SACERDOZIO E SACRIFICIO NUOVI
L’Eucaristia come sacramento escatologico e pasquale
Premesse e prenozioni
I - Perché si dice che la teologia
cristiana è tutta ed essenzialmente escatologica? Mentre il pensiero greco
divide il “mondo” di lassù (o interiore) da quello di quaggiù (o esteriore), il
pensiero semitico-giudaico divideva con una cesura apocalittica l’eone presente
(regno del male) da quello futuro (regno del bene) durante il quale la storia
continua.
Una
trasformazione essenziale è stata introdotta dalla teologia cristiana, come si
può vedere da questo grafico:
Eone Cesura definitiva La storia continua Cesura finale Eone eterno
presente Svolta degli eoni “inter
tempora” Fine della storia
-----------------------A ----------------------------------------B---------........................
Dalla creazione PASQUA Regno di Cristo PARUSIA Regno di Dio
Dalla creazione PASQUA Regno di Cristo PARUSIA Regno di Dio
Eone (greco: aiòn; latino: aevum; collegabile all'ebraico 'olàm) = periodo del mondo, o struttura esistenziale della realtà, o
“mondo”, o epoca, o età, o durata
Escatologia può avere una duplice
dimensione: definitiva o finale
Storia “inter tempora” (da A a B), considerata
nell’intreccio degli eoni (della “carne” / dello spirito):
a)
la creazione nuova è già avvenuta ed è presente
nella cellula germinale che è il Cristo Vittorioso e nei doni del suo Spirito,
che sono presenti come pegno e primizia
Si tratta di
distinguere: il centro o momento decisivo (nel quale è iniziata l’ultima
ora) dalla fine; il “già” dal “non ancòra”[2]
Possiamo anche
ipotizzare che “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna
e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54), pur nella complessità della
composizione di quel capitolo, inviti a distinguere la vita “divina”, che ci è
donata col Battesimo e l’Eucaristia, sacramenti peculiari della Risurrezione
(A), dalla finale partecipazione (B) alla filiazione globale di veri “filii in Filio”
II - Pur assuefatti a una lettura solo
espiatoria del sacrificio, dobbiamo tener presente quanto afferma S. Agostino: “Vero sacrificio
è qualsiasi opera che compiamo per unirci a Dio in una santa unione: ogni opera che riferiamo all’ultimo fine per il
conseguimento del quale diventiamo veramente felici (….) Anche l’uomo
consacrato al nome di Dio e a Dio devoto diventa sacrificio, in quanto muore al
mondo per vivere a Dio”[3]
“Una dottrina
comune di sacrificio: un’oblazione fatta alla divinità per mezzo della
consacrazione e comunione della cosa offerta. Lo scopo di questa oblazione è di
stabilire o mantenere una comunione con la divinità”[4]
III – Nel concetto di Pasqua è
considerato insito il significato di “passaggio”
(ad esempio: tra gli eoni). Vedi Es 12,11.23; Gv 13,1, eccetera
Vedremo quindi
tre tappe del “passaggio”che conducono al sacerdozio nuovo ed escatologico:
1.
Melchisedec, sacerdote senza inizio né fine (Eb
7,3.17.21.25)
2. Levi-Aronne,
da cui deriva la corrente principale del sacerdozio ebraico. Ma notiamo che
anche Mosè è di famiglia levitica e si comporta come sacerdote, che asperge il
popolo col sangue (Gen 2,1-2; Es 24,3-8; Eb 9,19-22)
3.
Gesù Cristo, sacerdote secondo l’ordine di
Melchisedec. In lui avviene una “mutazione”, “l’introduzione a una speranza
migliore”, il passaggio all’alleanza nuova (Eb 7,12.19; 8,13). Nuovo,
spirituale, santo, regale sono gli aggettivi che qualificano insieme il popolo,
il sacerdozio e il sacrificio (Eb 10,9; 1Pt 2,4-5.9).
Presentazione dei due binomi che confronteremo
Dall’AT assumiamo
due coppie di parole che si riferiscono al sacerdozio e al sacrificio per
vedere se tra esse – qualora trasportate nel mondo del NT - intercorra un
legame di simbolismo
a) Pane e vino offerti dal
sacerdote: Gen 14,18-20
“Melchisedec, re di Salem,offrì
pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse
Abràm….Sia benedetto Abràm dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra,
e benedetto sia il Dio altissimo….”
b) Carne e sangue del
capro espiatorio: Lev 16,15.27
“(Aronnne) scannerà il capro del sacrificio
per il peccato, quello per il popolo, e ne porterà il sangue oltre il velo….lo aspergerà sul propiziatorio e davanti al
propiziatorio”; Farà portare….il capro del sacrificio per il peccato; se ne
bruceranno nel fuoco la pelle, la carne…”
NOTA - Risolviamo
subito una possibile obiezione: per affermare la “presenza reale” di Cristo
nell’Eucaristia dobbiamo abbandonare del
tutto il concetto di “simbolo”? Vediamo le affermazioni del concilio di
Trento, che usa tre avverbi: “vere,
realiter, substantialiter”[5]:
1. “La santissima Eucaristia (….)
è simbolo di una cosa sacra e segno visibile della grazia invisibile”
(Graziano)”
2. Ma vediamo che a) l’Eucaristia
non è “solo simbolo o figura”; b) i sacramenti non sono “solo
segni”
3. Gesù Cristo lasciò alla Chiesa
“un sacrificio visibile con cui venisse significato (repraesentaretur) quello cruento che avrebbe offerto una volta per
tutte sulla croce”
L’Eucaristia sta nel cuore della storia
della salvezza
I – Nella celebrazione prolettico-significativa dell’evento
1. Durante l’anticipazione
rituale nella Cena del giovedì sera[6], che ha
anche la funzione di esprimere il motivo soteriologico della Morte:
Pane
e Vino di questo eone
vengono trasferiti
nel
Corpo
e Sangue escatologici
Mc 14,22-24: “Prese il pane e recitò la benedizione (….) Prendete, questo
è il mio corpo (….) Questo (calice) è il mio sangue dell’alleanza, che è
versato per molti”
Lc 22,16-18: “(Questa Pasqua) non la mangerò
più, finché essa non si compia nel regno di Dio (….) Da questo momento non
berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio”
II – Nell’attuazione dell’evento pasquale
Assumiamo come
schema genetico il passaggio tra i
due eoni espresso nell’inno di Filippesi 2,6-11[7]:
- in direzione discendente di
autosvuotamento (a) e autoabbassamento (b), con agente Gesù Cristo
- in direzione ascendente con cui ho theòs lo sovainnalzò (b’) e gli donò
la dignità di Signore (a’), per rileggerli in chiave sacerdotale-sacrificale
nella Lettera agli ebrei:
Eb 5,5-6: “Cristo non attribuì a se stesso
la gloria di sommo sacerdote ma (….) gliela conferì colui che gli disse (….) Tu
sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melchisedec”
Eb 10,4-5.7.9-10: E’ impossibile che il sangue di tori e di
capri elimini i peccati: Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Un corpo
mi hai preparato (…). Ecco io vengo a fare , o Dio, la tua volontà (….). Così
egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella
volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù
Cristo, una volta per sempre”
Eb 9,11-12: “Cristo è venuto come sommo
sacerdote dei beni futuri attraverso una tenda più grande e più perfetta, non
costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione (:…) Egli
entrò una volta per sempre nel santuario (….)
in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna
Eb 9,24-28: “Cristo non è entrato in un santuario
fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso (….) Una volta
sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato
mediante il sacrificio di se stesso (….) Apparirà una seconda volta….”
Nella
discesa-ascesa proto-escatologica del Cristo
Corpo
e Sangue (umanità) assunti e immolati sulla Croce
trasferiti come offerta di espiazione
nel
santuario del Cielo
L’unico ed
eterno sacrificio è accolto dal Padre, che approva l’uomo-sacerdote Gesù
confermandogli l’escatologica generazione (At 13,33) e donandogli la facoltà di
effondere lo Spirito (At 2,33).
III - Nel memoriale liturgico della Chiesa, corpo sacerdotale del
Sacrificato-Innalzato
1
- Scholion
Prima di affrontare
l’ultimo passaggio è corretto chiederci se hanno ragione i molti autori che non
trovano nella Lettera agli Ebrei alcun cenno alla celebrazione eucaristica. Mi
sembra che un noto autore inglese[8] risponda
chiaramente con la probabilità che esistano. La reticenza nell’usare “corpo e
sangue” e simili può essere spiegata con la “disciplina dell’arcano”[9] se si
tiene conto che proprio nella situazione di vessazioni, intimidazioni e
contestazioni inflitte ai fedeli destinatari della lettera da parte dei giudei
“resistenti” era comprensibile anche ai tempi della composizione mentre si
ritiene che fossero iniziate circa dopo i primi due secoli cristiani nel mondo
greco-romano (Si pensi all’analoga situazione, di circa un secolo prima ad
Alessandria, dei giudei “fedeli” di cui parla il libro deuterocanonico
Sapienza),
2. La comunità
“eucaristica” offre a Cristo il Pane e il Vino, doni di questo eone, come
materia del sacrificio
Dopo la transustanziazione, operata dallo
Spirito,
Cristo
insieme col suo corpo comunitario, che è la Chiesa, offre al Padre
il
suo Corpo e Sangue, pegno e caparra di eternità, in attesa dell’ultima parusia
1Cor 11,24-25: “Fate questo in memoria di me
(….); fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”
1Cor 10,16-17: “Il calice della benedizione
che noi benediciamo, non è forse comunione col Sangue di Cristo? E il pane che
noi spezziamo non è forse comunione col Corpo di Cristo? Poiché vi è un solo
Pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo; tutti infatti partecipiamo dell’unico
pane”
1Cor 11,26: “Ogni vola infatti che mangiate
questo pane e bevete questo sangue, voi annunciate la morte del Signore finché
egli venga”
Conclusione
Mi si consenta
di correre il rischio di camminare per una strada impervia, qual è la
comprensione dell’Eucaristia, compenetrata di misticismo, presentata da un
illustre maestro ortodosso, P. Evdokimov, che, nonostante i suoi limiti di polemicità
consueti al tempo della scrittura del libro e ben messi in evidenza
nell’Introduzione dovuta al competente già mio professore. P. Lanne, dà molto a
pensare a noi cattolici:
“Durante la liturgia siamo proiettati (….) verso il punto in cui
l’eternità incrocia il tempo (…..) Quando ascoltiamo ‘Questo è il mio corpo’,
sono le stesse parole di Cristo che risuonano attraverso il tempo. Non si
tratta di una ripetizione umana: attraverso la contemporaneità liturgica
comunichiamo al di là del tempo con quello che una volta per tutte rimane….”
“L’eucarestia nel mondo è già una
cosa diversa dal mondo: ‘Venga la grazia e passi questo mondo’,
esclama la preghiera eucaristica della Dottrina
dei dodici apostoli”
“Il pane e il vino eucaristici
divengono, si trasformano in una realtà che non è di questo mondo: il miracolo
è metafisico”
“Il corpo celeste di Cristo non appartiene più a questo mondo: esso è ‘ovunque’ perché è al
di fuori e al di sopra dello spazio, non è spaziale….”
“Si tratta (…) del permanere dei
nostri occhi, incapaci di contemplare la carne celeste, che conservano
l’illusione delle apparenze”
“Il pane diviene uno col Corpo che dimora nei cieli”
(Enciclica dei patriarchi orientali)”[10]
P. Emmanuel
Lanne fa questa precisazione, che risente del ben noto schema “spaziale”:
“Mentre in Occidente (….) si considera la presenza di Cristo e del suo
sacrificio come una discesa dall’alto sull’altare della celebrazione, per
l’Oriente invece è l’azione liturgica che trasporta il creato nel cielo….”[11]. Io posso
rileggerla come un passaggio da
questo eone a quello eterno.
[1] Le pepite d’oro dell’escatologia luccicano
improvvisamente nei materiali più diversi e apparentemente opachi del NT. Ne
indichiamo qui alcuni a titolo di esempio: Rom 8,30; 1Cor 7,29-31; 10,11;
15,23-28; 16,21; 2Cor 5,17; Gal 4,4; Ef 1,21; Eb 9,26; 1Pt 1,5-7; 4,7; 1Gv
2,17-18; 3,2; Ap 21,1.
[2] OSCAR CULLMANN, Cristo
e il tempo, Il Mulino, Bologna 1965, soprattutto pp. 106-119; 175-189;
RUDOLF SCHNACKENBURG, L’esistenza
cristiana secondo il NT, Paoline, Modena 1971, pp. 132-176.
[3] La città di Dio,
libro X, cap. 6
[4] JOHN L. McKENZIE, Dizionario
biblico, Cittadella, Assisi 19814, p. 841
[5] Citate da Enchiridion
symbolorum (Denzinger) rispettivamente ai numeri 1635, 1639, 1651, 1606,
1740
[6] Seguiamo qui la cronologia tradizionale dei vangeli
sinottici, che riconoscono alla Cena la qualifica di pasquale, benché gli
autori preferiscano oggi in maggioranza quella di Giovanni. RINALDO FABRIS, Gesù di Nazareth, Cittadella, Assisi
1983, pp.400-404; SILVIO BARBAGLIA, Il
digiuno di Gesù all’ultima Cena, Cittadella, Assisi 2011.
[7] Che è stato oggetto dei miei studi anche in due
articoli molto diversi: La preesistenza di Gesù Cristo Uomo-Dio alla creazione
e alla sàrkosis, Euntes docete.
Commentaria urbaniana 3/1972, pp 266-310; Il Magnificat alla luce dell’inno
cristologico di Fil 2,6-11, Marianum
1-2/1978, pp. 164-168.
[8] BARNABAS LINDARS, La
teologia della lettera agli Ebrei, Paideia, Brescia 1993. Per esempio
commentando alcune frasi: “”Quelli….che hanno gustato il dono celeste” (6,4; p.
89); “(Cristo) è il mediatore di un’alleanza nuova” (9,15; p. 120); “Non
disertiamo le nostre riunioni” (10,25; p. 130); “Noi abbiamo un altare le cui
offerte non possono essere mangiate…..” (13,10; p. 130); “Offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode” (13,15; p. 167). Un
altro grande autore non è di questo parere: ROMANO PENNA, I ritratti originali di Gesù il Cristo. II. Gli sviluppi, Paoline,
Cinisello B. 1999, pp.320-322. Inoltre LEONARD. GOPPELT, tràpeza, in Grande lessico
del NT, vol. XIII, coll. 1367-1388 non fa cenno alla Lettera.
[9] Si possono trovare in internet due studi sull’argomento:
un primo di Oppenheim: La disciplina dell’arcano nell’Enciclopedia cattolica; un secondo di Mattei Cerasoli: Arcano nell’Enciclopedia italiana Treccani.
[10] PAUL EVDOKIMOV, L’Ortodossia,
Il Mulino, Bologna 19662 (originale
del 1959). I brani citati sono presi, nell’ordine, dalle pp. 350, 354, 356,
357, 358, 359
[11] Introduzione all’edizione italiana, ibidem, p.
XXXI-XXXII.
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