione: ogni opera  che riferiamo all’ultimo fine per il conseguimento del quale diventiamo veramente felici (….) Anche l’uomo consacrato al nome di Dio e a Dio devoto diventa sacrificio, in quanto muore al mondo per vivere a Dio”[3]
“Una dottrina comune di sacrificio: un’oblazione fatta alla divinità per mezzo della consacrazione e comunione della cosa offerta. Lo scopo di questa oblazione è di stabilire o mantenere una comunione con la divinità”[4]

III – Nel concetto di Pasqua è considerato insito il significato di “passaggio” (ad esempio: tra gli eoni). Vedi Es 12,11.23; Gv 13,1, eccetera

Vedremo quindi tre tappe del “passaggio”che conducono al sacerdozio nuovo ed escatologico:
1.      Melchisedec, sacerdote senza inizio né fine (Eb 7,3.17.21.25)
2.      Levi-Aronne, da cui deriva la corrente principale del sacerdozio ebraico. Ma notiamo che anche Mosè è di famiglia levitica e si comporta come sacerdote, che asperge il popolo col sangue (Gen 2,1-2; Es 24,3-8; Eb 9,19-22)
3.      Gesù Cristo, sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec. In lui avviene una “mutazione”, “l’introduzione a una speranza migliore”, il passaggio all’alleanza nuova (Eb 7,12.19; 8,13). Nuovo, spirituale, santo, regale sono gli aggettivi che qualificano insieme il popolo, il sacerdozio e il sacrificio (Eb 10,9; 1Pt 2,4-5.9).


Presentazione dei due binomi che confronteremo

Dall’AT assumiamo due coppie di parole che si riferiscono al sacerdozio e al sacrificio per vedere se tra esse – qualora trasportate nel mondo del NT - intercorra un legame di simbolismo

a) Pane e vino offerti dal sacerdote: Gen 14,18-20
“Melchisedec, re di Salem,offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abràm….Sia benedetto Abràm dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo….”
b) Carne e sangue del capro espiatorio: Lev 16,15.27
“(Aronnne) scannerà il capro del sacrificio per il peccato, quello per il popolo, e ne porterà il sangue oltre il velo….lo aspergerà  sul propiziatorio e davanti al propiziatorio”; Farà portare….il capro del sacrificio per il peccato; se ne bruceranno nel fuoco la pelle, la carne…”

NOTA - Risolviamo subito una possibile obiezione: per affermare la “presenza reale” di Cristo nell’Eucaristia dobbiamo abbandonare del  tutto il concetto di “simbolo”? Vediamo le affermazioni del concilio di Trento, che usa tre avverbi: “vere, realiter, substantialiter”[5]:
1. “La santissima Eucaristia (….) è simbolo di una cosa sacra e segno visibile della grazia invisibile” (Graziano)”
2. Ma vediamo che a) l’Eucaristia non è “solo simbolo o figura”; b) i sacramenti non sono “solo segni”
3. Gesù Cristo lasciò alla Chiesa “un sacrificio visibile con cui venisse significato (repraesentaretur) quello cruento che avrebbe offerto una volta per tutte sulla croce”


L’Eucaristia sta nel cuore della storia della salvezza

I – Nella celebrazione prolettico-significativa dell’evento

1. Durante l’anticipazione rituale nella Cena del giovedì sera[6], che ha anche la funzione di esprimere il motivo soteriologico della Morte:
Pane e Vino di questo eone
         vengono trasferiti nel                                                    
Corpo e Sangue escatologici

Mc 14,22-24: “Prese il pane  e recitò la benedizione (….) Prendete, questo è il mio corpo (….) Questo (calice) è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti”
Lc 22,16-18: “(Questa Pasqua) non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio (….) Da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio”

II – Nell’attuazione dell’evento pasquale

Assumiamo come schema genetico il passaggio tra i due eoni espresso nell’inno di Filippesi 2,6-11[7]:
- in direzione discendente di autosvuotamento (a) e autoabbassamento (b), con agente Gesù Cristo
- in direzione ascendente con cui ho theòs lo sovainnalzò (b’) e gli donò la dignità di Signore (a’), per rileggerli in chiave sacerdotale-sacrificale nella Lettera agli ebrei:

Eb 5,5-6: “Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote ma (….) gliela conferì colui che gli disse (….) Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedec”
Eb 10,4-5.7.9-10:  E’ impossibile che il sangue di tori e di capri elimini i peccati: Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Un corpo mi hai preparato (…). Ecco io vengo a fare , o Dio, la tua volontà (….). Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre”
Eb 9,11-12: “Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione (:…) Egli entrò una volta per sempre nel santuario (….)  in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna
Eb 9,24-28: “Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso (….) Una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso (….) Apparirà una seconda volta….”

Nella discesa-ascesa proto-escatologica del Cristo
Corpo e Sangue (umanità) assunti e immolati sulla Croce
                       trasferiti come offerta di espiazione              
nel santuario del Cielo                

L’unico ed eterno sacrificio è accolto dal Padre, che approva l’uomo-sacerdote Gesù confermandogli l’escatologica generazione (At 13,33) e donandogli la facoltà di effondere lo Spirito (At 2,33).

III - Nel memoriale liturgico della Chiesa, corpo sacerdotale del Sacrificato-Innalzato

1         - Scholion
Prima di affrontare l’ultimo passaggio è corretto chiederci se hanno ragione i molti autori che non trovano nella Lettera agli Ebrei alcun cenno alla celebrazione eucaristica. Mi sembra che un noto autore inglese[8] risponda chiaramente con la probabilità che esistano. La reticenza nell’usare “corpo e sangue” e simili può essere spiegata con la “disciplina dell’arcano”[9] se si tiene conto che proprio nella situazione di vessazioni, intimidazioni e contestazioni inflitte ai fedeli destinatari della lettera da parte dei giudei “resistenti” era comprensibile anche ai tempi della composizione mentre si ritiene che fossero iniziate circa dopo i primi due secoli cristiani nel mondo greco-romano (Si pensi all’analoga situazione, di circa un secolo prima ad Alessandria, dei giudei “fedeli” di cui parla il libro deuterocanonico Sapienza),

2. La comunità “eucaristica” offre a Cristo il Pane e il Vino, doni di questo eone, come materia del sacrificio
Dopo la transustanziazione, operata dallo Spirito,
Cristo insieme col suo corpo comunitario, che è la Chiesa, offre al Padre
il suo Corpo e Sangue, pegno e caparra di eternità, in attesa dell’ultima parusia

1Cor 11,24-25: “Fate questo in memoria di me (….); fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”
1Cor 10,16-17: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione col Sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo non è forse comunione col Corpo di Cristo? Poiché vi è un solo Pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo; tutti infatti partecipiamo dell’unico pane”
1Cor 11,26: “Ogni vola infatti che mangiate questo pane e bevete questo sangue, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga”

Conclusione

Mi si consenta di correre il rischio di camminare per una strada impervia, qual è la comprensione dell’Eucaristia, compenetrata di misticismo, presentata da un illustre maestro ortodosso, P. Evdokimov, che, nonostante i suoi limiti di polemicità consueti al tempo della scrittura del libro e ben messi in evidenza nell’Introduzione dovuta al competente già mio professore. P. Lanne, dà molto a pensare a noi cattolici:
“Durante la liturgia  siamo proiettati (….) verso il punto in cui l’eternità incrocia il tempo (…..) Quando ascoltiamo ‘Questo è il mio corpo’, sono le stesse parole di Cristo che risuonano attraverso il tempo. Non si tratta di una ripetizione umana: attraverso la contemporaneità liturgica comunichiamo al di là del tempo con quello che una volta per tutte rimane….”
“L’eucarestia nel mondo è già una cosa diversa dal mondo: ‘Venga la grazia e passi questo   mondo’, esclama la preghiera eucaristica della Dottrina dei dodici apostoli
“Il pane e il vino eucaristici divengono, si trasformano in una realtà che non è di questo mondo: il miracolo è metafisico
“Il corpo celeste  di Cristo non appartiene più  a questo mondo: esso è ‘ovunque’ perché è al di fuori e al di sopra dello spazio, non è spaziale….”
“Si tratta (…) del permanere dei nostri occhi, incapaci di contemplare la carne celeste, che conservano l’illusione delle apparenze”
“Il pane diviene uno col Corpo che dimora nei cieli” (Enciclica dei patriarchi orientali)”[10]
P. Emmanuel Lanne fa questa precisazione, che risente del ben noto schema “spaziale”: “Mentre in Occidente (….) si considera la presenza di Cristo e del suo sacrificio come una discesa dall’alto sull’altare della celebrazione, per l’Oriente invece è l’azione liturgica che trasporta il creato nel cielo….”[11]. Io posso rileggerla come un passaggio da questo eone a quello eterno.


[1] Le pepite d’oro dell’escatologia luccicano improvvisamente nei materiali più diversi e apparentemente opachi del NT. Ne indichiamo qui alcuni a titolo di esempio: Rom 8,30; 1Cor 7,29-31; 10,11; 15,23-28; 16,21; 2Cor 5,17; Gal 4,4; Ef 1,21; Eb 9,26; 1Pt 1,5-7; 4,7; 1Gv 2,17-18; 3,2; Ap 21,1.
[2] OSCAR CULLMANN, Cristo e il tempo, Il Mulino, Bologna 1965, soprattutto pp. 106-119; 175-189; RUDOLF SCHNACKENBURG, L’esistenza cristiana secondo il NT, Paoline, Modena 1971,  pp. 132-176.
[3] La città di Dio, libro X, cap. 6
[4] JOHN L. McKENZIE, Dizionario biblico, Cittadella, Assisi 19814,  p. 841
[5] Citate da Enchiridion symbolorum (Denzinger) rispettivamente ai numeri 1635, 1639, 1651, 1606, 1740
[6] Seguiamo qui la cronologia tradizionale dei vangeli sinottici, che riconoscono alla Cena la qualifica di pasquale, benché gli autori preferiscano oggi in maggioranza quella di Giovanni. RINALDO FABRIS, Gesù di Nazareth, Cittadella, Assisi 1983, pp.400-404; SILVIO BARBAGLIA, Il digiuno di Gesù all’ultima Cena, Cittadella, Assisi 2011.
[7] Che è stato oggetto dei miei studi anche in due articoli molto diversi: La preesistenza di Gesù Cristo Uomo-Dio alla creazione e alla sàrkosis, Euntes docete. Commentaria urbaniana 3/1972, pp 266-310; Il Magnificat alla luce dell’inno cristologico di Fil 2,6-11, Marianum 1-2/1978, pp. 164-168.
[8] BARNABAS LINDARS, La teologia della lettera agli Ebrei, Paideia, Brescia 1993. Per esempio commentando alcune frasi: “”Quelli….che hanno gustato il dono celeste” (6,4; p. 89); “(Cristo) è il mediatore di un’alleanza nuova” (9,15; p. 120); “Non disertiamo le nostre riunioni” (10,25; p. 130); “Noi abbiamo un altare le cui offerte non possono essere mangiate…..” (13,10; p. 130);  “Offriamo continuamente a Dio  un sacrificio di lode” (13,15; p. 167). Un altro grande autore non è di questo parere: ROMANO PENNA, I ritratti originali di Gesù il Cristo. II. Gli sviluppi, Paoline, Cinisello B. 1999, pp.320-322. Inoltre LEONARD. GOPPELT, tràpeza, in Grande lessico del NT, vol. XIII, coll. 1367-1388 non fa cenno alla Lettera.
[9] Si possono trovare in internet due studi sull’argomento: un primo di Oppenheim: La disciplina dell’arcano nell’Enciclopedia cattolica; un secondo di Mattei Cerasoli: Arcano nell’Enciclopedia italiana Treccani.
[10] PAUL EVDOKIMOV, L’Ortodossia, Il Mulino, Bologna 19662  (originale del 1959). I brani citati sono presi, nell’ordine, dalle pp. 350, 354, 356, 357, 358, 359
[11] Introduzione all’edizione italiana, ibidem, p. XXXI-XXXII.

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