III DOMENICA DI AVVENTO ANNO A
La gioia e l’impegno del Natale
I - Isaia ci fa intravedere, con le caratteristiche di una festa globale, un mondo nuovo, rinnovato, ideale: è il cosmo della “nuova creazione”.
Perchè se il Natale non è, non porta novità interiore ed esteriore, viene invano.
Si descrive una duplice festa:
- festa nella natura (descrizione simbolica più volte presentata nei profeti): un mondo di pace. E la pace vera è un dono che viene da Dio (la storia è zeppa di conflitti e rivoluzioni sanguinose);
- salvezza-salute per le persone: Dio viene a salvarci (è il senso profondo del Natale) percorrendo una “via sacra”. Dio sa infondere fiducia e coraggio, dona felicità e gioia a chi si trova nelle difficoltà. Qui probabilmente si preconizza il futuro ritorno degli ebrei dall’esilio babilonese.
Questa festa definitiva e globale è meravigliosamente espressa nella Gerusalemme celeste (capitoli 21-22 dell’Apocalisse).
Il mondo nuovo dipende dalla risposta che noi diamo alla proposta di Dio nel Natale.
II - Il brano di Matteo si divide in due parti
Il Battista interroga Gesù, che si era inserito nel gruppo dei suoi discepoli : chi sei tu? (la domanda che tutti i secoli si fanno sul fondatore del Cristianesimo). Gesù risponde: guardate ai miracoli, alle opere straordinarie che io compio (vedi la prima lettura): quindi io sono il Messia atteso che porta la pace, la nuova creazione, il mondo nuovo. Dichiaro beato chi mi riconosce (il credente che opera secondo la novità del Vangelo). Si ricordi che alla fine della sua vita terrena Gesù risponde davanti al Sinedrio: Sì, lo sono! (e ciò lo porta al martirio).
Gesù elogia il Battista: questi ha le principali virtù che formano la corona spirituale dell’uomo nell’ordine naturale. Non è uno senza principi fondamentali: è un uomo di carattere (difatti morirà martire). Non è un arrivista risuscito e compiacente: parla chiaro ai potenti.
Giovanni è più che un profeta: è il precursore. Qui si cita Malachia 3,1 che preconizza la venuta di Elia prima del terribile “giorno del Signore” (che per noi è un giorno di gioia, la gioia del Natale). Secondo i canoni della religione ebraica Giovanni è il massimo modello morale. Però appartiene all’Antico Testamento; mentre secondo il Vangelo è l’ultimo.
Per tracciare la differenza tra Gesù e il suo precursore:
- il Battista aspettava il giudice severo, punitore. I cattivi saranno distrutti!
- Gesù nelle Beatitudini annuncerà il Vangelo ai poveri (in spirito), cioè a quelli che si appoggiano totalmente solo a Dio.
III - Accogliamo l’invito di Giacomo: Siate costanti, pazienti nell’attesa, fino alla venuta del Signore, che è vicina. Il Giudice buono e pieno di misericordia è alle porte.
In questa terza Domenica di Avvento, l’evangelista Matteo pone nuovamente l’attenzione sul ruolo preparatorio di Giovanni il Battista e sull’elogio che Gesù ne tesse. Possiamo, per semplificare le cose, anche questa volta scomporre in due macro-tematiche il passo da noi in analisi.
RispondiEliminaLa prima tematica riguarda la domanda di Giovanni sulla “parusia” di Cristo ( εἶπεν αὐτῷ, Σὺ εἶ ὁ ἐρχόμενος ἢ ἕτερον προσδοκῶμεν;). La risposta di Gesù è l’enumerazione di alcuni dei miracoli che dallo stesso verranno compiuto. Questo elenco funge anche da “discrimen” tra la Verità (il Logos che si fa carne) e i “falsi profeti”. Non ne viene fatta diretta menzione ma, a mio giudizio, si può fare tale deduzione dalle parole con cui Gesù chiude il suo discorso: “ καὶ μακάριός ἐστιν ὃς ἐὰν μὴ σκανδαλισθῇ ἐν ἐμοί”. Occorre soffermarsi sul concetto di “scandalo”, che in greco significa “ostacolo”. I beati sono dunque coloro i quali non “inciamperanno” (trad. da “La Sacra Bibbia”, Cei,Ueci, ed.1974) in Cristo e non si faranno “profeti” di una Verità che non posseggono e che indebitamente spacciano per tale, come risultato di fuorvianti interpretazioni delle Scritture o per propri interessi. Questo concetto di “scandalo” non va confuso tuttavia con il concetto di “scandalo della Croce”: il primo inerisce l’accettazione piena e totale degli insegnamenti del Cristo il secondo invece fa riferimento a quell’idea “improponibile” (per la logica umana) che l’amore (come Agàpe) possa nascere dall’odio e dalla morte (la crocifissione). Ambedue, è vero, sono degli “ostacoli”: metafore ossia della difficoltà di accettazione del messaggio di Gesù e della differenza ontologica tra la nostra logica e quella di Dio.
Nella seconda parte abbiamo un encomio del Battista, presentato attraverso varie metafore, come il preparatore della strada di Cristo, qualcosa di più allora di un semplice Profeta.. Ma alla fine viene detto che “fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui”. Questo, come perpetuatio di quanto detto sopra, mostra ancora una volta come la logica che governa il Regno dei Cieli non corrisponde alla nostra logica terrena. La nostra ragione, lo sappiamo, non può che anelare alla comprensione del Logos, pur avendo (cfr.Qoelet) “un idea del tutto”.
Dobbiamo allora non concepire Cristo (e la sua logica) come un ostacolo insormontabile ma come un traguardo a cui tendere; inizio e al contempo fine, del cammino di Fede.