Verso una convivenza coniugale
La convivenza è costituita dall’unione di vita di due persone, ed è continuata nel dono della vita ad altri.
Essa è fondata sull’amore vero (non suggerito dai mezzi di comunicazione privi di principi etici e sociali), concepito secondo la natura dell’essere razionale e relazionale che è l’uomo.
Principi di antropologia
Premesse
I – Una delle idee più profonde di Sofocle è questa: “Molte sono le cose meravigliose (inquietanti, terribili), ma nulla è più meraviglioso dell’uomo”. E la Bibbia non è da meno: “L’intimo dell’uomo e il suo cuore: un abisso!” (Sal 64,7). Verità che è tradotta ne “I promessi sposi” da “Ma che ne sa il cuore?” (a proposito di padre Cristoforo, cap. 8) e “Così fatto è questo guazzabuglio del cuore umano” (a proposito del padre della sventurata Gertrude, cap. 10).
L’uomo è un mistero, che è immerso in un mistero più grande. Perché mistero sono il mondo, gli altri uomini, il mio io, il mio rapporto col trascendente.
Il mio io è in duplice relazione:
- col cosmo e con gli altri uomini (realtà orizzontale)
- con la realtà verticale (Dio).
Se ignoro una relazione, non comprendo (nel senso di “vedo in sintesi tutti i suoi aspetti”) l’uomo.
Il mistero è superiore all’uomo, come la natura è superiore alla libertà (che è razionale)
La realtà è superiore all’uomo, non creata da lui; ma l’uomo la interpreta e la modifica. Perché l’uomo, l’elemento più nobile della natura e il frutto maturo della storia, non è il dominatore (il creatore) assoluto di se stesso.
L’uomo è al centro delle relazioni creaturali, ma non della relazione al trascendente.
Aveva intuito quest’apertura verso il trascendente il filosofo pagano Seneca: “O quam contempta res est homo, nisi supra humana surrexerit” (Che cosa misera è l’uomo se non sa elevarsi al di sopra delle cose umane).
II – L’essenza della libertà è la capacità di realizzarsi, con scelte personali, entro l’ambito della natura spirituale e sociale dell’uomo; mentre la libertà “senza argini” (come un fiume che straripa) è la negazione della retta ragione e del vivere civile. Il motto proprio della Confederazione elvetica è “In legibus libertas”, che può significare ugualmente “la libertà è salvaguardata dalle leggi”, oppure “la libertà va attuata in un contesto di norme stabilite della società”.
Scegliere di realizzarsi equivale a scegliere il bene oggettivo (non appariscente e fallace). Se scelgo il male, non agisco per la mia realizzazione (un esempio: se, di fronte a una malattia oggettiva, scelgo delle cure su cui il senso comune e scientifico ha forti dubbi, faccio un pessimo uso della mia libertà).
Il costitutivo e le strutture portanti dell’uomo
L’uomo è collocato in una posizione di confine nella realtà (per i credenti: nel Creato): al confine tra tempo e atemporalità, tra finito e infinito, tra dotazione di partenza e realizzazione finale. Quindi:
- E’ più in basso rispetto al puro spirito, in quanto ha netti limiti nella conoscenza e nell’operatività (non è onnisciente né onnipotente).
- E’ più in alto rispetto ai viventi sensitivi puramente materiali, in quanto ha libertà di auto- costruirsi (e di auto-demolirsi!), ha una storia, ha una cultura.
La Bibbia (Sal 8,4-8) descrive poeticamente queste due dimensioni chiedendo al Creatore:
“Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita…
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi?
Davvero lo hai fatto poco meno di un dio….
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi,
tutte le greggi e gli armenti….”
L’esaltazione dell’uomo è così accentuata che nelle lettere di San Paolo (1Cor 15, 27; Ef 1,22) queste frasi vengono applicate al Cristo risorto intronizzato da Dio.
Le caratteristiche che distinguono l’uomo dai viventi sensitivi sono due doni di natura (per i credenti: di Dio) certamente meravigliosi, ma anche delicati (in quanto abusabili), che cioè purtroppo possono anche portare fatalmente a due forme non tanto occulte di violenza:
- La ragione, che può essere deviante, come ad esempio nella costruzione ideologica di sistemi che mettono in crisi le libertà individuali (nazionalsocialismo, fascismo…) e collettive (statalismo collettivista), o nella proclamazione autoreferenziale di “diritti” che vanno a scapito della realizzazione di altri. Si ricordi la sentenza pungente di Cicerone: “Non c’è sproposito che non sia stato detto dai filosofi”.
- L’amore, che può essere ridotto a sola espressione fisiologica o a impulso irresistibile e sregolato (delitti di gelosia, di tradimento, di sfruttamento prostitutorio….) ed esaltato come unico e non regolabile valore della vita.
Si può quindi trovare nella vicenda umana una duplice assolutizzazione escludente: il razionalismo e il sentimentalismo.
Non sfugga la possibilità di individuare come base rispettivamente della ragione e dell’amore le due caratteristiche specifiche dell’essere spirituale: autocoscienza (originaria capacità di conoscere) e libertà (capacità di relazionarsi non deterministicamente con l’altro).
Tematiche sull’amore
Dobbiamo chiederci in che cosa consista l’amore umano.
Circola specialmente nei mezzi di comunicazione (cinema, televisione, teatro, internet, letteratura minore e specifica sull’argomento) un’identificazione tra passione e amore, visto come attrazione esclusivamente fisica e acme straordinario di eccitazione sessuale. Per cui si giunge all’ingannevole e nefasto detto “Il matrimonio è la tomba dell’amore”.
Un’equilibrata antropologia lo definisce così: stato permanente di attrazione e donazione reciproca tra due persone diverse per genere. Per cui il matrimonio è visto come il giardino in cui vive e prospera l’albero dell’amore.
L’amore è una realtà grande, ma delicata (perché è facile deturpare un capolavoro). Non è a nostra totale disposizione:
* perché la natura umana, che non ci siamo data da noi stessi, e la storia dell’umanità precedono la conoscenza e i sentimenti dell’individuo (e conosciamo le conseguenze deleterie di chi in tutti gli ambiti “rema” contro la natura, o di chi demolisce le giuste costruzioni del passato);
* perché la società (civile ed ecclesiale) in cui viviamo richiede una regolamentazione dell’amore secondo le finalità insite nella natura (e volute dal Creatore);
* perché i valori dell’amore e del matrimonio sono ricavati dalla serena considerazione dell’etica naturale (vedi la Costituzione e le leggi civili, penali e amministrative) e dall’etica religiosa (Vangelo).
L’amore è costituito più dal donare che dal ricevere. E’ strutturato come una tensione verso l’auto-superamento (la trascendenza) e un’apertura verso la società in cui l’uomo vive e opera.
Non può prescindere dalla dimensione sociale del matrimonio (individualismo) colui che si accinge a costituire una comunità (famiglia) che vive necessariamente dentro un’altra (comunità civile).
Così pure nella formazione della comunità coniugale l’amore non è l’unico valore ad entrare in campo, come se fosse un assoluto (etimologicamente “solutus ab”: sciolto da altri vincoli); ne entrano infatti degli altri, soprattutto il valore della giustizia, che comporta i diritti e doveri delle persone.
La Bibbia ci offre indicazioni utili per interpretare i “fini” del matrimonio e della sessualità genitale. Così si vede che – secondo un’ermeneutica affermatasi negli ultimi decenni - il fine unitivo e quello procreativo sono ugualmente essenziali.
1/ Nel Cantico dei cantici (il “supercantico”) è espresso poeticamente un amore che può avere diverse interpretazioni, ma di cui non si può trascurare il senso letterale primario; che ci dice:
a) L’amore è ricerca appassionata tra persone di pari dignità (benché una sia simbolizzata dal re sapiente Salomone): il testo presenta quasi esclusivamente un duettare dei due partner, iniziando dal cantico della donna.
b) L’amore è donazione totale a un’unica persona: “Io sono malata di amore” (2,5; 5,8); “Il mio amato è mio e io sono sua” (2,16; 6,2s); “Ho cercato l’amore dell’anima mia” (3,1-4; 5,6); “Tu mi hai rapito il cuore” (4,9); “Unica è la mia colomba, il mio tutto” (6,9); “Là ti darò il mio amore” (7,11).
c) La donazione è senza alcun limite di tempo: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore….perché forte come la morte è l’amore….una fiamma divina” (8,6).
d) Il corpo (il piacere fisico) è la porta aperta verso l’amore totale (vedi 4,1-5; 5,11-16; 6,4-7; 7,2-9).
Possiamo riassumere così in tre atti il dramma di ogni amore: desiderio, smarrimento, conquista. Dove la donna è vista non come tentatrice (ad es. Pr 5), ma come dono (cfr. Gen 2,18ss).
2/ La fecondità equivale alla benedizione di Dio (Gen 1,28; 8,17; 9,1; 12,2; 15,18; 17,4-8; 49,25; 1Sam 1,19; Lc 1,25) e la sterilità è segno di non-benedizione (Os 9,11-14.16).
Dal 1800 (l’epoca del romanticismo) è iniziato una lavorìo di molte “agenzie” che – seguendo la via più “facile” per acquisire attenzione e consenso - formano, o deformano, l’opinione pubblica, senza che questa se ne avveda. E’ così sempre più difficile rendersi conto delle gravi conseguenze di una vita che realizza in misura insufficiente e in modo distorto l’amore.
Si possono indicare tre ambiti di questa mentalità:
1/ Si ignora il valore dell’unità del matrimonio, perché l’amore è una realtà comprensiva della donazione totale ed esclusiva all’altro
2/ Si trascura la perennità del vincolo matrimoniale, in quanto non è amore totale quello che rifiuta la donazione senza limiti di tempo, anzi accettando l’altro “a condizione” di trovarsi nel massimo periodo della passione o nel momento più felice della vita - escludendo i momenti di difficoltà affettive, economiche, eccetera - o di vecchiaia, o di malattia (ignorando in pratica il diritto dell’elemento più debole all’interno della coppia); ed è certamente utopica la visione di una vita coniugale sempre sostenuta da una passione allo stato di ebollizione;
3/ Si esclude il dono della vita all’esterno della coppia (fecondità) e il lungo periodo di formazione di un nuovo uomo (ignorando i diritti del più debole che vive la sua fase evolutiva); contribuendo così ad allargare il progressivo peggioramento delle generazioni future.
Purtroppo alcune correnti politiche e culturali, facendo credere di agire per i diritti e la libertà degli individui o per superare deleteri tabù, distruggono (anche per motivazioni di potere sociale o economico) le strutture portanti della società umana. Spesso accade che il mondo degli adulti aiuti i giovani a sbagliare su questo argomento di vitale importanza per l’individuo e la società tutta.
Funzione “assistenziale” dell’educatore
Il vero educatore (“in primis” il genitore) non impone, ma propone; non ricava dalla sua mente i valori, ma li fa scoprire a chi ha con lui iniziato un percorso di formazione alla vita. In linea con l’arte maieutica di Socrate e col principio pedagogico di Quintiliano “I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere”.
Può un educatore dei giovani nascondere i pericoli di una errata impostazione? Si incontrano senza dubbio in questo caso due scogli:
- previsione di un matrimonio fragile ed instabile, che cade alle prime avvisaglie di difficoltà (Non dice il proverbio “Meglio soli che male accompagnati”?);
- accettazione del fatto che i futuri figli siano cresciuti senza valori spirituali e morali (Mi diceva mons. Gil, vescovo in Uruguay: “Il primo motivo della crisi di fede è che le mamme non insegnano più la preghiera ai figli”).
E’ problematicamente dolorosa la separazione dopo lunga frequentazione. E’ meglio soffrire un dolore a metà che non piuttosto un dolore totale susseguente al fallimento di una situazione istituzionalizzata (qual è il matrimonio).
Vale la pena che uno dei due candidati al matrimonio cerchi di aiutare colui che potrà essere il futuro partner ad attuare una profonda riflessione sui veri valori; oppure si metta alla ricerca (coll’aiuto di Dio) di un partner che condivida questi valori.
Il/la giovane decide l’orientamento della sua vita quando non è in grado di giudicarlo globalmente, tenendo conto solo dell’affettività del presente; quando eventualmente dopo si accorgerà che ha sbagliato strada, sarà troppo tardi per intervenire.(fallimento della comunità coniugale o educatrice).
Forse un problema enorme di questi tempi è che l'uomo e la donna non hanno una reale possibilità di scelta per la propria vita e, soprattutto, spesso non ne sono consci. Troppi sono i condizionamenti e i ricatti morali che li asserrano. Gli amici che pretendono o che snobbano se non sei come loro. I genitori sovente incapaci di vero amore disinteressato e che proiettano nei figli le proprie ambizioni e speranze, talvolta soffocandone la capacità di ascoltarsi e percepire i sottili aneliti della loro natura. Il lavoro che non di rado obbliga a turni o carichi estenuanti e degrada la dignità personale, non essendo da noi basato sul merito ma più facilmente su conoscenze e clientelismo. La chiesa che in diverse situazioni dimentica la difficile condizione della dimensione umana, la necessià di illuminare con l'esempio e la perpetua testimonianza, con chiari atti di negazione verso il potere e la ricchezza quando questi ne mettono in discussione il messaggio divino.
RispondiEliminaAlla fine è un problema di amore, Amore vero, quello scevro da interessi di basso profilo, egoismi che conducono sino al calpestare le libertà e i diritti altrui. Quello gratuito. Essenziale soprattutto in tempo di crisi economica. E così quando manca il placebo si scopre, purtroppo, che c'è anche poza sostanza.
Bora - VI