XXIX DOM.anno C
Oggi affrontiamo uno dei problemi più pratici della nostra vita di credenti, di come mettere insieme quattro cose: i nostri mali – la fede – la preghiera – l’esaudimento di Dio.
Naturalmente qui lo trattiamo al di sopra della legittima implicazione emotiva di ciascuno di noi quando si trova nei guai. Cerchiamo di “volare alto”, parlando con le parole di una matura (non più infantile) fede cristiana. E’ facile rispondere a un fanciullo del primo catechismo, ma quanti entrano in crisi quando sono adulti?
Anche il contesto nel quale Gesù parlava non era così sereno: si era capito che la Parusia (la venuta finale del Signore) era differita, la fede forse diminuiva insieme coll’entusiasmo dei primi tempi, mentre si estendevano le persecuzioni (è la situazione di tutte le generazioni cristiane dopo gli apostoli). Come deve comportarsi il discepolo durante l’attesa della venuta del Signore, né imminente né umanamente fissabile? Alla fine del brano c’è una frase che ci preoccupa (forse dovuta alla comunità primitiva immersa in quei guai): Quando verrà, ci sarà ancora la fede? (perché gli apocalittici parlavano di grandi tribolazioni che avrebbero preceduto la Parusia).
Gesù ci insegna: pregare sempre
a) in qualsiasi situazione ci troviamo. Vedi l’esempio di quella vedova debole e indifesa, che si trova di fronte un giudice forte e violento. Sembra ostinata, ma è perseverante nella volontà di ottenere la giustizia che le è dovuta.
b) con costanza anche quando sembra che Dio si dimentichi di chi soffre. Il vangelo ci dice: State certi del soccorso di Dio (qui c’è una diversità nelle traduzioni: il soccorso verrà presto / abbiate fiducia anche se Dio tarda nel rispondere)
c) applicando appieno tutta la nostra operosità. La salvezza (grazia) di Dio è donata a chi si dà da fare con impegno perseverante. Pensiamo per esempio allo studente che…non studia e poi accende le candele a S. Antonio. Mosè incarica Giosuè di combattere a favore del Popolo di Dio, contro gli amaleciti, mentre egli persiste nel pregare, nonostante la vecchiaia e i tempi prolungati. Quando trovavano concordia la preghiera del vecchio e l’azione del giovane, il Popolo di Dio conseguiva vittorie.
Cosa dobbiamo chiedere a Dio? Dobbiamo chiedere a Dio di darci se stesso, secondo la sua volontà (vedi le domande della prima parte del “Padre nostro”). Perchè donandoci se stesso Dio ci dà tutto (S. Caterina da Siena).
Cosa vuol dire “pregare sempre”? Quando facciamo qualsiasi attività naturale (lavorare, studiare, servire….) dobbiamo riconoscere che la nostra vita è totalmente immersa in Dio. Pregare è come amare, dove l’affetto trasforma in oro anche i più piccoli gesti. Per esempio: quando un commesso, un’infermiera…..tratta l’altro con gentilezza, sta pregando meglio di chi è duro con gli altri e recita molte formule di preghiera. La preghiera del cuore diventa così la preghiera delle mani. “Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace” (S. Agostino).
Ma Dio esaudisce sempre i nostri desideri? “Dio ascolta sempre, ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse” (Bonhoeffer, grande teologo protestante morto sacrificato nei campi di sterminio nazisti). C’è una frase molto vicina, se riflettiamo, a questo pensiero: “Dio non premia i nostri meriti, ma la sua misericordia”. Non si prega per ricevere, ma per essere trasformati dalla grazia di Dio; non per ricevere i doni, ma per accogliere il divino Donatore.
Il Vangelo di questa Domenica ci costringe ad interrogarci su quale sia per noi il valore della preghiera. Quando ci rivolgiamo a Dio, con quale atteggiamento lo facciamo? Occorre essere onesti con noi stessi: molto spesso reputiamo la preghiera come una pretesa. In ta modo noi non riteniamo Dio come fine della preghiera ma come mezzo per ottenere l’oggetto del nostro chiedere. E’ una concezione utilitaristica, volta non all’intima confidenza con il Signore ma alla richiesta di risoluzione dei problemi. Dio non è il “deus ex machina” del teatro greco. Il fine della preghiera è Dio stesso e il dono più grande che possiamo chiedergli è proprio di renderci capaci di capire questo. Ma, diciamocelo, noi siamo esseri umani, e in quanto tali, siamo deboli, fragili; quando le nostre preghiere sembrano inascoltate ci rivolgiamo a Dio con ira e ci domandiamo se davvero Egli ci ascolti. Quando Dio farà giustizia? Dice Cristo: “λέγω ὑμῖν ὅτι ποιήσει τὴν ἐκδίκησιν αὐτῶν ἐν τάχει.” La risposta di Gesù apre le questioni più abissali della fede: il problema escatologico, il problema soteriologico, la “parusia” e la teodicea. Come rispondere a questi interrogativi. La (contro) domanda di Gesù ci fornisce una via: noi spasmodicamente invochiamo la giustizia di divina, chiediamo la salvezza, come premio per la nostra fede. Occorre invece chiederci: siamo noi degni della salvezza? Siamo nelle condizioni etiche per essere salvati? La nostra ricerca di risposte non deve mai farci dimenticare che è a partire da noi stessi che si muove la problematica della salvazione, dal nostro essere degni di Cristo. Ma rimane aperta una questione: come pregare? LA risposta Gesù la fornisce nel celeberrimo “Discorso della montagna”: “Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Pregando poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate”.
RispondiEliminaMarco C.
E ancora Bonhoeffer: " pregare significa divenire cosi' calmi da percepire in noi la Parola di Dio.....e poi dare una risposta sia con le parole che con le azioni."
RispondiEliminaElena B.
Complimenti a Elena per la citazione di Bonhoeffer!
RispondiEliminaMarco C.